Un amante segreto di Castellammare

Un amante segreto di Castellammare

di Giuseppe Zingone

Tra i tanti visitatori e viaggiatori stranieri della nostra Castellammare, questa che riportiamo  è la cronaca più interessante ed esaustiva. L’autore si sofferma molto sulla descrizione della Città, ma ci fornisce interessanti dati sociali e le proprie opinioni sulle persone che incontra.

Quaranta giorni in Italia, è la traduzione dello splendido diario di viaggio, che qui presentiamo, l’autore,  scrive nel 1884 le tappe del suo personale Grand Tour intrapreso l’anno precedente tra il mese di Marzo ed Aprile, in Italia. Si tratta di un autore anonimo il cui testo non deve essere confuso con un libro dal titolo analogo: Quarante jours en Italie: lettres a Monsieur Adolphe Magen, par Georges Tholin del 1880.

Canaletto, Santa Maria d’Aracoeli e il Campidoglio, Roma

Il libro è qui ridotto in forma sintetica e riedito solo nella parte inerente Castellammare, assieme ad alcune estemporanee affermazioni del nostro autore. Si evince subito che si tratta di amore a prima vista, Castellammare un luogo del cuore ritrovato.

Quarante jours en Italie, mars – avril 1883, Nevers 1884

Cap. IX, CASTELLAMARE E IL GOLFO DI NAPOLI, pag. 124

Ippolito Caffi, Acquedotti romani al tramonto, 1843

Stiamo andando a Napoli. Ci siamo lasciati alle spalle le antiche mura di Roma, e nel passaggio abbiamo salutato Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano e Santa Croce di Gerusalemme. Attraversiamo il Tevere, dalla ferrovia, vediamo Albano, Velletri, in incantevoli posizioni ai piedi dei monti Sabini dominano alla nostra destra le famose paludi pontine. In cima a una collina rocciosa, vediamo Frosinone. Il paese è ridente e pittoresco e non assomiglia più alla campagna romana.

San Germano e Monte Cassino, stampa 1876

Arriviamo a San Germano, da dove vediamo Monte Cassino, in cima al quale svetta, metà convento, metà fortezza, il famoso monastero culla dei dotti ordini che seguono la regola di San Benedetto. Mi sarebbe piaciuto visitarlo, perché è una delle curiosità dell’Italia; ma le donne non sono ammesse lì, e dovevo rimanere al mio posto come padre di famiglia.

Seguiamo i piedi dell’Appennino. Il loro aspetto primitivo e selvaggio contrasta con quello della pianura fertile e ben coltivata che si estende alla nostra destra, e che attraversiamo per arrivare a Capua. Quello che vediamo dalla ferrovia non fa pensare che Capua, o meglio Santa Maria di Capua, fosse una delle città più significative dell’antichità!

Alessandro Fergola, Palazzo Reale di Caserta, 1828, proprietà dei Beni Culturali

Superiamo Caserta, di cui vediamo improvvisamente il palazzo, ci appare il cono del Vesuvio, sormontato dal suo pennacchio di fumo; pochi istanti dopo, attraversiamo vigneti e splendidi orti, e arriviamo alla stazione ferroviaria di Napoli. Volevamo riposarci prima di visitare Napoli, quindi cambiamo macchina e proseguiamo su Castellamare.

Non appena il treno è partito, abbiamo avuto una splendida vista sul golfo. Un sole radioso illumina questo magnifico panorama dall’altra parte, vediamo il Vesuvio, isolato in mezzo alla pianura, e più lontano, dietro il vulcano, i monti di Nola e della Campania.

Presso Castellammare, Georg Heinrich Busse – 26 luglio 1843, galleria Liberoricercatore

Georg Heinrich Busse, Presso Castellammare,

Da Napoli a Castellamare, la ferrovia segue il mare, a volte sulla spiaggia, a volte attraverso le case di Portici, di Resina, di Ercolano, di Torre del Greco, di Torre Annunziata. Tutte queste città si toccano e sembrano essere una cosa sola. A rigor di termini, è Napoli, sotto vari nomi, si estende lungo tutto il golfo per una lunghezza dai quindici ai venti chilometri. Queste aree metropolitane sono collegate tra loro da splendide ville circondate da giardini. Le cupole di cemento che fungono da tetto per le case, conferiscono loro un aspetto completamente moresco; le pareti bianche, il mare di un blu scuro, una vegetazione molto africana e il sole che inonda tutto di una luce abbagliante, completano l’illusione.

