La strada di ferro per Castellammare
di Giuseppe Zingone
La ferrovia o strada di ferro, così chiamata all’epoca della sua costruzione, è stata per la città di Castellammare una sorta di passaggio epocale. I tempi di percorrenza tra Napoli e Castellammare per il trasporto delle merci e dei viaggiatori, che fino a quel momento si servivano di strade non sempre comode e della più frequentata via del mare, si velocizzarono ed aumentarono. Castellammare divenne una città industriale pienamente inserita in quei cambiamenti che alcuni paesi come la Gran Bretagna, la Francia, avevano abbracciato già qualche decennio prima.1
L’area a Nord della città, si sviluppa in senso imprenditoriale proprio parallelamente alla ferrovia, nascono miriadi di nuove realtà industriali piccole e grandi che insieme ai cantieri navali divengono per i cittadini di Castellammare e dei suoi dintorni, una nuova possibilità di reddito. Non parleremo delle difficili condizioni sociali a quel tempo, ma in senso generale questa nascente industrializzazione muta radicalmente il volto della città. Così scriveva Giuseppe Marotta nelle sue vesti di giornalista in visita a Castellammare nel 1947: “La mia prima tappa fu Castellammare di Stabia, l’antica cittadina di cui subito si pensa: qui i vecchi industriali e commercianti milanesi dovrebbero venire a trascorrere i loro ultimi anni, s’intende dopo aver lasciato le loro aziende in mani sicure, e salvo a telefonare ogni sera istruzioni e rimbrotti. Castellammare è una celebre stazione climatica, balneare e termale; irta di ciminiere però, disseminata di officine e di fabbriche, piena di buste paga, sorvolata da estrose nuvolette che potrebbero benissimo simulare, per i canuti uomini di cifre riversi nelle amache, i più lusinghieri diagrammi. Castellammare è insomma Chianciano, Rapallo e Monza in una sola nitida e leggiadra cittadina”.2
Mi sono sempre chiesto perché una realtà territoriale come quella stabiese avesse abdicato la sua vocazione turistica a favore di quella industriale. Nel tempo e nella vita ho compreso che gli eventi travolgono gli uomini, che spesso più che dirigere il proprio futuro, su un lungimirante sentiero, vengono da questi trasportati senza aver chiara una meta, ovviamente una volta imboccata una strada difficilmente si riesce a tornare indietro. Tuttavia siamo consapevoli del fatto che senza quella scelta, (che oggi definiremmo erronea) forse neanche esisteremmo.
Se negli anni sessanta c’è stato un boom economico, io credo che molti stabiesi neanche se ne siano resi conto, anche perché, di lì a poco e parlo di neanche una generazione, l’intera struttura economico-sociale del paese, ed oggi del mondo, ha iniziato a traballare.
La strada di ferro
Il documento più interessante relativo alla costruzione di una strada di ferro nel Regno delle due Sicilie è un esaustivo articolo di Achille Antonio Rossi un funzionario del Ministero dell’Interno incaricato di sovraintendere alla costruzione delle strade ferrate del Regno.3Mi sia permessa una piccola digressione storica: Da nessuna parte nei nostri libri di storia scolastici, si legge che quel primo tratto di ferrovia sotto Ferdinando II, fu il primo in un regno non ancora unificato. Questa mancata citazione fa parte di un preciso disegno di oblio della memoria storica che purtroppo ancor oggi si perpetua.
Achille Rossi all’inizio del suo articolo, dà lustro al nuovo progetto messo in essere nel Regno delle Due Sicilie, e con un po’ di sano campanilismo lascia intendere che mentre si lavora alla realizzazione della nuova strada ferrata, negli altri stati italiani questi progetti sono ancora in fase di studio.
L’autore poi si dilunga sulla storia delle macchine a vapore, delle nascenti ferrovie e di come l’Inghilterra tra i paesi europei, sia la più decisa a muovere sulla strada del nuovo progresso innescando un movimento di causa effetto che coinvolgerà il mondo intero. Le ferrovie cresciute ed affermate permettono ai viaggiatori di spostarsi velocemente in Inghilterra e con grande risparmio, fu questo il vero successo delle strade di ferro, più che il trasporto delle merci.
