Otto mesi in Italia 1849

Otto mesi in Italia 1849

di Giuseppe Zingone

Carl Wuttke, Vista dal Golfo di Napoli, olio su pannello, 32 x 47.5 cm, opera apparsa su verimportantlot

Oggi Castellammare ha un ruolo molto marginale rispetto al passato. A livello turistico è quasi scomparsa ed evito di rifare il solito elenco; dal punto di vista politico, nessuno è riuscito mai a far decollare questa città, eppure le risorse (almeno quelle naturali) c’erano tutte. Qualche volta leggo i “post” che si succedono in rete, su questo meraviglioso luogo che è la mia terra. Inevitabilmente m’imbatto in commenti politici o denigratori nei confronti di quelli che hanno amministrato. Ma dove eravamo noi che abbiamo permesso questo scempio? Noi che abbiamo rinnegato le scelte (anche morali) fatte dai nostri avi. Siamo certi che i nostri colori, quando abbiamo contrassegnato la scheda elettorale, (oggi regna il pericolosissimo astensionismo) erano la scelta migliore possibile? A cinquant’anni suonati, credo che abbiamo lasciato una magrissima eredità ai nostri figli, un scarso senso civico e un remoto rispetto per il prossimo. Inoltre dovremmo coscienziosamente chiederci: Quale contributo positivo ho dato alla mia Città? Ed è per questo che pur essendo assente dal territorio, cerco in ogni modo di preservarne la memoria.

Otto mesi in Italia è la raccolta epistolare che il Conte di Roederer intrattiene con la madre  e che dedica ai suoi figli. Questa interessante memoria storica è attribuita a Pierre Louis Roederer,1nella libera traduzione che doniamo al lettore si parla di una città che ha svolto anche inconsapevolmente un ruolo altissimo nella storia del paese. Si tratta di un testo in francese di circa ottanta pagine, il cui titolo originale è Huit mois en Italie, 1849.

Le lettere si riferiscono ad un periodo particolare della storia d’Italia, La Repubblica Romana,2che portò a ristabilire l’ordinamento pontificio, per intervento diretto dei francesi, infatti Pio IX, dopo un esilio di diciassette mesi a Gaeta, tornò a Roma il 12 aprile 1850.

Proclamazione della Repubblica Romana 9 Febbraio 1849

Il giorno dopo il mio arrivo a Parigi, (all’incirca il 30 Maggio 1849 n.d.r) mio ​​zio de Corcelle, partì per Roma, che si credeva fosse stata presa, mi portò in Italia per un viaggio di sei settimane. Questo viaggio è durato otto mesi, durante i quali ho scritto regolarmente a vostra nonna.
È con l’aiuto di queste lettere, che avevo conservato, e delle sue risposte, che cercherò di ripercorrere gli eventi a cui ho assistito e che, per questo motivo, potrebbero interessarvi di più.3
La rivoluzione romana aveva costretto il Santo Padre a fuggire dai suoi possedimenti nel dicembre 1848 e, su istanza di M. de Corcelle,4vice di Orne, la camera aveva inviato un corpo d’armata per ristabilire il suo potere.
Il generale Oudinot, duca di Reggio, al comando di questa spedizione,5credendo, su false indicazioni, che il popolo romano l’avrebbe accolto con entusiasmo, diede alle sue truppe l’ordine di entrare a Roma il 29 aprile 1849. Purtroppo Garibaldi vi era arrivato il giorno prima e aveva rafforzato il partito rivoluzionario. Quando il piccolo esercito francese si presentò davanti alla città, fu accolto con colpi di cannone. Sarebbe stato annientato se avesse affrontato nemici più esperti. Dopo questo freno e questo insulto inflitto alla Francia, l’assemblea decise di assediare la Città Eterna, e M. de Corcelle fu incaricato di recarsi in loco, davanti a Roma, in qualità di ministro plenipotenziario, per conferire con il duca di Reggio, in cammino dopo la resa della città.
Quando ho accompagnato mio zio, era molto malato. Il pensiero di poterlo curare non ha cambiato la decisione che ho preso di fare un bel viaggio in così buona compagnia”.6

