Archivi autore: Massimiliano Greco

Informazioni su Massimiliano Greco

Appassionato di tradizioni e cultura stabiana, nonché profondo conoscitore di arte presepiale, è fondatore e presidente dell'A.S.A.P. (Associazione Stabiese dell'Arte e del Presepe).

Natale in casa Greco 2

Natale in casa Greco 2

di Massimiliano Greco

A destra Bonifacio davanti alla natività

Del Natale della nostra infanzia ne ha parlato ampiamente mia sorella Paola in un articolo di qualche anno fa, “Natale in casa Greco“, per cui cimentarmi sullo stesso argomento sarebbe un’inutile ripetizione perché i nostri ricordi, al netto di qualche piccola sfumatura, collimano perfettamente.
Piuttosto vorrei soffermarmi brevemente sulle persone che frequentavano casa nostra, argomento appena sfiorato in quell’articolo.
Ovviamente casa Greco era frequentata in prevalenza da appassionati del presepe provenienti da tutta la Campania con prevalenza dalla fascia costiera che va da Sorrento a Napoli; amici, conoscenti, appassionati o semplici acquirenti, anche negozianti di quella San Gregorio Armeno, completamente diversa da quel che è oggi e da ciò che si racconta fosse. Ma questa è un’altra storia che prima o poi dovrà essere raccontata.
Esclusa la politica, argomento trattato molto raramente ed in occasioni diciamo molto particolari, e l’argomento calcio che a mio padre non interessava affatto, l’unica volta che l’ho visto appena contento per il risultato di una partita che non aveva nemmeno visto fu l’11 luglio del 1982, finale Italia – Germania ai mondiali di Spagna e solo perché avevamo battuto gli “odiati” tedeschi, l’unico argomento che teneva banco in casa era il presepe.
Da casa nostra negli anni saranno passate un numero imprecisato di persone: collezionisti, antiquari, storici, professionisti e tanta gente comune.

