( a cura di Antonio Cimmino )
Tipo di nave:
Con il termine avviso, nella marineria velica si designava una piccola unità armata a cutter, usata come trait-d’union, per posta o ordini, tra le navi delle squadre navali ovvero con la base. Con l’introduzione del vapore, questi avvisi si dotarono anche di macchine alternative, unitamente all’armamento velico, con ruote laterali di propulsione e, più tardi, con elica. L’ingombro delle caldaie e delle motrici, era consistente, tanto è vero che i due alberi (trinchetto e maestro) erano distanti l’uno dall’altro. La velatura era necessaria per la scarsa affidabilità dei macchinari che consumavano una enorme quantità di carbone. L’avviso aveva anche il compito di trainare i vascelli e le altre navi a vela, in caso di bonaccia.
Pur non essendo adeguatamente armati e quindi atti al combattimento, gli avvisi erano utilizzati nelle esplorazioni essendo più veloci delle navi a vela. La velocità era favorita da un buon disegno dello scafo, molto lungo e stellato. Nella seconda metà dell’800 le loro dimensioni aumentava avviandosi a divenire corvette a vapore ovvero piccoli incrociatori. Durante il periodo borbonico, il cantiere di Castellammare costruì diverse unità di questo tipo, alcune protagoniste della storia dei primordi della Regia Marina (Delfino, Maria Teresa, Lilibeo, Messaggero, Miseno).
Scheda del Sirena:
Impostato nel cantiere navale di Castellammare di Stabia il 10 ottobre 1855
Varato il 9 novembre 1859
Entrato in servizio nella Marina borbonica il 28 maggio 1860
Scafo in legno con carena ramata
Dislocamento a pieno carico: 427 tonnellate; normale pari a 354 tonn.
Dimensioni: metri 45,0 lunghezza fra le perpendicolari; metri 6,8 larghezza e metri 2,7 di immersione.
Apparato motore: 2 caldaie a tubi d’acqua collegate ad una macchina alternativa a vapore tipo Maudslay & Field a bassa pressione; potenza 120 cavalli; ruote di propulsione laterali che imprimevano una velocità di 12 nodi. Due alti fumaioli favorivano il tiraggio. Stivava 5° tonnellate di carbone che, a tutta forza, potevano dare un’autonomia di 70 ore.
Apparato velico del tipo brigantino-goletta: albero di trinchetto a vele quadre ed albero maestro a vele auriche (trapezoidali).
Armamento originario: 1 cannone in ferro a canna liscia da 60 libbre.
Equipaggio: 1 Tenente di Vascello quale comandante, 1 Allievo di Vascello, 1 Pilota, 1 Chirurgo, 1 Pratico di chirurgia, 1 Tenente di Fanteria Marina, 3 Piloti, 1 Nostromo, 1 Guardiano, 2 Timonieri, 18 Marinai, 1 Contestabile, 1 Sergente cannoniere, 10 Cannonieri, 1 Sergente di Fanteria Marina,1 Tamburo, 22 Fanti di Marina, 1 Macchinista, 3 Alunni macchinisti, 4 Carbonai, 3 Maestri d’ascia, 1 Calafato, 1 Maestro razione, 1 Dispensiere, 1 Cuoco, 5 Domestici.
Armamento bellico all’atto del passaggio alla Regia Marina:
– 1 cannone in ferro ad anima liscia ad avancarica da 200 mm caricato con bombe da 30 libbre;
– 1 cannone di bronzo ad anima liscia da 160 mm di calibro e caricato con palle da 24 libbre.
