2. Storia di briganti da Napoli a Castellamare
di Giuseppe Zingone
Condividiamo con i nostri lettori la seconda ed ultima parte, del racconto della scrittrice turca Leila Hanoum:1Storia di briganti da Napoli a Castellammare.
“Sbalorditi per essere stati improvvisamente svegliati in questo modo, all’inizio non capirono cosa stavo dicendo loro. Hai delle armi? Salvaci! saremo derubati, vendiamo cara la nostra vita! Finalmente anche il monaco capì. Aveva sotto l’abito, il prodotto di molte elemosine che portava al convento dell’Annunziata a Sorrento. Non aveva dubbi che il nostro giovane compagno di viaggio fosse stato avvertito e volesse rubarglieli.
“Cosa sta dicendo, Signora?” chiese Giuseppe, che fu il primo a capire dai miei toni, la gravità della situazione. “Apri quella macchina maledetta, non vedi che in cinque minuti non ne usciremo vivi?” Poi con una rapidità di cui gli fui grato, e di cui l’avrei ritenuto incapace, tirò fuori un paio di rivoltelle da sotto il cappotto.
Ne diede una a Giuseppe e tenne l’altro per sé. “Abbiamo dodici colpi da sparare tra di noi, disse, cerca di mirare bene i tuoi uomini. Il rumore potrebbe attirare qualche contadino. Quanto alla signora, stia tranquilla, la difenderemo finché potremo”. Il monaco gettò indietro il cappuccio e vidi un viso giovane ed energico. Ho cominciato ad avere meno paura.
Tutto ciò che ho appena detto è accaduto nello spazio di cinque minuti. Il monaco aveva abbassato la finestra e si era fermato alla porta di destra, Giuseppe aveva fatto lo stesso a sinistra. Trovandomi in mezzo a loro, e per impedirci di essere assaliti attraverso la finestra centrale che dava sul sedile, ho abbassato la tendina e l’ho coperta con il mio tartan, che ho attaccato all’imbottitura con degli spilli.
Ero impegnata in questo compito quando il giovane viaggiatore finse di salire in carrozza.
Lo seguirono tre uomini armati: uno di loro era il mendicante che mi era parso, non a torto, avere un aspetto così pietoso. “Torna indietro, canaglia! gridò Giuseppe con voce stentorea, non avvicinarti o ti ficco una pallottola in testa!”
– Ah! Ti sei svegliato, vecchio francese! esclamò il bandito, “molto bene, a noi!…”
E, prendendo slancio, si precipitò a capofitto verso la porta. Un colpo ha risposto a questo attacco.
I banditi, vedendo difesa la diligenza, erano andati all’altra porta, dove trovarono il monaco già pronto ad accoglierli. “Eh eh! mio reverendo, disse uno di loro, andiamo a vedere se il colore del tuo sangue risplende quanto quello delle tue corone…”
“Non così in fretta, miei cari, perché non vi sparo né più né meno che se la vostra testa fosse una cucuzzella…” rispose il prete senza battere ciglio.
Adattando l’azione alla parola, il reverendo conficcò una pallottola in fronte al bandito, che rotolò sulla sabbia della strada, pronunciando una bestemmia. Giuseppe e il monaco difesero valorosamente il loro posto.
I loro colpi però erano stati risparmiati, e il tremore nervoso che agitava tutte le mie membra si era placato vedendo il successo delle nostre armi, su quelle dei banditi.
Volevo vedere cosa stesse facendo il cocchiere e perché non fosse venuto in nostro aiuto frustando vigorosamente i suoi cavalli. Sollevai uno degli angoli della tendina e vidi il poverino legato mani e piedi sdraiato sul sedile. Un bandito fu posto alla testa dei cavalli per trattenerli nel caso volessero scappare. Ma stanche della strada percorsa, le povere bestie approfittarono pacificamente del nostro attacco, per un salutare riposo. A pochi passi dalla strada sorgeva una piccola cappella di San Gennaro. La vista del santo patrono di Napoli mi ridonò le forze, e alzando un lembo di tartan, con voce stridula che, si dice, solo i napoletani possiedono, chiamai «Aiuto!» Eravamo in una posizione ammirevole per l’eco. Da tutte le parti la mia voce risuonava e mi sembrava che altre voci si unissero alla mia.
Giuseppe aveva finito i sei colpi della sua rivoltella e stava combattendo corpo a corpo con un bandito, mentre il monaco stava ancora cercando di opporsi agli assassini che stavano colpendo i pannelli dell’auto con i loro pugnali. Per fortuna, la diligenza ha tenuto duro.
Costruite per proteggere i sovrani in viaggio, le pareti erano a prova di proiettile e di lama d’acciaio. Grazie a questa solidità, al coraggio dei miei compagni di viaggio e soprattutto, credo, alla preghiera che ho rivolto a San Gennaro, abbiamo potuto resistere per un quarto d’ora all’assalto di questi pazzi.
Questo quarto d’ora stava per diventare per noi quello di Rabelais,2quando all’improvviso venne di corsa un piccolo contadino: «Si salvi chi può!» correte per la vostra vita! gridò, arrivano i carabinieri! A questo fortuito annuncio, l’attacco finì come per incanto.
I ladri che ci avevano aggredito e quello che faceva la guardia al nostro equipaggio, hanno seguito l’esempio del piccolo bandito e sono scappati più in fretta che hanno potuto.
