Lettere alla redazione 2013

Lettere alla Redazione

Lettere alla Redazione

sabato 23 novembre 2013   (Catello Izzo)

Ci scrive il signor Catello Izzo:

“Dieci milioni per il Faito! Quanti politicotti si vanteranno per questi fondi europei resi disponibili! (?)
Eppure, a leggere l’articolo del naturalista Ferdinando Fontanella (rif.: “Leggo e ripropongo…, post del 20 novembre 2013), da Voi riportato, già si intravedono problematiche di gestione per la mancanza di un Ente Parco.
Ce n’è abbastanza per pensare che, vista la stupida litigiosità dei nostri politici, staremo a guazzare in mezzo a centinaia di conflitti di attribuzione e ad un palleggiare di responsabilità fra gente estremamente incapace prima ancora che si metta mano all’impresa e, purtroppo, senza alcuna cura del tempo che passerà inutilmente.
Poi qualcuno proporrà qualche commissione che elegga una …commissione; poi certamente qualcuno riuscirà ad ottenere lo stralcio di importi accampando urgenze non prorogabili o altro e si aprirà la strada perché il tutto defluisca in mille rivoli di nepotismo e di gestioni malsane fino a che non vi sarà più nulla e sarà stato fatto nulla come tante altre volte.

Inutile dire che il mio augurio è quello di aver torto. Catello Izzo”.

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venerdì 22 novembre 2013   (Comitato per gli Scavi di Stabia)

Comunicato Stampa, “Stabiae sito UNESCO, occasione unica di sviluppo”:

scavi

CASTELLAMMARE DI STABIA, 21 NOVEMBRE 2013 – L’annuncio del ministro Massimo Bray sulla decisione di far rientrare le ville di Stabiae nel sito Unesco di Pompei, Ercolano e Oplontis, integrando e correggendo l’infelice decisione del 1997 quando Stabiae fu esclusa dalla lista del World Heritage List, sembra finalmente segnare quella scolta che il Comitato per gli Scavi di Stabia auspica da molti anni. L’iscrizione nella lista Unesco, che noi abbiamo chiesto a più riprese fin dal lontano 1997 sia ai soprintendenti sia ai sindaci che si sono succeduti, è importante – se ci sarà – perché dota il sito archeologico di Varano di uno strumento, il Piano di gestione, che è indispensabile per una corretta e sempre più avanzata tutela e valorizzazione. Non saranno cioè più possibili scelte estemporanee, come quelle di scavare senza preoccuparsi di restaurare e manutenere quanto già alla luce, circostanza purtroppo verificatasi per spinte non sempre coerenti con la difesa del bene comune.
Il Comitato per gli scavi di Stabia è pronto a dare il proprio contributo e invita l’Amministrazione comunale a procedere con speditezza alla sistemazione e alla bonifica urbanistica del territorio. Nello specifico, ribadiamo le nostre proposte, già segnalate in passato:
– predisporre uno Studio di fattibilità per la realizzazione del Parco archeologico di Stabiae e sviluppare una strategia condivisa con la nuova Soprintendenza archeologica di Pompei, Ercolano e Stabiae nell’ambito della nuova programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, promosso dalla Regione Campania, nell’ambito delle linee strategiche definite dal Ministero per i beni e le attività culturali;
– avviare un confronto pubblico di condivisione sul Piano di gestione Unesco ai sensi della legge 20 febbraio 2006, n. 77 necessario per avanzare la richiesta di inserimento di Stabiae nella lista dei siti protetti dall’Unesco, accanto a Pompei, Ercolano e Oplontis (già iscritti nella lista Unesco nell’anno 1997);
– realizzare il museo archeologico di Stabiae a Quisisana, dando una sede degna alla raccolta di affreschi oggi stipati nei locali dell’ex Antiquarium di via Marco Mario;
– dare vita a un progetto organico di tutela e valorizzazione guidato dal pubblico (a partire dal Comune di Castellammare di Stabia e dalla Soprintendenza archeologica di Pompei, Ercolano e Stabiae), aperto alla partecipazione del privato sociale, della scuola e dell’associazionismo;
– migliorare i collegamenti tra la città e la collina di Varano e riqualificare l’intera zona, restituendo decoro e consentendo la migliore fruizione delle ville romane attualmente aperte al pubblico;
– stimolare e sostenere lo sviluppo di attività imprenditoriali private nel settore dell’industria culturale e della creatività, del turismo e dell’accoglienza, con particolare riguardo alle imprese innovative e giovanili.
SI RINGRAZIA
Il Comitato per gli Scavi di Stabia”.

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giovedì 14 novembre 2013   (Luigi Casale)

“Pensieri (stra)vaganti”: ci scrive il prof. Luigi Casale:

“Caro Maurizio! L’ammirazione, l’emozione, la suggestione, di fronte alla visione della foto pubblicata (il 13 novembre 2013: immagine della memoria) di una classe scolastica molto vicina alla mia generazione; e la conseguente constatazione statistica della presenza di tanti alunni dal cognome Esposito: circa il 50%, mi offrono lo spunto per una riflessione linguistica.
Per la cronaca: era Esposito anche la mia nonna materna.
Esposito (ex-positus) significa “esposto”; ed erano i bambini non accettati alla nascita.
Sai che presso i Romani il neonato doveva essere riconosciuto dal padre con un gesto: la donna che aveva aiutato la puerpera a partorire, consegnava il neonato al padre che lo prendeva tra le braccia e lo presentava alla famiglia; oppure lo rifiutava e lo deponeva ai suoi piedi; allora il bambino veniva consegnato ad un servo che lo “esponeva” (exponebat), lo “metteva fuori” dalla casa.
Ma non dobbiamo pensare che non vi fosse umanità anche presso gli antichi; anzi … !Normalmente, in caso di mancato riconoscimento, il bambino veniva consegnato a qualche famiglia disposta ad allevarlo. Crescendo, alla prima registrazione ufficiale da parte dei Censori, prendeva il prenome (corrispondente al nostro nome di battesimo) di Spurius.
In epoca più vicina a noi, quando però le registrazioni avvenivano ancora in lingua latina presso notai e parrocchie (l’ anagrafe venne molto tempo dopo), i “trovatelli” una volta battezzati insieme al nome di battesimo assumevano come identificativo di famiglia (il cognome) un soprannome qualsiasi; e comunque erano registrato come “expositus” (trovatello).
Così i senza nome cominciarono a chiamarsi Esposito, che divenne il loro cognome.
Questo nel meridione.
In altre realtà geografiche a causa di un esito diverso della evoluzione linguistica, o delle diverse tradizioni religiose, i trovatelli si chiamarono o Esposto e Degli Esposti, oppure Innocenti, Degli Innocenti, Santorum (dei santi), che poi divenne Santoro, ecc.
Proprio come noi ancora diciamo ” i figli della Madonna”.
A questo punto mi viene da pensare ad un’espressione che mia madre ripeteva spesso: “Munno era, e munno è”; per dire: le cose vanno sempre alla stessa maniera.
Ma non dobbiamo rassegnarci. Se dev’essere così, che sia! Ma se possibile, che non dipenda dalla nostra cattiveria!”.

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lunedì 11 novembre 2013 (Antonello Ferraro)

Il carissimo Antonello Ferraro scrive alla signora Assunta Carrese:

“Carissimo Maurizio, desidero chiederti, se possibile, inviare per me questa mail alla Sig.ra Assunta Carrese.
Desidero chiedere alla Signora Carrese, se l’idea Le piace, di scrivere un quaderno di ricordi sulla Castellammare della Sua infanzia ed oltre. Le Sue pagine che ho letto pubblicate sul Sito sono oltre che divertenti, estremamente interessanti.
Tutti ricordiamo i quaderni del grande Gigi Nocera che contengono bellissime pagine sulla nostra città negli anni 30, ed un’autrice così brava sarà sicuramente preziosa alla ricostruzione del periodo successivo.
Nel ringraziarti invio i miei più rispettosi saluti a te ed alla Signora Carrese”.

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mercoledì 23 ottobre 2013 (Giuseppe Mollo e Famiglia Dolci – Angelone)

Castellammare: Stazione F.S. incidente del 22/23.10.1944:

“All’attenzione dei Sigg. CUOMO, CIMMINO, FONTANA,
riesce oltremodo difficile trovare le parole per rendere adeguato merito al Vostro continuo impegno volto alla conoscenza, sotto il profilo storico – sentimentale, degli accadimenti relativi alla città di Castellammare. Grazie al Vostro portale, il giorno 19/10 u.s. in Milano si è potuto realizzare un incontro, dai toni emozionali altissimi, fra Giuseppe Mollo (C.mmare – Roma) e Simonpietro e Paolo Angelone (dalla Provincia di Sondrio) nel corso del quale si son potuti focalizzare gli aspetti salienti e, tutt’ora, ignoti, della vicenda che ha condizionato la nostra esistenza: l’incidente di cui all’oggetto. Saremmo immensamente grati e riconoscenti se Vi dedicaste ancora un po’, con la competenza che Vi è propria, a far luce sull’evento.
Con stima e riconoscenza. Giuseppe Mollo e Famiglia Dolci – Angelone”.

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sabato 19 ottobre 2013 (Catello Izzo)

La proposta del signor Catello Izzo:

“Egregio direttore, io, che sono lontano da anni, continuo a seguire il suo giornale e mi godo, fra l’altro, le poetiche descrizioni di Enrico D. che accompagnano quelle foto bellissime di Castellammare.
Ad ogni luogo che osservo è legato un ricordo che, chissà perchè, è sempre felice. Certamente conta il fatto che quei ricordi sono legati a degli anni che non ci sono più. Di tanto in tanto, poi, mi ritrovo a pensare a quelle che potrebbero essere le cose da suggerire (utopie) ai nostri amministratori circa quello che si potrebbe fare per rendere più accogliente ed interessante la nostra città. Sono certo che molti vorrebbero dire la loro e fare proposte (anche se saranno inutili) su questo tema magari anche votando le opinioni/proposte altrui. Da qui la domanda che faccio a Lei direttore: Non sarebbe realizzabile nel Libero ricercatore, fra le altre, una rubrica del tipo “Le nostre proposte per la Città e varie utopie” e lasciarla libera (con un certo “sfrondamento”) a chi intende fare per la città proposte serie o esporre le proprie “utopie”? Questa partecipazione attiva aperta a tutti potrebbe accendere ancora maggiori curiosità a vantaggio della Sua stessa pubblicazione.

Io avrei anche le mie prime tre proposte:
– Utilizzare parte dell’attuale arenile per creare un Viale Garibaldi a doppia corsia.
– Fare di tutto per ridare alla balneabilità la restante parte di arenile.
– Riattare tutti i pastori della Cattedrale ed esporli in un presepio artistico sempre visitabile.
Con i migliori saluti, Catello Izzo”.

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martedì 17 settembre 2013 (Catello Izzo)

“Leggendo quà e là…”, la lettera/riflessione del signor Catello Izzo:

“Egr. Direttore, mi soffermo spesso su “libero ricercatore” alla ricerca di novità sul recente e sull’antico della nostra amata città (e magari fosse altrettanto amata anche dai politici e da tanti altri concittadini!).
Questa volta “incappo” nella lettera accorata e validamente documentata della Sig.ra Celeste Amato sui pastori del Duomo che sono vere opere d’arte significative e belle a vedersi e ad ammirarsi anche singolarmente.
Contemporaneamente trovo, fra le foto offerteci dall’ormai “storico” Enrico Discolo, una didascalia su “i turisti tornano”… a Castellammare con il commento addolorato di un cittadino che aggiunge: …turisti che vanno poi subito a Pompei o a Sorrento perché tanto a Castellammare “non c’è più nulla” da vedere…
Premetto che la situazione felice di Castellammare da cui, nel giro di 30 minuti, si possono fare escursioni verso i posti più belli della Campania (Pompei, Sorrento, Amalfi, Napoli, Capri, Ischia, Caserta, etc…) già la dovrebbe porre all’attenzione delle agenzie turistiche, ma se tra le tante altre cose che pur ci sono, ci fosse quel presepio con la totalità di quei pastori sempre visitabile per tutto l’anno, non sarebbe un grande motivo di attrazione? Il Comune, per il benessere della Città potrebbe ben investire in questo ed in un po’ di pulizia – se non sugli scanni comunali – almeno per i viottoli.
Con i migliori saluti, Catello Izzo.”.

