Castellammare candidata a Capitale della Cultura 2022
articolo di Francesco Ferrigno
“Chi non ha ambizioni è destinato a vivere nella rassegnazione”. Prendo a prestito una frase del vicesindaco di Castellammare di Stabia Fulvio Calì per parlarvi di cosa significa per la città la candidatura a Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2022. Pochi giorni fa abbiamo inviato al ministero per i Beni ambientali il dossier, realizzato a costo zero, che ci inserisce ufficialmente nella lista dei 28 Comuni che si contendono il titolo.
Entro il 12 ottobre la commissione di valutazione definirà la short list delle 10 città finaliste, e la procedura di valutazione si concluderà poi entro il 12 novembre 2020. La città vincitrice riceverà un milione di euro per la realizzazione del progetto, ovvero di ciò che è contenuto nel dossier. Insieme a Castellammare concorrono in Campania Procida e Padula, ma ci sono anche città italiane del calibro di Trapani, Verona e Volterra.
Abbiamo tutte le carte in regola per riuscire a spuntarla per arte, storia e natura. Ma abbiamo anche i problemi di una grande città del Sud Italia. Castellammare balza spesso agli onori delle cronache nazionali sia per le iniziative culturali che riesce a mettere in campo, tra turismo (vedi Scavi archeologici, Faito, spiagge) ed eccellenze enogastronomiche, sia per gravi fatti legati alla macro e microcriminalità.
Come amministrazione comunale siamo chiamati ad occuparci di tutto quello che accade in prima persona. Altre cose le facciamo accadere. La questione ruota attorno ad un ritorno alla normalità per la città di Castellammare. Un termine semplice e complesso per chi amministra. Chi critica la scelta di candidarsi a Capitale Italiana della Cultura inserisce nelle proprie argomentazioni spesso i problemi quotidiani di chi vive la città (punti di degrado, erba alta, buche) ed i problemi cronici come la chiusura delle terme e quindi la “perdita” delle acque simbolo di Castellammare e la delinquenza.
Ebbene, da quando l’ho appresa, ho sempre creduto fermamente alla teoria delle finestre rotte. In sintesi, l’esistenza di una finestra rotta o la presenza di un cumulo di rifiuti abbandonati può generare fenomeni di emulazione. In sostanza, altri sarebbero portati a rompere una finestra o ad abbandonare rifiuti. Controllare ambienti urbani rinnovando le finestre e reprimendo i reati come lo sversamento di rifiuti, l’atto vandalico o la sosta selvaggia, crea un clima di ordine e di legalità riducendo anche il rischio di reati più gravi.
Tornando a noi, la quotidianità rappresenta una criticità “continua” che deve portare ad una fase di responsabilizzazione da parte di tutti. Dal sindaco al dirigente, dal funzionario all’operaio, da un lato; dall’altro ci sono i cittadini, che in parte hanno ancora uno scarso rispetto del bene pubblico e comune. Segnali incoraggianti ci inducono a pensare che è l’abitudine a mancare, e non l’educazione di per sé nel suo significato più ampio. I problemi cronici, invece, sono frutto di una mancanza del Pubblico, di strategie che si sono rivelate errate o, peggio ancora, di mancate strategie appunto.
Si è così instaurata un’abitudine al brutto, al mancato rispetto verso l’altro, al “vuoto” riempito, quando è andata bene, con gli autogoverni del territorio, con i favori da fare e da restituire. Quando è andata male, la criminalità, grande e piccola, ha occupato spazi di cui adesso ci dobbiamo riappropriare. Non è tardi, non è troppo tardi e vogliamo dimostrarlo.
Allora, è vero come ha detto il Ministro Dario Franceschini che la corsa a diventare Capitale non è certo “un concorso di bellezza”, ma è anche vero che certe realtà hanno bisogno di comprendere fino in fondo cos’è la cultura della bellezza. Ancor più nello specifico: non serve lucidare a fondo il lungomare se nella prima stradina si incontrano enormi ed orribili cumuli di rifiuti. Bensì, come ha spiegato sempre Franceschini, è necessario innescare “meccanismi virtuosi tra le realtà economiche e sociali dei territori”. Quella della Capitale Italiana della Cultura, insomma, è una sfida complessa, complessiva, vitale, totale.
Essa racchiude una bramosia di ritorno e di affermazione della normalità prima e dell’eccellenza dopo; di riscatto sociale e di svolta economica; di ordine e di controllo del territorio. Una stabilità ed un equilibrio che possono portare investimenti su un’area che sulla carta rappresenta un forte attrattore di capitali. Ed in quel senso certo, anche gli stabilimenti termali potranno tornare a funzionare con forze giuste, pulite e trasparenti. Le leve per arrivare a tutto ciò sono la cultura e la bellezza. E la cultura della bellezza.
Noi facciamo del nostro meglio da due anni e ce la metteremo tutta affinché i cittadini credano insieme a noi che sì, Castellammare può essere la Capitale Italiana della Cultura. #StabiaUnica2022, questo il nome del progetto, reca in seno un comitato d’onore composto da 59 personalità presieduto da Domenico Picone, già comandante della capitaneria di porto di Napoli. Nel comitato ci sono anche il presidente Fic Giuseppe Abbagnale, lo scrittore Maurizio De Giovanni, l’astrofisica Maria Felicia De Laurentis, il primario del Cotugno di Napoli Franco Faella, l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito, il giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Raffaele Sabato.
Concludo con alcune dichiarazioni del nostro sindaco Gaetano Cimmino, che in occasione della visita in aula consiliare del comitato d’onore ha detto: “Ho posto, tra gli obiettivi primari di natura politica del mio programma di governo quelli della valorizzazione del territorio e del patrimonio artistico e culturale, al fine di contrastare il degrado e favorire una educazione alla ‘bellezza’ di cui la città è fortemente intrisa, nonché quelli di politiche di sostegno alla tutela dell’ambiente per un territorio che possa puntare sullo sviluppo turistico ed innalzare il livello della qualità di vita degli abitanti”.
Francesco Ferrigno
Portavoce dell’amministrazione comunale di Castellammare di Stabia
Ho pochi dubbi sul fatto che la nostra città possa anche soltanto essere tra le dieci finaliste e per convincersene basta guardarsi intorno, allo sfascio che ci circonda, anche e soprattutto delle tante cose belle che avremmo dovuto difendere ad ogni costo e che invece abbiamo e lasciamo distruggere senza fare nulla, impassibili spettatori della morte di Castellammare di Stabia. Penso al complesso termale, per esempio, alle Fontane del Re e al Parco di Quisisana, al degrado irreversibile insopportabile del Centro Antico, alla sporcizia delle nostre strade, all’abbandono della villa comunale, inaugurata poco più un anno fa. Di cosa parliamo dunque? Di una classe politica inefficace e inefficiente e non mi riferisco solo a questa ultima, ovviamente, ma anche e soprattutto a quelle che l’hanno preceduta e mi riferisco a noi tutti, o almeno alla metà, sicuramente meno, di noi stabiesi, incivili, egoisti, strafottenti, maleducati. E mi riferisco all’altra metà, sicuramente la maggioranza, quella perbene che ama Castellammare ma non fa nulla per difenderla. Tutti chiusi nelle nostre torri d’avorio a fare da spettatori indignati, a guardare la città che muore, illudendosi che le vetrine scintillanti dei mille bar e ristoranti e negozi che si aprono e abbelliscono la nostra via Toledo e strade limitrofe siano sufficienti a tirarci fuori dal degrado, ma sono soltanto apparenze, illusioni dietro cui nascondiamo la nostra sconfitta.
Raffaele Scala