Saverio Della Gatta, l’eruzione del 15 Giugno del 1794, a Torre del Greco

Da lontano, un flusso di lava raffreddata, che parte dalle pendici del Vesuvio per tuffarsi in mare, rievoca le terribili eruzioni che seppellirono Ercolano diciotto secoli fa, e distrussero Torre del Greco appena vent’anni fa. Si biasima l’imprudenza degli abitanti che ricostruiscono sempre nello stesso luogo, utilizzando la lava scarsamente raffreddata sotto la quale è sepolta la loro dimora, per costruirne una nuova. Non pensano che questo sia inevitabilmente destinato a diventare a sua volta preda del vulcano! Non hanno una scusa? Questo paese è così bello.

Questi incantevoli villaggi hanno tutti il ​​loro piccolo porto. Da Napoli a Castellamare ci sono solo barche, pescherecci, piccole navi all’ancora. La patria di Masaniello è ancora la terra dei pescatori.

Torre Annunziata, Ettore Cerrone 1890

Passando per Torre Annunziata, vediamo il paese e tutte le navi del porto addobbate come in un giorno di festa.
Ci chiediamo quale possa essere la causa di questo dispiegamento di bandiere. Si pensa che il nome di Torre Annunziata potrebbe avere qualche connessione con l’Annunciazione. Eravamo nel giorno dopo questa festa, rimandata di otto giorni a causa della sua coincidenza con la solennità della Pasqua.
Di deduzione in deduzione, giungiamo alla conclusione che Torre Annunziata doveva celebrare la sua festa patronale.
Uno dei nostri vicini ci sente fare questa supposizione. Immediatamente, e con la disinvoltura di una persona molto ben informata, si affretta a confutare questo motivo alle donne inglesi che come noi si chiedevano perché così tante bandiere.
Le signorine lo annotano nei loro diari di viaggio, e tutta Albione saprà che Torre Annunziata occupa un posto d’onore in onore dell’Annunciazione.
La sera stessa, abbiamo saputo a Castellamare, che Torre Annunziata stava festeggiando per la visita del Ministro della Marina. Eppure è così che scriviamo la storia. Finalmente arriviamo a Castellamare. Costa ci aspettava in stazione.
Il nostro alloggio era a due passi. Dopo pochi minuti siamo stati deliziosamente sistemati all’hotel Stabia.

Questo hotel (questo palazzo dovrei dire), in riva al mare, è abitato durante la stagione da gente che viene a Castellamare per fare i bagni nel mare o nelle acque sulfuree così famose. Impossibile sognare una situazione più affascinante. Le nostre finestre si affacciano sul mare, siamo in fondo al golfo, che possiamo vedere interamente, racchiuso dalle colline che lo circondano, come dai gradini di un immenso anfiteatro.
A sinistra, davanti a noi i monti e Capo Sorrento, il mare, d’un blu strano, su cui si stagliano all’orizzonte le isole di Capri, Procida, Ischia.
A destra, e un po’ più indietro, il Vesuvio, da cui siamo abbastanza vicini da distinguere gli ultimi dettagli; tutta la riva del golfo; Torre Annunziata, Portici, Napoli, che vediamo distintamente; poi, le colline di Posillipo, e infine Capo Miseno.
Tutto questo è illuminato da una luce così intensa che non riusciamo a vedere altro, offre uno colpo d’occhio incantevole. Non c’è niente di bello come il Golfo di Napoli.
Tutti i poeti l’hanno cantato abbastanza in modo da non dover accordare la mia lira e provare anche a cantare un’ode. Preferisco essere positivo per dire che con tutte queste comodità l’hotel Stabia aggiunge anche quello di essere a un buon mercato.
Ho fatto spesso questa osservazione in Italia, cioé che l’aumento dei prezzi degli hotel è inversamente correlato al benessere che troviamo lì.
Siamo quasi soli con i nostri amici in albergo; la stagione non è ancora arrivata quando gli stranieri accorrono a Castellamare. Mentre andiamo a riposarci dalla calca di Minerva.1.