La natività, Giuseppe

L’elenco sarebbe lunghissimo per cui mi limiterò a citarne alcuni scusandomi fin da ora per le eventuali dimenticanze:
I Catello, noti collezionisti napoletani, Gennaro Borrelli, Vincenzo e Teodoro Fittipaldi, Alfonso Laino con il figlio Alfredo e la moglie Lina, i Parlato, la signora Gargiulo che aveva un negozio di antiquariato al corso nei pressi della stazione e tutti gli appassionati/collezionisti di Sorrento, i Buono di Sant’Agnello, il prof. Umberto De Martino di Meta di Sorrento che per anni ha insegnato a Castellammare, don Mimì Giannotti noto commerciante napoletano, don Luigi Acanfora, Michele Tuoro, gli allora giovanissimi fidanzati Salvatore Sabatino e Ornella Iezzone e gli amici presepisti di Torre del Greco, Pietro “Giosuè” Romano di Torre Annunziata o Giacchinopoli come diceva mio padre per prenderlo in giro e con il quale litigava, per così dire, per la proprietà dello scoglio di Rovigliano, Pasquale Cirillo e molti altri di cui non ricordo il nome.
E poi gli amici storici di Castellammare: Ulderico Meledandri con la moglie Jolanda, Vittorio Esposito con la moglie Angela, Tonino Milano con la moglie Maria, don Ciccio Acanfora, Ciccillo De Angelis che abitava a Villa Vollono, Raffaele Puglia con la moglie Leonina, Saverio De Angelis, Ciro Vanni. Pasquale Stigliano di cui ricordo la bravura di miniaturista e il numero di matricola tatuato sull0avambraccio sinistro, triste regalo del nazifascismo. Don Antonio Esposito, il sacerdote mago della microminiatura presepiale ed ultimo ma non per importanza, Mario Vanacore, amico fraterno e a tutti gli effetti ottavo membro della famiglia Greco-Filosa.
E mentre gli uomini discutevano di pastori e presepi, accalorandosi proprio come fanno i tifosi di calcio, le mogli si intrattenevano con mia mamma e i figli con noi ragazzi.
Ovviamente le visite si ricambiavano e noi tre figli, Francesco era più grande e già autonomo, abbiamo conosciuto e frequentato le abitazioni di tutti i presepisti.
Ricordo come se fosse ieri le visite a Napoli dai Giannotti a vico Santa Luciella, una stradina che collega San Gregorio Armeno a San Biagio dei Librai.
Mentre mio padre si intratteneva con don Mimì per parlare di pastori e affari e mamma con la moglie Elena, noi tre insieme ai figli Carlo, Enzo ed Elisa, passavamo le ore a giocare nell’androne del palazzo.
Ricordo anche diversi personaggi, alcuni molto particolari e tra questi: quello che etichettammo come ‘o mbrellino ‘e seta, perché puntiglioso fino all’eccesso, ‘mpicciuso insomma, il tipo che ogni volta che acquistava o ritirava un pastore restaurato chiedeva sempre: “Antò, e nun ce mettimmo niente mmano a stù pastore!”, come se i finimenti cioè gli accessori che servono a completare un pastore o una scena non avessero un costo e quello con la voce da gagà, parlava quasi come ‘o Barone di Operazione San Gennaro, che ogni volta che vedeva qualcosa che gli piaceva in maniera particolare esclamava: don Antonio, è veramente bellillo.
E poi la nota scrittrice di cui non dirò né il nome né la città perché sarebbe facilmente identificabile, che pretendeva che mia mamma le vestisse un pupazzo molto in voga negli anni ‘70, il monaco che premuta la testa, tirava fuori tutta la sua virilità.
Alla richiesta, mia mamma lle facette na cera e la liquidò con eleganza.
Non di rado, veniva a farci visita anche Francesco Paolo Bonifacio, ai tempi Presidente della Corte costituzionale, stabiese DOC e politico di alta levatura morale.
E una sua visita per vedere i presepi mi rimanda ad un altro ricordo; una Natività e due storie che seppur lontane negli anni l’una dall’altra, in qualche modo si legano.
Siamo nella seconda metà degli anni ’70, i cosiddetti anni di piombo.
Il rione Spiaggia dove abitavamo era tutto sommato tranquillo; nulla di eclatante a parte qualche litigio dovuto a qualche “capa scarfata” e le scorribande di una “chiorma ‘e fetienti” quali eravamo.
Qualche personaggio un po’ naïf e tanta brava gente.

La natività, Maria

Vedere un’auto blu di grossa cilindrata con tanto di lampeggianti ed i carabinieri con i mitra spianati ai lati del nostro portone impressionò non poco i nostri vicini.
Signora Clizia, chiesero il giorno dopo a mia madre, cosa è successo, cosa facevano i carabinieri a casa vostra?
E mia madre: Non è successo nulla, abbiamo ricevuto la visita di un amico.
Torno indietro di qualche anno, precisamente a dicembre 1959, viaggio di nozze dei miei genitori, un dicembre freddo e piovoso.

I signori Greco in viaggio di nozze a Roma

Dopo vari giorni di pioggia e di freddo, la brillante idea di mio padre: Clizia, visto il tempo inclemente, torniamo a casa, il viaggio lo continuiamo un’altra volta.
Fermiamoci a Napoli e andiamo a comprare due impermeabili.
Camminando per Napoli, per caso ma non ci giurerei più di tanto, arrivarono a via Costantinopoli, la nota strada degli antiquari.
Mia mamma, santa donna, aveva mangiato la foglia ma stette al gioco.
Quando papà con aria tra l’indifferente e il consapevolmente colpevole uscì dal negozio dell’antiquario con due cartocci in mano, aveva comprato una Madonna ed un San Giuseppe di legno, del tipo a manichino snodabile alla Pinocchio alti una settantina di centimetri, mia mamma gli disse: “Antò, quanno chiove, ce mettimmo ‘a Madonna e San Giuseppe ‘ncapa!”.
L’elemento che lega in qualche maniera queste due storie è questa Natività comprata a Napoli e la foto che allego, ritrae l’onorevole Bonifacio proprio davanti ad essa.
Oggi tanti amici di mio padre legati al mondo del presepe e sparpagliati in tutta Italia sono diventati miei amici.
Ciò che mi rende infinitamente orgoglioso dei miei genitori è constatare che hanno lasciato un ottimo ricordo, è sentire l’affetto che ancora oggi gli amici e quelli che li hanno conosciuti, nutrono nei loro confronti.
Ricevere a distanza di anni sinceri attestati di stima anche da persone a me sconosciute che mi dicono di aver conosciuto mamma e papà, è per me la gioia più grande.

