Fig. 1 Particolare della carta del genio militare del 1812 conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli.

Dal Torrione al Palazzo Spagnuolo

Dal Torrione al Palazzo Spagnuolo

(1790 -1857)

( articolo di Gelda Vollono & Lino Di Capua )

articolo del 24/04/2022

Gran Caffè Napoli

Gran Caffè Napoli

Castellammare di Stabia aveva una cinta muraria che partiva dall’attuale piazza Principe Umberto I° e, percorrendo la linea di costa, arrivava fino a piazza Fontana Grande, da dove risaliva fino al Castello. Lungo il suo perimetro erano posizionate alcune torri costiere, tra le quali quella del Quartuccio, costruita nel 1346. Nel 1798, con l’abbattimento della muraglia rimasero solo le torri, pertanto il 13 aprile 1802 il Comune (Generale Direzione), con atto del notaio Vincenzo Maria Bruni[1], vendette la Torre del Quartuccio, Torrione[2], al sig. Michele Stanzione[3]. Per la perizia di stima era stato incaricato l’arch. Catello Trojano[4] che valutò “l’area della Torre di palmi[5] 49,5 per 37,5 (ca. 12,87×9,75mq=125,5mq), comprese le grossezze dei muri”[6] (fig.1).

Fig. 1 Particolare della carta del genio militare del 1812 conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli.

Fig. 1 Particolare della carta del genio militare del 1812 conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli.

Insieme alla già menzionata Torre si cedette anche una porzione di suolo a seguire di lunghezza palmi 24 (ca. 6,24 m), per cui le due suindicate lunghezze risultarono essere di palmi 73,5 (ca. 19,45 m).

In seguito, con rogito stipulato dal notaio Pasquale Bonadia[7] nel 1822 la Torre del Quartuccio venne venduta per la somma di ducati 1100 da questi ai sigg. Baldassarre e Luigi Parise[8], che la inglobarono trasformandola nella propria abitazione.

Tale trasformazione viene rilevata nella pianta di piazza del Muraglione, l’attuale piazza Principe Umberto I°, elaborata dall’ing. Policarpo Ponticelli[9] nel 1828 (fig.2), anche se egli la riporta in capo a Michele Parisi[10], padre dei due fratelli.

Fig.2 Pianta dell’ing. Policarpo Ponticelli 1828.

Fig.2 Pianta dell’ing. Policarpo Ponticelli 1828.

Il Casamento confinava ad est con un magazzino di proprietà del Capitolo Cattedrale, ad ovest con la marina, a sud con la strada Nuova della Marina, attuale via Mazzini[11], a nord con la strada Nuova della Spiaggia, attuale corso Vittorio Emanuele[12].

Luigi e Baldassare, nel 1834, incominciarono a fare dei cambiamenti, occupando suolo pubblico comunale, sia di sconfinamento verso il mare, dalla parte della scarpata lungo il contrafforte alla vecchia Torre, sia in elevazione.

Pertanto, il 14/05/1834 il primo eletto[13] sig. Giovanni Vingiani, l’architetto Salvatore Vellante e due testimoni, Catello Padovano e Michele Coppola, si recarono sul posto per verificare le opere di innovazione che essi fratelli Parisi stavano facendo a danno del suolo pubblico. Accertato, che le nuove edificazioni verso il mare di fatto avevano occupato un suolo comunale, si chiese, che i fratelli Parisi venissero multati della somma di 5 ducati e che provvedessero al ripristino dello stato de quo del suolo usurpato.

Il 16/05/1834 il Vellante, redatto il verbale della perizia effettuata, sottolineò che:

la lunghezza del muro del casamento, dall’angolo a sx che” spalleggiava” la strada fino al punto in cui erano iniziati le innovazioni, era di palmi 67,75 (ca 17,26 m);

la lunghezza del muro iniziato verso il mare era di palmi 15,50 (ca 4 m)

l’intera lunghezza quindi risultava essere di palmi 67,75+15,5= 83,25 ca.17,26+4 =21,26 m.