Che bel paese è Castellamare! Ma è davvero un paese, nonostante la sua popolazione di ventimila anime? È piuttosto un agglomerato di ville e hotel, raggruppati capricciosamente sulla spiaggia e sulle colline, intorno a un piccolo villaggio di pescatori. In passato, prima dell’eruzione che distrusse Stabia e Pompei, il sito dove è costruito era occupato dal mare, addossato ai monti che lo separano da Amalfi e Salerno. Queste montagne sono ricoperte da bellissime foreste e punteggiate da affascinanti ville. Tra tutte queste case spicca il castello di Quisisana, un tempo residenza reale.

Castellammare, Gouche, 1870

La pianura che si estende dalla città ai piedi del Vesuvio, è attraversata dal Sarno. Il suolo, di straordinaria fertilità, è formato dalle ceneri del vulcano che ricopre l’antica Stabia; Pompei dista appena tre chilometri. Il mare è delimitato da una bellissima banchina, ombreggiata da un viale di platani e divisa in due da una suggestiva piazza.
Le strade del centro storico sono strette; il porto mercantile e il porto militare sono spaziosi e possono ospitare navi abbastanza grandi.
Tutte le chiese sono moderne, la cattedrale è bellissima, ed è adornata di affreschi e dipinti meritevoli.

Castellamare ha molti conventi e diversi collegi, i cui alunni, come in quasi tutta Italia, indossano costumi ecclesiastici. Il colore della tonaca è diverso in ogni stabilimento; inoltre incontriamo per le strade una quantità di piccoli abati allattati al biberon, piccoli canonici viola, anche piccoli cardinali in tonaca rossa, che per la loro età e la loro statura, sembrano più adatti a ricevere la frusta, che a pontificare. in una chiesa.

Il giorno stesso del nostro arrivo, in occasione dei funerali di un ufficiale di marina di alto rango, abbiamo potuto giudicare lo sfarzo con cui si svolgono le cerimonie funebri oltre al corteo ufficiale delle autorità, dei marinai e delle truppe, c’erano un gran numero di uomini di clero, molti religiosi di vari ordini, congregazioni, confraternite di penitenti di tutti i colori e un’enorme folla di persone. Il corpo, che poggia su un catafalco molto alto, ricoperto di velluto rosso bordato d’oro, era portato dai marinai.
Questa cerimonia aveva un carattere profondamente religioso e la folla vi partecipava, se non con una calma che non è nei costumi di queste persone, almeno con una fede e una pietà che non siamo abituati a trovare a casa in circostanze simili.
Queste persone pregano; a modo loro, è vero; ma ancora pregano.

Carelli, Marina di Castellammare

Marina di Castellammare, Carelli

A forza di visitare monumenti e musei, per quanto splendidi possano essere, a forza di calpestare i ciottoli delle grandi città, arriva un momento in cui si sperimenta una certa stanchezza, in cui i sensi sono in qualche modo ottusi e dove la mente ha bisogno di farlo, ci si trova in un’atmosfera più tranquilla in modo da rilassarsi dopo l’intensa attenzione che si è imposta. Castellamare è il posto dove andare per trovare questo necessario diversivo, e padre Brichet ci aveva consigliato bene. Con lo spettacolo di un paese incantato, abbiamo avuto lì questa calma che riposa i sensi, e che non tarda a far sparire ogni stanchezza.

Trascorriamo il nostro primo giorno vagando un po’ avventurosamente dentro e intorno alla città; in mezzo a boschi di mirto e giardini di aranci. Dopo aver visitato il paese e il porto, seguiamo una strada che, risalendo il fianco del monte, ci conduce alla Chiesa e Convento di Puzzano. Lì vicino, che circonda una monumentale croce in pietra, c’è una grande terrazza che si affaccia sul mare, e dalla quale si ha una magnifica vista. Cammin facendo, vediamo in un incavo di roccia, un’antica Madonna; con questa iscrizione, affascinante nella sua semplicità; che invita i passanti a pregare: “Tibi non sit grave; dicere; Mater Ave“.

