CRONISTORIA
( a cura di Antonio Cimmino )
Castellammare di Stabia: tramonto di mercoledì 8 settembre 1943
Una giornata di guerra, come le altre, nel regio cantiere navale di Castellammare di Stabia. Alle ore 18,30 circa ammaina bandiera sulle corvette Lucciola (Capitano di corvetta Michelangelo Flaman di La Spezia) e Vespa ormeggiate al molo dell’Acqua della Madonna, complete di equipaggio e già allestite.
Le corvette in allestimento Grillo, Cicala e Calabrone sono ormeggiate alla banchina del cantiere.
Più in là, in corrispondenza del forte borbonico, si dondola alla brezza vespertina l’incrociatore leggero Giulio Germanico varato due anni prima e quasi completamente allestito. Da qualche giorno sono terminati i lavori di riparazione della zona poppiera colpita il 10 agosto, da colpi da 152 mm lanciati a parabola (a forcella), dal Golfo di Salerno dai cctt. britannici Penelope e Aurora.
La VAS 243, già allestita ed armata è ormeggiata ad un corpo morto nei pressi dell’ avantiscalo, mentre la n. 242 è sullo scalo mobile, come sono sullo scalo le altre corvette a.s. Crisalide, Farfalla e Libellula. Altre motozattere sono in allestimento e/o in riparazione. Due sono tedesche.
L’ex smg. Espadon francese, catturato a Biserta e rinominato FR. 114 è in disarmo sempre alla banchina dell’Acqua della Madonna. Davanti alla C.P. si trova, invece, la motonave Maddaloni (ex francese P.Claude) che imbarcava materiale bellico da inviare nei porti più sicuri del nord, visto che si prevede uno sbarco alleato nei pressi della Piana del Sele (l’imminente Operazione Avalanche).
Il cantiere navale e la città sono protettiva batterie a.a. della DICAT poste sul molo e sulle banchine, mentre cannoni sono sistemati in località Pozzano sovrastante lo stabilimento e la Corderia annesso al cantiere.
Nella Caserma Marina chiamata Cristallina per via di un’antica fabbrica di cristalli di epoca borbonica, ove alloggiano i marinai e gli ufficiali, è ora di cena. Tra gli ufficiali si discuteva disastroso andamento della guerra e degli americani che stanno risalendo la penisola.
Il Capitano di corvetta Domenico Baffigo di Cornigliano Ligure, attuale responsabile del comando Marina, in sostituzione del C.V. Guglielmo Robbia assente per malattia, racconta della sua esperienza nella 186° Squadriglia Idrovolanti. Ad ascoltarlo sono, tra altri, i tenenti del G.N. Francesco Bottino, calabrese, il napoletano Ugo Molino, i sottotenenti di vascello Giuseppe Falla siciliano e il torinese Ettore Percival Mazza.
I sottufficiali di Torre del Greco il Capo meccanico di 2° classe Ciro Borriello e il 2° capo meccanico Mario Vittozzi, si lamentano del mancato funzionamento della Circumvesuviana, una linea ferrata a scartamento ridotto che collega Castellammare a Torre. Non è possibile una scappata a casa.
Un grosso apparecchio radio Allocchio Bacchini trasmette le solite spensierate canzonette. All’improvviso, alle ore 19,42 la voce di Badoglio che annunzia l’armistizio di Cassibile “………Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.
Tutti si guardano stupiti senza profferire parola. La voce si diffonde in caserma, tra gli equipaggi, negli acquartieramenti dei soldati del N.E. ed in città. Molti scaricano i aria le armi. La guerra, questa maledetta guerra, è finalmente giunta al termine!
Il comandante Baffigo non si lascia prendere dal contagioso entusiasmo. Nonostante i suoi 31 anni d’età è reduce della guerra di Spagna ed ha combattuto anche in Libia e, soprattutto, conosce bene i tedeschi.
Sono le ore 22,00, si mette in contatto con il presidio militare della Corderia e precisamente con il colonnello Giuseppe Olivieri ed il capitano Mario Ripamonti, ufficiali del R.E. responsabili delle difese costiere. Si decide di vedersi ad horas nella sala del primo piano della Corderia.