“Nei primi giorni dell’anno 1836 (scrive Achille Rossi) un francese ingegnere, signor Armando Bayard de la Vingtrie, venuto in Napoli con progetto di costruire una strada con rotaie di ferro, dimandò ampia concessione di aprirla tra Napoli e Nocera; a patto ch’egli insieme ad una sua Compagnia farebbe l’opera a proprie spese e rischi, e la dirigerebbe a suo talento. In frutto delle sue fatiche e del denaro da spendere chiedeva poi gli si lasciasse per anni novantanove (ridotto poi ad anni ottanta. pag. 49 Annali del Regno delle Due Sicilie) l’usufrutto della strada; la quale da quel tempo innanzi diverrebbe proprietà dello Stato”.
Il progetto del Signor Bayard fu sottoposto al Ministro degli Affari Interni Don Nicola Sant’Angelo che ridusse di molto quelle che erano le concessioni richieste dal Sig. Bayard.
“Accolse il Re di grato animo le gravi e giuste osservazioni; secondo le quali, senza più dimandar altrui consiglio, volle poi con un suo Decreto del 19 di giugno dell’anno 1836 dare al Bayard la chiesta facoltà di far la strada, ma con limitazioni assai più strette di quelle che il Francese avrebbe voluto: indi con altro posterior decreto del 3 di febbraio dell’anno 1838, in parte allargò e in parte ancor istrinse i termini della prima concessione, in seguito di rimostranze fattegli dal Ministro degli Affari Interni e col consentimento ancora del Bayard, secondochè l’esperienza avea consigliato per lo miglior bene e fine dell’affare. Adunque la somma principale delle cose concesse fu: permettersi ad Armando Bayard de la Vingtrie che a sue spese e rischi facesse una strada ferrata dalla parte orientale di questa città fino a Nocera, in provincia di Principato Citeriore, passando pe Comuni di S. Giovanni a Teduccio, Portici, Resina, Torre del Greco e Torre dell’Annunziata: dal qual Comune avrebbe dilungato un altro ramo di essa strada per giungere sino alla città di Castellammare”.
Siccome a differenza di quel che oggi si vede in giro nel nostro paese, in merito alla costruzione di grandi opere, dove spesso, oltre alle mega truffe a scapito dei contribuenti, per le quali nessuno mai paga; ci sembra che queste note inserite nel decreto siano veramente lungimiranti, sottolineando come la nuova ferrovia non doveva creare problemi alle altre infrastrutture già esistenti e facendo emergere una sensibilità particolare, quasi modernamente ecologica, nei confronti del territorio nello specifico caso del Sarno.
“Il cammino ferrato venne statuito non occuperebbe mai parte delle antiche vie comuni; e dove s’incrocicchiasse con queste, provvederebbesi pe passaggi delle rotaie di ferro o a livello, o di sotto, o di sopra delle strade istesse, di maniera da non isturbarne il commercio pubblico. Obbligavasi il Bayard di condurre la nuova via accosto alla città di Pompei; ma non la traverserebbe, rispettando il terreno dove si ammirano diseppellite, o dove giacciono tuttavia sepolte le sue ruine, venerande reliquie dell’antichità. Per non impedire che il fiume Sarno potesse mai restituirsi navigabile, siccom’era in tempi remoti, gitterebbe sopra di esso o un ponte girante, ovvero un ponte fabbricato con alto arco”.