Edicola di Salita Pozzano

Mentre passeggiavamo fui avvicinato da un individuo che, con volubilità abbastanza napoletana, iniziò a spiegarmi, in un gergo mezzo francese e mezzo italiano, che era “il garzone del Signor Marchese mio amico”. Ho finalmente capito che Costa aveva preso questo ragazzo con i suoi tre asini al suo servizio, per quattro lire al giorno.
Disse di essere il “garcon” del mio amico, ed è venuto a mettersi a nostra disposizione. Non ho mai visto un ragazzo più divertente e coraggioso di Giuseppe.2
Aveva sempre qualcosa da dirci; e lo raccontava in modo così pittoresco, con la sua verve da lazzarone, con gesti e pantomime così buffi!
Aggiungi a ciò la figura più singolare del mondo e le smorfie da farti svenire. Durante il nostro soggiorno a Castellamare, Giuseppe si è moltiplicato per renderci il tutto più piacevole. Bastava l’uno o l’altro, pensavamo di aver bisogno di qualcosa; in modo che, come per un colpo di bacchetta di fata, potessimo vedere Giuseppe apparire, accompagnato da Macarone, da il Barone e da Culadetta, i suoi tre compagni dalle lunghe orecchie.
Dicono che i napoletani siano pigri non lo sono per il tipo di lavoro che chiediamo a Giuseppe e ai suoi. Sembra che queste persone abbiano il genio della domesticità; sono così ansiosi di rendersi utili. Il minimo suggerimento li rende felici; e ti ringraziano con effusioni incredibili. Non andranno a bere alla tua salute, come in Francia; andranno semplicemente “a mangiare li maccaruni alla salute di Vostra Eccellenza e di tutta la sua famiglia“.

Il Ciucciaro, Boucard 1853

I maccheroni giocano un ruolo importante nella vita degli abitanti di Castellamare. Mi sono chiesto spesso quanti chilometri abbiamo fatto in un giorno. In ogni angolo, puoi vedere le enormi matasse che si asciugano sui pali. Incontriamo macchine cariche. Maccheroni, zolfo e arance sono le maggiori produzioni del paese.
Speravo ancora di trovare, se non a Napoli, almeno nei dintorni, quei costumi pittoreschi che abbiamo visto qualche volta a Parigi, indossati da donne e bambini che vanno a posare per i pittori. Ahimè, dobbiamo andare a prenderli a Parigi, intorno al Lussemburgo, e a Roma, nei pressi della villa medicea. Nella periferia di Napoli, le donne sono tutte pettinate con acconciature, che del resto sono superbe.
Là, come ovunque, tutto il colore locale tende a scomparire. Questo può rallegrare chi sogna la fusione e l’unificazione dei popoli; per me osservo con una sensazione quasi dolorosa questo livellamento che avviene. (Attraverso questa affermazione e quella successiva sugli abiti sembra che profeticamente l’autore ci stia parlando della nascita della globalizzazione, N. d. R.)
Ammetto fino a un certo punto che è qualcosa di diverso dal costume che distingue un gentiluomo da un proletario; ma vorrei che potessimo riconoscere un italiano da un russo; uno spagnolo da un egiziano ora, tutti i popoli sono vestiti con la Belle Jardinière.3

View of La Belle Jardiniere department store, Frederic Sorrieu

Le carrozze di Castellamare sono graziose ceste trainate da piccoli cavalli, o superbi asini i quali corrono come un vero cervo. La singolarità della loro imbracatura tutta bordata di rame, le lunghe piume di fagiano che stanno sulle briglie tra le orecchie, la vivacità della loro andatura, conferiscono loro un carattere speciale.
Una menzione speciale meritano gli asini che sostituiscono vantaggiosamente i cavalli.
Molte carrozze di padroni, sono trainate con asini e queste squadre mostrano tutto il lusso spagnolo di ottone e campane, tutta la fantasia moresca di pompon e ricami. Ricordo un’affascinante Victoria,4trainata da due magnifici asini, bianchi come il latte, con briglie di marocchino rosso tempestato di borchie dorate, che volava invece di trottare e portavano le loro teste piumate con l’orgoglio che la maggior parte poteva fare. Bellissima dai discendenti di Vermouth o Gladiator. Questo coppia avrebbe fatto scalpore nella via dei Champs Elysées.