Nella riunione che si protrae fino a notte fonda, si conviene che gli impianti e le navi sono in pericolo e che bisogna organizzare una difesa. A Baffigo viene affidato il compito di organizzare gli uomini, principalmente i marina di stanza in caserma e degli equipaggi delle navi, nonché i soldati ed i carabinieri.
9 settembre
Da comando Marina di Napoli arriva solo la disposizione di far salpare la corvetta Vespa per Pozzuoli e poi per Portoferraio e di rendere inutilizzabili per la navigazione, le unità già allestite. Poi tutto tace nonostante i tentativi di mettersi in contatto per ottenere ulteriori e chiare disposizioni.
Baffigo comprende che è necessario salvare l’onore nazionale e che i nemici, ora, sono i tedeschi.
Conviene con gli ufficiali del R.E. che i 4 cannoni a.a. sistemati in alto, sul molo borbonico ad ovest, si sistemino con le canne rivolte verso la battigia per contrastare uno sbarco da motozattere. Si armano le mitraglie della Lucciola e il c.c. Flaman assicura che tutti i suoi uomini sono allertati ed armati con armi leggere.
Sul tetto della caserma Cristallina vengono sistemate altre mitraglie così pure sull’edificio principale del cantiere. Dal mare, lato rada interna, la difesa è assicurata dalla mitragliatrice Breda 6,5 mm della VAS (s.t.v. Giuseppe Falla) e da altre armi leggere sistemate sul forte borbonico e sullo scalo in muratura. Il cantiere nel pomeriggio del giorno 9, è circondato da una muraglia di armi sia lato mare e sia lato terra e, soprattutto, dai petti di ferro dei marinai, rimasti nella stragrande maggioranza ai loro posti fino alla fine.
Tutti ai posti di combattimento. Così trascorre il primo giorno dopo l’annunzio dell’Armistizio.
Le armi ci sono, il coraggio non manca. Si può resistere ad oltranza anche perché i tedeschi in città non sono numerosi e posseggono solo una autoblinda e, più tardi, un carro armato fatto venire da Scafati.
10 settembre
In mattinata marinai tedeschi delle motozattere salgono a bordo del piroscafo Maddaloni per portarlo verso Napoli con tutto il materiale bellico a bordo, ma i marinai già lo hanno sabotato mettendo fuori uso l’apparato motore.
Nel primo pomeriggio una pattuglia di soldati della Wermacht accompagnati da guastatori, tenta di entrare in cantiere dal portone principale, ma una scarica di fucileria e di mitraglia li fa desistere. Si ritirano incattiviti verso la parte vecchia della città e, a via Brin vengo accolti da altri spari dei marinai appostati sulle terrazze della caserma Marina.
11 settembre
I combattimenti, fin dalle prime ore del mattino, si intensificano mentre i tedeschi, fatti affluire altri soldati dai paesi vicini, diventano più pericolosi. Ma i loro tentativi vengo vanificati, i marinai sparano con determinazione e, disciplinatamente, obbediscono ai loro ufficiali accorrendo nelle zone perimetrali dello stabilimento più soggette agli attacchi tedeschi.
Un manipolo di marinai, alle ore 12,00, sale a bordo del piroscafo Maddaloni uccidendo i tedeschi di guardia e, mollati gli ormeggi, lo fanno trainare in rada da una pilotina. Il carico è troppo prezioso per lasciarlo in mano al nemico.
Negli scontri muoiono diversi marinai di cui, purtroppo, non si conoscono i nomi.
Nel contempo, in città si verificano alcuni sporadici episodi di resistenza da parte dei civili. Bombe a mano sono lanciate dai tetti sulle camionette tedesche che, dalla periferia si dirigono verso il cantiere. Sono i giovani Mariconda e Giordano Worowski che, autonomamente, cercano di combattere i tedeschi.