Non sono solo questi i contenuti del decreto, ma una nota interessante riguardo ai prezzi del pedaggio sia per viaggiatori che per le merci che personalmente ritengo futuristica a quasi duecento anni di distanza dalla vicendevole stipula degli atti notarili del contratto tra il Bayard e il Regno delle Due Sicilie è questa: “Inoltre fu determinata una tariffa, secondo la quale il Bayard esigerebbe da passeggieri o negozianti il nolo di un posto o delle mercanzie, derrate, bestiami ed altro da trasportare ; permettendosegli ancora di diminuire i prezzi stabiliti col consentimento dell’autorità superiore”. In quasi due decenni di pendolarismo non ho mai visto diminuire il costo del mio abbonamento mensile fissato dalla società trasporti, né tantomeno un intervento dello Stato atto a favorire un miglioramento o dei costi o del servizio di trasporto, cosa ragionevole, perché aumentando il numero dei viaggiatori aumentano gli introiti della società dei trasporti che in un paese civile si dovrebbero tramutare in miglioramenti strutturali e non in utili da suddividere in maniera sproporzionata ed impropria. Sottolineo ancora (come un coltello che apre una ferita non rimarginata), che il costo della nuova strada di ferro fu di solo capitale francese, quindi straniero. Non andando per nulla ad intaccare l’erario dello stato che avrebbe innalzato le tasse ai cittadini.4
Di lì a poco giunsero a Napoli le prime locomotive inglesi e si costruirono con manodopera locale, 11 vagoni capaci di trasportare oltre 400 persone. Per la costruzione gli ingegneri francesi furono affiancati dal “Cav. Luigi Giura, Ispettor generale degl’ingegneri di acque e strade, e quello stesso che con tanta lode già avea gittato i due grandi ponti sospesi con catene di ferro sul Garigliano e sul Calore; lo inviò suo commessario in compagnia dell’altro ingegnere Ercole Lauria, perchè bene esaminasse a parte a parte lo stato dei lavori della strada ferrata, osservasse le locomotrici già arrivate, le vedesse trascorrere sulle rotaie, facesse egli stesso le pruove di qualche gita nelle carrozze trasportate dalla macchina; poi di tutto ragguagliasse chi lo mandava. Ma dopo pochi dì il Ministro medesimo impaziente d’indugi e desideroso di guardar co propri occhi le cose, fu veduto nel giorno 28 di Settembre giungere sulla via ferrata, e in compagnia de signori Giura, Lauria e Bayard in una delle carrozze tratte dalla locomotrice fare egli stesso esperimento di due gite con massima celerità da un capo all’altro della strada”.5
Il primo tratto della strada di ferro fu inaugurato il 3 Ottobre dell’anno 1839, la descrizione del Rossi è entusiasmante.6
Ecco le parole di Ferdinando II, che oltre a ringraziare in lingua francese, lascia trasparire quelli che sono i suoi disegni futuri per l’ammodernamento del Regno.
“Al quale discorso piacque al Re di rispondere in questi termini e cortesemente favellando nell’idioma francese.
Rendo a voi ringraziamenti per quanti felici auguri da parte di tutta la Compagnia porgeste a me ed alla mia famiglia. Grande oggidì è la mia gioia al veder Francesi e Napolitani accomunare le loro forze industriali in una utile impresa. Questo cammino ferrato gioverà senza dubbio al commercio: ed io ho protetto ad ogni modo questo primo saggio fatto di quà dalle Alpi. Pur oggi considerando come tale nuova strada debba riuscire di utilità al mio popolo, assai più godo nel mio pensiero che terminati i lavori fino a Nocera e Castellammare, io possa vederli tosto proseguiti per Avellino fino al lido del mare Adriatico. Allora mi reputerò anche più contento di unirmi co’ Francesi io medesimo nell’impresa novella”.
Ancora “Alle ore quattro dopo mezzodì, la via venne aperta al pubblico traffico. La locomotrice due volte partì per al Granatello, e due volte tornò alla città prima che annottasse, traendo sempre tutti i carri pieni di gente allegrissima e balda di trascorrere con tale e tanta prestezza quel nuovo sentiero. Niuno accidente sinistro, neppur lievissimo, interruppe la letizia di quel giorno di festa pe’ Napolitani”.
