Il Largo del Quartuccio in un dipinto inedito di Consalvo Carelli
Di recente l’amico e liberoricercatore Giuseppe Zingone, instancabile indagatore nelle principali case d’asta nazionali ed internazionali di opere riconducibili al contesto stabiese, mi ha partecipato il ritrovamento sul web di un dipinto inedito della scuola di Posillipo dell’artista Consalvo Carelli recante sul retro la scritta “Napoli 1842”, il cui soggetto è costituito da un panorama di Castellammare di Stabia ritratto dall’area nord della città.
Si tratta del medesimo punto di vista usato dal Dahl nel celebre dipinto del 1820, posto tuttavia più a nord sull’arenile stabiese; qui invece il Carelli ritrae in primo piano, e quindi con maggiore dettaglio, la cortina edilizia che fungeva da margine occidentale della piazza allora denominata “Largo del Quartuccio”, formatasi a seguito dell’ablazione, sul declinare del XVIII secolo, delle mura urbiche che chiudevano su tale lato l’abitato di Castellammare, oggi corrispondente alla Piazza Principe Umberto. La rappresentazione mostra come il suddetto margine edilizio si presenti ancora, all’altezza cronologica del dipinto, in tutta la sua compattezza ponendosi come limite oltre il quale s’estendeva l’antica area “extra moenia” cittadina che non sembra ancora caratterizzarsi come un’area urbana definita, bensì come uno slargo indistinto, sterrato e privo di pavimentazione, digradante in modo naturale verso la marina ove è presente una scogliera utilizzata come punto d’attracco per piccole imbarcazioni da pesca. Proprio da un punto eminente (forse dal palazzo Stanzione), in un luogo appena rientrante dalla scogliera, sembra stazionare il cavalletto del pittore il cui sguardo nella rappresentazione spazia ad ovest fino al promontorio di Pozzano e a sud sino all’imponente montagna del Faito. Oltre la cortina di fabbriche in primo piano, compaiono immediatamente alle spalle, separati dalla “Strada nuova della Marina” (corrispondente all’attuale Via Mazzini), i corpi edilizi che componevano l’antico Seminario, corrispondente com’è noto all’antico convento di San Francesco d’Assisi, dismesso a seguito delle leggi soppressive francesi d’inizio ‘800. Lungi dal presentare una facciata unitaria come oggi si riscontra, che gli fu conferita solo agli inizi del ‘900, dell’edificio si distinguono ancora nettamente i dormitori dell’antico convento coperti a tetto nonché il campanile ed il coro (sottostante al campanile stesso) dell’antica chiesa di San Francesco annessa al cenobio che proprio a partire dal 1842 si principiò a demolire. Alle spalle delle alberature che adornavano il Largo Duomo (attuale piazza Giovanni XXIII), anch’esso realizzato durante il decennio francese a spese dell’insula francescana, s’intravedono, addossati alle mura del convento e prospicienti il largo stesso, i locali fatti erigere dal vescovo Colangelo. Verso la marina, in prosecuzione del Seminario, si sviluppa quindi un molo di maggiori dimensioni utilizzato per l’attracco d’imbarcazioni di media grandezza (tartane, feluche), visibili nel dipinto.