Camminando con l’asino, Antonio Milone 1870, particolare

La sera lo scenario cambia, ma la scena è forse ancora più bella. È passare la notte sul nostro balcone. Non abbiamo più, è vero, la luce abbagliante del sole; ma queste notti del sud sono così risplendenti! Il cielo non è scuro come da noi, ma di un bellissimo blu scuro, che non ci impedisce di vedere in lontananza, e contro il quale si staglia mirabilmente la luce delle stelle. Il golfo si riempie di pescherecci e i loro fuochi sembrano come altre stelle scese a fare il bagno nel mare. Tutte le luci di Napoli e delle città costiere vengono a dare il loro contributo a questa illuminazione, e ora il Vesuvio fa parte del gioco.
Ogni tanto una fiamma rosso scuro si alza dal suo cono con un botto soffocato, e su un lato, come un lungo serpente di fuoco, vediamo il dispiegarsi della lava che fuoriesce dal piccolo cratere. L’effetto prodotto durante la notte in questa lava rosso fuoco può benissimo essere paragonato al flusso di metallo fuso che fuoriesce da un altoforno.

Ogni sera, la stessa illuminazione, lo stesso spettacolo magico. Abbiamo dovuto chiamare in aiuto tutti gli argomenti della ragione per deciderci a lasciare il nostro balcone e raggiungere prosaicamente i nostri letti. Non sono nemmeno sicuro che ogni tanto non mi alzavo per andare a dare un’occhiata al vulcano, il cui bagliore intermittente illuminava a volte tutta la mia stanza.

View of Vesuvius from Villa Quisisana, natinalmuseum Sweden

Johan Christian Dahl,View of Vesuvius from Villa Quisisana,

Il Vesuvio, che per diversi anni si era comportato come un vulcano onesto e moderato, da tempo mostrava segni di insofferenza e rabbia. Questa recrudescenza non ha forse qualche connessione con la spaventosa catastrofe che, proprio nel momento in cui scrivo queste righe, ha appena distrutto l’isola di Ischia.5in ogni caso è arrivata giusto in tempo per offrirci uno spettacolo magnifico durante il nostro troppo breve soggiorno a Castellamare, abbiamo benedetto don Brichet per averci mandato lì. Non avremmo visto tutto dalla nostra finestra se fossimo rimasti a Napoli.

Paysage d’Italie, Pompei, attribuito a André Giroux

Castellamare minacciava di diventare per noi una nuova Capua; ma avevamo così tanto da vedere che dovevamo staccarci dalle sue delizie.
La nostra prima visita è stata a Pompei, da cui eravamo a soli tre chilometri di distanza. Attraversiamo la pianura coltivata interamente a ortaggi: mio Dio, che ci si può fare con tanti carciofi! Attraversiamo il Sarno, ed eccoci qui. Chi sospetterebbe che lì ci sia una città? Le ceneri e la pietra pomice polverizzata che ricoprono Pompei, formano in mezzo alla pianura un lieve prospetto il cui contorno incide sulla forma della cinta muraria, e le cui pendenze, molto inclinate e rialzate di pochi metri sopra il livello medio del terreno che le circonda, sono appena visibili quando le si guarda da una certa distanza.
Scendiamo ad una locanda costruita ai piedi dell’argine. A pochi passi si trova la casa del guardiano entriamo da un tornello; seguiamo un sentiero sabbioso fiancheggiato da fiori e tutto il resto in un colpo, ad una curva improvvisa del sentiero, ci troviamo di fronte a una porta della città, che dà accesso a una strada in pendenza, fiancheggiata da case a cui manca solo il tetto.6

Tivadar Kosztka Csontváry, Castellammare di Stabia 1902

Altre notizie dal libro: Quarante jours en Italie

Il nome Castellammare, compare 30 volte;

