Archivi autore: Antonio Cimmino

Informazioni su Antonio Cimmino

Collaboratore di Redazione Già dipendente del cantiere navale di Castellammare di Stabia, si interessa della storia delle navi militari ivi costruite dalla sua fondazione. Appassionato, della Marina Militare e della marittimità in genere. E' socio della locale Associazione Nazionale Marinai d'Italia.

70° ANNIVERSARIO DALLA COSTITUZIONE DEL COMANDO IN CAPO DELLA SQUADRA NAVALE DELLA MARINA MILITARE

70° ANNIVERSARIO DALLA COSTITUZIONE DEL COMANDO IN CAPO DELLA SQUADRA NAVALE DELLA MARINA MILITARE

A cura di Antonio Cimmino e Corrado Di Martino – 15 gennaio 2022

Il Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare Italiana nasce il 15 gennaio del 1952, eredita le funzioni che furono del Comando delle Forze Navali (istituito il 9 dicembre 1940), erede a sua volta del Comando dell’Armata Navale (fondata il 26 agosto 1914).

Navi, sommergibili, mezzi anfibi, aerei ed elicotteri, equipaggi composti da oltre 16.000 militari, coadiuvati da circa 1.300 civili, sono il vertice del pilastro operativo della Marina Militare. Oggi si festeggiano i suoi primi 70 anni dalla costituzione.

(Qui in basso alcune pietre miliari del Cantiere Navale di Castellammare di Stabia)

Cincnav sovrintende alla preparazione, l’addestramento e la condotta delle forze marittime della Marina Militare, ha il suo quartier generale nella tenuta di Santa Rosa, periferia nord di Roma, un luogo storico, durante la seconda guerra mondiale, nella tenuta aveva sede il Centro Trasmissioni del Comando Operativo della Marina, storicamente noto col nome di Supermarina.

L’Ammiraglio di Squadra Aurelio de Carolis comanda la Squadra Navale, da egli dipendono le unità navali, i comandi operativi che le raggruppano e i reparti delle forze operative assegnati

Sopra e sotto i mari, dentro e fuori dal Mediterraneo, nelle nostre basi e al fianco del personale delle forze armate sorelle, nei teatri operativi fuori area, ovunque chiamata ad operare, la Squadra Navale dà sempre il massimo: per mare, cielo e terra, incluso il contributo che la Marina fornisce alle attività spaziali e di difesa cibernetica, secondo un moderno approccio multi-dominio” così l’ammiraglio De Carolis descrive il compito della Squadra Navale.

Tuttavia Cincnav svolge altre attività in collaborazione con altri dicasteri della Difesa, quali la vigilanza sull’inquinamento dell’ambiente marino, la ricerca e salvaguardia dei beni archeologici sommersi, la partecipazione alla campagna antincendi boschivi; il supporto alle operazioni di ricerca e soccorso in mare e alle operazioni di soccorso per calamità naturali.

Bonne chance Cincnav

I ponti di Stabia in Piemonte e Lombardia

Lombardia e Piemonte collegati con un ponte costruito a Castellammare di Stabia
La Lombardia ed il Piemonte, in corrispondenza del Ticino, sono collegati da un ponte di ferro costruito nel punto in cui il fiume esce dal Lago Maggiore. Quello attuale fu realizzato nel 1952 per sostituire il precedente, danneggiato da diversi bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e definitivamente distrutto nel 1944 dai tedeschi in ritirata. Il ponte, infatti, situato sulla Statale e la linea ferroviaria del Sempione, era ed è uno nodo strategico di comunicazione sia verso la Pianura Padana e sia per i valichi del Gottardo e del Sempione.

Storia di Sesto

Esso ha rappresentato e rappresenta uno dei simboli di Sesto Calende in quanto, per la sua posizione strategica, ha fatto diventare questa località una realtà economica molto importante nel corso della storia, influenzandone l’economia, la storia ed il modo di essere della comunità locale. L’opera d’arte ottocentesca del ponte della linea ferroviaria lacuale, avrebbe dovuto rappresentare la dorsale di trasporto pubblico e commerciale tra il Mediterraneo e il Gottardo. Il percorso della strada ferrata approvato definitivamente nel 1880 dal Consiglio di Stato arrivava al confine italo-svizzero alla stazione di Pino, mentre Luino fu scelta come sede di stazione internazionale di dogana. 1,2. Non tutti sanno che il ponte distrutto nel 1944 fu costruito nel 1881 a Castellammare di Stabia.

Il ponte stabiese

Era una struttura in ferro progettata con due piani di scorrimento, uno per il passaggio della linea ferroviaria in due binari (tratte Novara¬-Pino e Milano–Arona), il piano superiore conteneva la strada del Sempione.

 

Il progetto fu dell’ingegnere G.B.Biadego3 e prevedeva un’opera lunga 265 metri, costituita da una travatura reticolare in ferro, con longheroni e traverse incrociate, un vero e proprio scatolone metallico sfinestrato con tre campate rispettivamente di 83, 99 e 83 metri. All’epoca rappresentava il ponte di maggior apertura esistente in Italia. Il tutto poggiava su quattro strutture in muratura.
L’opera, del peso di 3.000 tonnellate, fu realizzata, dunque, nel 1881 a Castellammare di Stabia dall’Impresa Industriale Italiana (futura I.C.M.I. nota come Cantieri Metallurgici), società costituita a Roma nel 1870-71 con rogito del notaio Alessandro Bacchetti. Il suo primo direttore e responsabile della costruzione del ponte fu il napoletano Alfredo Cottrau 4. Egli, il più grande costruttore di ponti dell’epoca, era già conosciuto come progettista Tra i suoi bevetti, viene ricordato un ponte militare portatile istantaneo apprezzato da Eiffel, il costruttore della famosa torre parigina, che lo fece adottare dal Genio militare francese. Le variegate attività del Cottrau annoverano anche il progetto di un ponte metallico galleggiante sullo Stretto di Messina; egli come imprenditore, contribuì al rinnovamento della viabilità in tutte le città italiane attraversate da corsi d’acqua, sostituendo, ai vecchi e malfermi ponti in legno, nuovi e solidi ponti in ferro ancorati su solide fondamenta.
La scelta della società napoletana non fu casuale. Come si evince, infatti, dal Monitore Industriale Italiano del 14 febbraio 1881, relativamente alla società diretta dall’ing. Cottrau, opificio di Castellammare di Stabia: “L’Impresa Industriale Italiana è la sola ditta nazionale che abbia conseguito le maggiori ricompense alle Esposizioni mondiali di Vienna del 1873 e di Parigi del 1878, ossia le medaglie al merito ed al progresso a Vienna ed una medaglia d’oro ed una d’argento a Parigi. L’Impresa Industriale Italiana ha assunto la esecuzione dal gennaio 1871 al corrente anno, 1880 di ben 1004 ponti metallici e di ben 31.864 metri quadrati di tettoie, ossia i nove decimi all’incirca di tutte indistintamente i lavori di simile genere eseguiti in Italia in detto periodo di tempo”5.

