(ricetta di Rosato Raffaela)
Vi sentite figli del mare o della pubblicità? Questa domanda che all’apparenza può sembrare assai bizzarra è fondamentale per introdurvi a questo scritto.
Se vi sentite figli del mare andate avanti nella lettura; altrimenti lasciate perdere perché la vostra meta non è questa. Siete destinati ai supermercati, ai luoghi in cui fa bella mostra sugli scaffali il tonno “pescato a canna”, che si “taglia con un grissino”, che se non ha la “pinna gialla” non è buono, che è pescato in “mare aperto” e ha solo “olio d’oliva”. Luoghi in cui il consumismo sfrenato e il disprezzo delle risorse naturali hanno portato quasi all’estinzione le principali specie di tonno dei nostri mari: quello rosso (Thunnus thynnus) e il pinna gialla (Thunnus albacares).
I figli del mare conoscono benissimo questa realtà e sanno, altrettanto bene, che una buona conserva di tonno può essere fatta sfruttando altre specie affini al genere Thunnus. Pesci saporitissimi che spesso restano tristemente invenduti nelle pescherie perché noi tutti, malamente indottrinati dal mezzo mediatico, abbiamo perduto la memoria di come bisogna cucinarli o conservarli.
Qui di seguito recuperiamo una parte di questo antico sapere, con la speranza che ogni stabiese voglia rimetterlo nel proprio bagaglio culturale. Vi mostreremo, passo passo, come preparare i barattoli di tonno sottolio (‘o buccaccio ‘e tunno).
Volutamente useremo un pesce che non è del genere Thunnus, lo faremo per coscienza ecologica e per dimostrarvi che esiste un’alternativa nel pescato locale che, sapientemente sfruttata, può alleggerire la gravosa situazione dei tonni propriamente detti, vittima di una pesca esagerata e sconsiderata.
Useremo quello che in commercio è chiamato tonno alletterato (Euthynnus alletteratus), facilmente riconoscibile per la livrea del dorso con i caratteristici disegni neri che ricordano i simboli di un’alfabeto misterioso, e la pezzatura che non supera i 15 kg,
Un’ulteriore alternativa potrebbe essere l’utilizzo di un grosso esemplare di palamita (Sarda sarda), specie che raggiunge al massimo i 10 kg di peso.
La prima cosa da fare, dunque, è procurarsi un bel pesce fresco, possibilmente pescato in giornata, e di buona pezzatura (8-15 kg almeno). Serve poi del sale marino grosso del monopolio di stato, acqua fresca e, infine, olio di semi (volendo si potrebbe usare anche olio extravergine d’oliva ma i costi della produzione salirebbero alle stelle).
Procurati gli ingredienti è fondamentale seguire scrupolosamente la ricetta sotto illustrata, prestare bene attenzione alle dosi e ai tempi. Gli scrupolosi alla fine saranno premiati da un prodotto genuino e saporito, la cui bontà la pubblicità e i supermercati se le sognano.
Riepilogo ingredienti:
- Pesce fresco (per una buona riuscita dovrete avere 5 – 6 chili di tranci, 3 – 4 pezzi grossi di pesce già eviscerato, privo di testa e coda)
- Sale marino grosso, del monopolio (110 grammi per ogni chilo di pesce)
- Acqua fresca, per la cottura (1 litro ogni chilo di pesce, più 1 litro extra)
- Olio di semi, quanto basta
Procedimento:
Giorno uno: la cottura…
Giorno due: la conserva…
Trascorsi 6 mesi…
Il tonno è maturo al punto giusto è rosa, profumato e saporito. Aprite il barattolo e buon appetito!!!
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Salve, sto facendo la ricetta usando gli sgombri. essendo piú piccoli la cottura dev’essere di 5 ore comunque? Avevo fatto altre ricette pero non era mai cosí lunga la cottura. Anche perché creo che non rimanga agua con dei tempi cosí lunghi.
Grazie mille e un saluto