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mercoledì 11 settembre 2013   (Domenico Furci)

La missiva (del 10 settembre 2013) inviataci dall’ing. Domenico Furci:

“Cari amici, ho letto con piacere le note del signor Antonio Cimmino sulle vicende successive all’otto settembre 1943 nell’ex regio cantiere.
Vi ringrazio per la pubblicazione sul sito.
Al fine di non perdere la memoria degli avvenimenti così bene ricordati, mi faccio promotore di una iniziativa per proporre la lettura di quella vostra pagina (http://www.liberoricercatore.it/Storia/anmistabia/resistenza_castellammare.htm) nelle classi degli istituti superiori cittadini, facendo leva sulla sensibilità dei docenti di storia e dei responsabili scolastici.
Grazie per averci permesso di vivere quei momenti nei ricordi del signor Cimmino.
Ing. Domenico Furci.

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sabato 30 agosto 2013 (Ferdinando Fontanella)

A proposito di “Volontariato per amore”, scrive il naturalista Ferdinando Fontanella:

“Caro Maurizio e amici di Libero Ricercatore, ho letto attentamente l’editoriale “Volontariato per amore” e vorrei aggiungere alcune riflessioni in merito, con la speranza di contribuire in modo costruttivo alla discussione. Un volontario impegnato nel sociale, che presta spontaneamente e gratuitamente la propria opera di assistenza, di aiuto e di sostegno ad un’attività gestita dalla pubblica amministrazione offre un servizio alla comunità di inestimabile valore. Pensiamo ai volontari impegnati negli ospedali, cooperando con medici e infermieri, assistono e confortano i malati. Allo stesso modo i volontari impegnati nei musei, collaborando con guide e guardiani, valorizzano e tutela i reperti. Insomma, un volontario è veramente utile quando diventa un valore aggiunto. Purtroppo nella nostra città, dove i servizi pubblici latitano e l’ordinaria vita sociale è approssimativamente organizzata, l’opera del volontario da molti anni ha perso la fondamentale caratteristica di supporto, diventando un surrogato di quanti dovrebbero essere giustamente impiegati e adeguatamente retribuiti. Solo per citare alcuni esempi a Castellammare i volontari al meglio delle loro possibilità: ripuliscono i boschi, rassettano l’arenile, tagliano le erbacce, gestiscono il parcheggio. I rappresentanti del popolo, eletti per amministrare la cosa pubblica, siano essi della maggioranza o dell’opposizione, non sembrano ben consci di questa anomalia perché da lungo tempo sfruttano la buona intenzione dei volontari per sopperire a palesi fenomeni di scarsa capacità gestionale. Con questo, ovviamente, non intendo accusare la sola amministrazione Cuomo, eletta solo da pochi mesi, ma faccio riferimento anche a tutti i predecessori del neo Sindaco che hanno attinto a larghe mani dal volontariato. Mi rendo conto che con questo mio discorso ho forse rovinato l’immagine idilliaca di un’opera meritoria, ma spero almeno di aver dato una chiave di lettura diversa che può portare ad un concreto miglioramento della vita sociale della città. Purtroppo mi costa dirlo, ma se le cose non cambiano il volontariato di Castellammare ha lo stesso effetto del bicchiere d’acqua nella minestra salata: allunga il brodo e non risolve niente.
Con sincera stima, il vostro naturalista e amico, Ferdinando Fontanella”

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martedì 20 agosto 2013 (Luigi Casale)

In riferimento al post (pubblicato ieri 19 agosto 2013) scritto da Giuseppe Zingone, oggi ci scrive il prof. Luigi Casale, che a suo modo segnala un colto approfondimento sulla figura di “Pasquino”, leggetelo è molto interessante:

“(Pasquinata stabiese). Caro Maurizio, visto che Pasquino è ritornato e ha avuto il coraggio di fare uscire una sua “pasquinata stabiese”; prima che Giggino o zi’ Nicola (in essa richiamati) la faranno portar via: grazie per questo a chi ha avuto la fortuna di fotografarla e segnalarcela; mentre intanto continua la processione dei visitatori locali (i veri destinatari del messaggio) che si recano a vedere messa in atto la solenne provocazione di cui si parla già (grazie anche al Libero Ricercatore) in tutta la città; due cose sarebbero importanti.
Prima: “rinfrescare” alla memoria la storia di Pasquino.
Seconda: poter leggere integralmente la lapide su cui è affissa la satira.

pasquino

PASQUINO e PASQUINATE – Pasquino è l’avanzo d’un gruppo marmoreo della prima età ellenistica (secolo III a. C.), che rappresentava o Menelao col corpo di Patroclo o Aiace col corpo di Achille. Dissotterrato dove ora è la Piazza di Pasquino, fu nel 1501 fatto erigere su un piedistallo dal card. Oliviero Carafa all’angolo volto a oriente del palazzo Orsini (ora Braschi), dove il cardinale abitava. Perché al bel torso, che il Bernini e altri artisti giudicarono una delle migliori statue che fossero in Roma, sia stato dato quel nome, rimane dubbio. Simbolica è forse la tradizione, di origine piuttosto tarda, che lo fa risalire a un sarto Pasquino, che aveva bottega lì presso; anche la statua, vedremo, tagliava i panni addosso alla gente. Più antica, perché attestata già nel 1509, è la tradizione che vuole chiamata la statua da un “literator seu magister ludi”, da un maestro di scuola, che le abitava di contro. Altri parla d’un barbiere, altri d’un oste; s’è parlato pure di un Pasquino esule senese, ma vissuto un secolo prima che il torso fosse rimesso in onore.
Qualunque sia il motivo del nome affibbiato al torso, fatto è che Pasquino finì con l’impersonare la satira anonima romana, dotta e popolaresca, perché in suo nome furono composti libelli (le pasquinate) in latino e in volgare, in verso e in prosa contro i papi e il loro governo, contro i cardinali e la curia, contro persone e costumanze giudicate a dritto o a torto degne di biasimo, e i cartelli che li portavano scritti furono affissi al torso, al piedistallo, sui muri circostanti. Dal mondo classico… …il Rinascimento aveva ereditato il costume d’affiggere versi a statue, a muri, a pilastri, e ai marmi dovunque un pubblico frequente potesse leggerli e gustarli…

Note di approfondimento:
da: Enciclopedia Italiana (1935) di Vittorio Rossi

Saluti e buon lavoro. Luigi”.

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lunedì 19 agosto 2013   (Giuseppe Zingone)

Ci scrive lo stabiese Giuseppe Zingone:

“Allego una foto interessante e attuale di ciò che si potrebbe definire una lettera/poema “all’aperto” a firma di un certo Pasquino. Giusto per la cronaca la composizione è attaccata sulla lapide della fontana di san Giacomo.

lettera/poema all’aperto di Pasquino (visualizza l’allegato!!!)

Cari saluti, Giuseppe”

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venerdì 16 agosto 2013 (Sabato Schettino)

La cortese missiva del sig. Sabato Schettino:

“Le invio questa mia piccola perla con cui venivano chiamati i miei nonni paterni stabiesi doc. Quand’ero piccolo ricordo distintamente l’usanza di chiamare le persone per “contranomme” mio nonno originario del quartiere Scanzano possedeva un soprannome familiare, cioè tutta la sua famiglia ne portava il carico, li chiamavano i PARAPAPEL , che non so proprio cosa voglia indicare sarebbe bello una ricerca, la famiglia di mia nonna, stesso discorso, ma era originaria del quartiere Annunziatella li chiamavano i BARRACCHELL’ anche questo soprannome non mi fa balenare niente di che. Mio nonno, in più vista la mole, era alto 1.90 e per quei tempi credo fosse un po’ una anomalia , lo chiamavano CICCIO ‘O LUONGO.
Spero di aver contribuito alla vostra singolare quanto viva enciclopedia dei soprannomi.

Distinti saluti, Sabato Schettino”.

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mercoledì 14 agosto 2013 (Luigi Casale)

Lettere alla Redazione di un nostro collaboratore: scrive il prof Luigi Casale:

“Caro Maurizio, in qualità di collaboratore, sebbene atipico, del sito del Libero Ricercatore, non posso sottrarmi dall’offrire il mio contributo al dibattito suscitato dal recente intervento di Ferdinando Fontanella.
La mia marginalità però, che in un certo senso caratterizza la mia atipicità rispetto alla portata, e probabilmente anche alla finalità, dello strumento culturale e comunicativo del prezioso e apprezzato spazio di informazione e di formazione di cui tu sei l’animatore principe, mi consiglia di mantenermi nel mio campo specifico. Con questo non mi chiamo fuori dalla discussione, né d’altra parte vorrei sembrare insensibile ai temi della politica e dell’impegno civile e sociale.
Ti invio perciò questa pillola di cultura (“Scivolamento di significato…”), sollecitata proprio dal particolare momento storico e dalla nota circostanza che l’ha dettata, insieme a questa mia lettera che servirà per evidenziarla.

Buona giornata e buon lavoro. Luigi”

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martedì 13 agosto 2013   (Catello Izzo)

In riferimento all’editoriale “Essere, o non essere… stabiesi”, ci scrive il sig. Catello Izzo da San Benedetto del Tronto:

Denza (foto Giuseppe Plaitano)

Denza (foto Giuseppe Plaitano)

“Egr. sig. Cuomo, ritenendomi uno Stabiese “qualunque” come Lei, faccio mio ogni Suo risentimento e, alle frasi riportate del sig. Raffaele Amendola: “…’a munnezza d’a munnezza…” aggiungerei: “…ch’ teng’’a vere’ io?…” che è la più vergognosa scrollata di spalle che lo Stabiese (Castelluoneco?) usa per decretare il Suo menefreghismo ed il Suo “diritto” a vivere oltre l’interesse comune.
L’educazione civile è inesistente perché inesistente è la consapevolezza che il vivere insieme presuppone un rispetto reciproco.
Vorrei raccontare, sperando di non tediare, un fatto esemplare che, mi accadde, qualche anno fa, in villa Comunale verso il monumento a Luigi Denza: ero con mia moglie in vacanza nella mia bella città (ne vivo fuori da 50 anni) e passeggiavamo tranquilli quando una bambina intorno ai 10 anni, spingendo di corsa una carrozzina, deviava e ci veniva addosso. Nessuno si fece nulla ed io mi accinsi a sorridere e ad incoraggiare la bambina pensando che si fosse spaventata. Questa alzò gli occhi accigliata e disse aggressiva: “Ma non vede dove va?…”. Cos’altro dire, questi sono i ragazzi che vengono “allevati” in talune sacche di Castellammare. Io, in quel momento, avrei fatto una spremuta di quei genitori vergognosi che chissà dove erano e che certamente mi avrebbero negato ogni ragione. Notare che la bambina, quanto meno, mi si era rivolta con il Lei. Oggi quella bambine sarà forse madre? Sarà una professionista? Sarà dedita alla politica? Ma con quella base sarà comunque una castellonica come tanti altri.
Si può dare la colpa all’ignoranza, ma, come si fa ad essere sempre ignoranti se il minimo di un titolo di studio è la licenza media? Questo significa solo che più nessuno è preposto all’educazione a cominciare dalle famiglie e per finire alle scuole cui è stata tolta ogni autorità ed ogni minima possibilità di coercizione e dove tutto è gestito dal maleducato di turno che “sa farsi valere”.
L’educazione, poi, è il meno, il più è il come si fa a far nascere nel cuore l’amore per la propria città ed il rispetto per le cose comuni? Come si fa a mettere nella testa della gente che il voto a Castellammare non può essere solo quello di esprimere la propria opinione politica (…Io so’ sem’ pe ‘o stesso e no vota-bannera!) ma anche per punire gli amministratori inetti e sfruttatori e liberarsi di tanti anni di amministrazioni inutili e deleterie.
Ho sempre trovato tutti prontissimi alla critica di questi atteggiamenti, ma mai nulla cambia. Fino a quando ci chiederemo solo il perchè?