Il primo tratto da Napoli a Portici era aperto alla fruizione dei cittadini del Regno; per giungere a Castellammare si dovrà attendere ancora qualche anno, nel 1844 l’apertura del tratto verso Pompei e Nocera diviene realtà.7Il primo agosto 1842 venne inaugurato il tratto di Castellammare di Stabia e la strada di ferro venne aperta al pubblico il giorno due Agosto. Altro documento interessante sul quale sorvoleremo è il Decreto sui Regolamenti per il servizio doganale.8
Solo dopo l’unità d’Italia venne inaugurato il tratto che permetteva ai cantieri navali di ricevere il proprio carico di materiali per la costruzione delle navi, all’nterno deilo stesso; era il 15 Aprile 1886.9
È notizia del Lunedì 3 Dicembre 1849, che Giovanni Maria Mastai Ferretti, ossia papa Pio IX: “Sua Santità si è degnata di accordare la Croce di Cavaliere dell’Ordine Piano10al Cavaliere Armando Bayard de la Vingtrie, Ingegnere Direttore della Strada Ferrata da Napoli a Nocera e Castellammare“.11
Impressioni del tempo
Prima della ferrovia i viaggi verso Castellammare e la penisola erano condotti via mare, e non risultavano per tutti agevoli come ci racconta Louis Édouard Gauttier du Lys d’Arc (1799-1843): “Così mi sono imbarcato nel porto di Napoli, alle due del pomeriggio, con uno dei miei amici, e ho fatto vela per Castellammare con una di queste lance (tipo una chiatta), governata da marinai vigorosi, che vengono utilizzate per la comunicazione tra Le due città”. Ed ancora dopo aver descritto la costa ed il viaggio non proprio felice: “Improvvisamente la cantilena di un giovane, ripetuta a voce bassa dall’equipaggio, ci avvisò che avevamo superato la chiesetta della Madonna di Porto Salvo, posta su un vicino punto elevato e che noi eravamo fuori da qualsiasi pericolo. Dopo pochi minuti siamo arrivati alla spiaggia di Castellamare, dopo tre ore di attraversamento. A prima vista sembrerebbe che questa città sia stata appena invasa da squadroni di asini, così grande è la folla di questi animali, nonostante il luogo e le banchine”.12
Il treno permetteva tempistiche celeri e meno stressanti per i viaggiatori, qui riportiamo alcuni resoconti contemporanei e posteriori alla nascente ferrovia.
“Grandissima risorsa e forse la maggiore l’è per la nostra città il suo bel commercio che assai più considerevole è per addivenire dopo la costruzione della strada di ferro, che si vedrà bentosto con dotta a fine. Nè qua tralasciar possiamo di dire ch’essendo Castellammare dalla natura cotanto nel commercio favorita e per la opportunità di ricovrarvisi in sicuro le navi e per la sua centrale posizione del Mediterraneo maggior ingrandimento il suo porto merita – ed incoraggiato e protetto il suo commercio al maggior grado la città e forse anche tutto il paese innalzerebbe d’incivilimento e di ricchezza”.13
“Osservate che ebbi le Terme mi volsi verso la Stazione della Strada ferrata (Torre Annunziata) non men bella questa delle altre e pel luogo in cui è posta e per la decenza con che è tenuta. Qui presso sono più ponti che l’uno all’altro si legano essendo stato uopo rialzare il livello della strada e dar corso nel tempo stesso alle acque piovane nonchè a quelle del fiume. Il ponte ch’è prima della Stazione ha 23 arcate, tre ne ha quello della Stazione, altri 23 archi quello che segue e di 10 archi compongonsi gli ultimi tre ponti: sicchè sono in tutto se non c’ingannano gli occhi 59 arcate che vedute di lontano e da mare, e’ ti par di scorgere l’orlo di un merletto ricamato. Ma la macchina è già presso a partire. Entriamo in uno di questi vagoni e percorriamo così questo tratto di strada fino a Castellammare. Benchè io non sia molto amico della strada ferrata, pure questa volta mi è necessità profittarne per ristorarmi dalle scosse e dagli sbalzi dell’asino e del calesse. E perchè mai non ti dà nell’umore la strada ferrata? mi direte voi – Perchè la monotonia di quel moto mi annoia e ditemi un po’ se c’è incomodo peggior della noia: perché sfuggendovi come un lampo gli oggetti dinanzi agli occhi non v’ha distrazione alcuna che vi rallegri, o vi sposti almeno dai vostri pensieri. E ne va il pregio di volar in tal modo senza un bisogno di sorta Io mi ricordo di aver letto in un poeta comico inglese un verso assai grazioso, col quale un innamorato persuadeva alla sua bella di andare adagino, e le diceva così: Cuor mio, ci avanza ancora tanto tempo nella vita, perché dobbiamo noi correre la posta? – E queste sono altro che poste!… Ma ecco l’isoletta, o per meglio dire lo scoglio di Revigliano, non molto lungi dal lido con le acute sue punte ed il bruno sasso. Petra Herculis fu da Plinio chiamato per un tempio ch’era qui di Ercole comechè altri pensino che il Petra Herculis di Plinio fosse lo scoglio di Orlando sotto il monte dello Scraio. Ne mezzi tempi fu questa isola detta Robiliani, e sembra incredibile come qui fosse stato (1110) un monastero dell’Ordine Cisterciense ovvero Florense dedicato alla B.V., che passato più tardi in dominio dei Casinesi fu appellato di S Angelo; a meno che più ampio non fosse stato allora il suo circuito, e che per forza de’ flutti o de’ tremuoti non fosse andato un dì più che l’altro scemando. Or non vi rimane che una picciola torre. Le acque del Sarno vengono qui a scaricarsi nel mare: noi le saluteremo altra volta. Per ora rivolgiamo i nostri sguardi al sospirato Castellammare”.