Movimenti societari

La costituzione della suaccennata società fu agevolata da imprenditori belgi che già operavano nel napoletano. La ditta Finet Charles & C. aggiudicatrice dell’appalto della costruzione della tettoia della stazione centrale di Napoli, nel 1869 dovette ordinare e far venire dal Belgio le capriate non producibili in loco. Le notevoli spese e difficoltà di trasporto, le interessanti prospettive offerte dal mercato italiano, la disponibilità del Cottrau a collaborare indussero i fratelli Stengers, Gustave e Théophile Finet (quest’ultimo più tardi sarà eletto senatore in Belgio) a fondare nel 1870 sulla spiaggia di Castellammare di Stabia, una officina per il trattamento del ferro di prima lavorazione, affidando la direzione proprio a Cottrau. A Sesto Calende esisteva un vecchio ponte ferroviario in legno in funzione dal 1868 per far avanzate la ferrovia da Gallarate fino ad Arona per innestarsi sulla linea Alessandria-Genova. Il ponte era lungo 270 metri e il piano delle rotaie era situato a circa 3,70 metri dal livello massimo delle piene del fiume. Ma nel 1868 la piena superò i 7 metri e il ponte fu spazzato via. Dopo un periodo in cui fu utilizzato un ponte di barche, si rese necessario prevede un nuovo ponte, questa volta in ferro e sistemato adeguatamente a pochi metri a monte del precedente. Data la particolarità dell’opera, fu deciso che costruiti tutti gli elementi, l’intera struttura fosse montata provvisoriamente dalla ditta costruttrice stabiese, ormai nota per la sua esperienza nel settore, e poi trasferita al Nord.

Il Lavoro stabiese

Tutti pezzi e le componenti del ponte furono quindi costruiti nell’officina di montaggio di Castellammare di Stabia; furono eseguiti migliaia di fori in cui sistemare i chiodi da ribadire ed i perni, anch’essi fucinati nello stabilimento. La struttura era interamente chiodata e del tutto priva di saldature: del resto, all’epoca della costruzione del ponte, per saldare erano necessari impianti ingombranti e poco pratici, inadatti ad essere adoperati nei manufatti in opera, soprattutto se di dimensioni così rilevanti e in posizioni così poco agevoli. Le saldatrici portatili, si diffusero più tardi e si affermarono solo con la prima guerra mondiale.6. La innovativa struttura fu montata provvisoriamente sulla spiaggia prospiciente lo stabilimento di Castellammare di Stabia costruendo all’uopo, anche una complessa struttura in legno e blocchi in muratura; dopo gli opportuni controlli, smontata pezzo per pezzo e portata, a mezzo ferrovia, a Sesto Calende sul Ticino per la definitiva sistemazione tra le due sponde del fiume. Lo stabilimento stabiese, specializzato anche nella costruzione di locomotive e carri ferroviari, era collegato con Napoli e all’intera rete ferroviaria nazionale già dal 1842.
Prima del montaggio sul Ticino, le maestranze locali costruirono un ponte provvisorio in legno poggiato su pali, sempre in legno della lunghezza di circa 10 metri e piantati sull’alveo del fiume mediante battitura con maglio a vapore. Il montaggio delle strutture metalliche iniziò il 3 marzo 1882. Il lavoro procedette alacremente, le squadre di operai arrivarono a montare fino a 9 metri di ponte al giorno e a ribadire quotidianamente, con 25 squadre che si alternavano, 3.000 chiodi delle migliaia occorrenti.
Terminata l’opera alla fine del mese di ottobre, l’inaugurazione avvenne il successivo 18 novembre 1882 alla presenza dell’onorevole Alfredo Baccarini ministro italiano per i LL.PP. e del vicepresidente della Confederazione Elvetica nonché rappresentanti tedeschi. Il treno inaugurale proseguì fino a Genova e in serata fu offerto un banchetto nel salone del Palazzo Ducale. I festeggiamenti continuarono nella stazione di Luino ove la ditta Cirio organizzò un pranzo per 400 persone; anche qui era presente il ministro Baccarini.

  1. Il 15 ottobre, a Berna, fu ratificata la convenzione tra il governo italiano, la Confederazione elvetica e la Prussia per la realizzazione del traforo del San Gottardo. Negli accordi, la dorsale ferroviaria principale a sud delle Alpi era rappresentata dal tracciato tra Bellinzona e Pino (confine italo-svizzero) sulla direttrice per Genova. Le altre Convenzioni erano: Germania, Italia e Svizzera, firmata a Berlino il 28 ottobre 1871 e Berna il 12 marzo 1878, nonché quella tra Italia e Svizzera del 16 giugno1879. Tutte sostituite successivamente da quella del 13 ottobre 1909
  2. Lo scalo di Luino era una grande struttura con numerosi binari e scambi mentre la grandiosa stazione rappresentò un monumento al progresso tanto da essere citata nelle guide turistiche dell’epoca
  3. Giovanni Battista Biadego (Verona 15 febbraio 1850- Roma 3 dicembre 1925), ingegnere della Società Ferrovie Mediterranee di cui divenne vicedirettore. Nel 1896 pubblicò un testo sulle Costruzioni metalliche in ferro e acciaio e che si occupò non solo della progettazione di ponti, ma anche di grandi trafori come il Fréjus, il San Gottardo e il Sempione
  4. Alfredo Cottrau (Napoli, 3 ottobre 1839-Napoli, 23 maggio 1898), fu uno dei maggiori progettisti di strutture in ferro per le stazioni e ponti ferroviari a traliccio, nonché di opere di alta ingegneria in ferro, lavorò in Francia e progettò le ferrovie russe tra Pietroburgo e Varsavia. Nel 1866 il ministro dei Lavori pubblici Stefano Jacini lo incaricò di studiare un progetto di ponte sullo Stretto di Messina. Nel 1868 costruì quindi il ponte girevole di Taranto, per conto della Società italiana per le strade ferrate meridionali. Fu anche libero docente presso la “Regia Scuola di applicazione degli Ingegneri ed Architetti di Napoli”, nel 1881 venne decorato di Medaglia d’oro al merito industriale
  5. Nel 1900 fu rilevata dalla società M. Cattori &C. e nel primo dopoguerra (1924) venne rilevata dal Gruppo Falck, la più grande impresa siderurgica privata italiana con uno stabilimento anche a Napoli. La sua produzione principale era la banda stagnata, raccordi in ghisa, locomotive e vagoni ferroviari. Gli anni ’80 segnarono la fine di questa azienda in quanto il Gruppo Falck abbandonò le produzioni siderurgiche e meccaniche.
  6. Il primo sistema di saldatura con l’elettricità fu ideato nel 1877 dall’ingegnere americano Elihu Thomson dell’Istituto Franklin. Consisteva nel serrare le parti da saldare tra due elettrodi di rame riscaldati dal passaggio di una corrente elettrica. Gli elettrodi a loro volta scaldavano i due metalli nel punto da saldare, fondendoli.