Il corrispettivo planimetrico della vista prospettica delineata dal Carelli può individuarsi in due cartografie del periodo: la carta del genio militare del 1812 redatta sotto il governo murattiano, in piccola scala, 1:5000, conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli, di cui alleghiamo di seguito un ingrandimento (Fig.2), e la pianta, a scala maggiore, levata dall’ingegner Policarpo Ponticelli nel 1828, pubblicata recentemente su liberoricercatore.it a cura di Vollono/Di Capua, conservata presso l’archivio storico comunale (Fig.3).1
Fig. 2
Fig. 3
In entrambe troviamo una puntuale conferma della permanenza a metà ottocento dell’assetto della piazza così come si era venuto delineando ad inizio secolo sicché, piante alla mano e con l’ausilio di didascalie (Fig.4), è possibile individuare i vari corpi edilizi rappresentati dal posillipista:
Fig. 4
– alla lettera “A” distinguiamo la casa di Michele Parisi (attuale palazzo Spagnuolo) che si segnala per il suo aspetto turrito essendo di fatto stata eretta sull’antico torrione di guardia ivi insistente. Per inciso il Parisi svolgeva l’attività di “partitario”, vale a dire d’imprenditore edile, e come tale aveva ottenuto in Castellammare importanti appalti d’opere pubbliche tra le quali l’apertura nel febbraio del 1814, sotto il governo francese, del Largo Duomo, come detto avvenuta a spese del soppresso convento dei francescani riformati e, nel 1827, la realizzazione del complesso termale sito al Largo del Cantiere.
– alla lettera “B” è da ricomprendersi il palazzo noto nella seconda metà dell’800 come “Martingano” che, con evidenza, non presentava all’epoca un’architettura unitaria ed ordinata ma consisteva piuttosto in una confusa giustapposizione di bassi corpi edilizi;
– alla lettera “C”, attorniato da una variopinta folla di persone, è da riconoscersi il piccolo edificio denominato “Caffè” nella pianta del Ponticelli, rilevabile anche nella carta militare del 1812;
– alla lettera “D” si riconosce il campanile della chiesa di San Francesco annessa all’omonimo convento di frati minori riformati che di lì a pochissimi anni venne abbattuto e del quale ancor oggi residua il primo ordine del basamento accosto all’edificio del Seminario;
– alla lettera “E” sono ricompresi i magazzini prospicienti il largo Duomo fatti erigere dalla curia vescovile in aderenza alle antiche fabbriche del convento ed oggi inglobati nella massiccia facciata dell’ex Seminario;
– alla lettera “F” si riconosce la banchina d’attracco fatta eseguire dal Decurionato cittadino nel 1824 dietro richiesta dei padroni di barche del luogo, su progetto dell’architetto Pasquale Coppola onde allungarsi corrispondentemente l’attuale scogliera e farsi una regolare banchina all’angolo sotto il soppresso Convento di San Francesco.
L’intera linea di costa delineata nel dipinto, più arretrata rispetto a quella attuale, fu inoltre interessata nell’ottobre del 1822 da una serie di colmate nelle quali fu impiegato, prelevandolo dalle strade cittadine, il materiale eruttivo emesso in gran copia dal Vesuvio, come apprendiamo dalla delibera decurionale del 26 ottobre 1822:
in continuazione della deliberazione del giorno ventitre ad oggetto di stabilirsi precisamente lo sgombramento delle strade pubbliche di materiali eruttati dal Vesuvio, quindi dopo lunga discussione, inteso anche il Signor Capitano del Porto presente alla seduta, si è deliberato quanto siegue: 1°. Si è stabilito che per risparmiarsi spesa, una porzione di arena sarà depositata nel piccolo spiazzo accanto al mare sotto il soppresso convento di San Francesco, propriamente detto Maricello; 2° Altra porzione sarà gittata al lido del mare incominciandosi al di là del così detto Torrione fino al Rivolo Cannetiello.2
Quante volte, percorrendo l’attuale Piazza Principe Umberto, dispogliando i luoghi di alberature, caseggiati e giardini pubblici, ho provato con l’immaginazione a ricondurre l’area del Quartuccio a quell’aspetto tra campestre e marino che essa doveva detenere sin dai tempi antichi; la vista del Carelli recuperata dall’amico Giuseppe ha offerto un felice squarcio in tal senso.
Note:
- Leggi l’articolo: Perché “Palazzo Cardone?“. ↩
- Archivio Storico Comunale, Atti Decurionali dal 1806 al 1830, 4° Volume della serie. ↩
Semplicemente chi guarda al passato trova sempre qualcosa di interessante