Sarà proprio la malattia dello zio ( M. de Corcelle) a portare l’autore a Castellammare:

Mola di Gaëta potrebbe essere stata l’antica Formia, la città dei Lestrigoni,7citata da Orazio che, lodando i suoi vini, li paragona a quelli di Falerne, il soggiorno in questo paese di duemila anime non era di natura tale da distrarci dalle nostre ansie. Siamo partiti senza rimpianti il ​​16 agosto per andare a Castellamare, dove mio zio doveva recuperare la salute. Se credi che sia facile trasportare un ambasciatore malato e tutto il suo seguito da Mola di Gaëta a Castellamare, per poi sistemarlo lo stesso giorno nella villa più bella situata in montagna, allora conosci già le risorse a disposizione del mio amico, il tenente Reynaud, al comando dell’Ariel, esploratore di stato, messo dall’ammiraglio a disposizione dell’ambasciatore.
Grazie al comandante Reynaud, abbiamo compiuto questo tour de force. Il trasporto da Mola a Castellamare8sull’Ariel è stato molto semplice, ma è diventato più difficile da raggiungere, una volta sbarcati, la villa Acton si trova a due chilometri di distanza su un sentiero troppo ripido per consentire l’accesso alle carrozze. Formammo un’imponente processione, marciando in quest’ordine.

Villa Acton, proprietà Gaetano Fontana

Villa Acton, collezione Gaetano Fontana

Davanti il ​​comandante Reynaud, a cavallo dell’asino più grande, scortato dall’indispensabile guida che si prende cura di lui e lo picchia a sua volta. L’ambasciatore è stato poi trasportato su un’amaca da otto marinai. Mia zia de Corcelle, Marthe, mia zia Etesse e suo figlio, la gente di casa, tutti avevano un asino accompagnato da una guida. Per il bagaglio, il più piccolo come il più grande, borsa o ombrello, c’erano i facchini. Il dottore ed io abbiamo preso gli ultimi asini disponibili, ed eravamo in coda. All’inizio andava tutto bene, ma la scena doveva cambiare quando volevo pagare le spese del corteo. Nonostante la mia generosità, senza l’aiuto dei marinai dell’Ariel, le mie finanze non sarebbero riuscite a soddisfare le esigenze dei sudditi del Re di Napoli. Ma una manifestazione offensiva da parte nostra li ha resi più ragionevoli”.9

Castellamare, 25 agosto 1849.

“Mia cara mamma, ho ricevuto da te due lettere, non le ho lette per niente, è impossibile. Non ho letteralmente il tempo… Mio zio sta così bene che, se continuasse, mi ammalerei io; di giorno mi detta, di notte copio, il lavoro è enorme. Per fortuna domani mi salvo, vado a Napoli a prendere uno dei suoi segretari pagati, che sono meno forti di me e meno devoti. Vi scrivo queste due paroline per sollevarmi, e per ricominciare domani, ridendo di ciò di cui oggi mi lamento. Mio zio sta così bene che ne sono felice, il che non mi impedisce di sentire la nostalgia di casa.
Ti bacio”.10

Castellamare 4 Settembre 1849.

“Mia cara mammina, pensi che risponderò alla tua lettera?; per niente, è impossibile, letteralmente non ho tempo. Mio zio, sta così bene, che, per adularmi, mi ha dato il nome di un battello a vapore che vola sulle acque e mi chiama Ariel. Comunque, sono molto stanco dei suoi eccessi e della pila di lettere che mi ha dettato. Non è tutto finito, lui passeggia, io ne approfitto, ma sento benissimo che il piroscafo può partire e ho la febbre….”.11

Portici 9 settembre 1849.

