Piano d’assalto al Monarca
di Maurizio Mannoni
Ho condotto una ricerca sull’assalto al vascello borbonico Monarca, ancorato a Castellammare nel 1860. A seguire la mia interpretazione sui fatti (già narrati in modo dettagliato da Gaetano Fontana e da Antonio Cimmino).
Cordiali saluti. Dr Maurizio Mannoni.
Cenni sull’origine del progetto
Il Monarca, con i suoi settanta cannoni, era il vascello più potente della Real Marina del Regno delle Due Sicilie. Garibaldi, nei giorni conclusivi della battaglia di Milazzo (fine luglio 1860), aveva appreso da alcuni informatori che la nave era stata trasportata nel porto di Castellammare di Stabia per un intervento di sistemazione dell’impianto a vapore con propulsione a elica1. Il luogo periferico rispetto a Napoli aveva suggerito che vi fossero le condizioni ideali per un assalto.
Il piano prevedeva l’intervento notturno di due fregate: mentre una avrebbe proceduto all’arrembaggio, l’altra sarebbe restata a copertura, per difendere le operazioni di rimorchio2. La cattura della grande nave napoletana avrebbe dotato la flotta siciliana di una potentissima macchina da guerra. I vantaggi potevano essere molteplici: a partire dal passaggio nello Stretto con le navi mercantili, reso più sicuro grazie al suo vigile presidio; ma anche l’arrivo a Napoli e la conquista della città sarebbero potuti avvenire con maggiore rapidità; infine, il Monarca avrebbe potuto fungere da sostegno alle spedizioni che Agostino Bertani e il comitato di Genova preparavano sui territori dello Stato Pontificio.
Queste azioni potevano però alterare il delicato equilibrio tra il Generale e Cavour. Non a caso, all’inizio di agosto, il primo ministro piemontese aveva scritto all’ammiraglio Persano una lettera perentoria nella quale gli disse «di non aiutare il passaggio del Generale Garibaldi sul continente, anzi veda di ritenerlo per via indiretta il più possibile»3. Garibaldi trionfante nel sud Italia avrebbe costituito infatti un serio rischio per le ambizioni di ampliamento territoriale del regno di Sardegna; il Generale, che nella campagna di Sicilia aveva inneggiato Re Vittorio Emanuele II, poteva da un momento all’altro farsi trascinare dai repubblicani. Cavour era tormentato dalla possibilità che Garibaldi dittatore nel Mezzogiorno potesse puntare diritto verso Roma: la città era protetta dalla guarnizione di Napoleone III al quale i Savoia dovevano rispetto e gratitudine per il suo fondamentale contributo alla liberazione della Lombardia.
Il Generale affidò l’incarico dell’assalto al Monarca al capitano della marina Siciliana, Giuseppe Alessandro Piola Caselli, che già da mesi aveva manifestato il desiderio di impadronirsi dei “legni” napoletani. Piola era stato mandato da Cavour allo scopo di essere sempre aggiornato sull’evoluzione della campagna di Sicilia.
Egli nutriva una grande ammirazione per Garibaldi, ma nello stesso tempo doveva riferire all’ammiraglio Persano tutte le operazioni e gli intendimenti del Generale.
Per l’assalto al Monarca sarebbero stati coinvolti i migliori ufficiali della marina siciliana.
Piola ricevette agli inizi d’agosto una lettera di Francesco Crispi dai toni ottimistici: il Ministro dell’Interno gli annunciava i dettagli sulla trattativa di Londra per l’acquisto delle due fregate:
L’una ha la capacità di 627 tonnellate e la forza di 160 cavalli, l’altra ha la capacità di 694 tonnellate e la forza di 200 cavalli. Portano 6 cannoni ciascuna, sono di legno e costeranno 70 mila sterline tutte armate”; Crispi aggiungeva che l’affare era in via di definizione “Abbiamo preso le misure necessarie, affinché il Ministro delle finanze ff. appresti i fondi4.
Dal tenore della missiva pare che la trattativa Leila-Scalia, iniziata nel mese di giugno, malgrado alcune difficoltà avesse preso una piega positiva. Dello stato d’avanzamento doveva riferire alla marina siciliana l’incaricato della dittatura a Londra, Mr Monroy, principe di Pandolfina5. Ma prima che quest’ultimo inviasse il rapporto conclusivo, il comandante Piola decise di procedere comunque all’attacco del Monarca senza seguire il piano concordato. Sarebbe salito a bordo dell’unica nave da guerra della marina siciliana: la Tüköry.
La fallita impresa del 13 agosto 1860 e gli intrighi di Cavour
Come scrisse in una lettera al Cavour, il comandante Piola «stanco di attendere i due legni» che gli «avevano promesso»6, decise di procedere all’assalto del Monarca nella notte del 13 agosto 1860. Imbarcate due compagnie di 150 uomini, la Tüköry entrò nella rada di Castellammare di Stabia, ma fu colpita dal fuoco nemico e dovette battere in ritirata.
