Il Vesuvio da Castellammare
di Giuseppe Zingone
In un vecchio articolo del 2014, Il Vesuvio negli occhi degli stabiesi prendemmo a prestito le parole di nostri concittadini che avevano vissuto la terribile esperienza dell’eruzione del Vesuvio. Visto da Castellammare, con il mare antistante forse induce ad una più mite riflessione, ma resta sempre dal mio punto di vista una enorme bomba ad orologeria innescata nelle vite di centinaia di migliaia di persone, quelle “all’ombra” per così del cratere tra i più spaventosi del mondo.
Abbiamo rispolverato (in una libera traduzione), una poesia francese scritta il primo Giugno del 1882, quando il nostro autore Carle de Rash, giunge nella nostra Città e al Vesuvio visto da Castellammare, scrive i suoi versi (due quartine e due terzine).1
Tanto abbiamo già scritto di questi viaggiatori, tanti hanno detto della bella e famosa città delle acque a sud di Napoli e ancora di più, a migliaia, hanno semplicemente serbato nel proprio cuore l’impatto emotivo suscitato dalla nostra terra d’un tempo, luogo ideale dove vivere una vita serena:
Nous eûmes bientôt gagné Castellamare, Nous y avons couché, nous y avons retrouvé le terrible Mont et son ardent cratère, qui s’illumine du côté de Nocera et de Sarno. Alors même qu’il semble si pacifique, on voit qu’il ne s’oublie pas et qu’il prépare sourdement de nouvelles hostilités. Nous voilà donc presque réconciliés.
Avevamo presto raggiunto Castellamare, abbiamo dormito, vi trovammo il terribile Monte e il suo fuoco del cratere, che si illumina sul versante di Nocera e Sarno. Allora anche se sembra così tranquillo, vediamo che non dimentica se stesso e che prepara segretamente nuove ostilità. Noi quindi qui siamo quasi riconciliati.
Vesuvius, vu de Castellamare
Faisons la paix, mon viex! Excuse mon erreur.
Tu m’avais fait l’effet d’une vieille guitare…
Il fallait donc venir jusqu’à Castellamare
Pour voir tes feux tournants et ta rouge splendeur.
Que ne le disais-tu? Tu m’as rendu frondeur.
Je te savais quinteux, je te savais barbare;
Mais je comptais au moins voir briller ton grand phare
Au poste séculaire où se fait ton labeur….
Tu m’as caché ton jeu: soit! Sous ton diadème,
Te revoilà, superbe et semblable à toi-même,
Artificieux roi des monts et des démons
Tartuffe de douceur, faisant la chattemite!
Grand félin! diable noir, jouant au bon ermite!
Dieu de guerre et de paix, et vrai Janus-Bifrons! (1)
Castellamare, 1 juin 1882
Il Vesuvio, visto da Castellamare
Facciamo pace, vita mia! Scusa il mio errore.
Mi hai fatto sentire come una vecchia chitarra…
Era quindi necessario venire a Castellamare
Per vedere le tue luci rotanti e il tuo splendore rosso.
Cosa non hai detto? Mi hai reso ribelle.
Sapevo che eri la quintessenza, sapevo che eri barbaro;
Ma almeno contavo di vedere brillare il tuo grande faro
Al posto secolare dove il tuo lavoro è finito …
Mi hai nascosto il tuo gioco: così sia! Sotto la tua corona,
Eccoti di nuovo, bella e simile a te,
Artificioso re delle montagne e dei demoni
Tartufo di dolcezza, che fai la gattamorta!
Gran felino! diavolo nero, che fa il buon eremita!
Dio della guerra e della pace, e vero Janus-Bifrons!(1)
Castellamare 1 giugno 1882
(1) Le Vésuve ruppelle effectivement la silhouette du pétase antique qui couronne le chef du Janus Bifrons, sur la face des vieux as de la Republique romaine.
(1) Il Vesuvio richiama efficacemente la sagoma dell’antico petasos2che incorona il capo di Janus Bifrons, sulla faccia dei vecchi assi (spesso Giano era raffigurato sulle porte) della Repubblica romana.
articolo terminato il 30 Giugno 2021