Sintesi storica del Fea

In questo documento storico, redatto da Michele Schiavone amministratore del Gruppo Dipl. L.FEA ’69, sono riportati in ordine di anno, tutti i diplomati al Leonardo Fea di Castellammare di Stabia.


  1. 5-12 Novembre 1946 esami di ammissione I classe

I verbale (registro 1 verbali n 1)

Dal giorno 5 al 12 novembre 1946 presso la sede dell’Istituto Tecnico interna al Cantiere Navale, ha avuto luogo la sessione di esami di selezione per l’ammissione alla prima classe della Sezione Perito Navalmeccanici presieduta da: Prof. Luigi Greco Preside, Prof Pasquale Romano materie letterarie, Ing Aldo Minini matematica e disegno, sig. Michele Raimo rappresentante commissione interna di fabbrica. Sono stati ammessi 37 allievi che iniziano le lezioni il 14 novembre 46.

 2. 14 novembre 46. Primo giorno di scuola dell’Istituto Tecnico per 37 studenti lavoratori con corsi serali. (reg.1 verb. n 1)

 3. 2 luglio 47. Primo scrutinio finale con il seguente esito: scrutinati 20 allievi di cui 17 promossi e 3 rimandati alla sessione autunnale, di questi 2 promossi ed 1 respinto. (reg.1 verb. n 5)

 4. Ottobre 47. Esami di ammissione alla I classe: 8 allievi con corso serale. (reg.1 verb. n 5 pag. 10)

 5. 18 novembre 48. Prima adunanza del Consiglio dei Professori. .(reg.1 verb. n 1 pag. 21)

 6. 14 ottobre 50. Pieno riconoscimenti delle superiori autorità del ministero che attraverso continue ispezioni hanno definito l’Istituto Navalmeccanico “Istituto Modello”. (reg. 2 verb. n 1)

6a. Luglio 51. Primi diplomati dell’istituto “Leonardo Fea”

7. 30 agosto 58. Collegio dei professori notifica dell’intitolazione dell’Istituto al Prof. Leonardo Fea ordinario di costruzioni navali mercantili e militari e componente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. (reg. 2 verb. n 99)

8. 19 novembre 58. Istituzione comitato famiglia scuola. (reg. 2 verb. n 103)

9. 9 gennaio 59. Cerimonia intitolazione della scuola a “Leonardo Fea”. (reg. 2 verb. n 105)

10. 2 ottobre 59. Nomina del Consiglio di Presidenza. (reg. 2 verb. n 118)

 11. 13 aprile 60. Autorizzazione allo svolgimento del I Makp100 dell’Istituto Tecnico Industriale “Leonardo Fea”.(reg. 2 verb. n 126) materiale allegato: giornalino del Makp100 e foto della manifestazione.

 12. 30 settembre 67. L’ing. Pasquale Pezzullo è il nuovo Preside in sostituzione del Prof. Luigi Greco fondatore de incarnazione dell’istituto “Leonardo Fea”per sopraggiunti limiti di età. (reg. 2 verb. n 340)

 13. Luglio 73. Ultimi diplomati dell’istituto “Leonardo Fea”. In 27 anni di attività l’Istituto “Leonardo Fea” ha formato 710 periti tecnici navalmeccanici.


Elenco dei diplomati dell’Istituto Tecnico Industriale spec. Industria Navalmeccanica: Continua a leggere

Pontoni armati nel Regio Cantiere Navale stabiese

Pontoni armati nel Regio Cantiere Navale stabiese

Il territorio della laguna veneta è composto da una fitta rete di canali, sia naturali sia artificiali, con bassi fondali e circondati da canneti ed arbusti 1

Pontoni mimetizzati

Per la sua difesa, durante il primo conflitto mondiale, la Regia Marina fece costruire dai cantieri nazionali dei pontoni armati, alcuni semoventi ed altri statici cioè trainabili, tutti a chiglia piatta. Erano impiegati principalmente per bombardare le postazioni austriache del basso Isonzo.

Pontone armato

 I più famosi pontoni semoventi, in legno e acciaio erano il Faà di Bruno e l’Alfredo Cappellini.

Pontone Prima Guerra Mondiale

Allo scoppio della prima guerra mondiale furono  impiegati alla foce dell’Isonzo.

Dopo i buoni risultati, presto la loro area operativa venne notevolmente estesa sino al Piave ed alla difesa di Venezia con l’impiego di differenti tipi pontoni armati di artiglieria navale, sotto il comando della Regia Marina.

I pontoni semoventi appartenevano a classi differenti, alcuni anche di derivazione austriaca. Quelli della classe Monte Grappa avevano lo scafo metallico suddiviso in sette compartimenti stagno con paratie trasversali. I locali interni erano destinati a deposito nafta ed olio, apparato motore composto da due motori Diesel Fiat a due tempi da 350 Hp, motopompe ed elettro-generatore. Sottocoperta fu ricavato anche l’alloggio equipaggio. Marinai e cannonieri vivevano, quindi in locali angusti, tra le cariche e le granate, non potevano accendere il fuoco per scaldarsi in inverno né in qualsiasi stagione cuocere il cibo. In coperta, inoltre, in funzione di ponte comando, c’era una piccola plancia per il telemetro ed un albero che fungeva anche da coffa per la vedetta. Furono armati principalmente con cannoni da 381 mm destinati alle supercorazzate classe Caracciolo. I cannoni per i pontoni costruiti nel regio cantiere stabiese furono realizzati dall’Armstrong di Pozzuoli, pesavano 84.900 chili e erano lunghi 14,755 metri, altre bocche da fuoco dello stesso calibro, furono ordinate all’Ansaldo e alle Acciaierie di Terni.

Gli Ansaldo-Scheneider pesavano 62.600 chili ed erano lunghi 15,75 metri, quelli Vickers-Terni, della stessa lunghezza,  pesavano 83.825 chili.  Tutti, però potevano sparare proiettili da 884 chili alla distanza di circa 20.000 metri con alzo 20° e 27.000 metri con alzo 30° e con cadenza di 3 colpi al minuto. Alcuni cannoni furono destinati all’Esercito che li usò anche sui treni armati e per la difesa costiera. Quando i pontoni andarono in disarmo dopo la guerra, i cannoni furono tutti destinati alle batterie costiere e utilizzati fino alla seconda guerra mondiale.