Pertanto, sulla base della perizia redatta all’epoca dall’architetto Trojano, che invece dava come misura della lunghezza palmi 73,5 (ca 19,45 m), dedusse che lo sconfinamento, per differenza, risultava essere di palmi 9,75 (ca 2,57 m).

Inoltre, poiché la larghezza del casamento misurava palmi 46,25 (ca 12,25 m) l’area di suolo pubblico occupato era di palmi 46,25X 9,75 (ca. 12,25 X 2,57 mq= 31,5mq).

L’anno dopo i fratelli Parisi procedettero alla divisione del casamento per la parte spettante a ciascuno. Il rogito fu stipulato iI 7 dicembre 1835 dal notaio Bonadia e la parte verso il mare andò a Luigi mentre l’altra al Baldassarre.

Tuttavia i due fratelli, avendo accumulati ingenti debiti ai quali non riuscirono a fare fronte, subirono ripetuti pignoramenti su domanda dei loro creditori.

In dettaglio, il Casamento al Quartuccio, unitamente ad altri immobili, venne pignorato su richiesta dei signori Antonino Buonocore, Pietro Criscuolo e Giuseppe Cola, con tre verbali, cioè quello ad istanza del Buonocore del 3 dicembre 1839, quello ad istanza del Criscuolo del 31 marzo del 1838 e quello ad istanza del Cola del 3 settembre 1838 e tutti vidimati dal sindaco Giovanni Battista Longobardi.

Il Buonocore, come creditore comune di essi signori Parisi, chiese ed ottenne dal Tribunale Civile di Napoli il 7 febbraio 1840 l’accorpamento di tutti i pignoramenti e l’autorizzazione a proseguire la espropriazione sopra tutti i fondi pignorati.

Si depositarono le condizioni di vendita dal patrocinatore sig. Ruggì e furono invitati i creditori presenti nel giudizio come pure i debitori , a prenderne comunicazione; ma trascorso inutilmente il termine fissato, e resosi negligente il sig. Buonocore, su domanda dell’altro creditore Catello Spagnuolo, il Tribunale, con sentenza del 27 luglio dello stesso anno, dichiarò surrogato esso Spagnuolo alla procedura del sig. Buonocore, ed autorizzò lo stesso a proseguire gli atti della espropriazione, che fu portata avanti contro i fratelli Parisi, per mezzo dello stesso Ruggì.

Fu stabilito il giorno 18 settembre dello stesso anno per la preparazione della messa in asta dei beni dei Parisi. Tuttavia la suddetta asta non ebbe luogo poiché i Parisi chiesero che si procedesse prima alla valutazione e all’apprezzamento dei fondi pignorati. Il Tribunale accolse tale richiesta e nominato come perito l’architetto Francesco Cerchia, stabilì di procedere all’apertura dell’asta, valutando in dettaglio il valore dei singoli fondi. In particolare l’intero Casamento al Quartuccio, non escluse le fabbriche iniziate verso il lato che guarda il mare, fu valutato per il prezzo di 7268,42 ducati.

L’asta si tenne il 23 aprile 1841 e il Casamento fu aggiudicato al sig. Catello Spagnuolo. Tuttavia egli non provvide ad adempiere alle principali condizioni dell’aggiudicazione suddetta e ad istanza del sig. Raffaele Jaselli, creditore dei fratelli Parisi, il Casamento venne rimesso in vendita nell’asta, che si tenne il giorno 29 settembre dello stesso anno.