Mia cara madre, ti scrivo da Portici, dove sono come un disgraziato inseguito per debiti, costretto a rimanere continuamente nascosto in una vettura. Mio zio è andato dal Papa alle undici, poi ha voluto tornare a Napoli per pranzare e scrivere,  per poi tornare la sera stessa a Portici, rivedere sua Santità e tornare di nuovo a Napoli per dormire lì. Trova questo progetto imprudente, perché la sua salute, sebbene ripristinata, richiede molte cure.
Lo persuasi a sollecitare, dopo l’udienza di tutti gli ambasciatori, il favore di un’udienza speciale che lo esonererebbe, (se concesso), dal fare due viaggi a Napoli, e gli desse il tempo di tornare a Castellamare per riposarsi, pranzare e lavorare comodamente a casa.
Ma il risultato della mia proposta è che, non sapendo se otterrà la sua udienza, invece di andare a raggiungerlo questa sera, se non la ottiene, o di restare a Castellamare se la ottiene, ho dovuto accompagnarlo in questa incertezza.
Sto, per premiare il mio zelo, alla porta del Palazzo, aspettando come un abete il ritorno dell’Ambasciatore. Che situazione straordinaria è la mia. Non so niente della carriera diplomatica, eppure dal mio arrivo in Italia, e soprattutto da due mesi, sono assolutamente solo, sovraccarico di occupazioni  e svolgo il lavoro di tre segretari ordinari“.12

Il fitto lavoro diplomatico dell’ambasciatore francese, de Corcelle, con le autorità ecclesiastiche porta il nostro autore ad uno stress sempre crescente. Così scrive a pag. 51:

Era una buia notte di settembre verso le dieci, stavamo tornando da Napoli a Castellamare senza che ci si aspettasse, quindi senza mezzo di trasporto per arrivare alla villa, a due chilometri di distanza. Non un veicolo alla stazione. Corro a cercarne uno sulla piazza. Era vuota. Ero in preda alla disperazione quando ho notato la sagoma di un superbo asino nell’ombra. Alla sua vista la tentazione mi domina, vedo rosso, spingo a terra il cavaliere, salto sulla sua cavalcatura che, trionfante, guido al galoppo correndo da mio zio.. È ora di mettere in sella il signor Ambasciatore e l’asinaio si era unito a me, ma di fronte al fatto compiuto ci seguì, emise qualche grido che potevamo interpretare come un incoraggiamento rivolto alla sua sbornia. Solo una volta tornato a casa ho capito l’enormità del mio crimine, quando ho saputo di quest’uomo, a cui era appena tornato alla stazione il suo padrone, il marchese de Villa-Marina, al quale ho sequestrato il suo asino, che non era né in vendita né in affitto come gli avevo chiesto.

La Stazione di Castellammare, Salvatore Fergola

La Stazione di Castellammare, Salvatore Fergola

Gli ho espresso il mio rammarico, gli ho dato un ducato e la pace è stata fatta. Nonostante il mio rimorso, lo rifarei ogni tanto. Il rappresentante della Francia presso la Santa Sede ha avuto un ruolo molto difficile da svolgere, collocato, com’era, tra il pressante desiderio del suo governo di vedere il Papa tornare nei suoi Stati, concedendo, come prezzo dell’occupazione francese, un costituzione liberale e la lentezza del governo pontificio a concedere un regime che l’aveva già condotto alla repubblica. L’ambasciatore, simile in questo al satiro della favola, tentò di soffiare freddo in Francia, e calore a Gaeta.
Mio zio sentiva di dover stare vicino al Papa per continuare i suoi ottimi consigli, ma doveva anche trascorrere alcuni giorni a Roma per finire alcune questioni scadute e per sistemare il servizio del personale dell’ambasciata, tra cui La Tour d’Auvergne13che era appena stato nominato segretario. Questa situazione ha causato una continua incertezza nei suoi piani. Quindi dovevamo14partire da Napoli per Roma il 1 settembre, e non siamo partiti fino al 16, lo stesso giorno in cui mia sorella, stanca di avermi aspettato tre settimane a Roma, ha deciso di venire a Napoli, dove mi sembrava che questa situazione dovesse durare per sempre.
Non esistendo il telegrafo elettrico nel 1849, essendo il servizio postale mal fatto, facemmo un andirivieni, durante il quale ci siamo incontrati per caso, a metà strada, tra Fondi e Itri.
Ma non anticipiamo gli eventi. Al momento di lasciare Castellamare, sarei ingrato se non esprimessi qui i rimpianti di tutta la nostra colonia, quando mia zia Etesse tornò in Francia, verso la fine di agosto.
Ho visto in lei, un riflesso di mia madre e questa immagine ha raddoppiato il dolore che mi ha causato la sua partenza. La corrispondenza che ci siamo scambiati pochi giorni dopo vi farà capire la totale fiducia che aveva in questo affetto, ed è stata tanto buona nei mei confronti”.15