A pagina 156: Il sentiero da Castellamare a Sorrento parte bene, molto dietro di lui i siti più pittoreschi e più decantati. Lo preferisco alla strada pe le Corniche.7Lasciata Castellamare, la strada sale gradualmente sul fianco del colle roccioso di cui segue tutte le fessure. Baipassa tutte le piccole anse, tutte le piccole baie vicino, dove il mare sprofonda tra le rocce. Di tanto in tanto, molto vicino alla spiaggia, vediamo che nell’azzurro del golfo ci sono macchie gialle, il cui colore si fonde gradualmente con quello del mare. Sono sorgenti sottomarine di acqua sulfurea, grazie a cui i bagni di mare di Castellamare uniscono le proprietà benefiche delle acque dei Pirenei (montagna) con le virtù tonificanti dell’acqua salata.

A pagina 160: Ora siamo così… come eravamo (felici N. d. R.) a Castellamare, godendo in pace di un tempo così bello e dell’affetto di così buoni amici, perché deve venire la fredda ragione e pretendere che lasciamo tutto? Abbiamo dovuto raccogliere tutto il nostro coraggio per rassegnarci a lasciare Stabia, dove sarebbero andati i nostri amici a prolungare il soggiorno. È con il cuore pesante che li salutiamo e un bel mattino prendiamo la strada per Napoli.

A pagina 204: Eccoci a La Spezia, il golfo è magnifico; il Mediterraneo c’è con tutto il suo fascino, ma tutto questo non vale Castellamare.

Enrico Gaeta, Pescatori sulla spiaggia di Castellammare di Stabia

Articolo terminato il 13 maggio 2021


 

  1. Si narra che a Roma, nella piazza della Minerva, a causa dell’enorme mole di persone partecipanti al processo contro Galileo, alcuni cardinali si ferirono
  2. Di questo nostro concittadino l’autore dirà a pagina 148: Ci vorrebbe un Omero, per cantare Giuseppe e i suoi exploits durante il nostro soggiorno a Castellamare.
  3.   Aperto nel 1824 sull’île de la Cité, La Belle Jardinière è il primo grande magazzino parigino che riunisce in un unico spazio i punti di vendita, i laboratori di confezione e gli alloggi dei dipendenti. Una simile organizzazione faceva sì che i negozi con questo marchio potessero vendere abiti “prêt-à-porter” ad una categoria di clienti poco abbienti. Nel 1864, l’area occupata da questo grande magazzino parigino viene espropriata dal Comune per lasciare posto alla costruzione del nuovo ospedale parigino Hôtel-Dieu. Nel 1866, La Belle Jardinière riapre sull’altra riva della Senna, vicino al Pont Neuf, sul quai de la Mégisserie. Fonte: Museo d’Orsay.
  4. Carrozza di rappresentanza a due cavalli, quattro ruote e due posti, scoperta e aperta lateralmente.
  5. Informazioni tratte da: Casamicciola: Ccà pare Casamicciola…, con queste parole il protagonista di Natale in casa Cupiello, Lucariello, descrive il caos cui si trova davanti entrando nella stanza dove poco prima, durante una furiosa lite tra la moglie e la figlia, sono finiti in pezzi stoviglie e soprammobili ed è stato scassato il presepe che stava costruendo con impegno maniacale.
    Perché De Filippo utilizza quel paragone per definire il putiferio causato dalla lite? In realtà, già a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento, soprattutto nel linguaggio popolare delle regioni dell’Italia centro-meridionale, il termine casamicciola, derivato dal toponimo della cittadina termale dell’isola d’Ischia distrutta dal terremoto del 28 luglio 1883, aveva assunto un significato figurato per indicare una situazione di caos, di grande sovversione e sconquasso.
  6. Anonimo, Quarante jours en Italie : mars-avril 1883, Nevers 1884, pag. 124 a 136.
  7. Le Corniche della Costa Azzurra: A collegare Nizza e Mentone ci sono 3 strade parallele, a tre diversi livelli di altezza, che scorrono a ridosso della montagna. Sono tre percorsi di assoluta bellezza, che attraversano borghi pittoreschi, consentono di ammirare panorami mozzafiato e solo l’ideale per chi ama le strade tortuose e avventurose.

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