La neve a Castellammare è una rarità e svegliarsi con l’arenile imbiancato è uno stupendo regalo. (GUARDA LA FOTOGALLERY)
La neve a Castellammare è una rarità e svegliarsi con l’arenile imbiancato è uno stupendo regalo. (GUARDA LA FOTOGALLERY)
A gennaio i sentieri del Faito sono coperti di neve, un velo di freddo e candido bianco che ammanta tutto smorzando le forme, i suoni e i colori del paesaggio.
Cammino nella neve e sento solo il rumore dei miei passi, il mio respirare affannato, sono diretto alla cima del Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi, ho intenzione di monitorare alcune piante rare.
Cammino nella neve e penso che un tempo questo monte era ricco di una laboriosa comunità di lavoratori addetti all’industria della neve. Mi fermo a riposare in prossimità di un’enorme buca circondata da maestosi faggi secolari, è una delle tante fosse, una neviera, dove nel periodo invernale si ammassava la neve caduta sul monte.
Uno strato di neve e uno strato di foglie di faggio, altra neve e altro strato di foglie, così si procedeva finché la fossa non era piena poi, a chiudere il tutto, uno strato di foglie e uno di terra. Il fresco della montagna e l’ombra del bosco avrebbero protetto quel carico prezioso nei mesi successivi così da farlo arrivare intonso alla calda estate quando la neve sarebbe stata cavata in blocchi rettangolari, avvolti in panni di canapa, e trasportata nel modo più veloce possibile, per evitare la liquefazione, verso le vicine città della penisola e del vesuviano, per allietare il palato di chi poteva permettersi il lusso del fresco nella calura estiva. Continua a leggere
di Ferdinando Fontanella
Correva l’anno 2010 quando, dalle pagine del periodico Il Gazzettino Vesuviano, denunciammo l’esistenza di una grande discarica abusiva nei pressi dei boschi di Quisisana, lungo la via Giusso che porta al Monte Faito.
In una zona ad alto rischio di dissesto idrogeologico, era stata sversata illegalmente una impressionante quantità di rifiuti edili.
Questo accumulo altamente instabile gravava, come la spada di Damocle, sul centro antico della città. La denuncia suscitò forte preoccupazione e indignazione, le indagini che seguirono, condotte dalle forze dell’ordine, portarono al fermo di alcuni autotrasportatori che si accingevano a depositare nottetempo il loro carico di rifiuti. Continua a leggere
a cura del naturalista dott. Ferdinando Fontanella
Da bambino ho trascorso interi pomeriggi a realizzare piccole tartarughe con i gusci delle noci. Mi divertivo, ero contento, stavo bene. Oggi, a distanza di anni, ho riscoperto questa fantastica sensazione. Nell’ambito di un progetto di educazione ambientale ho avuto l’onore d’insegnare agli alunni del “Terzo Circolo San Marco” questo fantastico gioco. Vedere i bimbi indaffarati ad usare la fantasia per divertirsi è la cosa che più mi dà speranza. Sono fermamente convinto che il territorio conserva ancora le risorse naturali e l’energia culturale per riprendersi. Questo piccolo gioco, la cui realizzazione allieta e stimola la creatività dei più piccoli, riallacciandoli all’anima del territorio, può contribuire a non far morire la speranza di un futuro migliore. Quello che non potrà mai fare un freddo ed estraniante gioco elettronico.
Materiali e metodo: