Gerardo Di Nola
di Giuseppe Zingone
Ho ritrovato, mentre cercavo altre cose, uno scritto al quale ero stato sollecitato dall’amico Giuseppe Di Massa, alcuni anni or sono. Giuseppe è tutt’ora presidente del Centro di Cultura e Storia di Gragnano e Monti Lattari, “Alfonso Maria Di Nola”,1 legato da stretta e profonda amicizia al nostro sito e al direttore Maurizio Cuomo. Mi venne chiesto di ricordare il professor Gerardo Di Nola, per la celebrazione di un Convegno a cura dell’associazione, ricorreva infatti il decimo anniversario della sua morte. L’incontro si tenne il 30 Ottobre 2010 nella sala incontri del Centro Pastorale San Michele Arcangelo in via Santa Croce a Gragnano.
Raccolsi i miei ricordi un po’ disordinati per tracciare non tanto la figura del valente accademico, i suoi lavori lo celebrano chiaramente, volevo far far conoscere il buon professore Don Gerardino, un vero insegnante, la sua bellezza comunicativa, quel farsi tutto a tutti, senza distinzione di ceto o cultura.
Alcune delle mie impressioni vennero riportate anche dal Gazzettino Vesuviano, in un articolo che pubblicizzava il convegno,2 tutt’ora in rete, datato 29 Ottobre 2010 a firma di Dario Sautto oggi corrispondente de Il Mattino.
Mi è sembrato giusto riordinare al meglio questi ricordi prima che sfioriscano e far entrare a pieno titolo Gerardo Di Nola nei personaggi importanti della Città, quelli che davvero contano.
Ebbi la fortuna e l’onore di conoscere Gerardo Di Nola durante gli studi di Teologia, all’istituto Superiore di Scienze Religiose “Monsignor Raffaele Pellecchia” all’incirca a metà degli anni ’90. Professore di Religione (e non Latino e Greco come nota l’amico Carlo Felice Vingiani che ringrazio) presso il liceo Plinio Seniore di Castellammare, di Filosofia e Patristica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose per la diocesi Sorrento-Castellammare e professore di stilistica greca e latina presso l’Istituto Marianum di Roma.
Fu uno dei nostri attuali sacerdoti Don Antonio Esposito ad insistere perché mi iscrivessi ad un seminario di latino e greco tenuto dal professor di Nola e che si teneva allora nei locali dell’Istituto in Curia a Castellammare. Capii subito una cosa, agli incontri con Don Gerardo oltre ad imparare non ci si annoiava mai. Fu lui stesso a dirlo “Guagliù si ce mettimmo a fa greco, ce n’ascimmo cu ‘a guàllera tanta!” (il gesto, mentre allargava le gambe, lo lascio all’immaginazione del lettore). Era presente insieme a noi una studentessa lucana, la quale chiese cosa significasse la parola “guàllera” e Don Gerardo soggiunse: “‘a paposcia!”, (il volto della poverina sprofondò in dubbi atroci) continuò: “‘o piezzo ‘e carne!”. Alla fine tutti insieme con gli occhi pieni di lacrime per le risate sbottammo in un fragoroso “l’ernia, l’ernia!”.
Decisi che non avrei mai potuto perdermi una sua lezione. Don Gerardo di Nola, rispecchiava tutta la bellezza e l’umanità della nostra gente, unita ad una straordinaria cultura ed una incommensurabile ironia espressa nella lingua più bella del mondo, il nostro dialetto.
Come capirete più che incontri di studio erano incontri di vita vera, contornati da tanta ironia.
Don Gerardo era nato a Gragnano, il padre, lui stesso ci disse, lavorava presso un pastificio della città, Ben presto s’incamminò sulla via del seminario diocesano. Molte delle sue parole divennero subito perle di saggezza per me che lo ascoltavo. Ci raccontò, in uno dei primi incontri, che tornando nella casa paterna e avendo preso brutti voti a scuola, fu chiamato dal padre e che questi congedando la moglie le disse: “Mannami a Gerardino!”. Così fu! Il padre prese l’alcool etilico e disse al figlio di massaggiarlo sulle spalle, quelle stesse piagate dalle canne, sulle quali veniva trasportata la pasta e messa ad asciugare al sole. Poche le parole: “Vuò fà ‘a fine mia?”. Don Gerardo riprese a studiare senza sosta, i libri, le sue opere, le traduzioni dal greco e dal latino raccontano quello che Don Gerardo comprese del consiglio paterno.