Monti pontoni furono dotati anche di cannoni di calibro minore nonché mitraglie antiaeree. Dopo la sconfitta di Caporetto, i marinai a costo di enormi sacrifici spostavano velocemente i natanti in base alle circostanze belliche ed in funzione delle correnti; essi crearono un organico assetto difensivo, compiendo una gigantesca e  spesso sconosciuta opera che permettendo all’Esercito di trovare, a ripiegamento compiuto, un punto di appoggio, di salvare Venezia.

 I pontoni tenevano costantemente sotto tiro i ponti che gli austriaci gettarono sul Piave per sconfinare nella pianura padana e, uno dopo l’altro, li distrussero con tiri precisi con i loro cannoni. Nel novembre del 1917 fu creata la 55a Sezione del Regio Esercito che utilizzava gli aerostati per l’osservazione del tiro dei pontoni del Raggruppamento artiglieria della Regia Marina. Aerostati composti d palloni frenati del tipo draken ovvero A.P. (Avorio Prassone) che portavano una navicella per l’osservatore che comunicava le coordinate dei bersagli ai cannoni dei pontoni ed anche delle artiglierie terrestri.

Varo nave corazzata Caraciolo

Anche il regio cantiere di Castellammare di Stabia, in assenza di costruzioni di unità navali corazzate o sottili che fossero, contribuì al varo di pontoni semoventi e statici. A dir il vero, nel cantiere era in costruzione la super corazzata Francesco Caracciolo di 34.000 tonnellate, capo classe di quattro unità i cui lavori vennero sospesi nel 1916 in pieno conflitto, ripresero solo negli anni ’20 2

Castellammare, soggetta ad un altro periodo di crisi della cantieristica, dopo il primo anno di guerra e fino al 1919 si dedicò alla costruzione di rimorchiatori dragamine (RD dal n.1 al 21 e dal 31 al 37)  e MAS (dal n. 303 al 307 e 327, 328, 331, 332, 333, 334). Questo tipo di dragamine, con poco pescaggio, effettuavano il dragaggio meccanico o trascinando cavi metallici per recidere gli ormeggi delle mine ad urto che, una volta liberate, venivano fatte saltare sparando con le armi leggere di bordo. Erano anche utilizzati per rimorchiare fuori dai campi minati, navi danneggiate ed impossibilitate a muoversi. Il loro armamento consisteva in un cannone da 76/40 mm. L’impossibilità di grandi battaglie navali e le caratteristiche del bacino di operazioni dell’Adriatico costrinsero l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel ad ordinare la costruzione di decine di unità sperimentali leggere, di dimensioni ridotte e molto veloci adatte alle operazioni offensive. Queste imbarcazioni, costruite da vari cantieri, furono denominati M.A.S. (Motobarche Armate S.V.A.N.) e impiegate anche come posamine, cannoniere, antisommergibili, eccetera 3.

Nel regio cantiere navale di Castellammare, non più interessato quindi al varo di grosse unità, dal 1918 iniziò la costruzione dei pontoni armati. Al terzo anno di guerra, quindi, fu costruito il ponte armato semovente Monte Grappa: impostato il primo maggio 1918, varato il 21 settembre ed in servizio il 22 gennaio 1919. Il suo scafo era metallico, con murate verticali, fondo piatto e poppa e prora dritte. Era alimentato da due motori Diesel da 700 Hp e armato con cannone da 381 mm. Venne radiato il 13 novembre 1924. Il pontone statico, il Monte Novegno, venne varato a guerra finita il 31 maggio 1919 ed entrò in servizio nell’autunno dello stesso anno.  Anch’esso alimentato da due motori Diesel ed armato di un cannone Armstrong da 381 mm. nel 1921 venne classificato “cannoniera” e nel 1925 utilizzato come bersaglio per i siluri. Il 10 dicembre 1919 fu varato il pontone semovente Monte Cencio alimentato da un motore Diesel da 350 Hp. Sempre nel 1921 fu classificato “cannoniera”, radiato nel novembre del 1924 l’anno seguente fu utilizzato come bersaglio per i siluri. Il Montello, invece, era un pontone statico impostato il 10 maggio 1918, varato il 31 dicembre 1918, in servizio il 19 maggio dello stesso anno nella laguna veneta. Nel 1921 classificato “cannoniera”, venne radiato nel novembre del 1924. I cannoni da 381 mm destinati alla super corazzata Caracciolo, dunque, furono montati su questi zatteroni.

Nessuno dei quattro pontoni partecipò al conflitto, dopo aver stazionato in Alto Adriatico in una situazione post bellica alquanto tumultuosa dal punto di vista sia politica e sia economica, furono riconvertiti negli anni venti e poi radiati. Il cantiere si preparò ad affrontare un grave lungo periodo di crisi caratterizzato dal varo e demolizione della super dreadnought Caracciolo e sopravvisse costruendo bitte, un bacino galleggiante e altri piccoli natanti: era terminata definitivamente l’epoca delle grandi corazzate.

 

 

Bibliografia

AA.VV.  Storia della Marina – vol 1-10 – Fabbri Editore 1978

AA.VV. Ufficio Storico della Marina Militare – Almanacco Storico delle Navi Militari Italiane (1861-1995)

  1. Bravetta, La grande guerra sul mare, vol. I, Mondadori, 1925.

Cosentino M., Gli aerostati della Regia Marina durante la Grande Guerra, Marinai d’Italia, dicembre 2015.