Catello Izzo da San Benedetto del Tronto”.

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lunedì 5 agosto 2013 (Antonio Ferrara)

“Scrive Antonio Ferrara, Presidente del “Comitato per gli Scavi di Stabia”:

Stabiae (foto Maurizio Cuomo)

Stabiae (foto Maurizio Cuomo)

“Pompei, Ercolano e Stabiae: insieme nella stessa soprintendenza (sembrerebbe anche nel nome, vista che così viene denominata negli atti ufficiali del ministero), ma non nel sito Unesco. È l’ultima anomalia che ci consegnano 16 anni di gestione autonoma della soprintendenza di Pompei istituita dal primo governo Prodi (Veltroni era il ministro dei bei culturali) che staccò Pompei da Napoli con una legge (la n. 352 del 1997) e diede autonomia finanziaria e organizzativa ai siti vesuviani. Un esperimento che durò dieci anni, fino a quando un altro governo Prodi (ministro Rutelli) riunificò di nuovo le soprintendenze archeologiche di Napoli e Pompei. Era il 2007. Ora, dopo sei anni, è di nuovo “divorzio”.
Ed è forse l’ultima occasione per chiedere – e si spera ottenere – l’inserimento dell’antica Stabiae nel sito Unesco, riconoscimento giustamente andato agli scavi archeologici di Pompei, Ercolano e Oplontis nel 1997.
Si badi che l’inserimento di Stabiae nella lista Unesco non è una rivendicazione campanilistica o la voglia di mettersi una medaglia, ma è un’assunzione di responsabilità: restare nella lista del patrimonio Unesco significa rispettare parametri di conservazione, valorizzazione e gestione. E – per quanto riguarda Castellammare di Stabia – significa mettere fine a una gestione privatistica degli scavi di Stabiae. Ecco
perché va salutata positivamente la decisione del ministro Massimo Bray di promuovere una soprintendenza unica per Pompei, Ercolano e Stabiae. Il fatto di aver citato Stabiae in conferenza stampa, a Palazzo Chigi, significa che siamo di fronte finalmente a un ministro competente, che sa di cosa parla. A lui sono certo sia il sindaco di Castellammare di Stabia sia i parlamentari campani sia gli esponenti della Regione Campania non mancheranno di ricordare che per salvare Stabiae serve un piano di gestione come quello che si sta redigendo per Pompei, Ercolano e Oplontis, perché è quello lo strumento che garantisce tutela e conservazione pubblica e valorizzazione, anche con il coinvolgimento del privato in un quadro di regole chiare e trasparenti.
La nuova soprintendenza di Pompei è povera di musei, forse anche per scelte sbagliate – e consapevoli – del passato. Dunque da Stabiae può venire un contributo anche in questa direzione, realizzando il grande museo archeologico della pittura stabiana e dell’ager nel Palazzo reale di Quisisana. La nuova soprintendenza di Pompei ha anche bisogno di una nuova sede e di un centro di ricerca per il restauro, e la risposta è di nuovo il Palazzo reale di Quisisana, individuato nel 2010 quale sede della sezione distaccata dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro di Roma, ma anche dotato di spazi sufficienti per ospitare gli uffici della soprintendenza. Il che, non lo si sottovaluti, consentirebbe anche di coprire parte delle spese di manutenzione e di gestione del complesso architettonico.
Infine, un auspicio. La legge 352 del 1997 istituì “un comitato, composto dal soprintendente, dal responsabile amministrativo, da un rappresentante della provincia di Napoli, da uno della regione Campania e dai sindaci dei comuni ricompresi nel territorio della soprintendenza, con il compito di esprimere pareri e di formulare proposte sui progetti e sulle iniziative volte a valorizzare le aree archeologiche e con funzioni propositive, di coordinamento e di scambio di informazioni e di conoscenze”. Questo comitato, di fatto, non è mai nato. Ma non è mai troppo tardi, soprattutto ora che si è ritornati allo spirito del 1997.

Antonio Ferrara,
Presidente del “Comitato per gli Scavi di Stabia fondato nel 1950”

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mercoledì 31 luglio 2013  (Catellino Graziuso de’Marini)

“Ricordi emozionali”: le riflessioni di Catellino Graziuso de’Marini.:

Veduta sul porto da salita Visanola (foto Maurizio Cuomo)

Veduta sul porto da salita Visanola (foto Maurizio Cuomo)

“Cari amici di Stabia, viva la nostra città! Mi farebbe piacere condividere con voi un “racconto emozionale”, ossia, come diceva lo stabiese Gennaro Di Martino nei “Racconti ai nipoti” (Ed. La Pace, Napoli, 1961), un racconto pieno di emozioni che lo scrivente comunica ai di lui lettori.
Ebbene, stamane mi sono recato, con la macchina di mio nipote Carlo (in compagnia della fidanzata Elvira e del cane Ferry) al castello che dà il nome alla nostra adorata cittadina. Quanto è stato bello ricordare cosa facevo in gioventù.
Dunque, un giorno di primavera inoltrata andai assieme ad alcuni miei amici “ncopp”o castello”, usufruendo di salita Visanola, strada pedonale, nota a tutti gli stabiesi di una certa età, che dall’Acqua della Madonna si inerpica fin su al Castello.
Tutti quanti noi arrivammo lì esausti e assudati solo per poter godere del panorama, che, come oggi, era fantastico. Cari amici stabiesi, riflettiamo sul significato del vivere in una città bella come la nostra e cerchiamo di educare le nuove generazioni, che “s’abboffano” ‘e Maria De Filippi, discoteca e droga, sulla immane importanza delle bellezze paesaggistiche e naturali in senso ampio.
Ma, “rich’io, no… ma aroppo ca ve site viste ‘a televisione, c’avite concluso?” Noi stabiesi di una certa età, che abbiamo vissuto la miseria, ma che con onestà abbiamo portato avanti le nostre famiglie, possiamo certamente consigliarvi di lasciar perdere le cose effimere della nostra breve, ma intensa vita, per accogliere a pieni polmoni l’aria della cittadina in cui viviamo!
Scusate se sono stato un po’ sconclusionato, ma mi sono infervorato pensando a Stabia. Voglio bene a tutti voi, miei concittadini.

Cordialmente, Catellino Graziuso de’Marini.”.

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lunedì 29 luglio 2013   (Carlo Piola Caselli)

Lo studioso Carlo Piola Caselli, pronipote del fu Segretario di Stato della Marina Siciliana, Giuseppe Alessandro Piola Caselli, scrive a Gaetano Fontana:

“Ho letto con molto interesse il saggio di Gaetano Fontana (rif.: “Attacco al Monarca”) e sono d’accordo che la figura di Giuseppe Piola (Giuseppe Alessandro Piola Caselli) meriti di essere rivalutata. Segnalo di aver da poche settimane pubblicato in www.piolacaselli.altervista.org il pdf “Cronache Marinare” di Giuseppe Alessandro Piola Caselli, aneddoti della marina militare sarda, garibaldina ed italiana (1843-1883), che può esser scaricato liberamente, in cui avevo tentato di sviscerare la complessa questione. Si tratta del fratello del mio trisnonno. Se l’autore vuole, possiamo metterci in sinergia, per ulteriori approfondimenti.
Cordialmente Carlo PIOLA CASELLI”

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sabato 27 luglio 2013 (Gaetano Amato)

Lettera aperta al Sindaco di Castellammare:

L'attore stabiese, Gaetano Amato

L’attore stabiese, Gaetano Amato

“Caro sindaco, ho letto le dichiarazioni dell’amico Nicola Corrado, con l’invito a presentare progetti, e ho pensato di aderire alla cosa, non inviandoti un progetto (per far quello ci si deve dedicare molto tempo) ma trasmettendovi una serie di incipit sull’argomento che più mi sta a cuore: la Cultura e l’Arte.

Faccio una premessa:
Hai l’onore di essere il primo cittadino di una città operaia che, malgrado questa sua caratteristica è, forse unica al mondo, tenendo conto del non elevatissimo numero di abitanti, per la quantità di artisti e sportivi prestati alla nazione.
Hai l’onore (e l’onere) di essere primo cittadino nella città che ha dato i natali a Viviani, a Denza, a Ruccello, a Bonito, solo per citarne qualcuno, e mi fermo per evitare di fare torto a qualcun altro dimenticando qualche nome. Grazie all’amore di un tuo concittadino,Ciro Madonna, un pazzo, uno che faceva il medico per mangiare e il teatro per vivere, molti di noi sono rimasti contagiati da quella malattia incurabile che è l’arte, sotto le sue forme più svariate. Ma proprio quel medico pazzo ci ha insegnato che l’arte è studio e non improvvisazione. Ho ancora nelle orecchie la sua voce quando, seduti al circolo nautico, eravamo li ad ascoltare le sue divagazioni, i suoi pensieri, su di Giacomo o Viviani, su Peppino de Filippo e sul teatro in genere.
Arte come cultura.
Vedi, a mio modesto avviso, attingere a risorse pubbliche per regalare alla città rappresentazioni teatrali o musicali, non va catalogato nella voce cultura.
Quello è spettacolo.
Fare cultura, sempre a mio avviso, dovrebbe essere qualcosa in più.
Come, per esempio, stimolare per far crescere negli abitanti la pretesa, il desiderio, non a gratis, di manifestazioni artistiche (spettacoli, libri, quadri, musica, danza) solo perché desiderosi di sapere.
Come, per esempio, programmazione a medio e lungo termine per il recupero di siti storici abbinandoli all’arte.

