Omaggio a Gigi
di Giuseppe Zingone
Quando Gigi Nocera entrò in contatto con Liberoricercatore, chiesi a mio cugino Maurizio, la possibilità di comunicare con questo fulgido anziano, in modo più intenso.
Volevo porgli tante domande, avevo tante curiosità di cui parlargli, mi interessava la sua infanzia, il suo incontro con Raffaele Viviani, come e perché si fosse trasferito a Torino.
Fui subito accontentato, dapprima iniziammo a scriverci via mail e Gigi mi raccontò la sua vita e pian piano, volle conoscere la mia.
I suoi modi di dire…
Fu così per molto tempo, ricordo ancora quella prime parole che i torinesi dicono ad una certa età “Son venuto vecchio…“, spesso mi ripeteva.
Conosco da buon confidente la sua storia familiare, l’amore per sua madre ed in minima misura quella delle sue sorelle, Catina maggiormente che riuscì ad aprire a Torino un’attività commerciale che tanto inorgoglì il Signor Francesco Nocera, il padre del nostro Gigi ed Alba il cui nome andò ad omaggiare la nuova vita che i Nocera intraprendevano a Torino. “Storta va’ riritta vene!”
Vicino ad un grande uomo, non poteva mancare una grande donna la signora Liliana, l’amore di una vita del nostro Gigi, una donna meravigliosa e sincera.
E fu così che Gigi ci adottò… sua moglie ben sopportava le assillanti comunicazioni, di noi rumorosi stabiesi. Siamo stati figli ed i miei figli divennero i loro nipoti. Alle feste comandate lui soleva ripetere una frase del suo papà:”Aùrie senza canisto, sò comme calamai senza gnostro!“. Prima che noi tornassimo a Castellammare per le festività natalizie, i miei figli oggi grandi, Cristiana e Catello, aprivano i loro regali natalizi, in anticipo, doni che arrivavano da Torino.
Cosa si aspettava Gigi da noi? Nulla!, Io gli mandavo semplicemente le foto e i filmati, dello stupore dei miei ragazzi. Poi per ricambiare tanto affetto, feci partire da Ladispoli un pacco, che conteneva una caciotta di pecora e delle saponette artigianali, ne fu felicissimo; a dire il vero a lui non mancava nulla, ma quel piccolo nostro ossequio, il gesto del ricambio per intenderci (fosse stato anche un disegnino) riceveva sempre tanti apprezzamenti ed elogi da parte sua.
Dalle mail, passammo alle telefonate, le parole di stima reciproca si accatastavano come robuste pire di legno, fu anche abile maestro, silente ascoltatore, e confidente di profonda riflessione, le ore passavano in un nonnulla, ed aspettavo con ansia il domani (mia moglie in questo, mi è testimone!), mai una conversazione fu noiosa.
Due volte finimmo anche per litigare, ma fu sempre buon padre, nell’accogliermi di nuovo ed a volte a testa bassa, però volentieri, ritornavo (seppur virtualmente) tra le sue braccia.
Quando i bambini, si ammalavano, soleva ripetermi: “Stai tranquillo è carne ca’ cresce!“. Mentre scrivo queste righe, mio figlio, il più piccolo dei tre è malato e con mia moglie ci siamo ripetuti la stessa frase, anche se la preoccupazione a dire il vero non diminuisce.
Dovunque mi giro a casa c’è la sua presenza che ci accompagna. Ho una cassapanca ai piedi del letto, che lui stesso ha costruito, in quella amata casa di campagna dei suoceri; al buon Gigi costò più la spedizione, che la realizzazione di questo piccolo gioiello che custodisco come reliquia.
Quando poi venne a Castellammare per la prima volta, per conoscerci, fu accolto da tutti noi di Liberoricercatore, come un amico di vecchia data, sapevamo quanto fosse preziosa la sua presenza. Fu così che tra me e me, presi un impegno: Accompagnarlo finché potevo, fu invece lui a condurci per mano.
Ad ogni piccolo problema che nasceva a casa o a lavoro, soleva ripetere: “Nce’ stanno cchiú juorne ca’ sasicce!“. Per la serie tutto si risolve in un modo o nell’altro. Continuo a ripeterla senza stancarmi a casa e con gli amici, e quando qualcuno non comprende, io attacco con il racconto dell’amico di Torino, e dico di come sono stato fortunato a conoscerlo.