  1. Veronesi – I pontoni armati nella Prima Guerra Mondiale – Rivista Marittima, gennaio 2010
  1. I canali interessano diversi corsi d’acqua dolce come i fiumi Piave, Tagliamento, Isonzo e le lagune di Caorle, Marano e Grado. Da secoli rappresentano un sistema fluviale di navigazione interessanti Venezia ed il golfo di Trieste. L’ammiraglio Thaon di Revel (1859-1948), diede personalmente ordine di mettere Venezia in comunicazione diretta e interna con il Po e l’Isonzo, il che permise di migliorare i rifornimenti per l’Esercito e, al momento di Caporetto, di portare via , attraverso i canali navigabili, gran parte del materiale bellico da Grado a Monfalcone.
  2. Le classi Caracciolo dislocavano 34 000 tonnellate a pieno carico, erano lunghe 212,08 m f.t (fuori tutto), e 210,60 al galleggiamento La larghezza massima era di 29,60 m, all’altezza di costruzione era di 13,75 m, mentre l’immersione media era di 9,50 m (con 1 800 tonnellate di nafta imbarcata). L’apparato motore si basava su 20 caldaie Yarrow alimentate a nafta, azionanti quattro gruppi turbine Parsons a ingranaggi su quattro assi. La potenza normale erogata era di 75 000 CV, che arrivava a 105 000 CV in tiraggio forzato. La velocità massima era di 28 nodi, l’autonomia era di 8.000 miglia a 10 nodi, mentre la capacità carburante era pari a 1 800 tonnellate di nafta. Il 25 ottobre 1920 venne venduta alla Navigazione Generale Italiana che intendeva trasformarla in nave mercantile e per trasporto passeggeri. Per motivi tecnici ed economici, il progetto venne abbandonato e fu decisa la sua demolizione. Oltre alla Caracciolo, furono impostate il Cristoforo Colombo, il Marcantonio Colonna e il Francesco Morosini, queste tre furono demolite sullo scalo nel 1918 ed i cannoni costruiti furono impiegati sui pontoni ed in altre postazioni a terra. Il Colombo fu impostato nel cantiere Ansaldo di Genova il primo marzo 1915, i lavori furono interrotti l’anno successivo e lo scafo fu demolito sullo scalo nel 1921. Il Colonna, impostato nel cantiere Odero di Genova Foce il primo marzo 1915 subì la stessa sorta del Colombo. Così il Morosini impostato nel cantiere dei fratelli Orlando di Livorno il 20 giugno 1915.
  3. Tra le innovazioni concepite nel 1915 e messe in servizio dal 1916 vi sono i MAS, che replicati in 244 esemplari si rivelarono decisivi in un conflitto in cui la preoccupazione principale dell’avversario era quella di mantenere intatto il potenziale della propria flotta, esponendola il meno possibile ai rischi di uno scontro in mare aperto. L’acronimo M.A.S. stava a significare Motobarca Armata S.V.A.N. Società Veneziana Automobili Navali); D’Annunzio inventò il famoso motto Mememto Audere Semper. Solo nel 1925 al termine Motobarca subentrò quello di Motoscafo. La sigla MAS dunque, seguita da un numero, fu data a tutte le unità

Umberto Baistrocchi, il trasvolatore stabiese

UMBERTO BAISTROCCHI: Il pilota stabiese e trasvolatore atlantico

 Antonio Cimmino – 25 marzo 2020

Umberto Baistrocchi nacque a Castellammare di Stabia 29 agosto 1900. Il padre Federico era un conte militare di carriere e sua madre Nicolini Elvira, contrassero matrimonio il 14 ottobre 1899.

Il 30 settembre 1913, all’età di 13 anni entrò nell’Accademia Navale di Livorno, come lui stesso scrisse, il 16 marzo 1979 al signor Claude Chauveaau di Ivry-sur-Seine che gli chiedeva notizie per un memoriale che stava approntando. Allo stesso, sempre nel 1979, comunicò che suo padre, combattente nella prima guerra mondiale nel contingente italiano inviato in Francia, fu decorato con la Legione d’Onore. (1). Nella Regia Accademia Navale di Livorno, Baistrocchi frequentò, nel 1915, la seconda classe degli allievi di vascello, nel 1917 come guardiamarina, partecipò alla guerra 1915-1918 su navi da battaglia e fu promosso sottoten.te di vascello il 18.10.1918. al termine del conflitto prese parte a campagne navali all’estero.

Quando il 28 marzo 1923 fu istituita la Regia Aeronautica come forza autonoma, dopo aver conseguito il brevetto di pilota, passò nei ranghi dell’Aviazione, partecipando   attivamente all’affermarsi della nuova Arma incoraggiata anche dal regime e da Italo Balbo (gerarca, aviatore, politico). Il giovane pilota fece rapidamente carriera, fu nominato Capitano pilota ruolo combattente ( Commissariato d’Aeronautica- Bollettino Ufficiale 11 agosto 1925). Baistrocchi, quale pilota di idrovolanti, prese parte alle crociere del Mediterraneo svoltesi nel 1928 e 1929 propedeutiche alle future trasvolate atlantiche. (2)

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Con il grado di capitano partecipò, con Italo Balbo, alla prima crociera aerea transatlantica di massa volta ad affermare la superiorità dell’aviazione italiana. Il 17 dicembre 1930 decollarono da Orbetello 14 aerei Savoia-Marchetti S.55 bimotori idrovolanti. Fu un avvenimento eccezionale per l’epoca per il numero dei partecipanti in aerei e piloti (56 uomini). Sulla rotta per il Brasile, tappa finale Rio,  furono scelte sei basi. ( 3 )

Gli idrovolanti erano suddivisi in tre squadriglie: Nera (capitanata dal generale Italo Balbo), la Rosa nella quale volava Umberto Baistrocchi sull’aereo I-BAIS,la Bianca e la Verde. ( 4) Agli apparecchi vennero attribuiti un nominativo telegrafico risultante dalla “I” di idrovolante e dalle quattro prime lettere del cognome del primo pilota: dunque: I-BAIS (idrovolante Baistrocchi).

Sulla rotta della Crociera atlantica si posizionarono navi della Regia Marina che di notte facevano da fari e di giorno fungevano da rilevamento radiogoniometro, nonché per servire nella ricerca e salvataggio dei piloti in caso di incidente. (5 )

Durante la tappa da Bolama a Porto Natal, al decollo l’ I-RECA (Cap. Enea Recagno) perse velocità e nell’impatto con il mare morì il serg. Luigi Fois. Dopo 12 minuti l’ I-BOER (Cap. Luigi Boer) precipitò e tutto l’equipaggio perse la vita. (6)

Dopo 9 ore di volo l’ I-BAIS, l’idrovolante del capitano Baistrocchi dovette ammarare per il malfunzionamento dei radiatori. Il marconista di bordo lanciò un S.O.S. ma le cattive condizioni metereologiche e la bassa quota impedirono che il messaggio di soccorso giungesse alle navi appoggio. Il Regio Esploratore Emanuele Pessagno ricevette invece la comunicazione inviata dagli altri aerei della squadriglia che volavano ad una quota maggiore, accortisi dell’ammarraggio dell’I-BAIS, . Dopo diverse ore la nave riuscì a rintracciare l’idrovolante alla deriva e in balia delle onde in un mare sempre più agitato. Fatti salire a bordo gli uomini dell’equipaggio (Cap. Umberto Baistrocchi, Ten. Luigi Gallo, S.M. Francesco Francioli, 1° Av. Amedeo Girotto), fu agganciato l’aereo e rimorchiato fino all’isola Fernando de Noronha (7) e da qui ripartirono per il Brasile. Ma le onde altissime e il danneggiamento dei galleggianti, vanificarono gli sforzi e l’idrovolante, cozzando contro lo scafo della nave, si sfasciò; tagliando il cavo di traino fu lasciato affondare.                           Anche l’I-DONA ( Cap. Renato Donatelli) ammarrò in emergenza ma, assistito sempre dalla Regia Nave Passagno, riuscì a decollare.