Nel bando di avviso d’asta si riportò la descrizione dettagliata della perizia elaborata dall’architetto Francesco Cerchia e della quale di seguito se ne dà la trascrizione:

si componeva di 3 nobili appartamenti al 1° 2° e 3° piano superiore, ciascuno di una sala, grande galleria, quattro stanza da letto, una stanza da pranzo, cucina, e due loggette coverte, poste a quel lato che partecipa dell’occidente e mezzogiorno, con altri comodi; di un quartino all’ultimo piano ed a livello dei tetti, composto di piccolo passetto con intelajata di legno, di una saletta, di una grande stanza con due camerini al lato destro, di una stanza da letto, di una spaziosa cucina, e di una loggetta scoverta coll’affaccio verso il suolo arenoso. Una stanza terranea rimpetto all’androne. Una stanzetta al primo lungo tramezzato ballatojo. Una bottega a destra del portone con due stanze matte, ove si ascende con piccola scala fra l’interno di esse. E finalmente altra bottega a sinistra del medesimo vano di portone.

Da documenti successivi risulta che Il sig. Catello Spagnuolo riuscì ad aggiudicarsi l’asta, diventando il nuovo proprietario del Casamento.

Egli incurante del contenzioso, apertosi col Comune per le innovazioni verso il mare su suolo pubblico, iniziate dai fratelli Parisi, precedenti proprietari fin dal 1834, le continuò elevandole ai piani superiori. Così nel 1846, su richiesta del Sindaco, il primo Eletto sig. Francesco Cotticelli, emanò un’ordinanza contro lo Spagnuolo affinché sospendesse qualsiasi innovazione, fino a quando non fosse stato definito il precedente contenzioso. Tuttavia, poiché tale ordinanza sembrò non aver avuto nessun esito positivo, il Cotticelli, insieme all’architetto sig. Salvatore Vellante e ai signori Angelo Magliano e Antonio Grimaldi, quali testimoni, si recò sul posto per un sopralluogo.

Qui trovarono il muratore Antonio Capriglione che, insieme ad altri, era intento a continuare le costruzioni. Si verificò, da parte dell’architetto Vellante, che sulle fabbriche iniziate ed esistenti si erano da poco elevati due piani, ciascuno consistente in una stanza con terrazza scoperta, e si provvide a redigerne il verbale che venne sottoscritto da tutti, tranne che dal muratore in quanto analfabeta.

Il contenzioso con il Comune, tuttavia, continuò a protrarsi per gli anni a venire senza che si trovasse una soluzione. Si arrivò così all’ottobre del 1851, allorché dall’ennesimo sopralluogo si condannò lo Spagnuolo a ripristinare l’antico stato dei luoghi, a meno che egli, nell’arco di un mese, non avesse acquistato il suolo occupato.

Tale decisione fu giustificata da parte del Comune col fatto che, dovendosi costruire la strada del Lido[14], era necessario allineare parte delle costruzioni sporgenti su di essa, abbellendone nel contempo il prospetto della facciata verso il mare. Inoltre proprio in quell’anno il Sottointendente Francesco Coppola propose di ampliare il Largo del Quartuccio e decorarlo con una piazza semicircolare dal lato verso il mare con l’intento di farvi sorgere una fontana con statua monumentale alla gloria dell’Augusto nostro sovrano Ferdinando II. Una parte del Largo, divenuta piazza Principe Umberto I nel 1863, fu caratterizzata da parterre rialzato del pavimento … abbellito di fiori e garantito in giro da un parapetto di legname. Quel palco fu il progenitore della Cassarmonica successivamente realizzata nei giardini pubblici[15].

Nella seduta consiliare del primo marzo 1856, finalmente, si addivenne ad un accordo tra il Comune e lo Spagnuolo alle seguenti condizioni:

·       Oltre alla porzione di suolo occupato di palmi 46,25 per 9,75, dovendosi prolungare fino all’angolo del magazzino della stessa casa di proprietà del Reverendo Capitolo, onde rettificarsi in linea retta quel fronte verso il mare, si concesse allo Spagnuolo di occupare altra zona di suolo di palmi 29,8 per 17 (ca. 7,75 x 4,42 mq = 34,25 mq).