Caro Nicola, mi sono chiesto perché anche tu, che colto sei di nascita e di studi, hai pensato che per fare cultura bastava dedicarci distrattamente uno sguardo di tanto in tanto (considerato i problemi che come sindaco devi provare a risolvere, dalle terme alla Fincantieri, solo per citare i più eclatanti, e per i quali sinceramente non ti invidio, non credo tu possa dedicarci più di uno sguardo di tanto in tanto), e affidarsi al funzionario contabile di turno. Questo, permettimi,offende chi per una vita ha studiato e continua a studiare per accrescere il suo sapere, anche perché non hai fatto lo stesso con altri settori della pubblica amministrazione, dove invece ti sei preoccupato di circondarti di competenze specifiche. Non mi dire che anche tu la pensi come Tremonti, ovvero con la cultura non si mangia, perché rimarrei profondamente deluso e non riesco ad immaginare che possa essere un tuo pensiero, per quel poco che ho avuto modo di parlare con te.
Terminata la premessa vado al dunque e perdonami se i suggerimenti te li pongo come una sequela di interrogativi.
Perché invece di fare un recupero temporaneo di palazzo reale,montando un palco per una decina di sere d’estate, non si prova a trasformare lo stesso in polo culturale permanente facendolo diventare una sorta di biblioteca museo multimediale? Riempiendolo fino all’orlo di testi di teatro, di cinema, di musica, spostando là l’assessorato alla cultura e spettacolo. Magari provare a fare accordi con le università di Fisciano e di Napoli, e con i centri di cultura. Dai vita alla fondazione Viviani, dove per statuto tutti i componenti del consiglio di amministrazione che accetteranno l’incarico, lo faranno a titolo gratuito, in modo da non trasformarlo in un altro carrozzone appetitoso per qualche “trombato” politico (eh si, perché i politici, dove non ci sono soldi dimostrano scarso interesse). Metti la fondazione a gestire, per conto del comune e in diretto contatto con l’assessorato competente, la biblioteca museo e a reperire fondi per le iniziative.
Perché non provare a riattare il teatro a san Giacomo permettendo a tanti giovani e alle compagnie amatoriali di avere un posto dove esibirsi con i loro spettacoli, a patto che, prima però, studino la storia del teatro (grazie alla biblioteca museo di cui sopra)? La cosa potrebbe risultare un primo passo per il recupero del centro storico di cui da sempre sento parlare ma che non mi pare fino ad ora (mi riferisco alla varie amministrazioni che ti hanno preceduto) abbia avuto un serio avvio.

Considerando il regalo che la natura ha fatto a questa città, perché non provare a portarci il cinema e la tv? Perché non tentare di creare una film commission che raggruppi i comuni da Pompei a Massa Lubrense, da Torre Annunziata a Portici, e studiare insieme agli altri assessori del ramo un pacchetto da offrire alle produzioni, con vantaggi su alberghi, ristoranti, suolo pubblico. Interessare imprenditori locali per creare compartecipazioni produttive grazie alla tax shelter, offrire gratuitamente uffici alle produzioni interessate a girare in zona. Se ne ricaverebbero visibilità, pubblicità, lavoro per l’indotto,oltre che incremento turistico ( i film girati a Torino o in Puglia sono diventati i migliori spot per quelle terre), e si farebbe contemporaneamente formazione per i giovani all’interno delle troupe.

Fai nascere un laboratorio di scrittura per giovani, e poi mettendo a loro disposizione qualche attrezzatura digitale, (con poche decine di migliaia di euro si attrezza uno studio professionale), dai loro la possibilità di cavalcare la fantasia attraverso la realizzazione di documentari, corti, inchieste sulla città.
Sposta a palazzo reale la mostra dei presepi, inseriscila all’interno di un percorso di visita magari, mo ce vo’, abbinandolo a una manifestazione

La cultura, da che il mondo esiste, è forse l’unico mezzo per tirar via dalla strada chi non ha avuto la fortuna o la possibilità economica di studiare. Ma la fantasia, l’estro, l’arte, non è solo studio, è anche dono divino. Quel medico pazzo purtroppo non c’è più, e insieme a lui ci hanno lasciati anche altri maestri d’arte. Non lasciare che questa città diventi gretta ogni giorno di più. Non far assopire il desiderio d’arte che per mano divina è stato sparso su tanti nostri concittadini, perché chi non avrà la fortuna o i mezzi per alimentarlo sarà comunque costretto dalla vita a lascialo scemare.
Quanto da me elencato si può provare a fare a costo zero per le casse comunali, voglio dire senza alcun aggravio di bilancio, se non quello del personale per la gestione e la sorveglianza.

Ho tralasciato di darti suggerimenti per lo sport e per la scuola. Anche là ci sarebbe tanto da fare (te lo dico in quanto ex sportivo, molto ex, ma vicino allo sport che più ci gratifica nel mondo, e docente di ruolo da oltre 30 anni) ma poi viene a finire che penseresti che mi voglio sostituire al sindaco. Lungi da me questo desiderio. Sono sicuro che tu e i tuoi collaboratori, riflettendo, saprete trovare le giuste risposte affinché questa città non muoia culturalmente.
Auguri, Gaetano Amato”

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lunedì 22 luglio 2013 (Mario La Piano)

“Curiosità”: ci scrive il sig. Mario La Piano da Forlì:

“Buongiorno, scrivo perché spero che possiate soddisfare ad una mia curiosità. Visitando la rocca di Lugo di Romagna mi sono imbattuto in un’iscrizione commemorativa a Giuseppe Compagnoni scritta da Libero D’Orsi. Facendo una ricerca in internet ho letto che agli inizi degli anni ’40 era stato il preside del locale istituto tecnico. Si tratta dello stabiese Libero d’Orsi o è soltanto un caso di omonimia? Ecco una foto dell’iscrizione. In attesa di una risposta vi porgo i miei più sinceri complimenti per il sito.
Cordiali saluti, Mario La Piano, Forlì”.

Risposta: “Gentilissimo Mario, laureatosi in Lettere e poi in Filosofia, lo stabiese Libero d’Orsi, vinse ben due concorsi per essere destinato, prima in Puglia, ad Acquaviva delle Fonti, poi a Padova e, infine, da preside, proprio a Lugo di Romagna (durante la seconda guerra mondiale); finito il cataclisma, ottenne poi il meritato avvicinamento ed il trasferimento nella sua tanto amata Castellammare di Stabia, dove negli anni a seguire progetto e iniziò i lavori di scavo dell’antica Stabiae. La firma in calce alla lapide, da lei gentilmente segnalata, è certamente la sua!
Nella speranza che la sua curiosità sia soddisfatta, la saluto cordialmente,
Maurizio Cuomo”

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sabato 20 luglio 2013 (Francesco Paolo Giorgio)

“Toponomastica dialettale”: ci scrive il sig. Francesco Paolo Giorgio:

“Esprimo la mia gioia nel vedere con quanta cura è gestito il sito unico e più rappresentativo della nostra amata città. A tal proposito volevo integrare la discussione fornendo un particolare inerente l’appellativo che noi “stabiensi” diamo alla piazza Principe Umberto cioè “miez’ ‘o Quartuccio” il quale trae origine dalla antica formazione della città che prima della nascita del rione spiaggia vedeva ubicata proprio nella attuale piazza la porta nord della città e dove come posto di frontiera era dovuta una gabella appunto il quartuccio ( moneta ) per il transito delle merci verso la città. Scusandomi per la mancanza di particolari spero di dare uno spunto alla ulteriore ricerca . Con ammirazione.
Francesco Paolo Giorgio”.

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mercoledì 17 luglio 2013   (Bonuccio Gatti)

“L’Artistica Fontana della Basilio Cecchi”: un’accorata proposta del prof. Bonuccio Gatti:

“Al Libero Ricercatore di Stabia, e per esso a tanti che come me, hanno frequentato la Scuola Elementare, oggi Primaria, Basilio Cecchi.
Vi scrive Bonuccio Gatti, oggi insegnante di classe quinta della Scuola Basilio Cecchi, cinquant’anni fa scolaro di classe quinta della Scuola Basilio Cecchi, molti di voi avranno letto il mio articolo sull’Artistica Fontana della succitata Scuola, ebbene voglio confessarvi la mia sofferenza ogniqualvolta la mattina entro nella nostra Scuola e vedo l’Artistica Fontana, che una volta era il fiore all’occhiello della Scuola e forse anche della Città, che versa in uno stato di totale ed ingiusto abbandono. Voglio rivolgere un appello a tutti gli ex alunni della Scuola Basilio Cecchi, diamo il contributo simbolico di un euro per il restauro dell’Artistica Fontana, per riportarla all’antico splendore, per farla diventare un punto di riferimento per le odierne e future generazioni di scolari! Quanti fra gli ex alunni della Scuola Basilio Cecchi (perdonatemi la ripetizione, ma è voluta) oggi sono ingegneri, architetti, geometri, o anche, ma non ultimi, semplici operai edili, ebbene in ricordo di quello che certamente avrà rappresentato anche per voi l’Artistica Fontana regalate, come avvenne per la sua costruzione, una prestazione d’opera almeno di una giornata di lavoro per il restauro di quest’autentica opera d’arte. La mia esperienza di insegnante mi ha fatto capire che i fanciulli amano le cose belle, amano l’arte, la storia, la natura, diamo loro la possibilità di vivere in un mondo non solo virtuale, ma reale. Facciamo in modo che la mattina, quando si recano a scuola, trovino intorno a loro un ambiente pulito, ordinato, sereno e perché no anche denso di cultura, di arte, di storia, e di tutto ciò che di bello e artistico le generazioni precedenti hanno realizzato per le generazioni future!
prof. Bonuccio Gatti”.

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sabato 13 luglio 2013 (Sabato Schettino)

“Soprannomi stabiesi”: la gradita missiva del sig. Sabato Schettino:

“Segnalo questa mia piccola perla con cui venivano chiamati i miei nonni paterni stabiesi doc, quand’ero piccolo ricordo distintamente l’usanza di chiamare le persone per “contranomme”; mio nonno originario del quartiere Scanzano, possedeva un soprannome familiare, cioè tutta la sua famiglia ne portava il carico, li chiamavano i PARAPAPELE , che non so proprio cosa voglia indicare… sarebbe bello una ricerca, mia nonna stesso discorso, la sua famiglia, originaria del quartiere Annunziatella era chiamavata i BARRACCHELLE, anche questo soprannome non mi fa balenare niente di che. Mio nonno in più, vista la mole, era alto 1.90 e per quei tempi credo fosse un po’ un’anomalia , lo chiamavano CICCIO ‘O LUONGO.
Spero di aver contribuito alla vostra singolare quanto viva enciclopedia dei soprannomi . Distinti saluti. Sabato Schettino”.

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mercoledì 10 luglio 2013 (Ferdinando Fontanella)

Purchiacchielli: il naturalista stabiese Ferdinando Fontanella, risponde alla domanda del sig. Vincenzo Farro (post del 9 luglio 2013):

“Gentile sig. Vincenzo, la portulaca è una pianta comunissima, non è raro trovarla spontanea nei vasi di fiori che adornano i balconi, oppure nelle aiuole cittadine, ai margini dei viottoli e nei coltivi in campagna, insomma cresce praticamente ovunque.
Si tratta di una specie annuale, vive un solo anno, il tempo di produrre i semi che assicurano la generazione futura. Purtroppo non troverà questi semi in commercio, non è sicuramente una pianta orticola e non ha nessun interesse commerciale.
Si tratta semplicemente di una specie infestante delle colture, che i contadini di un tempo (tempo di privazioni) sradicavano e mangiavano. Oggi solo pochi nostalgici, buongustai amanti delle cose semplici, ne fanno raccolta per consumarla fresca, all ’insalata, o cotta.
Se desidera assaggiarla le consiglio di programmare, per la prossima primavera, una bella passeggiata in campagna (anche quella romana è stupenda) dove sicuramente potrà raccoglierne un bel po’. Magari nella stessa occasione porterà un vasetto, dove trapianterà qualche pianticella da tenere sul davanzale.
Spero di esserle stato utile, cordiali saluti, Ferdinando Fontanella”.

