a cura del prof. Luigi Casale
Cauto, cautela, cauzione, di cui sappiamo bene il significato – e altre parole da esse derivate – trovano la loro origine, morfologica e semantica, nel verbo latino “caveo–cavi–cautum”, che come primo significato ha quello di “guardarsi da …”; e quindi “fare attenzione a qualche cosa”.
Da questo significato poi derivano, per affinità o per scivolamenti successivi, anche quelli di “guardarsi” o “badare”, e quindi “provvedere”, oppure “assicurarsi” o “garantirsi”, e anche “dare assicurazione” o “fornire una garanzia”, fino a “prendersi cura” oppure – che è apparentemente il contrario – “evitare”.
L’imperativo di questo verbo è cave (sta’ attento!) e cavète (state attenti!). Ricordiamo che essendo l’imperativo il modo del comandare, in latino l’imperativo presente ha solo la seconda persona singolare e la seconda persona plurale. Si può comandare infatti solo ad un “tu” o ad un “voi”.
L’iscrizione CAVE CANEM, accompagnata dall’immagine di un cane, la si trova sulla soglia della casa romana: Guardati dal cane, fa’ attenzione al cane, sta attento al cane.
Un’ultima considerazione per spiegare perché nelle epigrafi latine non si trova mai la lettera U. I Romani con la lettera V indicano il fonema (vocalico) corrispondente al nostro “u”. Questo suono conserva la sua caratteristica di vocale se è accompagnato da consonanti, mentre tende a divenire consonante quando è accompagnato da vocali.
Vedi il verbo saluo che genera saluus (che poi diventa salvus). Così caveo dà cautum.
L.C.