Appunti incompleti sul neofascismo stabiese nel dopoguerra repubblicano

articolo del dott. Raffaele Scala

Anni '30 (il fascismo a Castellammare)

Anni ’30 (il fascismo a Castellammare)

Passata la grande paura della defascistazione del 1943 – 1946, operata a Castellammare in particolare negli enti pubblici con alcune decine di licenziamenti e defenestrazioni, poi chiusa con la grande amnistia – provocando pesanti malumori ed energiche proteste nella base comunista, in particolare tra gli ex partigiani – voluta in particolare dal ministro di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti nel giugno 1946, i fascisti rialzarono la testa costituendosi sul finire del 1946 in partito, denominandolo Movimento Sociale Italiano, poi diretto a livello nazionale da Giorgio Almirante (1914 – 1988). Tra quanti pagarono con il licenziamento per la loro militanza fascista, ricordiamo gli squadristi Mariano Carrese, un lontano e giovanile passato nelle file socialiste, Vincenzo Zerbini, Domenico Vanacore e Piero Girace. Il primo Sotto Comitato di Liberazione Nazionale guidato dall’avvocato Silvio Gava deliberò due successivi elenchi di 52 e 25 fascisti ritenuti squadristi e facinorosi.  Tra questi l’avvocato Arnaldo Fusco, considerato l’anima nera del fascismo locale e già Vice federale di Napoli e Giuseppe e Mario Mormone. Il 28 giugno 1944 toccò al sindaco Carlo Vitelli deliberare una nuova sospensione ed epurazione nei confronti di Sebastiano Longobardi, sorvegliante allo spazzamento e Michele Battipaglia, bidello di scuola elementare.[1]

Nella nostra città uno dei maggiori esponenti del neofascismo fu Mario Padula, nato a Castellammare di Stabia il 29 maggio 1908, medico chirurgo dentista con abitazione – studio in via Regina Margherita 45, nei pressi della Circumvesuviana, l’ex Villa Rosa. Non conosciamo nulla del suo passato sotto il vecchio regime fascista, di sicuro era stato favorevole, probabilmente iscritto al Partito Nazionale Fascista. Di certo è sua l’iniziativa di costituire nel tardo autunno del 1947 una sezione del Movimento Sociale Italiano nella città stabiese, con sede presso il suo studio. Fin da subito l’iniziativa ebbe notevole successo con oltre 80 adesioni. Esponenti di spicco della sezione missina, oltre a Padula, segretario responsabile, erano lo studente Eduardo Morisco, il panettiere Tommaso Liguori, l’operaio disoccupato Carmine Mascolo, l’operaio Ferdinando Salvato, lo scritturale Antonio Vaccaio Tramonto, il muratore Carlo Di Maio e il bracciante Giovanni La Monica.[2]

Nella città che si apprestava a costruire la sua leggenda di Stalingrado del Sud, vi erano addirittura due sezioni missine, un’altra per esempio fu costituita presso l’albergo Quisisana con segretario Gerardo Celoro e vice il casertano Domenico Susia, ma da tempo domiciliato a Castellammare. Questa sezione si trasferì ben presto in via Alvino 22 ed ebbe vita travagliata con continui cambi del gruppo dirigente, fino ad eleggere Mario Finamore, colonnello d’artiglieria della riserva, classe 1900, poi candidato senza fortuna al senato nel collegio di Castellammare nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953.  Suo vice fu eletto il più giovane Leopoldo Siano (classe 1920), insegnante, già capo manipolo della disciolta Gioventù Italiana del Littorio stabiese, volontario in guerra a venti anni nel 1940 e combattente in Libia, dove rimase ferito rientrando a Castellammare nel 1943.. Siano era stato nel 1945 internato nel campo di concentramento di Terni perché sospettato di riorganizzazione del PNF e di svolgere propaganda in danno degli Alleati.

Una sottosezione si aprì addirittura in località Pioppaino ed ebbe come esponente il barbiere Alberto Senna, ma non superò mai i pochi iscritti dell’inizio.

Il dottor Domenico Susia, già vice segretario della locale sezione Combattenti e reduci, lo ritroveremo ancora nel 1949 costituire una Camera Sindacale mandamentale della Federazione Italiana Lavoratori (FIL).  vice furono eletti il perito chimico Antonio Dentato e il professor Leopoldo Siano. Altri membri furono l’operaio chimico Prospero Guerriero e l’operaio Norberto Ninuccio. Questa Camera sindacale non andò oltre il centinaio d’iscritti, anche se si proponeva in maniera ambiziosa di costituire le varie Leghe dei lavoratori rappresentative dei vari settori, tentando un’inutile e sterile contrapposizione con la più forte e radicata Camera del Lavoro della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) che contava migliaia d’iscritti e aveva alle spalle una storia risalente ad inizio secolo, ora guidata dal comunista Catello Ilardi.