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martedì 9 luglio 2013   (Vincenzo Farro)

Ci scrive il torrese Vincenzo Farro dalla provincia di Roma:

“Gentile ricercatore, ho appena gustato (dal punto di vista letterario) la ricetta dei “purchiacchielli“. La ringrazio. Sono “saperi” che si vanno perdendo.
Vedo spesso questa pianta nei giardini pubblici, ma vorrei sapere se si pianta anche per talea. Non so se si vendano i semi. Proverei a metterne un po’, in vaso, sul terrazzo. Di più, non posso. Non ho, purtroppo, un giardino.
Approfitto della Sua disponibilità, per chiederLe se, dalle parti nostre (sono di Torre Annunziata), si vedono ancora, negli alimentari, quei tronchi di cono, o cilindri, di colore ruggine rossastro: la nostra diabolica “soffritta”.
Chiarisco il perché della mia curiosità: ho lasciato Torre nel 1966; vivo in provincia di Roma dal 1971. Ora, vi manco dal 2007. Col passare degli anni, divento sempre, necessitatamente, più sedentario. Mi farà piacere leggere la Sua risposta e sapere qualcosa di Lei. Grazie, per l’attenzione.
Cordiali saluti. Vincenzo FARRO”.

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sabato 6 luglio 2013 (Catello Graziuso de’Marini)

L’accorata missiva dello stabiese Catello Graziuso de’Marini:

“Egregi amministratori del sito “liberoricercatore”, dopo anni in cui le mie condizioni di salute non mi hanno permesso di tornare per più di una settimana a Castellammare, ecco che a 74 anni finalmente mi ritrasferisco nella città delle acque! …e scopro, su segnalazione di Mimmo Esposito e Lello Donnarumma, che è in linea (on line, come dicono i giovani!) un sito davvero emozionante, il VOSTRO!
Quanti ricordi affollano la mia stanca e ormai vetusta mente! La mia città, la nostra amata città di Stabia può e deve tornare ai fasti di un tempo attraverso opere come la promozione e diffusione della cultura stabiese da Voi propinata!
I miei avi sarebbero felici di ciò (mio nonno era il vice-Marico della Marina a Castellammare).
Vi trasmetterò quanto prima il materiale sulla città stabiese in mio possesso (foto e riproduzioni di stampe, anche di Giovanni De Tullio).
Complimenti, Catello Graziuso de’Marini”.

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venerdì 5 luglio 2013 (Antonio Farriciello)

“Effetti delle Acque”, ci scrive il diacono Antonio Farriciello:

“Erano anni che speravo di rivedere le “cartoline del pubblico” ( effetti delle acque ).
Da ragazzo ridevo come un matto nell’ osservarle attraverso le vetrine dei negozi di via Brin. Negli anni cinquanta mio nonno era il custode delle Terme Stabiane, ed io trascorrevo gran parte dell’estate all’interno delle Terme.
Bellissimi ricordi. Grazie infinite.
Diacono Antonio Farriciello”

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giovedì 4 luglio 2013 (Massimiliano Greco)

La gradita missiva di Massimiliano Greco, presidente dell’Associazione Stabiese dell’Arte e del Presepe:

“Ciao Maurizio, in allegato trovi 5 foto del “Carosello Storico” (mi sembra sia questa la giusta denominazione ), manifestazione stabiese degli anni ’50.
Alcuni protagonisti della prima foto li conosco, il primo sulla sinistra con il pizzetto è mio padre, il primo a destra dovrebbe essere Enzo Bisogni.
Nella seconda foto si riconosce anche Enzo Cuomo dell’Azienda di Cura Soggiorno e Turismo ( vedi anche: foto n. 3, foto n. 4 e foto n. 5 ).
In passato sul liberoricercatore.it ne avevo viste alcune, ricordo Ferdinando Cosenza che guidava la carrozza, ma non le trovo più.
Ti abbraccio, Massimiliano”.

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sabato 29 giugno 2013  (Raffaele Scala)

Il dott. Raffaele Scala, invia una lettera aperta al Sindaco di Castellammare di Stabia:

“Caro Sindaco, Nicola Cuomo, il buon Gerardo Marotta, esimio ed emerito avvocato e filosofo italiano, sta da qualche anno facendo “le messe scalze” per trovare una degna sistemazione ai 300mila volumi del suo Istituto Italiano per gli studi filosofici, il cui valore economico supera i dieci milioni di euro, mentre quello culturale è inestimabile per la rarità e la preziosità di alcuni volumi. Ora, nell’incapacità, tutta stabiese, di valorizzare in altro modo la nostra Reggia, perchè non cogliere l’occasione di farci avanti, offrendo degna ospitalità a questa preziosa biblioteca, che corre il serio rischio di andare perduta? Pensi all’onore che ne verrebbe alla nostra Città, alla pubblicità che ne deriverebbe, agli stimoli per migliaia di visitatori amanti della cultura, di cogliere l’occasione di venire a Castellammare, se non altro per vedere la nostra bellissima Reggia. In questo modo potremmo anche recuperare un poco del nostro orgoglio perduto e calpestato da una mala politica e da una pessima amministrazione dei troppi che Vi hanno preceduto. Certo di un Vostro riscontro, Vi ringrazio anticipatamente in nome della Cultura, della buona politica del Fare e di quanti aspettano un vero Rinascimento della nostra Amata Città.
Raffaele Scala”

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giovedì 6 giugno 2013 (Massimiliano Greco)

Ci scrive Massimiliano Greco, presidente dell’A.S.A.P. di Castellammare di Stabia:

“Ciao Maurizio, ti invio una foto, credo degli anni ’50, dell’interno della Latteria Romana che si trovava al corso Vittorio Emanuele ( visualizza immagine ).
Purtroppo non dispongo, né sono riuscito ad avere informazioni dirette sull’attività di mio nonno. Mi piacerebbe leggere i ricordi di terze persone che lo hanno conosciuto.
Forse qualche visitatore di liberoricercatore può aiutarmi.
Ti abbraccio, Massimiliano.

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lunedì 4 giugno 2013 (Giuseppe Zingone)

Le amare osservazioni sul futuro di Castellammare di Giuseppe Zingone da Ladispoli, che riflette sulle considerazioni di Veropalumbo e Verdoliva:

“Amari presagi di un passato che non torna: Cari Signori Verdoliva e Veropalumbo, ho letto con interesse le vostre accorate missive che nella sostanza sono praticamente gemelle. Anche io come Voi, vivo lontano da Castellammare e purtroppo constato ogni volta che vi ritorno che le è stato volutamente o “involontariamente” amputato un arto, un organo vitale, tanti piccoli pezzi che vengono strappati ai cittadini i quali per larga parte, ma non tutti meriterebbero qualcosa di più.
Vorrei però fare con voi alcune osservazioni:
La prima cosa che mi passa per la mente guardando le vecchie foto della nostra città termale (che oggi non è più), è che le Terme quelle vere delle fonti non sono quelle di cui parlate voi al Solaro ma sono quelle di fronte ai Cantieri Navali, lì dove Dio (o la natura) ha concesso che sgorgassero la maggiorparte delle fonti che oggi conosciamo. Le Nuove Terme nascono per un calcolo politico erroneo, un capriccio di interesse personale solo in un secondo momento, ma da bambino ricordo che accompagnavo mio padre per le cure termali alle Antiche Terme. Ma noi che avevamo le Terme più importanti del mondo come dite giustamente anche Voi avevamo bisogno di un doppione?
Ora voi capite che per mantenere un solo impianto termale i costi sono elevati, figuratevi due, ovvio che la brutta fine delle Antiche Terme lasciava già presagire a me che sono più giovane di voi la profetica morte delle Nuove. C’è da dire che al tempo del successo delle antiche la nostra città era quasi considerata una città industriale del Nord Italia, ma stiamo parlando di tempi lontani, già negli anni ottanta venivano solo i nostalgici o chi riusciva ad avere una esenzione ticket che uno Stato troppo sprecone e permissivo assicurava un po’ a tutti.
Altro elemento importante è che le classi politiche del tempo, che determinarono il successo delle nostre acque non esistono più perché politicamente estinte come i Savoia, o i compianti mega partiti come il PCI e la DC, dopo di loro il vuoto totale il BUCO NERO della politica. Uomini incapaci di guardare oltre il loro naso che hanno pensato bene di arricchirsi con i beni naturali che appartenevano a tutti NOI. Una città che non è stata mai in grado di comprendere bene se la sua vocazione fosse turistica o industriale.
Altri tempi dicevamo dove non pochi errori sono stati commessi. Antesignani di questi errori, alla portata della mia età, “La Calce e Cementi” le stesse Terme del Solaro che hanno devastato completamente alcuni trai più belli tratti paesaggistici del nostro territorio, la crescita abnorme della città senza un piano regolatore, ma voi avete camminato per le stesse mie strade le avete viste queste cose?
Ma una cultura politica ancor più miope ha distrutto il terrritorio verso la foce del Sarno, il Porto di Stabia. Ne avevamo bisogno? Un doppione dal lato opposto della Città che ha portato solo devastazione ed ha fatto comodo agli interessi di pochi, non un posto di lavoro per la Città, inoltre ingresso interdetto ai cittadini stabiesi.
E’ ovvio che guardo anche alla perdita di lavoro già fortemente compromesso a Castellammare. Ma ho una idea personale sul problema e spero anche voi la condividiate: Vendere una struttura che funziona bene soprattutto se il Comune è un azionario delle Terme è una impresa difficile non impossibile con gli avvocati di oggi e i saltimbanchi della politichetta della città, ma fino ad oggi, le Terme erano anche degli STABIESI.
Attenzione solo a Castellammare di Stabia area termale di interesse internazionale si chiudono i battenti in quanto a livello nazionale ed internazionale il settore termale non conosce crisi, anche con i tempi difficili di oggi.
La musica cambia però, se le terme falliscono o chiudono, è solo questione di tempo prima o poi il politico di turno dirà ai cittadini che l’unico modo di valorizzare lo spazio occupato dalle nuove terme è SVENDERLO al migliore offerente, cioè all’amico del politico di turno o allo stesso politico nascosto in una cordata di imprenditori nullatenenti, degli esseri inutili al BENE COMUNE cittadino e, che come avvoltoi attendono che il malato muoia per spolparlo.
Magari leggono o leggeranno disapprovando quello che scrivo oggi a VOI .
“Et voilà le jeux sont fait” vendere un patrimonio pubblico che prima non poteva essere venduto, a poche migliaia di euro, con qualche soldino lo si rimetterà in sesto oppure si faranno cose diverse. Tutti anche i buoni cittadini stabiesi saluteranno come eroi i nuovi acquirenti, magari pensando: “Ci sarà un indotto economico e lavorativo nuovo nella città con l’acquisizione di nuovi posti di lavoro!” ma purtroppo come è già storia vecchia, vedi Crown Plaza, vedi Marina di Stabia, è tutto già scritto, diventeranno luoghi privati nei quali i cittadini stabiesi non potranno entrare neanche per fare la pipì.
Io ho 41 anni e da un lato mi meraviglio che voi ancora vi chiedete perché le Terme muoiono basta leggere i giornali dove non arriva la delinquenza, ecco giunge la politica, io disapprovo l’una e l’altra, ma ciò che mi preoccupa più di tutto è che c’è una città che muore ed i cittadini sono sempre più ostaggi nella loro città.
Ci dicono che questo è il futuro che questa è la democrazia, io dico di NO (purtroppo io sono lontano), ma quando a soccombere sono i cittadini mi viene in mente una immagine solamente: gli ebrei che prima della deportazione venivano chiusi in un ghetto ben controllato per il rastrellamento.
Distinti saluti Giuseppe Zingone

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domenica 2 giugno 2013 (Vincenzo Veropalumbo)

La missiva del sig. Vincenzo Veropalumbo:

“In relazione, alla lettera di Vincenzo Verdoliva, “CHIUSURA TERME STABIANE DI SCANZANO” (post del 1 giugno 2013) volevo condividere appieno quanto così è stato, giustamente, esposto nella suddetta missiva. A ciò vorrei aggiungere che a tutto c’è un limite! Come si fa a chiudere una bellissima struttura termale di quella portata e nell’avvilente silenzio totale? Vorrei vedere, visto che sono uno stabiese trapiantato al nord, se chiudessero la produzione totale dei vini piemontesi? Ma come?! STABIA la città mondiale delle acque deve subire tale affronto. Non è più possibile sopportare l’indecenza di certi personaggi che sono colpevoli di tutto questo: come stabiese, ardentemente vorrei, che la nostra città, così bella e ammirata, risorgesse da quel torpore in cui è stata colpevolmente portata e risvegliare nelle coscienze la forza di migliorarla… ..ma non in peggio.
Cari saluti, VEROPALUMBO VINCENZO.

