Archivi autore: Giuseppe Zingone

Informazioni su Giuseppe Zingone

Collaboratore di Redazione Insegna a Roma, vive a Ladispoli, nutre molti interessi, come: la storia religiosa, l'arte, la fotografia e l'amore per la sua Castellammare di Stabia.

La fiumana di gente all'Arco del Cognulo in occasione della processione di Gesù Bambino (disegno Edis - 12-08)

Natale al Cognulo sulle tracce del passato

Natale al Cognulo sulle tracce del passato
di Enrico Discolo

Del Natale a Castellammare di Stabia non ci rimane altro, attualmente, che la messa di Mezzanotte nelle chiese cittadine e un presepio vivente che viene rappresentato, da alcuni anni, alla Madonna della Libera, frazione Camerelle costituita da un’antica borgata. Il villaggio si sviluppa sulle terrazze del Monte San Cataldo e fa da cornice al famoso ed omonimo Santuario in cui si venera la Madonna della Libera.
Ma dovete sapere che circa sessanta anni fa, nella notte di Natale, c’era ancora, una tradizione molto bella e suggestiva: la processione del bambino Gesù, al rione Cognulo. Un agglomerato urbano attraversato da una stradina, che dalla falda montana arrivava fino al porto attraverso via Santa Caterina e da questa per mezzo d’‘o pertuso d’‘o Cugnulo, un tunnel piccolo ad altezza d’uomo sotto i fabbricati, sbucava in via Bonito.
In meno di ottocento metri, dalla Pacella al porto, la città di Castellammare di Stabia vantava una zona del suo Centro antico come la più popolosa dei paesi vesuviani.

Dopo la messa di mezzanotte, che si celebrava nelle numerose chiese del centro storico: Santa Caterina, Santa Maria della Pace, Madonna del Soccorso, Spirito Santo, Santa Maria di Portosalvo e della chiesetta del Cuore di Maria in via Benedetto Brin tutti i fedeli tornavano nelle proprie case per il gioco della tombola e la preparazione di capaci vassoi di struffoli (fritti nel pomeriggio) immersi nel miele dorato e arricchiti di diavoletti multicolori (‘e cunfettielle).
I saporiti dolci natalizi venivano poi aromatizzati con l’Anice, il liquore che personalmente definisco come “il sapore e il profumo dell’inverno”.
Nonna Assunta aveva l’incarico di preparare “‘a ciuculata” il cui odore incentivava un certo languorino di stomaco, che veniva poi placato con una generosa porzione di struffoli e una fumante tazza di cioccolata ben calda e fragrante di scorza di limone.

Alle tre e mezzo del mattino si usciva di nuovo per andare a vedere e partecipare alla processione di Gesù Bambino, che si faceva proprio nella strada del Cognulo con l’inizio canonico, fissato e sempre rispettato, alle ore quattro della mattina di Natale.

In quella ora antelucana via Santa Caterina presentava uno spettacolo eccezionale per quei tempi così moderati e parsimoniosi. Una fiumana di gente imbacuccata si recava ad affollare la salita del Cognulo che iniziava proprio sotto l’antico e storico arco che si trovava al centro di Santa Caterina. Le botteghe erano tutte aperte e i fasci di luce che fuoriuscivano da esse sciabolavano, da un lato all’altro della carreggiata stretta, variopinte e luminose proiezioni, animate e ritmate dalle ombre grosse e nette che il passaggio continuo dei passanti creava sulle pareti dei palazzi.

La fiumana di gente all'Arco del Cognulo in occasione della processione di Gesù Bambino (disegno Edis - 12-08)

La fiumana di gente all’Arco del Cognulo in occasione della processione di Gesù Bambino (disegno Edis – 12-08)

L’eccitazione di noi ragazzi cresceva quando udivamo, ancora lontano, il suono della banda musicale che arrivava dal Largo Pace.
Io e la mia famiglia avevamo una posizione strategica per vedere tutta la cerimonia natalizia che da lì a momenti si sarebbe celebrata.
Subito dopo il ponte della Vesuviana possedevamo un giardino di famiglia ben curato da zio Catello Ziino che abitava al primo piano del palazzo che si trovava subito dopo la linea ferroviaria. Continua a leggere

Fontana Grande (1820). Silvester Scedrin

Fontana Grande nel 1820

Fontana Grande nel 1820

di Giuseppe Zingone e Maurizio Cuomo

Sin dalla sua nascita, liberoricercatore.it ha fatto del suo meglio per accompagnare i suoi lettori alla riscoperta di Castellammare di Stabia. Ad oltre quindici anni di distanza, grazie al costante lavoro dello staff di redazione, la “mission” del nostro portale,1.non è cambiata.