Tutto il materiale in oggetto appartiene alla Famiglia Greco, si ringrazia Massimiliano Greco per la gentile concessione.

Articolo pubblicato il giorno 16 dicembre 2024


Presepe Stabiano - Anno 1955 (foto Mirabile)

I documenti raccontano

I documenti raccontano

articolo di Massimiliano Greco

Presepe Stabiano - Anno 1955 (foto Mirabile)

Presepe Stabiano – Anno 1955 (foto Mirabile)

Il presepe di Mons. Petagna, una storia che parte dal 1850 anno in cui il giovane Francesco Saverio Petagna viene nominato Vescovo di Castellammare.

Una storia lunga e travagliata che passa attraverso l’unità d’Italia, due guerre mondiali, perdite, manomissioni, gli effetti inesorabili del tempo, il rodio dei tarli e le mani sacrileghe dei “predatori”, citati dal De Seta ne “Il presepe del duomo di Castellammare di Stabia”.

È noto a tutti o quasi, che la sua storia si basa su notizie tramandate oralmente da cultori e appassionati locali.

Da quando ho iniziato ad interessarmi al presepe di Mons. Petagna, ho sempre avuto due obiettivi: il presepe stabile per realizzare un antico sogno di mio padre e la ricostruzione storica, puntuale e documentata.

Il primo obiettivo è stato raggiunto, quanto al secondo, al momento è una chimera.

Purtroppo, mancano documenti relativi all’origine ed alla composizione del presepe e, eccetto rare notizie del primo ventennio del Novecento fornite da qualche documento fotografico, i primi documenti partono dal 1954.

Ma quanti erano veramente i pastori, i numeri che ci tramandiamo, sono reali?

Le fonti orali indicano in 500 il numero dei pastori più un numero imprecisato di finimenti. Ma erano davvero così tanti? E quanti erano i pastori di lontananza, quelli con altezza inferiore a 50 cm?

Sono domande che al momento non hanno risposta.

Ho provato ad immaginare lo spazio occupato da 500 pastori; nella navata centrale della nostra cattedrale, ci sono 44 scanni. Se ne facessimo occupare ognuno da 5 pastori, ne conteremmo 220. E nemmeno occupando i posti a sedere nel transetto, raggiungeremo le 500 unità.

Quindi, la mia personalissima convinzione, magari un domani sarò smentito da qualche storico o da qualche ricercatore dilettante come me, è che siamo molto distanti dalla realtà.

Questa estate, il 16 agosto per la precisione, io e don Antonio spulciando nell’archivio, abbiamo trovato quattro documenti molto interessanti risalenti agli anni 55-62.