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sabato 1 giugno 2013 (Vincenzo Verdoliva)

Ci scrive lo stabiese Vincenzo Verdoliva dal Piemonte:

“Sig. Cuomo buongiorno. Vorrei fare un appello a tutte le persone sensibili che come Lei si dedicano non solo al sito di “Libero Ricercatore” ma a tutto ciò che c’era e forse c’è ancora di buono a Castellammare.
Solamente martedì 28 u.s. un mio caro amico (anche lui scanzanese come me e anche lui residente in Piemonte) di ritorno da Castellammare, mi ha riferito che le “Nuove Terme” di Scanzano sono state chiuse. Se la notizia è vera mi chiedo e Le chiedo come mai questa vicenda non ha destato scalpore non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale? Considerato che sono altri posti di lavoro che si perdono non solo direttamente, ma anche indirettamente (vedi le strutture alberghiere e non solo).
Non conosco la Sua età anagrafica (io ho 64 anni), per cui se Lei è più giovane di me potrei raccontarLe quando Castellammare era una città piena di industrie nel primo dopoguerra (non vorrei tediarla), se invece è più anziano di me, saprà bene che appunto in quegli anni una famiglia del nord si è insediata a Castellammare e negli anni a venire ha fatto man bassa sulle strutture e sul popolo e poi hanno continuato la famiglie autoctone… Mi scusi se sono stato un po’ prolisso, ma avevo bisogno di questo sfogo verso una persona di riferimento quale è Lei, perché ho avuto modo di apprezzare quanto fate Lei ed i suoi collaboratori sul sito sul quale spesso mi collego. Gradirei un Suo parere sul tema anche per avere un termine di paragone con un residente al di sopra delle parti. La ringrazio infinitamente.
Distinti saluti, Vincenzo Verdoliva.

P.S.: se lo ritenesse opportuno metta pure sul sito quanto ho scritto”.

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martedì 23 aprile 2013   (Giorgio de Angelis)

I ringraziamenti del carissimo Giorgio de Angelis:

“Caro Maurizio, ho notato che pian piano stai facendo delle mie opere un diario. Non posso che essere grato a Discolo che mi ha segnalato quel grande stabiese che sei, la persona che più e meglio riconosce quanto di buono uno stabiese produce. Sono certo che relativamente alle mie opere avrai letto quanto il compianto nostro grande concittadino avv. Gaetano Pagano (che a settembre ricorderemo, con ammirazione e gratitudine; in quanto grande scrittore cattolico ed artista). Concludo dicendoti che quanto fai per la tua/nostra città ti fa onore e per noi è privilegio averti incontrato e stimato… Grazie e spero di sentirci presto per il progetto che accennammo soltanto tempo addietro. Giorgio”.

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martedì 23 aprile 2013   (Paolo Fuschino)

I ringraziamenti di Paolo Fuschino, direttore responsabile di Oblò.it:

“Sig. Cuomo la ringrazio molto per la velocità e la cortesia dimostrata. Sono veramente dispiaciuto perché, purtroppo, anche la stampata da risoluzione maggiore non è il massimo ma, se null’altro c’è va bene così.
Sarebbe forse utile riuscire a sapere almeno il nome del giornale da cui è tratta la fotografia, in modo da farne cercare una copia nei tanti mercatini d’antichità che si trovano in giro per l’Italia. Impresa difficile ma non certo impossibile.
Ho, nell’occasione, potuto apprezzare il lavoro Suo e dei Suoi collaboratori. Io sono Stabiese solo “di striscio” essendo nato a Torino e vivendo da sempre in Piemonte ma il liberoricercatore ha saputo farmi tornare alla mente molti ricordi di una città che mi è rimasta nel cuore sin da quando, da piccolo, venivo a passarci le mie estati. Lì ho ancora molti vincoli parentali e lì spero di tornare, dopo 20 anni, quest’estate anche se solo per pochi giorni. Se tanti seguissero il Vostro esempio le nostre radici non rischierebbero di finire nel dimenticatoio, cosa grave perché senza passato non c’è futuro. Felice di averla conosciuta, seppur come giustamente ha detto, virtualmente.
Continui così… complimenti. Paolo Fuschino”

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lunedì 22 aprile 2013 (Paolo Fuschino)

Ci contatta Paolo Fuschino, direttore responsabile di Oblò.it:

“Buongiorno, mi chiamo Paolo Fuschino e sono capitato casualmente sul vostro sito internet dove, con mia grande sorpresa, ho trovato la scansione di una pagina di giornale dove compare mio nonno, Michele Fuschino, tra i premiati dalla Navalmeccanica (02/1958). La scansione in questione è la prima pubblicata sul sito e la foto di mio nonno compare in basso a destra.

Il link alla pagina è il seguente: http://www.liberoricercatore.it/Storia/premiati_navalmeccanica.htm

Mi piacerebbe moltissimo, se fosse possibile e ovviamente pagando il disturbo, poter avere una copia cartacea di questa pagina anche solo in fotocopia a colori ma più leggibile di quant’essa sia dalla foto su internet. Confido in una vostra gentile risposta.
Cordiali saluti. Paolo Fuschino ( Direttore Responsabile di www.oblo.it )”.

“Gentile Fuschino, nel tentativo di soddisfare la sua richiesta, ho contattato il dott. Antonio Cimmino (nostro collaboratore di redazione), che purtroppo, mi conferma che le immagini sono state acquisite in maniera dilettantistica. Purtroppo, da ciò che apprendo, il giornale dalle quali furono tratte “non esiste più”, e le foto a loro volta hanno subito un ulteriore passaggio allo scanner… per cui, penso che debba accontentarsi di ciò che può trarre direttamente dal nostro portale (non so se lo ha già fatto, ma se clicca sull’immagine pubblicata, ne richiamerà una di maggiore risoluzione, eventualmente ci provi). Mi creda, pur non conoscendola di persona, avrei anch’io avuto piacere nel poterle dare una mano; il nostro portale non ha alcun scopo di lucro ed il lavoro e l’impegno profuso per portarlo avanti, è ripagato dalla soddisfazione che traspare dalle missive di qualche nostro lettore, che di tanto in tanto abbiamo il piacere di leggere.
Felice di aver fatto la sua conoscenza, se non altro in modo virtuale. Certo della sua comprensione, l’occasione mi è gradita per porgere i miei migliori saluti.
Cordialmente. Maurizio Cuomo”

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venerdì 19 aprile 2013 (Vincenzo Russo)

Vincenzo Russo segnala il proprio soprannome:

“Buongiorno, volevo segnalarVi il soprannome di mio zio Andrea e che è passato a me, Vincenzo, per la nostra assomiglianza: “Zuppa ‘e latte”, ovvero la zuppa di latte che si mangia la mattina per colazione.
Nel ringraziarvi per lo splendido lavoro che ci offrite, Vi saluto e spero che prendere in considerazione la mia proposta ( rubrica soprannomi stabiesi ).

Vincenzo Russo”

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venerdì 29 marzo 2013   (Salvatore Turri)

Salvatore Turri pone un quesito a liberoricercatore:

“Scusate il disturbo. Domenica scorsa, per le giornate del FAI, visitando il parco della Reggia di Quisisana guidati da un ben informato botanico volontario, ho raccolto 2 semi di un albero di cui non ricordo il nome, detto “……….(?) borbonico”. Metterò a dimora i semi, però è meglio conoscerne il nome. Potete aiutarmi? Grazie!”.

“In tutta sincerità le notizie da lei fornite non sono sufficienti per dare una risposta certa. Purtroppo, non ero personalmente presente alla visita e non ho idea di cosa sia stato detto. Posso fare una supposizione. Nel giardino del Palazzo di Quisisana dimorano splendide camelie, la casa reale borbonica era particolarmente amante di questa essenza tanto da introdurre nella seconda metà del ‘700, nella residenza di Caserta, il primo esemplare d’Italia (poco dopo, suppongo, dovettero piantarne anche nella residenza stabiese). Da ciò presumo che possa essere una camelia la pianta indicata dalla guida come “borbonica”, ma ripeto, per averne la certezza bisognerebbe chiedere direttamente al botanico che ha curato le visite”.

(Ferdinando Fontanella)

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sabato 9 marzo 2013   (Giuseppe Plaitano)

A proposito di “paluorcio”, il dott. Plaitano aggiunge una documentazione storica:

“A completamento dell’articolo “Il Paluorcio” volevo aggiungere quanto riportato nel testo “Corso elementare di coltura dei boschi composto nella scuola Forestale di Nancy per M. Lorentz Antico Direttore di detta Scuola e poi Amministratore di Acque e Foreste, ufficiale della legion d’onore, Membro corrispondente della Società Imperiale centrale di Agricoltura”, edito a Napoli nel 1861 in cui si fa espresso riferimento al termine “palorcio” ed ai luoghi “Castellammare e dintorni”. Questi era un sistema di trasporto classificato come uno dei tipi di “cammini a slitta”, ovvero dei “lanciatoi, o sdrucciolatoi artificiali”. Uno di questi era quello di scavare un sentiero nella roccia, con direzione sinuosa facendo attenzione alle pendenze e sul letto dello stesso farvi una specie di rivestimento in legno, situati parallelamente e puntellati opportunamente, a i due lati si adattavano delle cosiddette “pertiche” per far si che la slitta o carretto non fuoriuscisse. Si aveva cura poi di ungere con sego o saponi il fondo della slitta. Al fianco di questo sentiero se ne praticava uno simile questo alfine di poter agevolare la salita delle slitte vuote, senza incrociare quelle piene. Per quanto riguarda il “palorcio”, questo è quanto viene riportato:
A Castellammare e dintorni solo però per le fascine ed altri minuti legnami, adoperano altro meccanismo per farli discendere dall’alto in basso delle montagne. Chiamasi sopra luogo palorcio, e consiste in un sistema di funi tese da una prominenza all’ altra, ed appuntate a convenienti tronchi di alberi in piedi. La distanza tra “l punto di partenza e quello dell’ arrivo viene così divisa in tanti tratti per quanti sono gli spazii tra l’una e l’altra prominenza che s’incontrano sulla linea. Ciascun tratto costituisce un palorcio. Nel punto più alto o di partenza, la fune, raccomandata ad un tronco di albero, si tiene sollevata sul suolo per mezzo di due aste legate in modo che poggi sulla loro inforcatura — Nel punto inferiore o di arrivo, si adatta ad altro tronco di albero il palorcio propriamente detto, formato da un cilindro di legno cui si avvolge l’altro capo della fune che per mezzo di leve, le quali agiscono sul cilindro medesimo, viene a tendersi a volontà. Formano necessario compimento di questo apparecchio alcune centinaia di crocchi o gangi di legno, di un palmo a due di lunghezza nella loro asta maggiore cui va congiunta una piccola corda destinata a legare la fascina o il legname che sospeso in tal modo col crocco alla fune, deve scendere a basso. Si ha cura di ungere la fune con sapone o sego per diminuire lo strofinio e per agevolare in alcuni casi la discesa. Se l’inclinazione è forte si prepara innanzi al palorcio un ostacolo di fascine per prevenire il danneggiamento de’ legnami. La provvista de’ crocchi ne’ punti superiori si proporziona per lo più al lavoro di una giornata; e raccolti la sera nei luoghi inferiori, vanno trasportati nel dì appresso ne’ superiori. — L’ economia di questo mezzo non ha bisogno di essere dimostrata.
Spero di essere stato utile. Cordialmente, Giuseppe Plaitano”.