La squadra atlantica, denominata anche “ prore alate” dopo 10.350 km ammarrò nella Baia di Rio e fu accolta dalle salve di cannone delle navi italiane e brasiliane ormeggiate nella rada.

Il 7 febbraio gli equipaggi degli idrovolanti ritornarono in Italia con il piroscafo Conte Rosso. Gli S55, invece, furono ceduti all’aviazione brasiliana in cambio di 50.000 sacchi di caffè.

L’impresa aviatoria riscosse in tutto il mondo grande entusiasmo e ammirazione per gli aviatori e il loro comandante Balbo e manifestazioni di simpatia anche al regime fascista che non aveva ancora dimostrato il suo vero volto ferocemente antidemocratico e razzista. In politica interna, le ovazioni per Italo Balbo che si prendeva tutta la scena internazionale, cominciarono ad infastidire Mussolini (8)

Nel 1935 tenente colonnello Umberto Baistrocchi si trovava in A.O.I. nel Comando Settore Aeronautico Ovest di Addis Abeba ove stazionava il I Gruppo di Ricognizione Terrestre, squadriglie 34ª, 103ª e 110ª . Gli aerei a disposizione erano IMAM Ro.37 bis ( alcuni di questi aerei vennero costruiti, su licenza Caproni, dallo Stabilimenti AVIS di Castellammare di Stabia) (9 ). Il 3 ottobre era scoppiata la Guerra d’Etiopia tra l’Italia e l’Impero del Negus Hailè Selassiè nell’ambito delle mire colonialiste del regime.

Il 2 ottobre 1936 Baitrocchi si distinse per coraggio e professionalità quando, primo pilota in solitaria, atterrò con il suo aereo un IMAM Ro.37 su uno spiazzo, con eufemismo denominato aviosuperficie, a Bonàia, nei pressi di Lechemti nella regione occidentale dell’Etiopia a circa 300 chilometri da Addis Abeba. Qui il 29 giugno 1936 furono uccisi, da guerriglieri etiopi, 13 piloti italiani della spedizione aerea italiana guidata dal generale Vincenzo Magliocco, decorati con M.O.V.M., tre furono i sopravvissuti ( 10 ). Missione – decollata da Addis Abeba a bordo di due bombardieri Caproni Ca. 133 e un ricognitore IMAM Ro.37 – con il compito di contattare alcuni capi tribù assicurando la fedeltà all’Italia. Tra le vittime Antonio Locatelli, asso dell’aviazione italiana egli, il 9 agosto 1918 in pieno conflitto contro l’impero austro-ungarico, volò su Vienna nella squadriglia comandata da Gabriele d’Annunzio. Locatelli il 30 luglio 1919, fu il primo italiano a sorvolare, con un aereo SVA 5, le Ande, toccando i 6.500 metri d’altezza. L’eccidio di Lechemti fu compiuto da giovani allievi della scuola militare di Olettà fedeli ad Hailé Selassié e contrari all’Italia. Con Baistrocchi si organizzò un ponte aereo e, con l’arrivo di uomini e materiali, il governatore locale, il degiac Hapte Mariam giurò fedeltà all’Italia. Per questa azione il ten. col. Umberto Baistrocchi fu decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare ( B.U.A.M., 1936, disp.31).

Dopo la parentesi in Africa Orientale, in considerazione della sua esperienza di pilota Baistrocchi, divenuto colonnello diresse, dal 1937 al 1941, il Servizio Meteologico dell’Areonaitica Militare,   che s’identificava con la I^ Divisione dell’Ufficio Centrale delle Telecomunicazioni e Assistenza al Volo, sostituendo il catanese prof. Filippo Eredia che lo aveva retto fin dal 1929. Eredia aveva partecipato alla spedizione polare Amundsen-Ellsworth col dirigibile Norge, e successivamente aveva seguito le vicissitudini della crociera atlantica del 1931. In quest’ultima, aveva apprezzato la professionalità dell’allora capitano Baistrocchi che, avendolo vissuto di persona l’esperienza dell’ammarraggio di fortuna, sapeva quanto fosse indispensabile conoscere le condizioni meteorologiche per la sicurezza delle missioni aeree. Con decreto ministeriale 6 dicembre 1938 fu nominato nella sottocommissione per la meteorologia nell’ambito dell Commissione internazionale per la navigazione aerea

Il colonnello Umberto Baistrocchi, scoppiata la seconda guerra mondiale, rivestì gli incarichi di Capo di Stato Maggiore e Vice comadante del Comando Aereo Sardegna. Per il suo comportamento come Generale di brigata, ebbe una onorificenza dell’Ordine Militare d’Italia con la seguente motivazione:” Quale Capo di Stato Maggiore e successivamente Comandante in 2.a dell’Aeronautica della Sardegna, durante 15 mesi di dura ed intensa attività operativa, partecipando personalmente a numerose missioni di guerra, portava prezioso contributo al potenziamento ed all’impiego dei mezzi aerei dell’Isola concorrendo efficacemente ai risultati brillanti e decisivi riportati nelle quattro battaglie aeronavali del 23 luglio 1941, 27 settembre 1941, 14 giugno 1942 e 12 agosto 1942”. L’isola subì pochi attacchi aerei dagli Alleati ma servi da “portaerei del Mediterraneo” per gli attacchi contro Malta e i convoglio inglesi sulla rotta Gibilterra-Malta- Alessandria d’Egitto. Il 23 lugli 1941 aerei decollati dagli aeroporti sardi bombardarono postazioni inglesi a Sollum in Africa Settentrionale.

Il 27 settembre, individuato un grosso convoglio inglese (denominato Halberd)al largo della Tunisia, decollarono dall’aeroporto di Decimomannu 11 aerosiluranti SM84 del 36° Stormo a cui si unirono altri aerosiluranti aerei SM79 da Elmas (108°,109° e 130°Gruppo), scortati dai caccia FIAT C.R.42 falco ( 24° Gruppo – 354^ squadriglia) decollati dall’aeroporto di Monserrato. Questa formazione appoggiò   la Squadra Navale comandata dall’ammiraglio Jachino. Un’altra azione che vide impegnato il colonnello Baistrocchi con gli aerei stanziati in Sardegna, fu la cd battaglia di mezzo giugno avvenuta fra il 12 e il 16 giugno 1942. Le forze aereo-navali dell’asse contrastarono due operazioni di rifornimento di Malta denominate in codice Harpoon e Vigorous. L’Aeronautica partecipò con cinque Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica, di base a Villacidro.