Ancora: “Questo borgo che vedete presso la Strada Ferrata, non era punto pochi anni addietro, ovvero delle case isolate eran qui per uso di opifici. La città or si è protratta fin qua, e più oltre andrà dilungandosi dalla parte che guarda Napoli e Gragnano”.14
“26 febbraio. Siamo partiti alle 9 di mattina dalla ferrovia di Castellamare, nonostante l’apparenza di una giornata di pioggia e abbiamo avuto una colazione frugale quando siamo arrivati in questa piccola città che prende il nome da un vecchio Castello costruito sul bordo del mare. Siamo saliti coraggiosamente nel casinò di Quisisana, una deliziosa dimora del Re di Napoli, situata su una delle colline che dominano Castellamare; Dalla terrazza principale di questo modesto castello si gode di una vista molto ampia dietro il Vesuvio e si vedono molto bene le pendici invase dalla lava nell’ultima eruzione del 1849. Scesi da Quisisana, imbarcammo su un carro che avevamo noleggiato al nostro arrivo a Castellamare e che, in due ore, copriva la pittoresca strada verso Sorrento. Da Castellammare a Sorrento, si segue la costa del mare: rocce di molte forme sorgono su questa riva robusta, modello ai disegni ardenti di Salvator Rosa. Splendidi boschetti di alberi d’arancio e limoni annunciano Sorrento; Questo è senza dubbio uno dei siti più belli della zona di Napoli. Purtroppo, il tempo non era abbastanza chiaro per permetterci di godere appieno di questo paesaggio incantevole, l’appuntamento di tutte le nazioni”.15
“Castellamare è raggiungibile in treno da Napoli in 1 ora. Dopo aver lasciato Torre dell’Annunziata la linea si avvicina al mare, attraversando il Sarno vicino la sua foce. La stazione è all’estremità Nord-Est della città, Ci sono due buoni alberghi, l’Albergo Reale, vicino alla stazione ferroviaria e al mare, e il Gran Bretagna, sul pendio della collina di Quisisana, una residenza estiva piacevole e raffinata. La parte principale della città si trova sul declivio del Monte Auro, la parte nella pianura, vicino al sito di Stabiae, fu distrutta contemporaneamente a Ercolano e Pompei. Castellamare è una residenza piacevole in estate. Nelle vicinanze ci sono le sorgenti minerali, celebrate per le loro virtù medicinali. Il castello in rovina, eretto da Federico II, è molto pittoresco”.16
Prosepettive vecchie e nuove
Le parole di Catello Parisi e dell’Alvino, ossia due contemporanei della nascente strada di ferro, dimostrano come la ferrovia avesse destato una nuova attenzione verso il processo di miglioramento, di progresso e di fiducia verso il futuro. L’Alvino ha una prospettiva leggermente diversa dovendo descrivere i luoghi che attraversa ha bisogno di osservarli da vicino e con calma, ciononostante non disdegna di servirsi del nuovo mezzo di locomozione, noioso ma sicuramente più comodo e veloce.
Achille Antonio Rossi alla fine del suo articolo negli Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, assicura che la strada ferrata è l’inizio di un nuovo progetto che lo Stato borbonico vuole proseguire sulla via del progresso.
