( articolo di Maurizio Cuomo )
Sempre più affascinato e incuriosito dalla storia e dalle tradizioni della mia terra natìa, ho letto con gusto gli scritti dei carissimi Enzo Cesarano: “‘A ‘Mmaculata arapre ‘e pporte a Natale… Santu Catiello ‘e cchiure“, e di Giuseppe Zingone: “L’Immacolata Concezione, una tradizione da riscoprire“, grazie ai quali ho avuto modo di apprezzare più compiutamente il vero significato della “Dodicina” dell’Immacolata Concezione.
In particolare approfondendo qualche vecchio spunto di ricerca, ho avuto modo di imbattermi fortunosamente in una modesta intuizione che nel suo piccolo potrebbe fare un po’ di luce e apportare maggiore chiarezza sulle incerte origini del “dare la voce”.
Ebbene, pur se riesce difficile dare una datazione certa all’origine di “fratielle e surelle” (purtroppo, non siamo ancora riusciti a rintracciare scritti o testimonianze che possano suffragare inequivocabilmente quanto essa possa essere antica, e ancor più, come abbia avuto origine questa antica litania), quest’oggi vorrei rendervi partecipi di una teoria, semplice ed interessante.
Analizzando e soppesando a dovere la parola dialettale “fratielle“, appartenente al tradizionale adagio votivo stabiese (che oggi, con ogni probabilità tutti tradurrebbero in “fratelli“, termine che assume il significato di amici o anche di compaesani), mi è sorto un dubbio legittimo, ovvero, che nel nostro dialetto parlato in realtà fratello si dice “frate” e non “fratiello” come si potrebbe pensare.
Una curiosa constatazione di fatto che mi ha spinto ad indagare maggiormente, fino ad arrivare alla consultazione di: Altamura e D’Ascoli (vocabolari napoletano-italiano, gentilmente messi a disposizione dal carissimo maestro Bonuccio Gatti), e del mio vocabolario Andreoli, i quali all’unisono convengono la sostanziale differenza tra i termini “frate” e “fratiello“.
A seguire la specifica in questione:
Stesso distinguo potrebbe valere per “sore” e “surelle“, per distinguere nel primo caso le sorelle di sangue e nel secondo le consorelle quali donne appartenenti ad una confraternita.
Sulla scorta della suddetta analisi della parola (e su null’altro, ci tengo a precisarlo) si potrebbe quindi ipotizzare che la voce votiva di “fratielle e surelle“, in origine sia stata data per la prima volta da un membro di una confraternita stabiese, avente incarico di svegliare e di portare a raccolta (alle prime ore del mattino) i suoi confratelli e le consorelle per assolvere l’impegno della recita del Rosario alla Madonna.
Sempre che la suddetta ipotesi sia giusta, e mettendo in conto che in tempi ormai andati vi era maggiore fervore religioso e notevole possibilità di essere membro di una confraternita (numerose erano infatti le confraternite sul territorio stabiese, si veda quella dei “Marinai e dei pescatori di Porto Salvo“, o quella dell’Immacolata Concezione e di San Catello appartenente alla chiesa di San Giacomo, solo per citarne alcune), al momento non ci è dato di sapere a quale confraternita sia appartenuto il primo “fratielle e surelle“.
Per tal ragione, al fine di identificare con maggiore certezza le vere origini di questa usanza stabiese, invito ricercatori e studiosi locali ad approfondire questa modesta traccia, che verosimilmente non dovrebbe discostare molto dalla realtà storica vissuta nella nostra Castellammare.