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lunedì 25 febbraio 2013 (Massimo Paragallo)

Il sig. Massimo Paragallo scrive a nome della sig.ra Teresa Scafarto:

“Buongiorno, con l’autorizzazione della Sig.ra Teresa Scafarto, proprietaria dell’originale, invio la foto della recita scolastica tenutasi nel 1935/36 presso l’Asilo del Largo Pace, a Castellammare. Il messaggio della Sig,ra Teresa alle autorità cittadine è la speranza di vedere restaurato il plesso scolastico.

Visualizza la rubrica “Immagini della Memoria

Grazie per l’attenzione. Massimo Paragallo”.

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giovedì 21 febbraio 2013 (Raffaele Scala)

L’appello del dott. Raffaele Scala:

“Guardando le foto della rubrica “Immagini della memoria”, alle tante foto di scolaresche d’altri tempi non ho potuto fare a meno di ripensare al mio maestro elementare, Modestino Perrotta, un pugliese di Taranto (se la memoria non m’inganna e non mi gioca brutti scherzi) trasferitosi definitivamente a Castellammare, e ai suoi insegnamenti di scuola e di vita. Lo ricordo magro e alto, il viso smunto e le gite scolastiche a Varano, attraversando il terreno privato di un contadino di Grotta San Biagio, con il maestro a spiegarci le meraviglie della natura e in classe quella volta che ci mostrò una maschera antigas per ricordarci gli orrori della guerra. Purtroppo le foto di gruppo dei miei cinque anni di scuola elementare, nell’allora nuovissimo plesso scolastico del Cicerone, 1961- 62 – 1965-66 sono andate irrimediabilmente perdute in uno dei tanti traslochi di casa fatti dai miei genitori. Da qui il mio appello – disperato e probabilmente infruttuoso, seppure malinconicamente romantico – a quanti hanno frequentato con me quegli anni ormai lontani di farmi avere una copia di quelle foto. Tra i tanti compagni di allora ricordo il figlio di un medico, si chiamava, credo, Cataldo e poi Veropalumbo. Amici, compagni di classe di un tempo ormai perduto, se ci siete battete un colpo, per favore!
Cordiali saluti, Raffaele Scala”.

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giovedì 14 febbraio 2013 (Raffaele Scala)

Il dott. Raffaele Scala, ringrazia Antonio Cimmino:

“Egregio Maurizio, dice bene Antonio Cimmino: tanti piccoli mattoncini, messi l’uno sull’altro da tanti oscuri piccoli eroi, hanno fatto e fanno la storia dell’umanità, anche se nessuno li citerà mai, perché, come recitava Brecht: “Dentro i libri ci sono i nomi dei re. I re hanno trascinato quei blocchi di pietra? Babilonia tante volte distrutta, chi altrettante la riedificò? In quali case di Lima lucente d’oro abitavano i costruttori? Dove andarono i muratori, la sera che terminarono la Grande Muraglia?”
Non mi è chiaro se il Cimmino Raffaele, piccolo mattoncino della storia operai stabiese elencato tra i sovversivi del luglio ’48 è il padre di Antonio. Quei fatti del 1948 mi furono raccontati da Luigi D’Auria e da Eustachio Massa, i quali mi fornirono anche la documentazione, la stessa che Antonio ha pubblicato nel suo articolo di rievocazione. Storie lontane, in alcuni casi oggi inconcepibili, ma se oggi abbiamo almeno una parvenza di democrazia, dobbiamo ringraziare loro. Ricordarlo è un obbligo, un dovere civico.
Cordiali saluti, Raffaele Scala.”.

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martedì 12 febbraio 2013 (Antonio Cimmino)

Un piccolo “mattoncino” dimenticato di Antonio Cimmino:

“Caro Maurizio leggo sempre con attenzione e interesse gli articoli del dott. Scala. L’ultimo a proposito di Luigi D’Auria, già amico di mio padre, riporta un episodio avvenuto a seguito dell’attentato a Togliatti. Molte cose descritte me le raccontava mio padre, operaio della Navalmeccanica, semplice militante di base che in silenzio combatté la sua battaglia politica. Ho scritto e tu lo hai riportato, un breve appunto dal titolo “Il ’48 a Castellammare” che riporta anche i nominativi di altri operai coinvolti e condannati, molti dei quali ritornarono nei ranghi del partito e pagarono sulla loro pelle e su quella dei figli (fino agli anni ’60-’70) la loro militanza.
Sempre come semplice militante mio padre continuò a frequentare la sede del partito e, quando si ammalò di mesotelioma plerico (asbestosi) come ex saldatore elettrico, si aspettava che qualche compagno venisse a trovarlo a casa. Venne dalla Francia solo Davide Coda e fu commovente quando si lasciarono sapendo che quella era l’ultima volta che si vedevano. Piccoli mattoncini dimenticati.
Cari saluti. Antonio”.

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venerdì 8 febbraio 2013 (Maria Francesca Ruggiero)

Piccoli approfondimenti: ci scrive la dott.ssa Maria Francesca Ruggiero:

“Caro Maurizio, in merito alla lettera di Salvatore Schiano di Cola (rif.: post del 22 gennaio 2013), vorrei aggiungere che quel punto viene denominato anche con l’espressione “giù al mulino”, sempre perchè l’attuale Centro Laser, prima di diventare tale, era una pizzeria chiamata “Il Mulino”. A questo punto, credo si tratti di una gestione diversa da quella de “‘o Nfinfero”.
A presto. Francesca”

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sabato 2 febbraio 2013 (Francesco Donnarumma)

Ci scrive Francesco Donnarumma da Cesena:

“Ciao, sono Francesco Donnarumma da Cesena, ovviamente stabiese. Mi sono reso conto che su Wikipedia ci sono scarse notizie intorno all’onorato concittadino autore di Funiculì Funiculà. Contribuirei di mio ma, essendo lontano, non posseggo materiali utili allo scopo. Potresti, Maurizio, incaricare qualche appassionato che si
preoccupi di questo perchè credo che alla biblioteca “Filangieri” ci sia del materiale utile. Facciamo così, voi se ce la fate fatelo, io mi impegno a spiegare ai romagnoli il nuovo calannario del 2013 che ho appena stampato.
Tante belle cose. Francesco”.

“Caro Francesco, innanzitutto grazie per averci contattato, in effetti su wikipedia, la pagina dedicata a Luigi Denza è un po’ scarna e ciò mortifica di molto il valore del nostro illustre concittadino; in attesa di eventuali approfondimenti, ti invito, qualora non lo avessi ancora fatto, a dare una lettura alla pagina sul Denza, questo è il link:
http://www.liberoricercatore.it/?p=3766
dedicatagli invece dal nostro carissimo Giuseppe Zingone, ricerca ampiamente corredata anche da spartiti e da alcuni file musicali di qualche sua composizione.
Nella speranza di aver fatto cosa gradita, ti saluto caramente. Un abbraccio.”
(Maurizio Cuomo).

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lunedì 28 gennaio 2013   (Ferdinando Fontanella)

Ci scrive il naturalista Ferdinando Fontanella da Ladispoli (RM):

“Caro Maurizio, come vanno le cose a Castellammare? Ho saputo che hanno tagliato alcuni alberi della “canesta” e ci sono state un sacco di frane… l’incuria ci ucciderà prima o poi. A me va abbastanza bene, il lavoro non è particolarmente faticoso, sono ormai 18 giorni che sto qua a Ladispoli (salvo una breve venuta in Città per recuperare un po’ di cose), ma non riesco ad abituarmi. Per fortuna Giuseppe (Zingone) mi aiuta ad ambientarmi e spesso mi invita a casa sua, dove si respira aria stabiese. Però quando, come oggi, non lavoro e ho più tempo libero mi piglia sempre la nostalgia. Per farmela passare cerco di occupare il tempo e finisco per vagare. Oggi ad esempio sono stato a Roma per salutare un’amica, ho visto anche il Papa a San Pietro, ma poi sono tornato perché avevo da fare il bucato. In questi giorni cerco di riprendere il lavoro per il quaderno di L.R..
Un saluto a tutti gli amici, Nando”

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martedì 22 gennaio 2013   (Salvatore Schiano di Cola)

Per fugare un dubbio, Salvatore ci chiede il significato di un termine toponomastico dialettale:

“Gentilissimi del “Libero Ricercatore Stabiese”, ieri domenica 20 Gennaio 2013 stavo nell’autobus proveniente da Agerola, dopo aver effettuato una escursione montana, ho chiesto all’autista di scendere vicino alla Circumvesuviana, e sia un passeggero che l’autista mi consigliavano di scendere alla fermata vicino alla fermata di “Via Nocera”, perciò la fermata del Bus era detta “o Finfiro” oppure “o Finfero” oppure “o Vinvero”, cioè l’attuale fermato presso il “Centro Laser”.
Vi chiedo cortesemente se potete dirmi il significato: Vinvero-Finfero-Finfiro-vinfero
Grazie e cordiali saluti.
Salvatore Schiano di Cola”.

“Caro Salvatore, dove oggi è ubicato il “Centro Laser”, fino a metà anni ’80 (inizio ’90), vi era una notissima pizzeria denominata “‘o Nfinfero”, dove si poteva degustare la vera pizza. La pizzeria era talmente rinomata e frequentata, che tale zona ancora oggi è ricordata con il suo nome. In particolare il termine “‘o Nfinfero”, diede il titolo anche a una divertente canzone partenopea degli anni ’50, scritta da Giuseppe e Luigi Cioffi. La parola ormai in disuso da anni, nel dialettale dovrebbe identificare un bellimbusto un po’ guappo ed un po’ vigliacco, un personaggio che si compiace di sé, solito a usare atteggiamenti sciocchi e vanagloriosi in pubblico, una sorta di “guappo di cartone” per intenderci. Tutto qua. Spero di essere stato utile. Un caro saluto dalla Redazione di L.R.” (Maurizio Cuomo).