“A noi rimane per ora il desiderio che tanto importante, tanto utile e tanto vasta impresa di congiungere per una sola strada ferrata il mare superiore e l’inferiore d’Italia, sia messa ad effetto in questo nostro paese, a cui per tal modo si recherebbe senza alcun dubbio prosperità nuova ed incommensurabile”.17
Ora chiaramente quei progetti (sopra citati) hanno avuto un freno con l’unità nazionale, anche perché l’idea di progresso del nuovo governo spesso non coincideva geograficamente con l’acquisizione del meridione borbonico. A farne le spese è stato soprattutto il mezzogiorno e sappiamo benissimo quanto ancora oggi è rimasto incompleto a livello di infrastrutture nel sud del paese. Per meglio esplicitare quello di cui sto parlando vorrei invitare il lettore a leggere un interessante articolo di Fernando Riccardi, “L’eccidio di Pietrarsa”. Ricordiamo inoltre che l’unità d’Italia, risultò devastante per il Sud, tanto che migliaia di uomini, di famiglie, interi paesi furono costretti ad emigrare. Castellammare fu una eccezione, in questo periodo sembra in controtendenza le sue fabbriche si accrescono e le parole di Giuseppe Marotta ci mostrano una città nel 1947 ancora nel pieno del suo sviluppo industriale. Anche se poi alla fine degli anni ’70 si manifestano le prime avvisaglie di crisi industriale.
Un testo utile per comprendere i cambiamenti prodotti nel tempo sul nostro territorio è senza dubbio, “I centri storici della provincia di Napoli”, con un importante excursus sulle varie trasformazioni del territorio e come questo da meta e attrazione turistica, si converta progressivamente a “una nuova dimensione urbana, basata principalmente sull’attività industriale e sul commercio”.18
La lenta ed inesorabile agonia del tratto ferroviario di Castellammare, l’inattività di quello per Gragnano, la mancanza di idee, nuovi piani di sviluppo, le spese troppo alte denunciate dalle Ferrovie, la mancanza di passeggeri, generata in parte dalla più alta frequenza dei treni della Circumvesuviana (anch’essa in crisi) porteranno la “Strada di ferro con un ramo per Castellammare” a diventare solo un ricordo nel Guinness delle più antiche ferrovie italiane.19
L’allargamento dell’autostrada a tre corsie da Napoli in direzione Salerno sembra per ora la soluzione più veloce per raggiungere il capoluogo campano, anche se a nostro parere la cicatrice sul territorio è più ampia di quella della Ferrovia, inoltre ci è parso (nell’ultima permanenza a Castellammare) un tratto di strada già fortemente congestionato, soprattutto nelle ore di punta, ma questa è un’altra storia.
Segnaliamo inoltre, all’attenzione del nostro lettore anche una commedia in quattro atti di: Pasquale Altavilla, Na juta a Castellammare pe la strata de fierro, Napoli tipografia dei Gemelli 1849, pagg. 81.
Pubblicato il 27 Agosto 2017
Note:
- Con il termine rivoluzione industriale s’intende il periodo storico connesso all’invenzione del motore a vapore. In termini storici il lasso di tempo che va dal 1760 al 1830. La grande produzione di beni materiali innescò un forte cambiamento nella società, che in un certo senso ed in diverso modo persiste sino ad oggi. Questo processo inizia in Gran Bretagna si diffonde in molti stati come: Francia, Stati Uniti, per ripercuotersi poi in tutta Europa e nel mondo. ↩
- Giuseppe Marotta, San Gennaro non dice mai no, Garzanti Editore 1971, pag. 127- 130. ↩
- Achille Antonio Rossi, Della strada ferrata da Napoli a Nocera con un ramo per Castellammare, Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, volume XXI, Settembre Ottobre Novembre e Dicembre 1839, pag, 41-62 . ↩