Armamento del 1872:
– 2 cannoni in bronzo con anima liscia da 80 libbre
– 2 cannoni in bronzo con anima liscia da 75 libbre
Armamento successivo:
– 2 cannoni in bronzo a canna rigata da 7,2 cm
– 2 cannoni a retrocarica
– 1 mitragliera
Attività operativa:
L’unica azione effettuata sotto la bandiera borbonica fu quella di rimorchiare a Palermo, al comando del Tenente di vascello Roberto Pucci, il brigantino San Girolamo. Il 7 agosto 1860, al comando del Capitano di fregata Pietro Lavia, non obbedì all’ordine di seguire Francesco II e fu aggregata alla squadra sarda del Contrammiraglio Persano passando al comando del Capitano di fregata Leopoldo de Cosa. Il 24 gennaio del 1861 la nave fu inviata nel Canale di Otranto per la sorveglianza della posa del cavo sottomarino da Brindisi per Corfù ad opera della nave inglese William. Tornato a Messina, il 17 marzo fu iscritto nel naviglio da guerra del Regno d’Italia e classificato “piroscafo a ruote” e, nel 1863, riclassificato “ avviso a ruote di 2° ordine”. Dopo diverse evoluzioni nel Tirreno fu posta in disarmo, ma la nave fu riarmata il 18 gennaio del 1864 e posta a Spezia, a disposizione del Contrammiraglio Provana del Sabbione prima e del Contrammiraglio Augusto Riboty poi. Fu destinata alla protezione degli interessi nazionali nelle acque della Tunisia al comando del Capitano di Fregata Giribaldi. Disarmata diverse volte ed altrettante volte riarmata, fece spola tra Napoli, Messina e Taranto al comando del Capitano di Fregata Raffaele Noce. Il 16 marzo del 1866 al comando del Luogotenente di Vascello Sanminiatelli fu destinata nel Mar Nero e stazionò a Costantinopoli e nell’anno successivo, al comando del Luogotenente di Vascello Vitagliano operò nello Ionio e nell’Egeo. Il Sirena tornò a Costantinopoli, al comando del Luogotenente di Vascello Vincenzo Casamarte, nel febbraio del 1868 e, rientrato a Napoli l’anno successivo, rimase in disarmo per circa tre anni. Nel 1878 fu inviato per la terza volta a Costantinopoli durante il conflitto russo-turco. Nel 1880 passò al comando del Capitano di Corvetta Francesco Chigi e l’anno successivo di Luigi Palumbo. In tale periodo operò nelle acque tunisine. Fino al settembre del 1883 prestò servizio di vigilanza sanitaria nelle acque della Sicilia orientale e, nel mese di ottobre, ritornò a Napoli per il definitivo disarmo (29 giugno 1884). Dopo la sua radiazione dal naviglio, lo scafo fu utilizzato come pontone destinato a deposito munizioni a Capo Miseno. Nel 1896 fu rimorchiato a Napoli con funzione di guardaporto e con la sigla GM 8. La sua demolizione avvenne nel 1910 dopo che la Regia Marina lo vendette ad un privato per la somma di circa 5.000 lire.
Comandanti:
1860 – Capitano di Vascello Pietro Lavia
1863 – Luogotenente di Vascello Edoardo Giribaldi
1865 – Capitano di Fregata Raffaele Noce
1866 – Luogotenente di Vascello Samminiatelli
1866 – Luogotenente di Vascello Vitagliano
1868 – Luogotenente di Vascello Vincenzo Casamarte
1880 – Capitano di Corvetta Luigi Palumbo
Notizie e curiosità:
Il Reggimento di Fanteria di Marina, la cui fondazione risale a Carlo di Borbone Re di Napoli (dal 1734-1759), accompagnò tutta la vita del regno delle Due Sicilie e, persino durante il periodo Napoleonico-Murattiano (dal 1806-1808 Giuseppe Bonaparte e dal 1808 al 1815 Gioacchino Murat) esistette a Napoli un Reparto analogo di marinai e cannonieri della guardia a similitudine dei “Marine de la Garde” Napoleonici. Durante la permanenza di Re Ferdinando (Re dal 1759-1815) in Sicilia, con alterne vicende dal 1799 al 1815, parte del Reparto rimase a seguito dello stesso.
Durante tale periodo, unità del Reggimento operarono dalla Sicilia a fianco dei “Royal Marines” britannici (Spedizione a Malta nel 1800, riconquista delle isole di Ischia e Procida nel 1809, Battaglia di Maida nel 1806 etc.). Dopo il periodo napoleonico, con la Restaurazione, il Reparto subì varie riforme, assumendo consistenza diversa a secondo dei momenti, arrivò ad avere un organico di due Battaglioni di sei compagnie per un totale di 2400 Fanti di Marina ed unitamente al Reggimento Cacciatori della Guardia Reale costituiva una delle Brigate della “Guardia Reale”. Il periodo di maggiore splendore coincise con il lungo regno di Ferdinando II (1830-1859).
Il Reggimento di Fanteria di Marina si occupava della difesa a terra delle basi navali ed a bordo delle navi forniva il supporto di fucileria nei combattimenti ravvicinati e negli abbordaggi oltre ovviamente a costituire l’avanguardia nelle operazioni di sbarco. Una delle operazioni più impegnative che lo vide protagonista fu l’operazione anfibia per la riconquista della Sicilia nel 1849 (sbarco nei pressi di Messina). Il Reggimento concluse la sua vita organica negli ultimi giorni di permanenza di Re Francesco II (Re dal 1859-1861) a Napoli ed elementi del Reparto furono presenti all’eroica difesa della città di Gaeta.