Castellamare, 3 settembre 1849

“Mia cara zietta,
Ti voglio troppo bene per mandarti la lettera della mamma senza allegare una piccola nota di affetto per te. Sai da mia zia de Corcelle, di tutte le gite di mio zio. La sua salute è ottima, è andato a Sorrento, a Napoli. La testa è molto buona per gli affari, e se non avesse abusato delle mie forze, ti racconterei tutto il piacere che ho provato nel conoscere il tuo modo di conquistare tutti i cuori, anche all’estero. Lysimaque mi ha detto i nomi dei cavalieri che ti seguono in Francia. Abbiamo un nuovo cuoco, molto meglio dell’altro.

Il nome del casato è ancora in piedi.
Sono molto rassegnato, felice delle buone amicizie mostratemi da mia zia e mio zio. Maurice e Hélène sono in quarantena a Roma, ho resistito al grande desiderio che avevo di andare a baciarli. Oggi ho avuto il merito di rifiutare l’offerta fattami da mio zio di farmi nominare addetto pagato a Roma in sostituzione di M. X. Rimango fedele ai miei principi, niente per me. Non voglio lasciare che mio zio perda la sua reputazione per così poco. Rimango libero e al di sopra degli altri, non mi lamento e non devo lamentarmi.
Si prega di accettare ecc”.16

Salvatore Fergola, Castellammare particolare, foto Giuseppe Zingone

Salvatore Fergola, Castellammare particolare, foto Giuseppe Zingone

Queste le ultime due volte in cui viene citata Castellammare, qui si fa menzione dei tanti battelli di pesca che la notte uscivano nel Golfo:

Come quando lasciavamo Mola di Gaeta per andare a Castellamare, avevamo lasciato lì la nostra carrozza di posta, grazie alle premure di chi si incaricò di rimandarci lì. Il 26 settembre ci imbarcammo verso le dieci di sera con un tempo magnifico.
La notte era profonda, il mare è calmo come un lago, tuttavia, finché eravamo nelle acque del Golfo di Napoli, il comandante Reynaud vegliava oltre il ponte, rallentando l’avanzata della sua nave, per paura di affondare una dei tanti pescherecci che lo attraversano. Attraversato lo Stretto di Procida, essendo la rotta più estesa e meno frequentata nel Golfo di Gaeta, Reynaud lasciò correre l’Ariel e, spenti i nostri sigari, scendemmo a riposarci completamente vestiti sui divani del soggiorno”.17

Infine:

“Nei primi giorni di dicembre, da solo con mio zio, feci un viaggio a Portici, che resta nella mia memoria il periodo più bello e felice di tutta la mia permanenza in Italia. Sono stato commosso e grato per la soddisfazione che mio zio mi ha mostrato nell’avermi vicino a lui.
Da parte sua, aveva preso il sopravvento la sua natura poetica, liberata dalle preoccupazioni, dai privilegi della politica. Era animato dallo spirito più amabile.
Voleva rivedere Castellamare, dove aveva recuperato la salute, visitare a Sorrento il luogo dove nacque Tasso, voleva salire alla casa di Diomede, scendere agli scavi di Ercolano e scalare il Vesuvio, per certo che il suo cratere fumava ancora sotto la spessa coltre di neve che lo circondava. Se non fosse stato in lutto, l’avrei portato al San Carlo a vedere un balletto, che era molto adatto, avendo la modestia del re imposto ai ballerini di portare delle mutandine di seta verde mela.
Proprio a Portici dovevo trovare il coronamento della mia carriera diplomatica, avendo Sua Santità il Papa Pio IX degnato di farmi un superbo cameo, rappresentando il suo volto augusteo, e accompagnando la presentazione di questo regale regalo, con queste benevole parole che sono rimaste scolpite nel mio cuore: Figlio mio, so che hai lavorato molto per il servizio del Papa con i nostro caro Ambasciatore, voglio premiarLa per questo, e impedirLe di perderne la memoria regalandole il ritratto del Papa.
La grazia con cui papa Pio IX concedeva i suoi benefici ne raddoppiava il prezzo. Pieno di emozione per tanta gentilezza, non ho trovato un modo migliore per esprimere la mia gratitudine che chiedere un nuovo favore, la benedizione del Santo Padre”.
18

