Archivi autore: Ferdinando Fontanella

Informazioni su Ferdinando Fontanella

Collaboratore di Redazione Naturalista e giornalista pubblicista, è laureato in Scienze della Natura, con specializzazione in Divulgazione naturalistica e Museologia scientifica, presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. E' responsabile della pagina Twitter di LR.

Scatti d’Autore: Ferdinando Fontanella

Stabiae: visione naturalistica

Ippocastano in fiore… in primavera, vi aspetta al viale d’ingresso alla Reggia di Quisisana.


 

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Purchiacchielli a fungetiello ( Portulaca a funghetto )

Su gentile concessione del naturalista stabiese dott. Ferdinando Fontanella.

purchiacchielli

purchiacchielli

La pianta che nel dialetto stabiese è conosciuta come “Purchiacchiello” è per la nomenclatura scientifica Portulaca oleracea L. In Campania è nota anche come: Perchiacchiella, Porchiacca, Porcellana, Chiaccunella. Si tratta di una pianta erbacea annuale, dal portamento prostrato con fusto e foglie succulenti di colore verdastro con riflessi rosso-bruno. I rami primari e secondari spessi come il fusto principale determinano un accrescimento radiale della pianta che arriva ad occupare aree con diametro superiore anche a 60 cm . per tale motivo gli Arabi l’hanno denominata baqla hamqa, che significa ‘pianta pazza’ o ‘pazzesca’ a causa del modo in cui i rami si estendono per terra senza alcun controllo. Si tratta di una pianta infestante delle colture orticole, originaria dell’Asia, oggi diffusa in tutto il mondo. La Portulaca è interamente commestibile ed è conosciuta fin dall’antichità come importante pianta alimentare e medicinale. La tradizione contadina stabiese annovera due metodi per cucinare i purchiacchielli. Continua a leggere

La storiella del piscialetto: aneddoto stabiese per ricordare una pianta pericolosa

Sono certo che vi state chiedendo che cos’è il piscialetto? Potrei rispondere che si tratta di una pianta, ed è vero. Ma non è soltanto questo, è anche una storiella che da bambino avrò ascoltato un milione di volte. Non so chi l’abbia ideata, ma sono sicuro che chi l’ha fatto, conosceva bene la natura e amava i bambini. Ed è proprio ai bambini che la storiella del “piscialetto” è dedicata. Grazie alla domanda di un bimbo il suo ricordo è riaffiorato nella mia memoria. Continua a leggere

E si ve mangiasseve ‘o limone?

E si ve mangiasseve ‘o limone?

a cura di Nando Fontanella e Corrado Di Martino

Pasta aglio, olio e limone

Il limone, il limone non è un agrume, il limone è una gemma preziosa. Quale altro frutto può guarire malattie come lo scorbuto, quale può decolorare i capelli, quale divenire liquore, chi può dare effervescente vigore alle vivande, cosa può lenire il mal di gola, gli spasmi addominali o purificare le ferite, se non il limone? Il limone, il succo di limone cuoce alimenti e verdure lasciando invariata la loro temperatura, insaporisce sorbetti, dolci, confetture.

Della famiglia delle Rutacee, il Citrus Limon, è un piccolo albero sempreverde alto 2-7 m. Chioma rotonda, fittamente ramosa, con ramuli spinosi. Tronco eretto, breve, con corteccia grigio-scura, liscia negli esemplari giovani diventa squamosa con l’andare del tempo. Cresce nell’arco altimetrico tra 0 e 800 metri s.l.m., il suo periodo di fioritura è: Gennaio-Dicembre; comunemente coltivato sui Monti Lattari, nella penisola sorrentina e a Capri. La limonicoltura in penisola sorrentina, è da lungo tempo, tra le principali attività agricole del territorio, ed è base di un’intera economia, ad esempio è molto redditizia la produzione del liquore Limoncello, gustosissimo infuso alcoolico di bucce ricche di olii  essenziali;

abilmente manipolato il limone diviene gustosi piatti, dolci e salati, della cucina locale, prodotto artigianale e industriale. Prima della larga diffusione dei detersivi chimici, i frutti non buoni per la vendita erano adoperati per lavare, bicchieri e posate, pratica che fino a qualche tempo fa era comune agli acquafrescai prima di preparare lo “sciacquapanza”, acqua, limone e bicarbonato. In cucina, ‘a pasta cunciata, è un piatto prelibato, veloce da prepararsi e di poca spesa. Pensate che questo piatto tipico della cucina povera. Fu una efficace panacea durante un’epidemia di influenza. La pasta cunciata (condita) è nota in due versioni, quella estiva, quindi fredda, e quella invernale, calda, e siccome di questi tempi viviamo una confusione atmosferica, vi riportiamo di seguito entrambi le ricette, raccomandando: magnàteve ‘o limone

 

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Paleolitico a Castellammare

Un raschiatoio in selce, risalente al paleolitico, ritrovato nel 2004 al Vallone Scurorillo di Castellammare aiuta a riscoprire il passato antico della città

Lo studio dell’occupazione di un territorio da parte dell’uomo può essere affrontato da diverse prospettive spazio-temporali. È noto che la storia inizia quando l’uomo lascia testimonianze scritte della sua cultura. Il lavoro dello storico consiste nel rintracciare questi documenti ed utilizzare le informazioni contenute in essi per ricostruire una probabile successione di avvenimenti. Il lasso di tempo durante il quale l’uomo non ha lasciato testimonianze scritte viene indicato come preistoria.

Manufatto litico (foto Ferdinando Fontanella)

Manufatto litico (foto Ferdinando Fontanella)

L’indagine preistorica è competenza dell’antropologo che alla stregua dello storico si prefigge l’obiettivo di ricostruire una probabile successione di avvenimenti, ma deve fare affidamento su un diverso tipo di fonti, testimonianze dirette, non scritte, dell’attività culturale. Una delle poche testimonianze della presenza dell’uomo sulla terra, per un lungo periodo di tempo, è il ritrovamento di una moltitudine di manufatti litici, ossia, utensili in pietra fabbricati intenzionalmente da uomini figli di una cultura paleolitica. È storicamente accertato che fin dall’antichità (epoca romana e preromana) l’uomo occupa il territorio dove oggi sorge la città di Castellammare di Stabia. Poco o nulla si sa della presenza di eventuali popolazioni umane paleolitiche. L’unico reperto che le testimonia è un manufatto litico da me ritrovato al Vallone Scurorillo. Nel maggio 2004, durante un’escursione naturalistica al Vallone, rinvenivo ai piedi di un dirupo in un cumulo di ghiaia calcarea una selce, roccia silicea insolita in penisola sorrentina, che per la particolare forma mi ha subito fatto pensare che potesse essere un manufatto litico.

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