·       Verso il principale fronte della strada Nuova Marina e proprio quello davanti la Casa Martingano, il sig. Spagnuolo doveva occupare una terza zona di suolo pubblico di palmi 28 per 17,5 (7,28 x 4,55 mq = 33,12 mq), onde regolarizzare i due angoli rientranti, che ancora esistevano alle due estremità della facciata principale del Casamento ed ottenerne così una quasi simmetria.

·       Sarebbe stato a carico dello Spagnuolo la spesa per aggiustare le costruzioni dei quattro lati in modo da ottenere una certa simmetria a somiglianza con l’omonimo Palazzo di proprietà del sig. Antonino Spagnuolo[16]. Inoltre egli avrebbe dovuto preoccuparsi di presentare al sig. Sindaco i disegni per averne l’approvazione.

·       Per la valutazione delle dette tre zone si sarebbe dovuto considerare: il vantaggio che lo Spagnuolo avrebbe ricavato dal non dovere abbattere quanto costruito sul suolo occupato, consistente in una parte della bottega verso mare e in una porzione delle due stanzette superiori; il guadagno conseguito durante i sei anni di fitto di detti locali; l’utile che avrebbe ottenuto dalla rettifica del palazzo e dal conseguente aumento della sua rendita.

·       Le tre zone di suolo sarebbero state valutate da due architetti, uno nominato dallo Spagnuolo e l’altro incaricato dal Comune. Lo Spagnuolo incaricò l’architetto Giovanni Vanacore mentre il Comune, a maggioranza assoluta, si affidò all’architetto Giacinto Aracri.

·       Poiché il Comune non aveva le risorse economiche per effettuare i lavori di allineamento del Casamento, lo Spagnuolo se ne sarebbe dovuto fare carico. Di contro l’ammontare delle spese da esso sostenuto, gli sarebbe stato pagato dopo otto anni dal giorno dell’approvazione, aumentato dell’interesse del 5% annuo.

L’accordo suddetto fu approvato a maggioranza assoluta e solamente I consiglieri Trojano e d’Alessandro espressero parere contrario, motivandolo col fatto che, il Casamento Spagnuolo era uno sconcio per la piazza di recente costruita e che il Comune, comprando tale Casamento, avrebbe potuto pensare di rettificarla in altro modo, così da rendere più bella la piazza suddetta.

Da quanto su argomentato e documentato risulta evidente che il Grande Albergo Reale, gestito dal sig. Bernardo Chiesara[17] fin dal 1839, e magnificamente descritto dal Parisi nella sua pubblicazione[18], non può sicuramente essere stato ubicato nel palazzo di cui abbiamo tracciato la storia dalle origini fino all’anno 1857, ma in quello che attualmente è conosciuto come Palazzo Cardone, e che invece, all’epoca, era di proprietà del sig. Antonino Spagnuolo. Infatti per l’omonimia dei cognomi, per la posizione topografica entrambi in piazza Umberto 1° e per aver perso la memoria del primo proprietario, si è per gli anni passati fatta confusione, cosa, che ancora oggi più di uno storico continua a fare (fig.3).

Fig. 3 S’intravedono i due palazzi che si fronteggiano in una cartolina d’epoca.

Fig. 3 S’intravedono i due palazzi che si fronteggiano in una cartolina d’epoca.

Infine, la ragione per la quale abbiamo preferito concludere la nostra indagine storica al 1857 è dovuta al fatto che, da quegli anni in poi, le vicende di questo palazzo e dei suoi proprietari sono note perché legate al Gran Caffè Napoli, di cui molto si è scritto.