A interessarsi da subito dell’iniziativa del dottor Padula fu un gruppo di giovani comunisti che provarono ad infiltrare due loro militanti con l’incarico di trafugare la lista degli iscritti. L’iniziativa in particolare fu assunta da Mario Longobardi e Carlo Iezza. Il colpo riuscì nella serata del 1 novembre 1947 – neanche il tempo di inaugurare la sezione missina – il giorno in cui i due si presentarono nella sede missina chiedendo di essere depennati dalla rubrica degli iscritti. Il dott. Padula, aderendo in buona fede alla richiesta dei due giovani prese il registro, procedendo alla cancellazione, quando fu improvvisamente costretto a uscire momentaneamente la stanza, lasciando soli i due giovani; solo pochi attimi ma sufficienti a far sparire il registro. Quando Mario Padula rientrò s’accorse subito dell’ammanco e dell’allontanamento di Iezza. Senza perdersi di coraggio si lanciò all’inseguimento del giovane, ma avendo notato all’ingresso del viale che portava alla sede un gruppo di sei sette persone ferme, in atteggiamento sospetto, a copertura di Carlo Iezza preferì rinunciare, timoroso di possibili rappresaglie. Rientrò in casa avvertendo la polizia dell’accaduto, ma questi prontamente intervenuti non riuscirono a rintracciare l’autore del furto, né i presunti complici nel frattempo dileguatosi. Denunciati i due giovani, Mario Padula nelle settimane successive si dimise da segretario della sezione missina e a questo punto preferì rinunziare ad ogni azione giudiziaria nei confronti dei due sospettati dell’azione, comunicandola al commissariato di pubblica sicurezza , che a sua volta la trasmise alla Pretura per il ritiro degli atti.[3]

 Riusciti ad impossessarsi della lista completa, i due passarono i fogli a Luigi D’Auria, la mente del gruppo, ma non ebbero molto tempo per discutere cosa fare di quell’elenco, perché in qualche modo ne venne a conoscenza Carlo Obici (1920 – 1999), il responsabile organizzativo della Federazione provinciale comunista. Senza perdersi in preamboli se lo fece immediatamente consegnare, portandolo con se a Napoli per affidarlo nelle mani di Salvatore Cacciapuoti (1910 – 1992), il potente e temibile Segretario provinciale del PCI, uomo fidato di Giorgio Amendola.  S’ignora l’uso che ne fece.

Anni '30 (il fascismo a Castellammare)

Anni ’30 (il fascismo a Castellammare)

Non era facile per i fascisti dichiararsi tali in una città come Castellammare e se ne accorsero ben presto il giorno in cui, era il 14 luglio 1948, si attentò alla vita del segretario generale del Pci, Palmiro Togliatti, quando centinaia di comunisti inferociti uscirono dalle fabbriche e assaltarono le sedi missine devastandole. Furono due giorni terribili, con scontri e ferimenti tra forze dell’ordine e militanti di sinistra e una paura infinita che la rivolta si potesse trasformare in rivoluzione, quella rivoluzione tanto sognata da alcuni e altrettanto temuta dagli altri, dalla maggioranza moderata degli italiani. Fu lo stesso Togliatti a chiedere che si cessasse quella follia collettiva, ma intanto nella città stabiese erano andate distrutte le sedi della Democrazia Cristiana, dell’Uomo Qualunque, dei liberali e perfino quelle dei socialdemocratici, la sede del circolo nautico e quello del circolo artistico. Alcune giorni dopo il ritorno della calma partirono gli arresti, il processo e la condanna per decine di militanti.

Passata la grande paura i missini si riorganizzarono, ma come avviene in tutte le grandi organizzazioni che si trovano a gestire un idea, un progetto sconfitto dalla storia e condannato dalla società, non era facile mantenere l’unità perché in troppi pensavano di essere gli unici eredi e gli interpreti autentici del Pensiero del Capo, ormai defunto.  Così nel 1951, a seguito del Congresso nazionale del luglio 1951 all’Aquila, su iniziativa del fiorentino Giorgio Pini (1899 – 1987), un autista meccanico, già fascista collaborazionista e del giornalista Concetto Pettinati (1886 – 1975), a sua volta un collaborazionista condannato a 14 anni di carcere, poi amnistiato, contrari all’alleanza con i monarchici del PNM, nacque il Raggruppamento Sociale Repubblicano (RSP), poi trasformatosi in partito con la denominazione di Socialismo Nazionale nel settembre 1953, arrivando a pubblicare un loro organo di stampa, La Prima Fiamma.

A Castellammare il primo nucleo comunale del Raggruppamento Sociale Repubblicano fu costituito verso la fine di novembre del 1952 e denominato Carlo Pisacane. La sede fu aperta in via Regina Margherita 45 e contava appena tre aderenti. Segretario era naturalmente l’inossidabile Mario Padula, il noto attivista fascista [4] la cui fedeltà e perseveranza fu premiata con la nomina nell’Esecutivo Centrale del partito. Nel 1954 il RSP cambiò denominazione in Socialismo nazionale e il buon Padula seguì la scia costituendo a sua volta la sezione locale, potendo contare su 10 adesioni.

Il Movimento Sociale Italiano si presentò per la prima volta alle elezioni amministrative di Castellammare, il 6 novembre 1949 ottenendo un discreto risultato conquistando 2.151 preferenze, l’8,5 per cento, e tre seggi con Mario Padula, Domenico Susia e Guglielmo Desiderio.

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Nota bene: con lo scopo di approfondire i temi tracciati in questa bozza di ricerca saremo grati a chiunque possa aiutarci a reperire notizie su Mario Padula, di cosa abbia fatto della sua vita dopo il 1954 e su fatti, episodi e persone legati alle vicende qui raccontate.

Per eventuale contatto: liberoricercatore@email.it

 

Note:

[1] ASC, Esito provvedimenti giudizio epurazioni ex squadristi. 1944-45

[2] ASN, Questore a Prefetto, Movimento Sociale Italiano, novembre 1947

[3] Da una testimonianza diretta di Luigi D’Auria avallata dalla documentazione depositata presso l’Archivio di Stato di Napoli, Questore a Prefetto, 3 novembre 1947 e Commissario alla Pretura, 19 dicembre 1947, Fascio 121.

[4] ASN, Terzo versamento, , Questore a Prefetto, Fascio 1327

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