In agosto dello stesso anno, nella cd. battaglia aereo-navale di mezzo agosto ( 11 – 13) le forze italo-tedesche contrastarono efficacemente gli Alleati nel loro tentativo di rifornimento di Malta (operazione Podestal). La Regia Aviazione partecipò con 26 caccia monomotori Re.2001di scorta agli aerosiluranti ed ai Fiat C.R.42; subì l’abbattimento di 41 aerei, mentre ne persero 19. Umberto Baistrocchi lasciò il servizio nel 1948 con in grado di Generale di Squadra Aerea, presumibilmente morì negli anni ’80 a Roma dove si era stabilito.

Note

  • Per aiutare i francesi a combattere contro gli austro-ungarici, fu inviato in Francia un contingente di 60.000 uomini denominato TAIF Troupes Auxiliaries Italiennes en France con compiti di sostegno tecnico e logistico, per cui furono chiamati “armata operaia”. Nel 1918, invece, furono inviati altri 60.000 inquadrati nel II Corpo d’Armata. I soldati italiani del primo e del secondo scaglione, contribuirono a fermare l’avanzata nemica ed alla vittoria degli Alleati. Militare di carriera partecipò ai conflitti in Africa alla fine del secolo XIX, alla guerra italo-turca ed a quella mondiale, nonché al primo conflitto mondiale ricevendo numerose decorazioni ed arrivando fino al gradi di Generale di Corpo d’Armata alla fine degli anni ’30. Grande amico di Mussolini con cui ebbe sempre colloqui franchi, gli disse sulla imminente guerra mondiale: “La guerra che prevedete sarà lunga […] troverà l’universo diviso in due campi opposti per una lotta senza quartiere e perciò sarà lunghissima e all’ultimo sangue. Trionferà chi avrà saputo meglio prepararsi, resistere, alimentarsi. Il Mediterraneo non è nostro; l’Inghilterra lo domina […] la Francia e anche l’America (poiché ritengo che anch’essa sarà contro di noi) vorranno farci scontare il nostro grande successo in Africa”. Nel 1939 fu eletto senatore. Nel 1944 fu collocato in riserva per raggiunti limiti d’età. Il 18 aprile 1945 fu arrestato con l’accusa di fascistizzazione dell’esercito per l’inserimento della Milizia Fascista: processato al tribunale militare di Roma, fu assolto con formula
  • La trasvolata del Mediterraneo Occidentale, rotta Orbetello – Elmas – Pollensa – Los Alcazares – Porto Alfaques – Marsiglia – Orbetello, per un totale di 3000 Km, si svolse tra il 25 maggio e il 2 giugno 1928 e vide impegnati 51 idrovolanti S.59, 8 S.55, 1 Cant 22, 1 S.62.

Tra il 5 e 19 giugno del 1929 sulla rotta Taranto-Atene-Istambul-Varna-Odessa-Costanza-Istambul-Atene-Taranto-Orbetello, 35 idrovolanti S.55, 2 S.59, 1 Cant 22 percorsero 4.670 km

( 3) Le basi furono così prescelte: Los Alcazares, già nota per la Crociera del 1928 e base degli allenamenti compiuti nell’annata (1.200 km da Orbetello); Kenitra nel Marocco francese (700 km); Villa Cisneros nel Rio de Oro (1.600 km); Bolama nella Guinea francese (1.500 km). Quest’ultima era la base più avanzata dell’Africa per attraversare l’Atlantico e puntare verso l’America del Sud, dov’era l’altra punta più vicina, Natal (3.000 km). Lungo la costa brasiliana furono scelte Bahia (1.000 km) e Rio de Janeiro (1.400 km).

 

 

(4)

Gli aerei erano individuati da una banda sull’ala                                                                                       SQUADRIGLIA NERA
I-BALB / Gen. Italo Balbo, Cap. Stefano Cagna, Ten. Gastone Venturini, S:Ten. Gino Cappannini.
I-VALL / Gen. Giuseppe Valle, Cap. Attilio Biseo, M.llo Giovanni Carascon, S:M. Erminio Gadda.
I-MADD/ T:Col. Umberto Maddalena, Ten Fausto Cecconi, Serg. Cesare Bernazzani, S.Ten. Giuseppe D’Amonte.

SQUADRIGLIA ROSSA
I-MARI / Cap. Giuseppe Marini, Cap. Alessandro Miglia, Serg. Davide Giulini. M.llo Salvatore Beraldi.
I-DONA ( riserva) / Cap. Renato Donadelli, Ten. Pietro Ratti, Serg. Ubaldo Gregori, S.M. Raffaele Perini.
I-RECA/ Cap. Enea Recagno, Ten. Renato Abbriata, S.M. Francesco Mancini, Serg. Luigi Fois.
I-BAIS / Cap. Umberto Baistrocchi, Ten. Luigi Gallo, S.M. Francesco Francioli, 1° Av. Amedeo Girotto.

SQUADRIGLIA BIANCA
I-AGNE / Cap. Alfredo Agnesi, Ten. Silvio Napoli, 1° Av. Giuseppe Virgilio, S.M. Ostilio Gasparri.
I-DRAG/ Cap. Emilio Draghelli, Ten. Leonello Leone, 1° Av. Carlo Giorgielli, S.M. Bruno Bianchi.
I-BOER/ Cap. Luigi Boer, Ten Danilo Barbi Cinti, S.M. Ercole Imbastari, Serg. Felice Nensi.
I-TEUC ( riserva) / Ten. Giuseppe Teucci, Ten. Luigi Quest, 1° Av. Giuseppe Berti, S.M. Arnando Zana.

SQUADRIGLIA VERDE
I-LONG/ Magg. Ulisse Longo, Cap. Guido Bonini, M.llo Mario Pifferi, Ten. Ernesto Campanelli.
I-CALO/ Ten Jacopo Calò Carducci, S.M. Ireneo Moretti, 1° Av. Tito Mascioli, Serg. Augusto Romin.
I-DINI/ Ten. Letterio, Cannistracci, Ten Alessandro Vercelloni, Av.Sc. Alfredo Simonetti, S.M. Giuseppe Maugeri.

 

(5) la Divisione Navale al comando dell’Ammiraglio di Divisione Umberto Bucci,  era composta dalle seguenti unità della classe “Navigatori” divise in tre Gruppi: 1°- Nicoloso Da Recco, Luca Tarigo, Ugolino Vivaldi dislocati nel Centro Atlantico con base alle Isole Canarie; 2° Antonio Da Noli, Lanzerotto Malocelli, Leone Pancaldo per la zona americana con base a Pernambuco nel N.E. del Brasile; 3° – Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare dislocati nel lato africano dell’Oceano

 

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(6) Nei due aerei e andati perduti, erano morti il capitano Luigi Boer di Napoli, il tenente Danilo Barbicinti di Venezia, i sottufficiali Felice Nensi di Verona, Ercole Imbastari di Genzano, Luigi Fois di Iglesias..