Il contesto cittadino (specchio di un deprimente scenario nazionale), si rivela sempre più spesso frammentario ed individualistico, ci spinge (per non venir meno ai nostri propositi) anche ora mentre vi scriviamo a: cercare, documentare, fotografare, creare nuovi contenuti, per non smarrire i nostri gloriosi trascorsi. Per sopperire alla men peggio alla mancanza di una seria politica divulgativa, nel nostro piccolo, in tutti questi anni abbiamo cercato di fornire al cittadino stabiese, gli strumenti necessari per riappropriarsi del proprio passato, recuperare la propria identità, realizzare una nuova cultura che affondi le proprie radici nel cuore di Castellammare.

Ancora una volta, dobbiamo ringraziare i nostri lettori che abbracciando spontaneamente la causa di liberoricercatore.it, con gratuito ed assoluto spirito collaborativo, rendono ancor più radicale e perfetta la nostra funzione divulgativa. Nello specifico quest’oggi, vi mostriamo con assoluto piacere, il dipinto segnalatoci dall’arch. Salvatore Gallo, il quale è riuscito a recuperare una rarissima immagine di Castellammare che ha reso fiero tutto lo staff.

Fontana Grande (1820). Silvester Scedrin

Fontana Grande (1820). Silvester Scedrin

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  1.  Liberoricercatore.it, nonostante si sia avvalso nel tempo di numerose collaborazioni, mantiene sempre e comunque, sani e saldi i propri principi di divulgazione culturale che rifuggono da: esibizionismi personali, colori politici e qualsivoglia altra discriminante che possa ledere la vera Cultura
Ritaglio di una foto immortalata dal compianto Mimì Paolercio

Il terremoto del 23 novembre 1980

Il terremoto del 23 novembre 1980

“Per ricordare un anno prima del trentennio le vittime del terremoto dell’80”

di Giuseppe Zingone

Premessa:

La memoria storica da sempre affidata ai ricordi delle persone anziane, nella moderna società civile tende ad essere smarrita e dunque ricordi, parole, detti, racconti terminano con la perdita dei nostri cari che lasciano questa terra. Ne consegue, che smarrendo queste memorie inevitabilmente restiamo privi della nostra stessa storia. È pur vero che oggi, assistiamo sempre più ad iniziative personali a breve e lungo raggio che cercano nel loro piccolo di recuperare frammenti di vita vissuta, di un uomo, di un quartiere, di una intera città, e vorremmo additare ad esempio virtuoso “La Banca della Memoria”(1) nata a Torino per l’amore di quattro giovani ed il cui modello viene oggi esportato nel mondo. Lo stesso liberoricercatore germoglia a Castellammare di Stabia, nel tentativo di restituire alla Città una memoria comune, scavando le radici del nostro passato. Castellammare di Stabia è una Città-memoria! Un agglomerato urbano che porta inciso nella fisicità del proprio territorio le tracce di avvenimenti passati di cui molti sono i segni tangibili. Le distruzioni ad opera dell’uomo e della natura, indussero alcuni suoi cittadini ad attribuirle il motto “Post fata Resurgo”(2) che suona come una ricerca permanente di rinnovamento, una volontà delle sue genti che costantemente vollero che rinascesse dalle propri ceneri, come l’Araba Fenice. Il terremoto dell’Ottanta si pone nella storia della nostra Castellammare come spartiacque, cerniera di epoche assai diverse tra loro quasi senza continuità: da un lato la reputazione di Città turistica e industriale assieme, con i suoi piccoli problemi che iniziavano ad evidenziarsi alla fine degli anni Settanta e di cui ci rimangono oggi solo immagini da cartolina; d’altra parte, il dopo-terremoto che evidenzia una Città in declino, il cui apice, è la guerra di camorra tra i D’Alessandro e Imparato; senza dimenticare le problematiche connesse al mondo del lavoro (e del Sud) che fa degli stabiesi, menti e braccia esportate nel mondo.