Elenco parti anatomiche

Elenco parti anatomiche

  1. Il primo documento, drammatico, scritto alla buona, è un elenco di parti anatomiche recuperate in date diverse ed evidentemente in più punti della chiesa e testimoniano, fanno capire molto più dei racconti di mio padre che per primo, nel secondo dopoguerra, riordinò la collezione, quanto fosse reale quel “cimitero di pastori”, di cui scrissero Antonio Ferrara e Raffaele Bussi nel volumetto “Il presepe ritrovato”. Si menzionano pastori piccoli ma non è specificata l’altezza per cui non sappiamo se si tratta di figure di lontananza di altezza inferiore ai 50 cm, di cui resta un solo esemplare.
Elenco definito “completo” dei pastori

Elenco definito “completo” dei pastori

  1. Il secondo è un elenco definito “completo” dei pastori alla data del 25/12/1961 e risultano appena 46 esemplari. Probabilmente si intendeva quelli disponibili al momento.
Distinta per lavori di restauro

Distinta per lavori di restauro

  1. Il terzo è la distinta per lavori di restauro degli arti realizzati dell’intagliatore Vincenzo Scalzi, lavoro iniziato già nel 1954.
Pastori inviati all’Angelicum

Pastori inviati all’Angelicum (foglio n.1)

Pastori inviati all’Angelicum 2

Pastori inviati all’Angelicum (foglio n.2)

  1. L’ultimo, la distinta dei pastori inviati all’Angelicum, datato il 23 novembre del 1962; in quest’ultimo documento sono dettagliate le parti rotte o mancanti per ogni singola figura e, nel caso dei cavalli e della mucca, scollature e pezzi mancanti.

Il felice ritrovamento di questi quattro documenti ha una grande importanza perché ci consente di fare un po’ di chiarezza, di definire almeno il numero delle figure presenti in Cattedrale negli anni ’60 e stoppare sul nascere voci incontrollate di furti e vendite oltre a polemiche inutili e pretestuose.

Nel catalogo della mostra milanese del 1962, il prof. Stefanucci indica in 150 le figure esistenti, lo stesso fa il Palumbo che nel libro Stabiae e Castellammare di Stabia, riporta in toto quanto scritto dallo Stefanucci un decennio prima.

A proposito del Palumbo e del contenuto del libro citato, perché smentirlo se quanto riporta è un contributo di altri?

Possono essere spariti nel nulla circa 60/70 pastori, è credibile che un presepe grande come quello che ammiriamo nella sala capitolare si sia volatilizzato senza lasciare alcuna traccia? È alquanto improbabile perché i documenti fotografici degli anni 60 e 70 sono disponibili e, eccetto qualche pecora, forse, e il re Moro, secondo la testimonianza autorevole e attendibile di Mario Vanacore smarrito in tempi recenti, non sembra mancare altro. E se andiamo indietro nel tempo e confrontiamo la collezione con le foto di inizio Novecento, sembrerebbe sparito un solo pastore di adorazione.

Quindi, mi sento di affermare che i numeri sono stati sovrastimati, problema ricorrente quando in mancanza di documenti, le notizie provengono da fonti non attendibili.

Stabilire un numero che possa essere congruo è impossibile, sarebbe soltanto un esercizio inutile.

La ricerca continua e magari con un po’ di fortuna, dagli archivi della Curia potrebbe saltar fuori qualche documento sfuggito allo storico stabiese Celoro Parascandolo: “Per quanto si siano frugati gli archivi vescovili, non è stato possibile trovare notizie storiche di questo meraviglioso presepio; e lo stesso dottor Celoro, storico insigne che ha largamente trattato in un volume tutta la storia diocesana di Castellammare di Stabia, assicura, che pur avendo consultato a lungo il materiale esistente in Curia per la cronistoria dei vescovi locali, non ha trovato traccia del presepio. Non è da escludersi che l’inventario che forse conteneva preziose notizie storiche, sia andato distrutto nell’incendio che nel 1922 venne appiccato da elementi sovversivi alla Curia, per cui andarono distrutti buona parte dei documenti degli ultimi due secoli”.1

Ritornando ai  documenti ritrovati, questi ci fanno comprendere quanto importante e meritorio sia stato l’intervento di Giovanni Irollo che oltre vent’anni fa, sollecitato da don Ciro Esposito, con amore, passione ed un impegno economico non indifferente, ha letteralmente riportato in vita, dallo stato comatoso in cui versavano i pastori e, senza il quale, il Presepe Stabile non esisterebbe. Da stabiese e da amante del presepe, non dimenticherò mai il suo atto d’amore per il presepe e la città e gli sarò sempre riconoscente.