Fu un fiasco annunciato. Nell’azione morirono sette uomini e decine furono i feriti. Si trattò, con ogni probabilità, di un’azione intrapresa in maniera del tutto impulsiva dal comandante Piola il quale fremeva dal desiderio di dimostrare tutto il suo valore a Garibaldi7.
Piola, sin dal momento della sua nomina, aveva scritto insistentemente al ministero siciliano per sollecitare l’invio di navi con cui procedere all’assalto della flotta borbonica. Ma le trattative parevano non finire mai.
Anche l’ultima lettera lo aveva illuso inutilmente, chissà mai se e quando avrebbe capitanato la missione e coronato il suo sogno. Dal lato di Torino, il Regno di Sardegna non caldeggiava di sicuro la trattativa inglese promossa dal mazziniano Francesco Crispi: Piola era stato trascinato in un progetto del Partito d’azione, da cui doveva assolutamente tenersi lontano. Doveva essere fermato. Il momento era propizio poiché egli, esasperato dall’attesa, mirava a servirsi della debole corvetta a ruote Tüköry. Piuttosto che cercare lo scontro con la sua idea di agire con la nave siciliana, i piemontesi avrebbero ottenuto maggiori benefici nel far naufragare l’operazione. L’insuccesso avrebbe abbattuto il morale dei garibaldini e soprattutto avrebbe fatto saltare eventuali altri progetti d’assalto al Monarca da parte dei repubblicani: dopo il tentativo di quella notte, infatti, lo stato di sorveglianza nei porti napoletani sarebbe aumentato al massimo livello.
Così i sardi, malgrado sapessero che la Tüköry, aveva subìto un grave guasto al motore durante la battaglia di Milazzo, lo avevano comunque incoraggiato a procedere all’assalto con quella nave.
Il 7 agosto 1860 Persano scrisse: «Caro Piola, l’ho atteso finora; perché non viene? L’impresa è sicura. Su, animo, bando agli indugi: il ritardare ancora, sarebbe dannoso»8.
Piola voleva prendere le redini dell’iniziativa senza coinvolgere Garibaldi. Il pittore Durand Brager, nel volume Quatre mois de l’expédition de Garibaldi en Sicile et en Italie9, riferisce che il tentativo di Castellammare era stato compiuto senza il consenso del Generale e contravvenendo ai suoi ordini.
La contrarietà di Garibaldi all’azione, dovuta in primo luogo alla pendenza della trattativa Leila-Scalia, derivava anche da altri motivi. La Tüköry era la sola unità da combattimento e doveva esser riservata alle complesse operazioni di passaggio delle truppe nello stretto di Messina. Nella lettera scritta da Garibaldi a Piola il 5 agosto, la frase ‒ «Se potete mettere il Tüköry in istato d’agire, fate pure. Se vi sembra passate qui prima» ‒ non si riferiva verosimilmente all’impresa del 13 agosto come affermano A. Cimmino e C. Piola10 ma era piuttosto diretta all’imminente operazione di sbarco sulla costa calabrese. Il futuro viceammiraglio e ministro della marina Napoleone Canevaro narrò la vicenda in un articolo comparso nella Rivista di Roma del 25 maggio 191011.
L’utilizzo della nave per l’assalto al Monarca era inoltre sconsigliato dalla sua precaria condizione a causa dell’incidente occorso a Milazzo. L’assenza di un appoggio in copertura (fatta eccezione per la sottintesa collaborazione dell’ammiraglio Persano), unitamente alla difficoltà di rintracciare, nel breve periodo, marinai abili nell’abbordaggio, costituivano altri fattori sfavorevoli per l’ardita impresa.
Del resto, l’assenso di Garibaldi all’azione con la Tüköry non trova conferma nelle fonti documentali. Sebbene il giorno 11, Piola gli avesse inviato un telegramma per comunicargli il suo intento di salpare da Palermo l’indomani pomeriggio, non è stata mai rinvenuta alcuna risposta del Generale; né ha trovato cenno di riscontro un analogo messaggio del prodittatore Depretis. Eppure Garibaldi, di stanza al Faro di Messina, partì con la Washington per la missione di Golfo Aranci il giorno 12 e avrebbe avuto tutto il tempo per replicare, manifestando i propri intendimenti. Colpisce semmai il tono perentorio della lettera del capitano Piola: «mi mandi due compagnie scelte, le faccia partire questa sera. Persano mi garantisce l’esito sicuro». Piuttosto che coinvolgere Garibaldi nell’impresa e affidarsi così alle sue doti di abile uomo di mare, note sin dalle gesta in America latina, Piola si limitò a “ordinargli” di mandare immediatamente due compagnie a Palermo. Se Garibaldi avesse davvero concesso la propria approvazione all’azione del Piola, come sostengono il Vecchj e l’Agrati, potrebbe essere dipeso dalle pressioni del generale Giuseppe Sirtori che, proprio nei giorni dell’allontanamento del Dittatore, si apprestava a divenire responsabile dell’esercito e della marina siciliana. Sirtori, all’oscuro probabilmente degli intrighi dei piemontesi, inviò un messaggio a Piola per invitarlo a recarsi a Messina dove imbarcare due forti compagnie di bersaglieri. Qualche sera prima ‒ stando al racconto di Napoleone Canevaro ‒ il fidato compagno di Garibaldi aveva partecipato allo sbarco nel litorale calabrese di Villa San Giovanni proprio con la Tüköry: in tale occasione aveva avuto modo di saggiare il miglioramento della nave nella messa in moto e nella virata grazie all’intervento di riparazione apprestato a Palermo. A quel punto potrebbe aver riferito tale rinnovata condizione a Garibaldi che forse, pur con le dovute perplessità, avrebbe concesso il proprio benestare.
