Una stupenda Madonna del Botticelli in un casolare dell’Agro Stabiese
a cura di Antonio Ziino
L’importante quadro, riprodotto in foto, raffigurante la “Madonna delle Grazie”, è stato eseguito 540 anni or sono, da Sandro Botticelli e si trova ben custodito in un fabbricato alla periferia di Castellammare di Stabia. La “Madonna delle Grazie” attribuita dagli esperti, appunto, al Botticelli è custodito in una masseria che si trova lungo l’antica via Nocera, alla periferia della città. Il quadro apparteneva ad una cappella gentilizia già proprietà Bisaccia. Col passare del tempo il tutto è diventato di proprietà della famiglia Somma. Si tratta di una tavola di circa 58×80 centimetri compresa la bordatura, corrosa dal tempo, su cui è dipinta la Madonna, assisa su un grande trono, con sulle ginocchia l’augusto Figliolo. I colori, ovviamente, non sono più così vividi: la Vergine, con i capelli biondi coperti da un velo, indossa una veste a pieghe, color cinabro. Il Bambino è avvolto in un leggero panno viola. L’opera è collocabile verso il 1470. La linea sottile e acuta, il disegno accurato, il colore, come abbiamo detto, ha perduto l’originaria lucentezza. L’impostazione e l’armonia della linea e dei ricchi panneggi, ci fanno ricordare le opere coeve del grande artista toscano (la Fortezza, la Madonna con S. Giovannino, la Madonna del Roseto, la Madonna in Gloria, ecc.). sono stati questi elementi, particolarmente, a dare agli esperti, in primo luogo l’illustre soprintendente alle Gallerie della Campania, prof. Raffaello Causa, la certezza ai fini della attribuzione. La storia della vicenda è molto lunga. Il dipinto,si trovava prima nella cappella nel fondo di ex proprietà Bisaccia; tale fondo nel 1902 venne acquistato da diverse persone e nella vendita fu compresa la cappella nella quale era custodito il dipinto. Qualche tempo dopo un incendio minacciò la cappella e un certo Ludovico Elefante, contadino, a stenti riuscì a salvare la preziosa tavola strappandola a viva forza dalla pesante cornice a forma di tronetto che la conteneva. Naturalmente non mancano altri episodi storici di un certo interesse religioso: si narra, infatti, che presso l’unico altare della cappella gentilizia, Papa Gregorio VII, di passaggio per l’antica via Nuceria per recarsi a Salerno, vi celebrò la S. Messa. Nel marzo del 1074 – raccontano i cittadini della zona- Papa Gregorio VII (le notizie si sono tramandate da padre in figlio con grande devozione), convocò a Roma il suo primo Concilio, nel quale ottenne la sottomissione dell’imperatore Enrico IV, di Roberto il Guiscardo re del re di Francia Filippo I. contro il primo specialmente fu dura la lotta, quando costui respinse l’ingerenza papale nella nomina dei vescovi tedeschi, finendo, come è noto, con l’essere scomunicato. Nel 1077 Enrico, a Canossa, si sottomise alla volontà del Papa, mentre i tedeschi nominavano re Rodolfo di Svezia. Enrico, allora , una volta sconfitto il rivale, si oppose nuovamente a Gregorio VII e, nonostante venisse ancora colpito dalla scomunica, faceva deporre il Pappa dai vescovi tedeschi e, raggiunta Roma, insediava l’antipapa Clemente III. Assediato in Castel S. Angelo, Gregorio VII fu liberato da Roberto il Guiscardo col quale si era riconciliato a prezzo di gravi concessioni. A causa della pressione dei tedeschi e delle ostilità del popolo romano, provato dalle continue lotte, fu poi costretto a seguire Roberto a Salerno, dove la morte lo raggiunse nel 1085. fu proprio in tale viaggio- dicono ancora i contadini, con ingenua narrazione, ma che trova conferma nel dati storici, – nella nostra zona che Papa Gregorio VII, transitando per l’unica strada breve che a quei tempi collegava Castellammare con Salerno, ebbe occasione di celebrare nella famosa cappella gentilizia. Tutto questo è raccontato e sottolineato dai contadini con fervore, per giustificare la presenza del Papa nella contrada.
Sulla presenza del dipinto, però, scarseggiano le notizie. E’ probabile che il pittore eseguì l’opera per conto della corte di Napoli e che qualche gentiluomo lo portò nella cappella di sua proprietà dove certamente doveva possedere dei terreni e delle case dove trascorrere i periodi di riposo. Nel 1443 faceva il suo ingresso a Napoli Alfonso d’Aragona. Gli abitanti della zona nel riconoscerlo loro re gli prestarono giuramento di sudditanza. Il d’Aragona, per ricompensare il suo fedele consigliere Mirobello, mercante napoletano, gli vendette molte terre tra cui anche quelle della zona agricola stabiese e gragnanese. La concessione era ereditaria, per cui non si sa, o per meglio dire il segreto è ben serbato, dai proprietari discendenti dai vecchi proprietari. Sarebbe interessante, ma la proposta l’abbiamo già fatta alle competenti autorità, organizzare l’esposizione dell’opera, in un ambiente istituzionale protetto, o anche nella chiesa parrocchiale del rione, per far conoscere, certamente ai cittadini dei paesi confinanti, la straordinaria opera di grande valore storico ed artistico.