Salita Ponte Scanzano (foto Antonio Cimmino)

Chi la fa, l’aspetti!

Chi la fa, l’aspetti!
di Domenico Cuomo

Salita Ponte Scanzano (foto Antonio Cimmino)

Salita Ponte Scanzano (foto Antonio Cimmino)

Mi chiamo Domenico Cuomo, sono nato il 27 di febbraio del 1944 a Scanzano (un antico terziere di Castellammare di Stabia), dove ho vissuto fino all’età di diciotto anni. Per chi non fosse pratico della zona, va detto che a questo antico borgo collinare, si accede per diverse strade, tra cui: salita Santa Croce, viale Terme e salita Ponte di Scanzano (che per toponimo popolare è meglio conosciuta come ‘a Sagliuta d”o Mulino).

Quest’ultima via d’accesso, oggi come allora, per il pedone, risulta essere una delle più praticate, perché collega direttamente ed in pochi minuti di cammino, l’abitato di Scanzano al moderno centro di Castellammare, con la differenza che a quei tempi (per la presenza di pochissimi “pali” della luce impiantati), di notte risultava buia ed isolata. Un particolare fondamentale, quello dell’allora scarsa illuminazione stradale, che rese questa zona, il palcoscenico ideale per dar vita ad un episodio tragicomico realmente accaduto, che a me è rimasto tuttora impresso nella mente e che a seguire voglio raccontarvi, per salvarlo tra i vostri racconti inediti di vita vissuta.
Ecco i fatti: nel dopoguerra, lavoro non ce n’era, erano anni di miseria, e figuratevi se c’era la possibilità economica di prendere un mezzo di trasporto, quindi noi scanzanesi a fine giornata, per rincasare, forza causa, dovevamo fare questa salita al chiarore della luna (che di tanto in tanto faceva capolino dall’alto e umido muraglione di cinta), altrimenti pazienza… si tornava comunque, ma al semibuio notturno. Avevo dieci anni, quando nell’autunno del 1954, a tarda sera, sentii delle persone che discutevano concitatamente e ad alta voce, con una coppia di fidanzati, i quali erano giunti da Castellammare di corsa e con aria terrorizzata. La scena non passò inosservata ed in pochi istanti si formò un gruppo di curiosi, per apprendere ciò che era accaduto. I fidanzati, ancora affannati, dissero che nella salita, un po’ prima del ponte, avevano visto una figura spettrale di una sposa dai capelli biondi, dal volto semicoperto da un velo bianco, che li aveva guardati fissamente, sghignazzando sarcastica. All’incalzare incredulo delle domande degli astanti, i due poveri fidanzati, ancora vistosamente scossi, aggiunsero solo che alla visione dello “spirito”, gli si erano drizzati i capelli in testa, e che per la paura, erano scappati a gambe levate. Più di qualcuno, razionalizzando l’accaduto e con fare scettico, per tranquillizzare i ragazzi, commentò che i fantasmi non esistono e che verosimilmente si erano spaventati per nulla, forse per la presenza di qualche gatto e che la strada isolata e la poca luce aveva poi enfatizzato la suggestione. I due fidanzati con fare tassativo, replicando, giurarono ancora una volta, che era tutto vero… A quel punto venne a costituirsi spontaneamente, un gruppo di volenterosi, che armati di randelli, si avviarono frettolosamente per la discesa del Mulino, ed in pochi attimi giunsero sul luogo della presunta apparizione, dove appurarono che effettivamente, la “signora” vestita da sposa era ancora là, appostata in attesa di nuove “prede”, con la differenza che stavolta, visto il gruppo di energumeni armati di randelli, il colpo venne a lei, o meglio a lui, perché nello stupore generale, per paura di essere picchiato, cominciò a tremare e a piangere, supplicando con chiara voce da uomo, che non gli venisse fatto del male, perché lui voleva solo scherzare un po’. Realizzato che si trattava di un facinoroso un po’ toccato di mente, lo accerchiarono, gli tolsero la parrucca bionda e il vestito da sposa, e lo denudarono lasciandolo in mutande, spogliato che fu, lo riconobbero: era un noto ciabattino di Castellammare, uno scapolo sui cinquant’anni, che viveva da solo (la solitudine forse gli aveva creato delle turbe psicologiche). Il poveraccio, era molto spaventato, e ne ebbero pietà, però, prima di lasciarlo andare, si fecero promettere che non avrebbe fatto mai più una cosa del genere, altrimenti al verificarsi di un simile episodio, non sarebbe stato nuovamente perdonato. Da allora la strada diventò più tranquilla e sicura, perché per la memorabile lezione, il “fantasma della sposa” non si fece più vedere. Dice il vecchio adagio: “Chi la fa, l’aspetti!!!”.

 

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