Tornando all’impresa del 13 agosto che lo storico Raffaele De Cesare arriva a definire «pazzesca», l’ammiraglio Persano, che avrebbe dovuto fornire un aiuto in copertura nell’operazione, si guardò bene dal farlo. La Maria Adelaide rimase ancora una volta neutrale, come dal principio della campagna di Sicilia. Eppure Piola aveva scritto a Cavour «La mia partenza sarà con lui (Persano) concertata, poiché, se io credo di probabile riuscita la presa del vascello ormeggiato a Castellammare, non credo poterlo rimorchiare fino a Palermo venendo attaccato da più Fregate12».
Avevano convinto Piola con uno stratagemma. Persano gli aveva riferito di sue intese con il capitano del Monarca, l’ufficiale Giovanni Vacca, dichiaratosi pronto a tradire i Borboni. Un accordo di massima probabilmente vi fu ma non è documentato che le azioni concordate fossero finalizzate proprio a quella precisa notte. Vacca aveva promesso di fare ormeggiare la nave longitudinalmente al molo al fine di agevolare l’abbordaggio e di fare sostituire le catene di ferro con altre di canapa, più facili da tagliare. Entrando nella rada di Castellammare, il capitano Piola trasalì quando trovò il Monarca in posizione perpendicolare al molo e con le catene di metallo. La trappola aveva funzionato alla perfezione.
Note:
- Attacco al Monarca di Gaetano Fontana su https://www.liberoricercatore.it/attacco-al-monarca/ ↩
- c. piola caselli, CRONACHE MARINARE di Giuseppe Alessandro PIOLA CASELLI Aneddoti della Marina Militare Sarda, Garibaldina ed Italiana (1843-1883), pag. 86: Piola nella lettera del 20 luglio a Cavour aveva spiegato la necessità di reperire la seconda nave al fine di poter rimorchiare il Monarca fino a Palermo senza incorrere nel fuoco delle altre Fregate napoletane. ↩
- G.E. Curatulo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della patria, Bologna, Zanichelli, 1911, pag. 161. ↩
- c. piola caselli, CRONACHE MARINARE di Giuseppe Alessandro PIOLA CASELLI, cit, pag.88. ↩
- G. Falzone, La rappresentanza della dittatura garibaldina a Londra, Palermo, Manfredi Editore, 1960. ↩
- La liberazione del Mezzogiorno e la formazione del Regno d’Italia vol.2: carteggi di Camillo Cavour con Villamarina, Scialoja, Cordova, Farini ecc., Agosto-Settembre 1860, Zanichelli, 1961. ↩
- L’ipotesi sostenuta da G. Fontana, cit, che il piano fosse organizzato dal Conte di Cavour «in quanto la teatralità dell’azione avrebbe fatto capire ai Napoletani la inutilità della loro difesa»
appare improbabile considerato che il gen. Alessandro Nunziante mise piede a Napoli solo il 15 agosto 1860 per iniziare a preparare la rivoluzione in città prima dell’arrivo di Garibaldi. Se i cavouriani avessero davvero voluto che l’impresa riuscisse nel migliore dei modi, avrebbero fatto coincidere i tempi dell’assalto con la data fissata per la loro rivolta (a sua volta poi, come risaputo, non riuscita). ↩ - M. Gabriele, Da Marsala allo Stretto. Aspetti navali della campagna di Sicilia, cit. ↩
- H. Durand-Brager, Quatre mois de l’expédition de Garibaldi en Sicile et en Italie, Paris, E. Dentu, 1861. ↩
- Cfr. C. Piola Caselli, CRONACHE MARINARE di Giuseppe Alessandro PIOLA CASELLI Aneddoti della Marina Militare Sarda, Garibaldina ed Italiana (1843-1883); L’attacco al vascello borbonico Monarca a Castellammare di Stabia di Antonio Cimmino, Marinai d’Italia Ottobre/Novembre 2016. ↩
- Or fa cinquant’anni: Da Persano a Garibaldi in Rivista di Roma, Fascicolo dedicato al cinquantenario della spedizione dei mille Numeri X.XI, pag. 326, 1910. ↩
- C. Piola Caselli, CRONACHE MARINARE di Giuseppe Alessandro PIOLA CASELLI, cit. ↩