Al seminario minore di Castellammare la vita, (sosteneva) era fatta di studio e regole molto rigide, quando monsignor Oscar Reschigg ne fu rettore, arrivare in ritardo a pranzo significava rimanere in ginocchio con il piatto tra le mani, durante tutto il tempo in cui gli altri mangiavano.
Ben presto manifestò la sua bravura nella traduzione dei testi greci e latini. Una volta andando via da un incontro, ci disse che era arrivato un documento della Santa Sede e per una sicura e retta traduzione si attendeva l’opera sua.
Don Gerardo era uno studioso delle lingue antiche e questo lavoro richiede una dedizione continua, una concentrazione da monaco benedettino, sapevo che don Gerardo non aveva una sua parrocchia e celebrava solamente una messa al giorno, il suo pane era lo studio, il suo vino la traduzione dal greco. Ci raccontò che nei momenti più difficili di questo suo certosino lavoro si affidava ad una immagine del sacro cuore di Gesù, familiarmente chiamato “Salvatore Buonocore, ‘o figlio ‘e Peppino ‘o falignamme”.
Furono pochi gli incontri di quel corso di greco e di latino, mirabile la storia di Gesù che impone a San Pietro di restituire un prosciutto che aveva trovato per strada, tutto questo giochino per spiegarci dove cadeva l’accento in alcune parole greche prese in esame. Tutti, o quasi, sanno che gli ebrei non mangiano carne di maiale, ma questo san Pietro napoletano per tenersi il prosciutto fece di tutto. La scena al vedersi era di una bellezza teatrale. Pietro gridando e sollevando la coscia del suino al cielo diceva: “‘E chi è chisto” ed a bassissima voce nascondendo l’agoniato trofeo, riprendeva: “prusutto?”.
Avevo profeticamente intuito che il suo cuore faceva le bizze ed effettivamente soffriva di cuore, ma i motivi che gli si agitavano in petto erano diversi. Ci disse che i giovani d’oggi non erano più in grado d’andare al sodo con le ragazze, fanno: “Uocchie chine e mane vacante”, disse. Aveva bisogno di comunicare a qualcuno ciò che il cuore ebbro d’amore esigeva e scelse noi. Conobbe una donna credo una giovane professoressa proprio quando un baldo giovane cercava di attrarre la sua attenzione, ma senza riuscirvi. A don Gerardo bastò declamare la Divina Commedia in dialetto napoletano, ma fu il suo cuore a cedere e a cadere, fu lui vittima della bellezza della donna.
Più tardi fummo invitati dall’Istituto superiore di scienze religiose a partecipare alla presentazione alla chiesa del Gesù di Castellammare, di quella che secondo me è la suo opera magna “Monumenta Eucharistica”. Era lì con noi ma non era lo stesso don Gerardo di sempre, chino a testa bassa presentò il volume in maniera frettolosa e sommessa leggendo le carte che aveva con sé. Pensai fosse stanco, ma anche che non fosse avvezzo a stare al centro dell’attenzione. Di lì a poco lasciò il sacerdozio.
Conservo nel mio libretto degli esami la sua firma, l’esame era storia della Filosofia 2, al ritorno poiché eravamo a Vico Equense gli chiesi un passaggio fino a piazza Orologio. Peppì mi chiamò più volte, per parlare, a me, uno studente tra mille. Nella macchina incollato sul cruscotto della sua Mercedes, disarticolava in tutte le direzioni la testa mobile di un asinello. Alla mia domanda sul perché di quella strana figura proprio lì, mi rispose: “Peppì int”a vita, c’avimma ricordà ca’ simme tutti ciucci!”. Tante le cose da dire, ma il tragitto fu breve, ed alcune sue considerazioni le tengo solo per me.