Ritaglio di una foto immortalata dal compianto Mimì Paolercio

Ritaglio di una foto immortalata dal compianto Mimì Paolercio

La mia personale esperienza: Mio padre la stessa sera del terremoto del 23 Novembre 1980, guardando me e mia sorella più grande, disse: “Racconterete voi a vostra sorella Annalisa (di un anno), ciò che è accaduto oggi!”, ed io qui ora mantengo la mia promessa. Così è nella mia memoria il terremoto, rapido e funesto! Un evento non preannunciato, che fa della natura, la mano efferata che si abbatte sui suoi figli; una natura a dire il vero troppo spesso inascoltata ed offesa. Gli uomini dunque vittime dei loro stessi errori, come ci ricorda tragicamente il più recente terremoto dell’Aquila. Sono trascorsi quasi trent’anni da quel sisma che ebbe il suo epicentro in Irpinia e che con questo nome è passato alla storia, ma che sconvolse anche la nostra terra(3). Era Domenica, ed il terremoto ci colse così… mentre stavamo giocando, i miei nove anni sparirono in un attimo, altri non ebbero più modo di contare i propri, è bastata una scossa ed il boato che squarciava la terra, portò con sé decine di vite che intrapresero insieme un unico cammino. Per molti miei coetanei quella sera ebbe termine la spensieratezza, la gioia e i giorni divennero grigi. Ci scoprimmo improvvisamente adulti, Richter e Mercalli divennero i nostri compagni di gioco; come la consapevolezza dell’assestamento e l’immancabile paura che ci perseguitò per molto tempo, e che spesso riemerge nelle mie notti insonni. Molte parole nuove come: scosse telluriche, sussultorio e ondulatorio, sisma, magnitudo, container, baraccopoli andarono ad arricchire il nostro vocabolario. Lo studio, in attesa delle dovute verifiche si fermò, la Scuola Media Statale Alfredo Panzini, sotto la reggenza del Preside De Simone, unica nel Centro Antico di Castellammare portò “i propri banchi in tasca” spostandosi all’Ex Ufficio Sanitario (via Amato) zona Ferrovia. Alcune partite dei Mondiali dell’Ottantadue le vedemmo a scuola, per i turni pomeridiani, e solo nel 1983 quando frequentavo la seconda media, riacquistammo la nostra nuova sede, nei pressi della Fontana di San Giacomo, dove si trova ancora oggi. Continua a leggere

Castellammare nel golfo di Napoli, Jacob Alt (1837) galleria Liberoricercatore

Castellammare nell’Ottocento

Castellammare nell’Ottocento

di Giuseppe Zingone

Castellammare, Gouche, 1870

Furono i Borbone come abbiamo scritto a rendere Castellammare una città moderna e industrializzata, (La strada di ferro per Castellammare, Castellammare nella guida Bradshaw) ed insieme a nobili visitatori giunsero per mare prima e con la ferrovia dopo molti stranieri, chi con capitali da investire, chi con guide da viaggio, altri con un semplice taccuino da appuntare che fortuna assistendo, avrebbe visto la stampa, una volta rientrati in patria.

Viaggiare da Napoli a Castellammare era alquanto scomodo via mare e la forza motrice delle braccia andava pur ripagata. Ma cosa sappiamo?

Imbarcazioni: “Una barca con 4 remi costa al giorno 3 piastre; con 2 remi, da Napoli a Portici, 1 duc.; un seggiolino in barca che vela quotidianamente per Sorrento, Castellammare, Capri, Torre del Greco o Ischia costa 20 grani“.1.

Castellammare nel golfo di Napoli, Jacob Alt (1837) galleria Liberoricercatore

Jacob Alt, Castellammare nel golfo di Napoli, Galleria Liberoricercatore

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  1.  Boats: A boat with 4 oars costs per day 3 piastres; with 2 oars, from Naples to Portici, 1 duc.; a seat in the market boats which sail daily for Sorrento, Castellammare, Capri, Torre del Greco, or Ischia, costs 20 grani” “. In Jhon Murray, A Handbook for Travellers in Southern Italy, terza edizione London 1858, Paragrafo 27.
Carichi pendenti, foto Giuseppe Zingone

Carichi pendenti

Carichi pendenti

di Giuseppe Zingone

Carichi pendenti, foto Giuseppe Zingone

Carichi pendenti, foto Giuseppe Zingone

Tra i saliscendi da via Viviani a San Giacomo lo sguardo non poteva non soffermarsi sui “carichi pendenti” e che carichi! Vi confesso che oltre a guardare dove metto i piedi, spesso guardo in alto, con la speranza di meravigliarmi come quei bambini che osservando il presepio restano stupefatti davanti alla Natività o come quei pastori detti della “meraviglia” intenti ad ammirare gli angeli o il Santo Bambino.

Salita Quisisana, foto Ferdinando Fontanella

Salita Quisisana, foto Ferdinando Fontanella

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