Ricordo che una Pasqua, fu tra noi, a Castellammare per presentare i suoi ricordi. A pranzo fu ospite da mia suocera, vidi quest’ottantenne che sapevo mangiare pochissimo, godere della cucina preparata da mia moglie, come in famiglia, del resto era l’ospite d’onore. Tenne sempre il sorriso ed ebbe una parola buona per tutti, ma la sua mente era sempre a Torino, era sempre per la sua amata Liliana, che in quell’occasione non l’aveva accompagnato.
Nell’ingresso di casa abbiamo dei piatti decorati da Lei, uno in particolare per mia moglie a forma di cuore e con l’iniziale “R” di Rosa dipinta in oro. Io invece, conservo con amore tutti i suoi libri di Giuseppe Marotta (volumi d’epoca) nel cui interno c’è sempre una dedica personale.
Quando Gigi capì che la vita volgeva al termine, mi spedì un voluminoso pacco di libri (era un grande amante della lettura). Mi disse che si era fatto aiutare dal fedelissimo portiere, lì dove viveva in corso Racconigi e che il suo timore era che questi libri non sarebbero mai arrivati se non se ne fosse occupato di persona.
Poi qualche mese più tardi gli eventi precipitarono, la caduta, l’ospedale, l’impossibilità a rintracciarlo, il suo corpo che rifiutava il cibo.
Il tempo ce lo ha sottratto ed il mio unico rimpianto di figlio è stato quello di non aver potuto accompagnare un così grande padre, nell’ultimo tratto che lo separava dal mondo dei vivi.
Uno dei suoi proverbi, che ben può coronare questo scritto e che ben esprime la sua indole napoletana-torinese è questo: “Alla mia età posso anche pisciarmi addosso e dire che è Champagne!“. Era proprio vero, lui poteva permetterselo questo lusso, Gigi nella sua vita ha fatto ed avuto veramente tutto, era un uomo completo in tutte le dimensioni della vita.
Parlando al telefono con la signora Liliana, un giorno le dissi di esser certo, che Gigi anche da giovane era stato un “buon scugnizzo“.
Credo che questo nostro amore per Gigi non sia andato perduto, le sue frasi, le sue parole, oggi sono diventate mie e dei miei figli che nel sentirle ancora si incuriosiscono. Tutto questo interesse, che suscita la sua figura, mi dà modo di parlare di Lui, perché in realtà gli “uomini” quando muoiono non ci lasciano soli, ci accompagnano nel nostro cammino. Se poi, facciamo tesoro di quello che ci hanno donato, essi sono qui, la morte non annulla niente è solo un altro modo di vivere, per noi stabiesi una passeggiata nei viali delle Terme a sorseggiare acqua e a chiacchierare dei doni che il buon Dio fece alla nostra città e che ahimé non riuscimmo mai a sfruttare, pienamente.
In questo omaggio a Gigi, ripropongo, non senza lacrime, il breve testo di una mail del 2009. Queste sagge parole ancora oggi possano essere “testamento sacro e promessa“, per tutti noi che abbiamo il dovere di accompagnare chi ci ha permesso di essere quelli che siamo.
“Ho ricevuto il filmato e mi è piaciuto. Grazie dell’intermediazione… e del mancato abbandono. I vecchi hanno bisogno di tutti; in special modo dei parenti e degli amici più cari. La vecchiaia ti secca l’anima e il fisico. La prima può essere tenuta viva appunto dall’affetto dei parenti e degli amici.
Per il secondo non c’è nulla da fare: spariscono i muscoli e si rimane “pelle e ossa”. Dell’aspetto esteriore non mi frega nulla, ma i sentimenti e il cervello voglio che rimangano sempre vivi. E io farò di tutto affinché ciò si verifichi… con l’aiuto di chi mi vuol bene: e fra questi ci sei tu, quindi non abbandonarmi. Ti voglio, vi voglio, bene. Gigi“.
Pubblicato in occasione del centenario della nascita di Gigi Nocera 1923-2023