Note:
[1] Nativo di Castellammare, figlio del notaio Gennaro, esercitò dal 1778 al 1807. Gennaro Zurolo Signa et Insigna stampato da Universal Book s.r.l. Rende (CS) 2014
[2] Nel 1549 si ricostruisce il torrione del Quartuccio – fatto erigere dagli Angioini per ordine della regina Giovanna I, il 28 luglio 1346- e con esso viene ripristinato lo stato di tutto il circuito murario. (De Seta, Buccaro: I centri storici della provincia di Napoli) p.  267.
[3] Michele Stazione, possidente, nato a Castellammare di Stabia il 09 ottobre 1765 da Vincenzo e Teresa Palumbo
[4] Catello Trojano, nato a Castellammare di Stabia nel terziere di Scanzano, figura il 24 agosto 1805 come architetto reale di seconda classe per il palazzo reale di Portici e delle sue dipendenze, villa Favorita e la Reggia Quisisana. Nella sua città natale fu autore di importanti progetti tra i quali ricordiamo quello di villa Acton, realizzata nel 1786 e quello del 1828 per il primo stabilimento termale stabiese.
[5] Un palmo napoletano equivaleva a ca. 0,26 m
[6] Tutte le informazioni archivistiche fanno riferimento ai documenti esistenti presso l’Archivio Storico Comunale Catello Salvati di Castellammare di Stabia. In particolare sono state consultate le buste 406 inc. 7, 406 inc. 7 bis e 107 inc. 9
[7] Nativo di Castellammare, apparteneva ad una famiglia di notai, fu nominato notaio nel 1808 ed esercitò sino al 1849. G. Zurolo
[8] In effetti il cognome è “Parisi” perché così viene trascritto in tutti gli altri documenti ufficiali, a cominciare dall’atto di battesimo, conservato presso l’Archivio della Cattedrale, e che riporta come data di nascita di Luigi il 02 settembre 1781. Come il padre Michele anche loro furono appaltatori.
[9] Architetto ed ingegnere nacque a Castellammare negli ultimi decenni del 1700. Il 21 gennaio 1803 fu nominato ispettore generale della Direzione Generale di Ponti e Strade e delle Acque e Foreste e della Caccia. Collaborò con i più grandi architetti dell’epoca per la realizzazione di innumerevoli progetti.
[10] Michele Parisi in un documento del 23 dicembre 1819, conservato presso l’archivio storico di Castellammare di Stabia, viene citato come Maestro Muratore molto attivo in città. Il documento si riferisce alla sostituzione di 65 alberi nella piazza al Largo del Duomo. Nel giornale del Regno delle Due Sicilie del mese di Maggio 1827 viene riportata la notizia che il nostro ha preso in appalto le opere del genio militare idraulico in Castellammare per la durata di anni sei. Infine ricordiamo i lavori da lui eseguiti per recintare il moggio di giardino dove c’era la zona delle acque sorgive. E quindi procedere al primo insediamento dello stabilimento termale.
[11] Così denominata con delibera del Consiglio del 6 novembre 1863.
[12] V. nota precedente
[13] Gli Eletti facevano parte del Parlamento cittadino ed erano suddivisi in Primo Eletto, che veniva nominato dalla cittadinanza, e in Secondo Eletto, nominato dal Primo che coadiuvava il Sindaco. (cfr. Zurolo op. cit.)
[14] Nel 1851 parimenti all’ampliamento del Largo del Quartuccio si progettò di costruire la strada del Lido, che da un lato giunge al rivo Cannitiello e dall’altro all’attuale piazza Giovanni XXIII. Dopo l’unità d’Italia il tratto settentrionale fu intitolato a Giuseppe Garibaldi
[15] Cfr. Gelda Vollono, Lino Di Capua: Castellammare oltre la Porta del Quartuccio. Ritrovamenti e rinnovamenti. Roma 2019
[16] Oggi Palazzo Cardone (cfr. Gelda Vollono, Lino Di Capua: Perché Palazzo Cardone, liberoricercatore.it, 2020).
[17] Teneva questi il Grande Albergo Reale nel “Casino del principe d’Angri” a piazza Mercato, attuale piazza Cristoforo Colombo, dal quale lo trasferì nel Palazzo dell’Antonino Spagnuolo.
[18] Catello Parisi: Cenno storico-descrittivo della città di Castellamare di Stabia …. Firenze, 1842.

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