articolo di Enzo Cesarano
L’iconografia tradizionale dipinge Sant’Antonio Abate circondato da donne seducenti e provocanti, oppure, come lo raffigura il pittore francese Paul Cézanne, da animali domestici come il maiale, di cui è il santo protettore.
Molte sono le leggende che ruotano attorno alla figura di S. Antonio Abate e al suo animaletto. La più diffusa è quella del santo che scende all’inferno, in compagnia del maialino, per rubare il fuoco al diavolo e donarlo agli uomini (come un novello Prometeo).
Il compito del porcellino era distrarre i demoni creando confusione mentre il Santo accendeva il fuoco sul suo bastone (a forma di Tau). Poco dopo entrambi uscirono vittoriosi e il santo portò fuori il fuoco e lo donò all’umanità, accendendo una catasta di legna. In alcune parti d’Italia, è tradizione accendere nella sera del 17 gennaio grandi falò in suo onore, in ricordo anche della leggenda che lo vuole donatore del fuoco all’umanità.
Mentre era in vita tanti ammalati si recarono dal Santo per chiedere e ottenere guarigione da terribili malattie; tra queste v’era l’herpes zoster, il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio. Per tale motivo è invocato anche come potente taumaturgo.
Essendo un santo legato alla figura del fuoco, S. Antonio è anche protettore dei fornai (anticamente i forni erano alimentati a legna e fascine). Era tradizione, nel giorno della festa del santo, il 17 gennaio, che i panettieri stabiesi, prima di accendere il fuoco per la produzione del pane, prendessero un ceppo vecchio e lo accendessero per primo come buon’augurio recitando i versi:
Sant’Antuono, Sant’Antuono tèccate ‘o vviecchio e ddamme ‘o nnuovo
Era usanza poi regalare il pane raffermo, che veniva prima benedetto, ai contadini per gli animali affinché fossero risparmiati o guarissero dalle malattie.