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martedì 8 gennaio 2013 (Luigi Casale)

Il prof. Casale risponde allo stabiese Angelo De Stefano da Corfù (Grecia):

“La richiesta del signor De Stefano può essere facilmente soddisfatta: intanto ci pone una questione di metodo. Se cioè analizziamo le tre parole singolarmente oppure se ci conviene spiegare in una sola volta l’intera espressione, in blocco.
Però avremmo bisogno di una rapida indagine per confermare che il modo di dire sia ricordato in maniera corretta e inoltre che sia realmente attestato a Castellammare, in particolare nella zona del vescovato. Perché, considerato il fatto che ci viene segnalato da una sola persona che non è sempre vissuta a Castellammare, diverse potrebbero essere le ipotesi. Prima. Che il detto sia effettivamente espressione dello standard linguistico di quella zona. Secondo. Che pure essendo una espressione in uso, essa appartenga al ristretto gruppo di famiglia in quanto conservata dalle generazioni precedenti. Terzo. Che il teste non essendo vissuto abitualmente a Castellammare, se non per brevi periodi e in maniera saltuaria, abbia registrata questa espressione e l’abbia poi usata credendola quella più comune nell’area dei parlanti. Ultimo. Che attraverso le varie interferenze subite dal parlante l’espressione si sia formata come idioletto e usata poi come codice nell’area comunicativa del soggetto,
A te, caro Maurizio, non dovrebbe mancare la possibilità di una rapida verifica in loco, mediante un reale sopralluogo nei vicoli del vescovado, presso persone di una certa età, anche se non necessariamente acculturate. Anzi, tutt’altro.
Premesso quanto sopra per parte mia non ho difficoltà, come detto, ad affrontare il mio lavoro, seppure in via di ipotesi.
Devo dirti, e non escludo che tu me ne possa dare conferma, visto che anche tu graviti sul versante torrese della città, che noi quel gioco lo chiamavamo altalena. Mi rendo conto però che altalena è anche il gioco da cortile o da prato che si fa sospendendo, con delle corde ai lati, un asse o un sedile, fissato ad un ramo o ad un traversa orizzontale per farsi dondolare a spinta. Mentre qui altalena è l’asse basculante sul perno centrale che sollecitata da due persone alle sue estremità si muove a saliscendi. Oggi che per lo più viviamo nei condomini e di cortili e di prati ne vediamo pochi, l’attrezzo, nelle due versioni, lo troviamo – a produzione industriale, costruito di tubolari colorati – nei parchi-giochi per bambini o negli spazi condominiali appositamente attrezzati, dove esistono.
E veniamo al saliscendi, o altalena, di cui ci parla il signor De Stefano, e alla espressione tipica per invitare al gioco, visto che si ha sempre bisogno di un’altra persona per potervi giocare: “Uagliò, pazziammo a segula balanza?”
Pazziammo è voce del verbo pazziare, da cui anche pazziella, pazziariello e pazzia (da non confondere con la “pazzia” che si incontra al manicomio, che è solamente un omofono, cioè ha lo stesso suono, ma è un’altra parola). Il nostro pazziare, come ben sai, corrisponde alla voce italiana: giocare. Dal verbo greco paìzein, a sua volta dal nome pais, paidòs (ragazzo, bambino) da cui tutta una serie di parole: pediatra (medico dei bambini) e pediatria, paidea (educazione) e pedagogia (scienza dell’educazione) e anche il napoletano pazziare (trastullarsi come fanno i bambini). [Ma pure gli aberranti: pedofilia e pedofilo (amico dei bambini – si fa per dire!)].
E così, pazziella è giocattolo, pazziariello è giocherellone, e pazzia è gioco.
Balanza, o valanza, è la bilancia. E il gioco in oggetto utilizza proprio un attrezzo che ha la forma, e dà l’idea, di una bilancia a due piatti, un bilanciere, insomma: da una parte una bambina, dall’altra un’altra.
Ho detto bilancia a due piatti. Ma questa è una ridondanza. Perché etimologicamente “la bilancia” è solo quella a due piatti. Infatti “bis lanx” significa proprio due piatti (vedi: “lasagna” – lanx satura = piatto pieno di ogni ben di dio ).
Ora la cosa che presenta qualche problema è “segula”. Crea problemi a me, naturalmente, che non conosco la parola. Allora devo procedere per supposizioni.
O segula è diminutivo di sega, e allora la parola potrebbe essere originata dall’immagine creata dal movimento ripetitivo dell’asse, il saliscendi che come una sega va avanti e indietro. Oppure segula è la forma locale di quello che nel mio lessico famigliare si diceva “nzocolo”, una forma avverbiale per dire avere piacere del movimento di un veicolo; come si dice: andare ‘nzocolo o ‘nzuocolo, del movimento a dondolo, o a zonzolo (oppure in gioco, detto alla veneziana: in zoco) delle gambe della nonna quando vezzeggiava un bambino. E qui le due cose si incontrano in quella filastrocca anche da noi recensita tra quelle che si cantavano ai bambini (spingendoli avanti e indietro) ancora cinquant’anni fa: Sega, sega, mastu Ciccio, ‘na panella e ‘nu sasiccio, …
Quindi, sintetizzando il tutto, potremmo tradurre il detto in una forma italiana che suonerebbe così: “Giochiamo a saliscendi facendoci trasportare con nostro grande piacere dall’altalena a forma di bilancia?”-

L.C.”.

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lunedì 7 gennaio 2013 (Mario La Piano)

Ci scrive lo stabiese Mario La Piano da Forlì (FC):

“Purtroppo, data la distanza, non mi è possibile acquistare la copia cartacea del calennario, ma ho comunque provveduto a trovare qui dove abito una tipografia che me l’ha stampato, ed ora è in bella mostra in casa, cosicché in ogni giorno di questo 2013 possa trovare un pezzo della mia città natale.
Cordiali saluti e complimenti per l’idea, Mario La Piano da Forlì (FC)”.

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sabato 5 gennaio 2013 (Angelo De Stefano)

Una bella missiva dello stabiese Angelo De Stefano da Corfù (Grecia):

“Salve, Libero Ricercatore, sono nato a Castellammare, ma non ho vissuto lì. Mia madre andò a partorire presso i suoi parenti che abitavano a Castellammare nei pressi del “Viscuvato”. Li abbiamo poi frequentati quasi ogni anno in occasione delle vacanze estive. Ho grande nostalgia di quegli anni e della Castellammare di allora (1945-1960). Dai miei cugini di Castellammare ricordo un termine che indicava il dondolarsi a “sali-scendi” seduti ciascuno all’estremità di un asse con un fulcro al centro. Mi pare dicessero: “pazziammo” (verbo da inserire nella Sua Lista) “a ssegula balanza”, forse di origine onomatopeica per il rumore prodotto dall’asse su un tronco di appoggio “segula-segula” e dal “bi-lanciarsi” alternativo sulle estremità dell’asse dei due partecipanti al gioco. Grato di ricevere una risposta e nella speranza di aver fornito materiale per il Sito, su cui sono capitato per caso, ma che ho apprezzato e che diffonderò, porgo distinti saluti,
Angelo De Stefano dalla Baia di Napoli e da Corfù (Grecia)”.

P.S.: se lo ritiene possibile, mi inserisca nella lista degli “affezionati visitatori”.

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venerdì 4 gennaio 2013 (Maria Carmen Matarazzo)

Gli auguri della prof.ssa Maria Carmen Matarazzo:

“Ho letto con ritardo il messaggio. Brindo virtualmente con voi rafforzando gli auspici espressi. Ci terrei ad avere il calendario.
Carmen Matarazzo”.

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giovedì 3 gennaio 2013 (Simonpietro Angelone)

L’accorata missiva del sig. Simonpietro Angelone dalla provincia di Sondrio:

“Mi chiamo Simonpietro Angelone e vivo in provincia di Sondrio. Facevo ricerche su internet (come mi capita spesso) ed ho letto per caso sul suo sito la lettera trasmessale dal sig. Mollo Giuseppe in data 05/12/2011 ove questi chiedeva informazioni in merito all’incidente occorso nella stazione di Castellammare di Stabia in data 23/10/1944, quando un treno “impazzito” deragliò. La cosa mi ha molto colpito in quanto mio nonno Dolci Giuseppe – classe 1910 nato a Valmasino (SO) – quella sera fu tra i 9 (???) militari che perirono nell’incidente. La mia famiglia uscì distrutta dalla guerra e da quel incidente in quanto il nonno lasciò mia nonna e due figlie in tenera età, una (mia zia) del 1938 e l’altra (mia madre) del 1941, che il papà non lo ha neanche conosciuto. Mia nonna ha oggi 98 anni e ha sempre parlato del nonno, suo unico amore di una vita. Mia madre è mancata lo scorso 17 settembre con la via segnata dalla mancanza di suo padre ed un dolore mai sopito. Le sarei immensamente grato se mi potesse gentilmente fornire alcune informazioni in merito a quei fatti del lontano 1944. Grazie ancora per l’attenzione.
Distinti saluti. Simonpietro Angelone”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Mimmo Longobardi)

Gli auguri del carissimo Mimmo Longobardi:

“Auguri ai responsabili di un Sito che onora Castellammare e noi stabiesi.
Mimmo Longobardi”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Sebastiano Somma)

Un conciso, ma gradito augurio di Sebastiano Somma:

“Sinceri auguri….
SebSomma”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Giovanni Cavallaro)

Il saluti e i ringraziamenti di Giovanni Cavallaro da Montegranaro (FM):

“Ringrazio tutta la redazione di avermi dato la possibilità di stampare la prima copia del calendario del liberoricercatore, magari espongo nella cucina un po’ della mia Castellammare. Un saluto a tutti Voi dello staff in particolare a Enzo Cesarano
che conosco personalmente.
Auguri di Buon Anno. Giovanni Cavallaro”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Tullio Pesola)

La gradita missiva del dott. Tullio Pesola:

“Dott. Maurizio, mi compiaccio per i Suoi nobili sentimenti che emergono dal messaggio augurale, al quale desidero aggiungere analoghe aspettative anche da parte mia per la nostra amata Città e per quanti si trovano in situazioni molto delicate. Sono rammaricato di non aver potuto prendere visione in tempo utile del suo invito al tradizionale brindisi; mi sarebbe fatto piacere conoscere di persona Lei ed altri collaboratori del sito. Una conoscenza che, sono certo, avverrà in una prossima occasione. Ne prendo atto solo ora che ho aperto la posta e mi accingo a ricambiare gli auguri per un 2013 prospero e ricco di soddisfazioni a Lei e alla la Sua famiglia.
Con stima. Tullio Pesola”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Paolo Rastrelli)

Gli auguri del carissimo Paolo Rastrelli:

“AUGURI a tutti, a Castellammare e al mitico Direttore Responsabile anima di “libero ricercatore”.
Paolo Rastrelli”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Enzo Veropalumbo)

Enzo Veropalumbo da Torino, ricambia gli auguri (auguri e un grazie di cuore):

“Vi ringrazio perchè esistete! Grazie per il lavoro che portate avanti per la nostra terra, con passione e tenacia che vi distingue e che apprezzo sempre di più. A chi è lontano come me, che vivo a Torino dal 1967, trasmettete ancora più forte il legame, incancellabile, che ho con la nostra città.
Grazie di cuore. Enzo”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Antonio Sorrentino)

L’augurio di Antonio Sorrentino:

“Augurissimi a tutti gli stabiesi che desiderano che nel nuovo anno la nostra città risorga dalla inefficienza gestionale che l’ha contraddistinta per interi lustri.
Antonio Sorrentino”.

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mercoledì 2 gennaio 2013 (Adriana Di Giacomo)

Adriana Di Giacomo da Roma, ricambia gli auguri (auguri per un futuro di civiltà):

“Molto graditi gli auguri formulati come un richiamo ad un maggiore senso civico da parte delle istituzioni e di noi tutti. Vivo a Roma e il monito vale anche per questa città che sta affondando in un degrado che mortifica l’enorme patrimonio artistico che rappresenta. Castellammare fatica a risorgere e gli interessi individuali hanno sempre frenato il bene comune. Grazie per aver tanto lavorato per un risveglio culturale degli stabiesi.
Auguri… e buon anno. Adriana Di Giacomo”.

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martedì 1 gennaio 2013 (Antonello Ferraro)

Come ormai per tradizione, a mezzanotte in punto (ore 00.00 del 1° gennaio 2013), ci scrive il carissimo e sempre precisissimo Antonello Ferraro:

“Carissimi Amici, Vi confesso che fino a dieci giorni fa ero seriamente preoccupato per la profezia dei Maya. Mi chiedevo, infatti, se i Maya hanno ragione con chi ‘o faccio ‘o brindisi d”o primmo ‘e l’anno?
Poi, dopo il 21 dicembre ho capito. E’ questo Sito che è ‘a fine d”o munno! Buon 2013 a tutti, ma soprattutto tanta salute e felicità.
Con simpatia. Antonello Ferraro”.

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