- “In seguito de due Reali Decreti, uno de’ 19 Giugno 1836, contenente la concessione in favore del Bayard, l’altro del 3 Febbraio 1838, riguardante le modificazioni ai patti della primitiva concessione, furono stipolati gli atti pubblici tra il Governo Reale di Napoli ed il Bayard, il primo ai 18 Ottobre 1836 pel pubblico e regio notaro Carmine Galgano di Napoli, nel suo studio strada Costantinopoli N. 77, l’altro a 19 Aprile 1838 pel pubblico notaio Giuseppe M. Pacifico, nel suo studio strada Quercia N. 4o.(*) Vedi l’atto di Società della strada di ferro da Napoli a Nocera e Castellammare stipolato in Parigi pel pubblico notaio M. Hailig nel suo studio, strada di Antin N. 9, agli 8 ed ai 21 Febbraio 1837: il volgarizzamento italiano autentico del quale atto , poi pubblicato in Napoli, venne depositato presso lo stesso notaio di Parigi”. In Achille Antonio Rossi, Della strada ferrata da Napoli a Nocera con un ramo per Castellammare, in Fascicolo XLI degli Annali del Regno delle Due Sicilie, pubblicato nel Febbraio del 1840, pag. 11. Vedi anche: Atto di società della strada di ferro da Napoli a Nocera, e Castellammare, Registrato a Parigi 3 uffizio il dì 2 febbrajo 1837, fol. 38, vol. 65, di pagine 32. ↩
- L’ingegner Charles Joseph Minard, professore di scienza delle costruzioni, navigazione, costruzioni marittime e ferroviarie alla Scuola di ponti e strade a Parigi, tenne nel 1833-1834 una serie di Lezioni sulle strade di ferro, in un’appendice alla fine del corso furono citate le Notizie sulla strada di ferro da Napoli a Nocera e Castellammare. Vedi Felice Abate, Lezioni sulle strade di ferro, in Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, Volume XXIII, Mesi di Maggio, Giugno, Luglio e Agosto 1840, pag. 86-89. Inoltre si può consultare: Charles Joseph Minard, Lezioni fatte sulle strade di Ferro nel 1833-1834, corredata di note ed aggiunte, e di un appendice sulla strada di ferro da Napoli a Nocera e Castellammare da Stefano Mililotti, Napoli 1840. ↩
- Vedi: Programma per l’inaugurazione della strada di ferro di Napoli, Napoli stamperia reale, 1839. ↩
- Vedi: Programma d’inaugurazione de’ nuovi tratti della strada ferrata da Torre Annunziata per Pompei, Scafati, Angri e Pagani a Nocera, Napoli stamperia reale 1844, pagine 6. ↩
- Vedi: Decreto che approva i regolamenti per lo servizio doganale delle strade di ferro da Napoli a Castellammare e da Napoli per Caserta e Capua, Napoli stamperia reale 1844, pagine 36+tavole. ↩
- Vedi: Regio decreto primo Ottobre 1883, numero 1658, di una ferrovia da Castellammare a Cancello con diramazione a Gragnano ed ai porti di Torre Annunziata e Castellammare. ↩
- L’Ordine Piano chiamato anche Ordine di Pio IX, è attualmente il primo Ordine cavalleresco regolarmente conferito della Santa Sede apostolica. ↩
- In: L’Araldo, Giornale militare, politico, scientifico, letterario, Anno II, numero 203, del 3 Dicembre 1849. ↩
- Louis Édouard Gauttier du Lys d’Arc, Viaggio da Napoli ad Amalfi, estratto d’un viaggio inedito in Italia 1824-1827, Parigi 1829, pag. 7, 11 e 12. ↩
- Catello Parisi, Cenno storico-descrittivo della città di Castellammare di Stabia, Firenze 1842, pag. 63. ↩
- Francesco Alvino, Viaggio da Napoli a Castellammare, Napoli 1845, pag.72 e pag. 97. ↩
- Alfred Asselin, Giornale di viaggio di un turista nel sud della Francia e in Italia. Parigi 1853 pag. 217 e 218. ↩
- La notizia relativa alle rovine del castello sono fondate, errata la paternità attribuita a Federico II. Vedi: Knapsack Guida per viaggiatori in Italia, Londra 1865, colonna 551-552. ↩
- Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, volume 21 del 1839, pag. 62. ↩
- Cesare de Seta e Alfredo Buccaro, I centri storici della provincia di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 2009, pag. 271. ↩
- La lunghezza dei tratti di strada ferrata che hanno interessato Castellammare di Stabia: Torre Annunziata – Castellammare, Km 12; Castellammare – Gragnano, Km 4,750; Castellammare – Castellammare marittima, Km 2. ↩
- Immagine tratta da: L’Araldo, Giornale Militare Politico Scientifico Letterario, Anno III, Lunedì 22 Aprile 1850, numero 90 ↩