Immediatamente risuonò il galoppo di due cavalli. Le giacche di pelle gialla dei fucilieri comparvero alla curva della strada.
«La Madonna sia benedetta! disse il monaco, abbassando il cappuccio e segnandosi devotamente. Siamo salvati, stanno arrivando i carabinieri!»3
Come due frecce, i valorosi soldati passarono al nostro fianco; hanno inseguito i malfattori, che avevano lasciato dietro di loro una traccia di sangue sulla strada. Alcuni contadini e un fuciliere li seguirono a piedi. Si sono avvicinati alla nostra carrozza e hanno chiesto con interesse se fossimo stati feriti. Il fuciliere, intanto, slegò il cocchiere, stordito dalla paura, e gli ordinò di ripartire.
Il pover’uomo afferrò tremando le redini con una mano e ci condusse alla locanda più vicina, da donna Concetta, alla Siepe d’or,4dove ci fu offerto un rinfresco e dove curarono le nostre ferite. Giuseppe è stato ferito piuttosto gravemente. Il monaco aveva ricevuto una pallottola al collo, un’altra sotto l’ascella; io sola ero sana e salva e osservavo, non senza viva soddisfazione, la mia testa intatta tra le mie due orecchie.
Suonarono le quattro dell’orologio, dall’oste Concetta quando la porta si aprì, lasciando il posto ai carabinieri. Avevano catturato, non senza difficoltà, due banditi feriti, chiamati Luigi e Giuseppe Marioli;
Ho riconosciuto in loro i nostri amabili compagni nella diligenza.
Concetta, l’oste, per la quale erano vecchie conoscenze, offrì loro vino e pane nero.
Luigi, con le mani legate, maledisse i monaci armati, i valorosi servitori e le donne nervose, a cui manca un piano d’attacco ed escogita una così bella astuzia.
Giuseppe, più filosofico, dopo essere stato fasciato e consolato, si sdraiò sul pavimento della stanza, e cadde in un sonno profondo senza preoccuparsi del futuro. Anche il monaco riprese la sua solita calma.
Mani giunte sulla sua tunica grezza, ha continuato il suo rosario, questa volta per l’anima del bandito che aveva appena ucciso difendendoci.
All’alba hanno riportato il reverendo, Giuseppe e me alla diligenza. Un fuciliere, armato di pistola, si sedette accanto all’autista.
Gli animali, vigorosamente frustati, ci portarono in meno di un’ora a Castellamare, dove già i contadini che si erano alzati la mattina avevano raccontato la nostra storia.
Abbiamo ricevuto una vera ovazione lì. Intanto i due carabinieri a cavallo, avevano preso in prestito il carro di Concetta, accompagnando i fratelli Marioli a Napoli, dove furono processati e condannati… a sei mesi di reclusione. Questa avventura ha suscitato scalpore.
Tanto fumo per poco fuoco, si dice a Napoli. Ottenemmo, però l’incolumità dei viaggiatori, in quanto la diligenza per Castellamare, d’ora in poi, sarà scortata da un fuciliere armato. Da allora nessuno ha mai sentito che vi fossero, nelle vicinanze, altre disavventure con i briganti.
Aggiungo solo, come poscritto a questo racconto, che l’anno scorso, prendendo l’omnibus5che va da Napoli a Sorrento, mi sono fermata a Torre Annunziata per il pranzo. Qual è stata la mia sorpresa quando ho riconosciuto nei locandieri, ovvero i maestri del buffet di stazione, Luigi Marioli, che era diventato il felice sposo di donna Concetta!. Anche il brigante mi ha riconosciuto e, mentre mi serviva con premura una zuppa di uova, mi ha detto questa semplice frase, che sarà la morale della mia storia: «Cosa vuole, signora! Mi sono messo in riga. Da quando ci sono le ferrovie, non guadagnavamo più niente sulle strade!»6
Adriana Piazzi
Articolo terminato l’11 Luglio 2022
- Leila Hanoum: Leyla Hanimefendi, 1850–1936 è stata una compositrice, poetessa e scrittrice turca, che ha giocato un ruolo brillante nella vita sociale del suo paese per mezzo secolo, in un tempo in cui la cultura intellettuale della donna turca era nel complesso piuttosto rudimentale. ↩
- François Rabelais, nasce a Chinon, 1483 o 1494 – Parigi, 9 aprile 1553, è stato uno scrittore e umanista francese. Considerato uno dei più importanti protagonisti del rinascimento francese, Rabelais è noto soprattutto per il Pantagruel (1532) e il Gargantua (1534). ↩
- “I governi sabaudi avevano voluto instaurare in queste province (dopo l’unificazione) un sistema statale e burocratico simile a quello piemontese. L’abolizione degli usi e delle terre comuni, le tasse gravanti sulla popolazione, la coscrizione obbligatoria e il regime di occupazione militare con i carabinieri e i bersaglieri, creò nel sud una situazione di forte malcontento. Da questo malcontento vennero fuori alcuni fenomeni: il brigantaggio, la mafia e l’emigrazione al nord Italia o all’estero“. In Daniele Marescotti, La questione meridionale, 19 settembre 2004. ↩
- A la Haie d’or. ↩
- L’omnibus, è una grossa carrozza a cavalli, con un numero considerevole di posti, che nel sec. XIX era adibito ai servizi regolari di trasporto pubblico nelle grandi città. ↩
- Histoire de Brigands, L’Écolier illustré, Deuxiéme Année, numero 23, del 4 Giugno 1891, pag. 361-363. ↩