San Catello e il curioso caso di catalessi. Correva l’anno 1899
articolo a cura del dott. Raffaele Scala
È sempre pieno di sorprese San Catello. In ogni tempo! Già altre volte abbiamo scritto storie curiose, fatti, persone e vicende legate alla sua festività, anzi alle sue due festività, perché, come è noto, San Catello si festeggia due volte, il 19 gennaio, giorno in cui ricorre la sua festa civile e la seconda domenica di maggio, quando è portato in processione per le principali strade cittadine tra due ali di popolazione adorante. Oggi un poco meno, ma ancora resiste, nonostante tutto, non fosse altro per la curiosità dell’evento tramandato da diversi secoli e per la bella giornata di sole che quasi sempre accompagna la sua annuale uscita dalla cattedrale, invitando gli stabiesi, curiosi, turisti e quanti altri a fargli da corona.
Santo amato e venerato dagli stabiesi, di cui fu vescovo nel VI secolo, nonostante si dica fosse notoriamente protettore dei forestieri, municipio e popolazione non badavano – e ancora non si bada – a spese per le dovute onoranze, tra banda musicale, luminarie, bancarelle, fumi, fuochi e tric trac. Un giornale del 1910 racconta che se ne andavano in spese municipali dalle 35 alle 40mila lire dell’epoca, circa 164mila euro di oggi, anno del Signore 2023.[1]
E se nell’altro racconto abbiamo avuto modo di scrivere di un tumulto popolare in piena epoca fascista, stavolta ci tocca andare più indietro nel tempo, alla fine dell’Ottocento per raccontare di una sorta di miracolo, o presunto tale.[2]
Così, tra l’altro, apprendiamo che il pessimo vizio di sparare botti senza prendere le più elementari precauzioni è antico come il bacucco e che la madre dei balordi è sempre incinta.
Ma andiamo al fatto, che pubblichiamo integralmente, così come riportato dal quotidiano piemontese.
Il 19 corrente, ricorrendo la festa del patrono San Catello, un popolano, come è costume in questo paese, spara una bomba di carta squarciandosi una mano. Sopravvenuto il tetano fu creduto morto, ma fu l’effetto della catalessi. Si formò il corteo e la musica accompagnò al cimitero quel corpo ritenuto inanimato. La cassa fu lasciata, come è costume qui, col coperchio schiodato fino all’inumazione. All’indomani il feretro stava in mezzo alla chiesa del camposanto e si celebrala la messa, quando allo scaccino che accendeva i lumi parve che il supposto morto avesse un colore poco cereo. Guardò su in alto, se il prisma dei raggi solari facesse quell’effetto; ma le gialle cortine dei finestroni avrebbero fatto parer morti i vivi stessi. Un provvido pensiero gli balenò alla mente. Pose una mano sul cuore del giacente e lo sentì palpitare. Gli sollevò un braccio e lo vede ritirare. Lo stupore invade gli astanti. Si sospende l’ufficio divino e si va ad informare tosto la famiglia e le Autorità. Corrono i sergenti di città, si spruzza l’acqua sulla fronte che rianima i sensi di quello che avrebbesi dovuto sotterrare, e rivestito dei suoi panni lo si rimanda a casa. Ora egli sta meglio.[3]
Purtroppo il racconto dello sconosciuto cronista del quotidiano torinese non entra nel merito della persona. Nulla ci dice del suo nome e della sua età, privandoci del piacere di entrare nella sua vita e sapere, per esempio, quanti altri anni visse dopo quella vicenda. Di certo i popolani, e non soltanto loro, corsero sicuramente al botteghino del lotto per giocarsi l’ambo oppure il terno sperando nella vincita, utile a mitigare la fame, a migliorare seppure per poco, le loro miserande condizioni di vita, a pagare un debito, comprare un mobile, qualcosa da di decente da indossare o anche utile soltanto a farsi passare qualche sfizio. Non sappiamo.
Ma quali sono i numeri da giocare in questi casi? Personalmente non lo so, ma tra quanti leggeranno sono sicuro che non mancheranno esperti del lotto, giocatori incalliti, curiosi in grado di svelare i numeri del mistero. E chissà, magari correre a loro volta nel più vicino botteghino per rigiocare i numeri di un San Catello del 1899. Che la fortuna sia con loro. E se qualcuno tra i miei quattro lettori avrà la gentilezza di farmeli sapere, magari, chissà, al bancolotto ci vado pure io, perché, come diceva anche il buon Eduardo: non ci credo ma ci provo!
Note:
[1]Avanti!, 10 maggio 1910: Quanto si spende per una festa religiosa, articolo firmato dal socialista stabiese, Ignazio Esposito, corrispondente locale del quotidiano.
[2]Raffaele Scala: A proposito di San Catello, correva l’anno 1923, Anno II dell’era fascista in Libero Ricercatore il 15 gennaio 2023
[3]La Stampa – Gazzetta Piemontese, 24 gennaio 1899: Un curioso caso di catalessi.