Molti di voi ricorderanno quando a Sant’Antonio Abate, si verificò la lacrimazione della statua di Gesù? Lui fu uno dei primi ad accorrere, forse perché mandato dal Vescovo, monsignor Cece. Don Gerardo, prendendolo dalla tasca interna della sua giacca, ci mostrò il suo fazzoletto macchiato di quel presunto sangue e ci disse: “Se chisto nun è sangue ‘e Gesù Cristo, allora pacienza aggio spurcato ‘o fazzuletto. Ma si stu sangue è ‘o sujo io me putevo perdere ‘o sangue ro pataterno?”.3
Non deve trarre in inganno il lettore, questo mio scritto leggero su una figura così importante, ma sono convinto che a lui non dispiaccia e ho la consapevolezza che i grandi comunicatori quelli senza peli sulla lingua vanno diretti al nocciolo delle questioni, dicendo sempre la verità, con noi fu sempre così.
In una mia breve parentesi a Castellammare, mi imbattei in un manifesto fatto stampare dalla Curia, dal quale si deduceva che Gerardo Di Nola ci aveva lasciato.
Peppino Zingone, Vostro studente, uno tra mille.
I testi pubblicati:
Gerardo Di Nola, Giovanni Crisostomo, l’unità delle nozze, edizioni Città Nuova 1984.
Gerardo Di Nola, L’attività filosofica teologica e letteraria di Sant’Agostino a Cassicianum, edizioni Longobardi (Eidos) 1992.
Gerardo Di Nola, I provvedimenti legislativi sulle banche di emissione nell’Italia unita (1861-1894), edizioni Longobardi (Eidos) 1992.
Gerardo Di Nola, La dialettica in Giambattista Vico, edizioni Longobardi (Eidos), 1992.
Gerardo Di Nola, Tommaso Campanella il nuovo Prometeo. Da poeta-vate-profeta a restauratore della politica e del diritto, edizioni Studio Domenicano, 1993.
Gerardo Di Nola, Simone Weil, Una voce profetica per i nostri tempi, edizioni Studio Domenicano, 1994.
Bardy Gustave e Gerardo Di Nola, Storia della letteratura cristiana antica greca, storia letteraria, letteratura critica e approfondimenti tematici, edizioni Libreria Editrice Vaticana, 1996.
Gerardo Di Nola , Monumenta Eucharistica, La testimonianza dei Padri della Chiesa, edizioni EDB, volumi 2, 1997.
Gerardo Di Nola, Lo Spirito Santo anima dl Vaticano II. Testi conciliari dei Padri e del Magistero, edizioni Città Nuova, 1998.
Gerardo Di Nola, La dottrina Eucaristica dei secoli I-IV, volume IV da Afraate il saggio a Didimo il cieco, edizione bilingue, edizioni Libreria Editrice Vaticana, 2000.
Gerardo Di Nola, Cristo eucaristia – La Vergine Madre del Signore, edizione bilingue, Libreria Editrice Vaticana, 2000.
Ha curato diversi scritti tra questi:
Giuseppe Mastroeni, Oltre la vita. Libro di poesie, 1981(?).
Note:
- http://www.centroculturalegragnano.it/ ↩
- http://www.ilgazzettinovesuviano.com/2010/10/29/gragnano-convegno-per-il-decennale-della-morte-del-prof-gerardo-di-nola/ ↩
- Mi sembrò di leggere in questa frase il filosofo e scienziato Blaise Pascal e la sua Scommessa, un’argomentazione a favore dell’esistenza di Dio. ↩
Ebbi la fortuna di avere Don Gerardo Di Nola, come professore di Religione (non di Greco, come erroneamente affermato nell’articolo dell’amico Giuseppe Zingone), allorché, quattordicenne, iniziai il Ginnasio al “Plinio Seniore”.
In quei due anni egli seppe comunicare con noi, usando la sua consueta simpatia e arguzia, nonostante la materia che insegnava non fosse certo quella che veniva tenuta in maggiore considerazione.
Conservo un ottimo ricordo di lui, anche grazie ad aneddoti narratimi da miei amici i quali, negli anni successivi, furono suoi allievi al doposcuola di Greco che egli teneva a casa sua. Uno su tutti verificatosi l’anno della nostra maturità, il 1986, quando un pomeriggio, invece di tener loro lezione, Don Gerardo piazzò tutti davanti al televisore ad assistere ad una partita dell’Italia, sorprendendo quanti di loro erano ormai rassegnati a perdersela per sgobbare sui libri.
Sicuramente errore mio. Grazie!