Il calibro dei cannoni è espresso in mm e rappresenta il diametro della bocca mentre le libbre sono il peso della palla. Una libbra (inglese) equivale a 453,8 grammi mentre la libbra dei cannoni francesi equivale a circa 500 grammi.
La Guerra turco-russa del 1877–1878 ebbe origine dalla volontà russe di ottenere uno sbocco sul Mar Mediterraneo e di liberare le popolazioni slave residenti nei Balcani occupati dall’Impero Ottomano. Le potenze occidentali, tra cui anche l’Italia approfittarono della situazione per chiedere al sultano di concedere ampia libertà di culto alle chiese cristiane dell’Impero Ottomano.
Cenni di architettura navale e marineria:
La lunghezza fra le perpendicolari è quella intercorrente tra la verticale del dritto di prora in corrispondenza della linea di massimo galleggiamento e la verticale che passa per l’asse di rotazione del timone a poppa.
Le ruote di propulsione furono introdotte nella costruzione navale nel 1830 dall’inglese William Morgan. Alla periferia delle due ruote erano sistemate delle palette ruotanti sul loro asse e, con un sistema di assi eccentrici, quando la ruota gira le palette assumono, rispetto all’acqua, una posizione variabile rispetto alla verticale. Tale sistema, assieme a quello che prevedeva le pale perfettamente verticali ed a quello delle ruote a pale fisse radiali, risultò poco efficiente ed agevolò lo studio e l’introduzione dell’elica. Le ruote di propulsione laterali, inoltre, in caso di rollio risultavano fuori dall’acqua una volta sinistra ed una volta a dritta e le palette non potevano imprimere una spinta simultanea per cui il governo della unità era abbastanza difficoltoso.
Con un carico di carbone di 50 tonnellate ad una velocità di 12 nodi, il Sirena aveva una autonomia di 12 miglia. ( 1 miglio marino era di circa 1852 metri ) per cui abbisogna di continui rifornimenti di combustibile. Per questo motivo furono attrezzati diversi porti del Regno delle Due Sicilie per sopperire a tale necessità.
L’albero di bompresso è quello non verticale, sporgente fuori prua, su cui si estende il lato inferiore delle vele triangolari dette fiocchi. Se grande, si compone di tre parti: la maggiore (bompresso) fissata alla prua; la mediana sovrapposta (asta di fiocco); la terza risovrapposta (asta di controfiocco).
L’albero di trinchetto è di solito composto da 4 parti denominate, partendo dal ponte: fuso maggiore di trinchetto, albero di parrocchetto, alberetto di velaccino, alberetto di controvelaccino.
L’albero di maestra, anch’esso formato da 4 parti denominate, sempre partendo dal ponte: fuso maggiore di maestra, albero di gabbia, alberetto di gran velaccio, alberetto di controvelaccio.
– – –
Fonti:
AA.VV., Esploratori, fregate, corvette ed avvisi italiani 1861-1968, Ufficio storico della Marina, 1969
AA.VV. Navi da guerra/RN Sirena 1859, in www.agenziabozzo.it
AA.VV. Muadslay and Filed, in www.history.rochester.edu/steam/lardner/chap13.html – 87k.
AA.VV., Battello Patria-Scheda tecnica, in www.como.polimi.it/Patria/testi/scheda.htm.
AA.VV., Real Marina del Regno delle Due Sicilie, in it.wikipedia.org/wiki/Real_Marina_del_Regno_delle_Due_Sicilie-89k.
AA.VV., Il glossario della marineria d’altri tempi, in www.correrenelverde.com/nautica/glossario/glossario.htm – 273k. AA.VV., Cannone di bronzo, in www.earmiit/cannon1.htm-3k
Bargoni F.- Gay F.,A.V., Navi a vela e navi miste italiane 1861-1887, Ufficio Storico della M.M., Roma, 2001, pagg. 402 e 406
Musciarello L., Dizionario delle armi, voce calibro, Oscar Modadori, Milano, 1978
Radogna L., Cronistoria delle unità da guerra delle Marine preunitarie, Vol.11, Uff.Storico della M.M., 1981, pagg. 263-265.
Per approfondimenti scrivere a: cimanto57@libero.it