Cammeo con l’immagine di Pio IX, da Catawiki


 

  1. A dire il vero rimangono alcune perplessità sulla paternità del libro, la prima è data dall’attribuzione del libro a: Roedere, Pierre-Louis (1827?-1…). Auteur du texte. Huit mois en Italie, 1849, di cui però non si ha nessuna biografia. Inoltre l’ultima lettera è datata Napoli 12 Marzo 1850, firmata da Charles Baudin, con un breve riepilogo della storia italiana post unitaria che arriva fino al 1869, il libro viene pubblicato solo nel 1891, forse dall’autore stesso o dai suoi figli.
  2. La Repubblica Romana del 1849 è un breve periodo storico che va dal 9 Febbraio, (risultato dei grandi moti del 1848 che coinvolsero l’Europa), ed ebbe termine il 4 luglio 1849, quando l’intervento militare della Francia, di Luigi Napoleone Bonaparte, riportò Pio IX a Roma.
  3. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891 pag. 6.
  4. Claude François Philibert Tircuy de Corcelles, detto Francisque de Corcelle, nasce il 2 giugno 1802 a Marcilly (Rhône) e morì il 3 settembre 1892 a Parigi, è stato un politico francese. Figlio di Claude Tircuy de Corcelles, deputato, partecipò con lui, sotto la Restaurazione, al complotto della Charbonnerie. Fu deputato dell’Orne dal 1839 al 1848, sedendo nell’opposizione liberale. Fu rieletto sotto la Seconda Repubblica e nelle fila della destra. Contrario all’Impero, non ricoprì cariche dal 1851 al 1870. Fu rappresentante del Nord dal 1871 al 1876, sempre nella destra. Fu ambasciatore francese presso la Santa Sede dal 1873 al 1876. Fu amico di Alexis de Tocqueville.
  5. Circa 7000 uomini del corpo di spedizione francese, guidati dal generale Oudinot, duca di Reggio. che stazionavano su dieci navi da guerra salpate da Tolone il 22 aprile al comando del contrammiraglio Tréhouart, sbarcarono a Civitavecchia il giorno 24 Aprile.
  6. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891 pag. 8.
  7. La storia di questi luoghi è avvolta nel mito e nella leggenda: di Enea, che nel Golfo trovò riposo, si rifocillò e vi seppellì la nutrice Cajeta del popolo dei Lestrigoni, abitanti indigeni che riservarono un’accoglienza inospitale ad Ulisse, il quale pure ormeggiò le sue navi in questo mare e si rifornì d’acqua per poi continuare il suo viaggio a Terracina, dove seppellì l’amico Elpenòre, e al Circeo, dove visse anni d’amore e d’oblio con la Maga Circe; infine dell’isola di Eèa, forse Ponza. In: Il Golfo di Gaeta, opuscolo a cura della dell’Azienda di promozione turistica della provincia i Latina, Tipografia Monti, 2008, pag. 4 e 6.
  8. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891 pag. 41.
  9. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 44.
  10. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 45.
  11. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 45 e 46.
  12. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 47.
  13. Henri Godefroi Bernard Alphonse principe di LA TOUR D’AUVERGNE LAURAGUAIS, Diplomatico francese, nato a Parigi nel 1823, morto nel castello degli Angliers (Inghilterra) il 6 maggio 1871. Segretario di ambasciata a Roma, ministro plenipotenziario a Weimar e a Firenze, si trovava con uguali funzioni a Torino quando, nel 1859, ebbe inizio la guerra contro l’Austria. In seguito fu ambasciatore a Berlino (1860-1862), e poi a Roma e a Londra (1863-69).
  14. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 52.
  15. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 53.
  16. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 54.
  17. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 57.
  18. Roedere Pierre-Louis, Huit mois en Italie, 1849, par le Cte Roederer, Paris-Auteuil, 1891, pag. 71 e 72.

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