 

( 7) Fernando de Noronha è un arcipelago situato di fronte alle coste del Brasile e distretto statale dello Stato di Pernambuco; l’isola più grande è quella che da il nome a tutto l’arcipelago. Scoperto da Vespucci nel 1503,

(8) Principali commenti della stampa internazionale                                                                                                   Temps: “Uno dei più bei successi di cui si sia mai vantata l’aeronautica militare”.                                                                                              Journal des débats:” Non possiamo che inchinarci dinanzi a questa transvolata che dà un carattere inedito e sensazionale al successo della squadriglia italiana”.                                                                                                        Echo de Paris: “Se il loro trionfo ci rallegra, deve anche renderci attenti: poiché è disgraziatamente fin troppo certo che la nostra idro-aviazione nazionale è ancora incapace di compiere manifestazioni tanto grandiose”.                                                                                                                                         Petit Parisien: “Successo splendido, che fa il massimo onore ai costruttori e agli equipaggi italiani”.                                                                 Daily Mail: “Meravigliosa dimostrazione di perfetto dominio dell’aria che fa epoca quasi quanto la traversata del medesimo Oceano compiuta 438 anni fa da un altro italiano: Cristoforo Colombo”.                                                                                                   The Sphere: accostando questo “spettacoloso volo” a quello di Lindbergh, “”l’Aquila solitaria” americana che elettrizzò a suo tempo il mondo con il suo arrivo a Parigi.                                                                                                               Morning Post:“L’avventura compiuta dagli idrovolanti italiani, impressionante sia come concezione che come esecuzione”.                                                                                                                                                          Frankfurter Zeitung: “Attraversare con dieci apparecchi in formazione l’Atlantico, su una distanza di tremila chilometri e alla velocità di 185 chilometri l’ora, costituisce una prova straordinaria dell’abilità e della bravura dei piloti, ma anche una brillante conferma della perfezione tecnica del materiale aviatorio adottato”.                                                                                                            Boersen Zeitung:”Bisogna dire che specialmente nell’organizzazione dei voli di formazione l’Italia è oggi insuperabile: neppure l’Inghilterra, che ha territori coloniali tanto estesi, ha sinora potuto offrire prove simili”.                                                                                                                         Hamburger Anzeiger:“l’Italia può contare sul più vivo riconoscimento, anzi sulla più grande ammirazione del popolo tedesco”.                                                                                                                                                                    Boersen Courier: “Il popolo tedesco non può non commuoversi dinanzi ad un’affermazione così grandiosa dell’audacia umana”.                                                                                                                                                                     Nemzeti Uiság: “I pionieri che hanno attraversato l’Oceano hanno compiuto atti eroici, tutti fondati sulla propria arditezza e sul proprio coraggio”.                                                                                                                                              Social-Demokraten:“Impresa unica nella storia dell’Aviazione”.                                                                                                                                         il New York Times saluta il “trionfo dell’Italia nell’aria”, spiegando come l’impresa sia stata compiuta “per richiamare l’attenzione mondiale sul progresso dell’aviazione italiana e anche per stimolare il commercio fra Sudamerica e Italia”.                                                                                                                                     Evening Telegraph: “Come l’ombra di un falco sopra una uccelliera, il volo transatlantico del Generale Balbo con una squadra di dodici possenti apparecchi pesa inquietante e tormentoso sopra questa Capitale e sulle altre del mondo”.                                                                                                                                                           Washington Evening Star:“Eroica impresa degli intrepidi cavalieri dell’aria del Duce, autentica conquista di pionieri destinata ad aprire nuove prospettive nell’indefinita possibilità degli aerotrasporti”.                                                                                                                                                New York American: “Onore all’Italia e all’energico Mussolini, che mai esita o si arresta”.                                     Nacion, che l’aeronautica argentina “riesca a trarre da questo raid gli utili insegnamenti che tanto le abbisognano”.                                                                                                                                                   Patria degli Italiani traccia un parallelismo tra gli aviatori vittoriosi, “aquile dell’Italia che hanno segnato tracce nel cielo”, e gli stessi emigrati, “pionieri che hanno tracciato e battuto le strade all’espansione italiana”.                                                                                                                    Diario Nacional: “La perfezione degli apparecchi, l’organizzazione perfetta, lo slancio ammirevole dei piloti, la serena energia del grande condottiero Italo Balbo”                                                                                                                 Correio da Manhã: “Lo spirito militare che ha presieduto all’organizzazione e all’esecuzione del piano di questo grande volo, eloquente testimonianza dell’elevata capacità tecnica che dirige e stimola le forze armate della nuova Italia”.

 

( 9) Lo stabilimento stabiese fu fondato nel 1909 e denominato “Opificio Meccanico e Fonderia Catello Coppola fu Antonio”. Nel 1917 il proprietario fu Teodoro Cutolo che lo ribattezzò Società Anonima Avio Industrie Stabiesi-Catello Coppola fu Antonio”. Nel 1935 la società venne venduta al Gruppo Caproni che commissionò 6 aerei da ricognizione IMAM Ro.3 Lince a cui seguirono altre 62 commesse. Nel 1937 furono ordinati, in più riprese, 126 apparecchi da addestramento IMAM Ro.41

 

( 10) Furono decorati con Medaglia d’Oro al Valor Militare:                                                                                                 Vincenzo Magliocco, generale di brigata aerea; Mario Calderini, colonnello di stato maggiore;Antonio Locatelli, maggiore pilota; Mario Galli, capitano pilota; Antonio Drammis dei Drammis, capitano osservatore; Gabelli Luigi, tenente pilota; Giorgio Bombonati, maresciallo pilota; Renato Ciprari, sergente radiotelegrafista; William D’Altri, 1º aviere motorista; Alberto Agostini, 1º aviere motorista; Giulio Malenza, aviere scelto; radiotelegrafista; Adolfo Prasso, ingegnere (civile).                                                                                        Sopravvissuti: Don Mario Borello, tenente cappellano; Degiasmacc Dereje Mekonnen, interprete;Ato Adera, interprete;

Bibliografia

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Rochat Giorgio: Italo Balbo. Lo squadrista, l’aviatore, il gerarca. UTET. 2004.

Da Internet:

Battaglia a la Galite – decimomannuairbase www.decimomannuairbase.com/battaglia-a-la-galite.html

Stormi in volo sull’Oceano di Italo Balbo | Giuseppe …

https://giuseppealessandri.myblog.it/2017/07/05/stormi-in-volo-sulloceano-di-italo-balbo

SOTTO DI NOI L’OCEANO Pubblicato il 9 luglio 2011 da Daniele in Storia e Aerofilatelica

www.aeronautica.difesa.it/comunicazione/editoria/rivmeteorologia/orainedicola/