Ore 19,00 davanti all’ingresso del cantiere, si presenta un ufficiale tedesco con bandiera bianca accompagnato da un ufficiale del R.E. con funzioni di interprete. Fanno intendere che vogliono addivenire ad un accordo: una tregua delle armi e lasciare indisturbati la città. Gli Alleati già dal giorno 9 stanno sbarcando nella zona salernitana. Chiedono del responsabile.
Al nemico che fugge, ponti d’oro!
Baffigo, fidando sull’onore militare della bandiera bianca, si presenta accompagnata dal tenete Bottino suo ufficiale di macchina. L’incontro è nella piazza antistante il cantiere.
Subito, vigliaccamente, un raffica di mitra uccide Bottino e Baffigo viene catturato e caricato a forza su una camionetta. Di lui non si saprà più nulla. Sicuramente fu portato a Napoli e lì fucilatoo assieme ad altri ufficiali superiori.
Mancato il comandante che, nel corso dei tre giorni di combattimento aveva coordinato, con coraggio e competenza, il fuoco dei marinai la resa, dopo tentativi di vendicarlo, uccisi il tenente del GN Ugo Molino ed il capitano del R.E. Mario Ripamonti, è inevitabile.
Molti riescono a fuggire, il fronte cantiere è abbastanza vasto. Vengono aiutati dalla popolazione che fornisce loro abiti civili e li accompagna verso le montagne di Agerola che, di lì a poco, si riempiranno di Rangers americani.
I marinai vengono disarmati e caricati su camion verso il campo di smistamento di Sparanise (CE) per poi essere avviati in Germania. Non si conoscerà mai il numero dei morti. Viene ricordato solo il marinaio torpediniere De Simone Vincenzo di Castellammare fucilato successivamente il giorno 16.
Alle ore 20,00 alcune donne incontrano, a Via De Turris, un marinaio con il petto fasciato e con un mitra in mano. È frastornato, non conosce la zona e i tedeschi sono ormai dappertutto. Da alcune donne del popolo, viene accompagnato verso la vicina falesia, oltre la quale può accedere alle frazioni a monte, salvandolo da morte certa.
In serata viene cannoneggiata la motobarca Giovannina mentre navigava al largo del cantiere, facendo la spola tra Napoli e Sorrento. Ci furono diversi morti bordo e la nave fu costretta ad arenarsi sulla spiaggia di Pozzano.
12 settembre
I guastatori procedono a minare, con meticolosità teutonica, impianti, macchinari e navi, sia sullo scalo e sia in allestimento.
13 settembre
La città viene messa a ferro e fuoco. Tutte le officine del cantiere vengono fatte saltare in aria. I macchinari distrutti, la sala a tracciare bruciata con tutte le seste ed i simulacri. Le navi sullo scalo e le gru abbattute da cariche di tritolo. I guastatori tedeschi minano anche le altre corvette in allestimento. Tutte le imbarcazioni presenti in porto, anche quelle mercantili, sono affondate ( rimorchiatori Marina e Santos, motovelieri Maria Madre e San Francesco di Paola).
14 – 28 settembre
I tedeschi si danno alle razzie, distruggono le altre fabbriche (AVIS, Cirio e pastifici), nonché lo stabilimento Cantieri Metallurgici uccidendo il carabiniere Alberto Di Maio che, generosamente e coraggiosamente, si era opposto con le armi.
Fino al 28, giorno in cui abbandonarono la città, furono uccisi altri 31 civili e circa 5.000 giovani, tra militari e civili furono rastrellati e deportati nei campi di concentramento di Austria e Germania. Molti non fecero più ritorno.
28 settembre
I tedeschi, nell’ultima giornata di occupazione della città di Castellammare di Stabia, tentarono di affondare anche l’incrociatore Giulio Germanico. Ma l’opera non riuscì appieno, la nave minata, si abbatté a dritta ma non affondò ( sarà recuperata nel dopo guerra e trasformata nel cacciatorpediniere San Marco).
29 settembre
Gli alleati, fermi da giorni ad Agerola a pochi chilometri dalla città, vengono invitati a scendere a Castellammare, ormai priva di soldati tedeschi.