Alcuni pezzi del Denza
di Giuseppe Zingone
Una piccola nota su alcuni brani di Luigi Denza, tratta da “L’Opinione“, giornale quotidiano di Roma, anno 1881. Una critica non del tutto lusinghiera, a firma F. D’Arcan, nei confronti di Luigi Denza, ma neanche troppo severa com’egli stesso scriverà.
Se è vero il detto “Non tutte le ciambelle riescono col buco” è ragionevole pensare che non tutti i musicisti creano ogni volta che compongono musica, opere indimenticabili; come tutti gli artisti: pittori, musicisti, attori, spesso si dipinge, si scrive, si recita, anche per sbarcare il lunario. Inoltre c’è da dire che non sempre i critici sono inclini alla bontà d’animo e anche l’autore dell’articolo, ammette di amare una impostazione più classica della musica.
Mi si permetta un poco azzeccato e forzoso “paraustiello”. Le novità sono spesso invise, soprattutto da chi è fortemente legato ad una tradizione più canonica, nella logica del “Era meglio quanno se steva peggio“. Ricordo come anche Pino Daniele all’inizio della sua carriera fosse mal visto dai cultori della canzone classica napoletana. Oppure si pensi a come i cantanti neomelodici, un tempo relegati al solo ambito campano siano oggi noti, anche sul territorio nazionale.
Certamente bisognerebbe anche chiedersi in quale direzione culturale stiamo procedendo. E nel leggere i testi delle canzoni di giovani cantanti faccio molta fatica a pensare che le cose vadano bene. Sembra di trovarsi davanti a parole ebraiche con suoni solo consonantici. Se è vero che il fumetto di Topolino oggi parla in dialetto napoletano, è vero anche che il dialetto ha delle regole ben precise e bisogna, oltre che leggerlo, saperlo scrivere.1Buona lettura!
Nell’appendice della prima pagina si legge:
Rivista Drammatico-MusicaleTeatro Argentina – La Figlia del reggimento, opera comica in due atti Musica del Maestro Donizetti.
Pubblicazioni musicali – Denza, Tosti, Tofano, Vera, Sauvage, a firma F. D’Arcan.
“L’editore Ricordi ha pubblicato alcuni pezzi per canto del Denza e del Tosti. Il Denza si apre ora la via e credo che sia stabilito la maggior parte dell’anno a Parigi.
Questa è probabilmente la ragione per cui i quattro pezzi venuti testè alla luce presso lo stabilimento Ricordi sono scritti su parole francesi. Il migliore, a mio avviso, è quello intitolato Bonsoir. Il primo pensiero in mi è semplice, ma non privo di novità; chiara ed elegante è pure la frase in sol coll’imitazione al basso.
Questo mi pare insomma un pezzo bene riuscito, di giuste proporzioni e preferibile agli altri tre, che, sempre, secondo il mio debole parere, non si raccomandano punto per grande originalità d’invenzione.
Oublie Moi appartiene a quel genere di componimenti di cui s’incomincia ad abusare e che consiste
nel rivestire con poche battute di musica una o due quartine. Vi si accenna un’idea senza alcuno svolgimento. Questo per taluno sarà il colmo dell’arte, ma io rimango fedele all’antica scuola, la quale voleva che un componimento musicale, anche di minime proporzioni, si svolgesse convenientemente. Questo difetto, ne convengo, è minore nelle altre due composizioni del Denza:
J’ai deviné! e Je ne vous aime pax, ma né l’una né l’altra hanno, come dissi più sopra, una spiccata impronta personale. J’ai deviné starebbe assai bene in un’operetta dell’Offenbach.
Queste mie osservazioni non tolgono che al Denza possa e debba sorridere la fortuna.
La sua musica è facile da cantare e da accompagnare; sempre chiara, e quasi prima di cantarla la si ritiene a memoria. Per questo riguardo, il Denza è un imitatore del Campana, il quale però aveva maggior fondamento di cultura artistica.
Ma i dilettanti amano questa specie di musica che ripete loro ciò ch’essi già sanno. In fondo è roba commerciale e non va giudicata con criteri troppo severi“.2
Articolo pubblicato il 20 gennaio 2025