Consentitemi di dire che si è rivelato decisivo anche l’impegno di questo gruppo di amici composto dallo stesso Giovanni Irollo, da don Antonino, don Antonio, Maurizio Santoro, Riccardo Scarselli, Gianni de La ville sur Illon, Amedeo la Nave, Pierluigi Fiorenza, Corrado Di Martino e Liberoricercatore, Ottavio Mannara e dal sottoscritto, senza dimenticare la presenza discreta e competente di Mario Vanacore, un vero eroe del nostro presepe, che è riuscito nell’impresa di portare a compimento un progetto nato con il restauro e bloccatosi inaspettatamente; rendere il presepe stabile e fruibile tutto l’anno.

Ora bisogna lavorare per dargli la visibilità. La serata appena trascorsa con padre Enzo Fortunato è già di per sé un ottimo veicolo pubblicitario ma non basta, serve il contributo di tutti gli appassionati e di tutti i cittadini stabiesi.

E speriamo, anche, che gli storici dell’arte si accorgano di questo gioiello e decidano, finalmente, di portare avanti una approfondita campagna di studi, seria e basata su rigidi criteri filologici.

La qualità scultorea di alcune figure è innegabile e sono certo che ci saranno delle belle sorprese.

Questo presepe rappresenta un unicum nel suo genere per numero di figure sopravvissute a quasi due secoli e, forse, rappresenta l’unico presepe ancora esistente, nato a seguito del successo che a partire dal 30 dicembre del 1826, alla presenza del Re, della corte e delle autorità ecclesiastiche, ebbe il presepe di don Placido Baccher, ancora oggi custodito nella chiesa del Gesù Vecchio in Napoli. Successo che ripropose nella Napoli borbonica il gusto per i complessi con figure a grandezza umana.2

Pubblicato il 6 dicembre 2023


Note:

  1. Angelo Stefanucci, Il grande presepio del duomo di Castellammare di Stabia. In: Quinta mostra internazionale del presepio e della Divina Madre, Catalogo della mostra, Angelicum 1962.
  2. Gennaro Borrelli, Il presepe di don Placido, Natale 1969.
Le corone cesellate da mio nonno Michele Filosa

Le corone della statua della Madonna del Carmine

( a cura di Massimiliano Greco ) 

La Madonna del Carmine portata a spalla

La Madonna del Carmine portata a spalla

Sul culto della Madonna del Carmine e sulla statua custodita nella chiesa del Gesù, hanno già scritto importanti studiosi. Nell’ottantesimo anniversario dell’incoronazione, vorrei condividere con gli amici di liberoricercatore.it i ricordi di mia madre relativi alla realizzazione delle corone, cesellate da suo padre Michele Filosa, orafo nonché tecnico di precisione del Regio Cantiere Navale di Castellammare di Stabia. Mio nonno che all’epoca abitava in via Nuova, ricevette l’incarico da Mons. Pandolfi e fu preferito a diversi orafi napoletani e milanesi, probabilmente anche per una questione di natura economica.

Le corone cesellate da mio nonno Michele Filosa

Particolare delle corone cesellate da mio nonno Michele Filosa, orafo nonché tecnico di precisione del Regio Cantiere Navale di Castellammare di Stabia

La raccolta e la fusione dell’oro fu fatta lungo la calata via Gesù dove, con un furgoncino, fu trasportata l’attrezzatura necessaria. Era il 24 maggio del 1933. L’oro fu raccolto grazie alla generosità della popolazione: chi donava un anello, chi un paio di orecchini, chi altri oggetti preziosi.
Mio nonno, aiutato dal figlio Mario che anni dopo ebbe il laboratorio in piazzetta Quartuccio, asportava le pietre e metteva il metallo prezioso nel crogiolo per ricavare i lingotti che in seguito sarebbero serviti per realizzare le corone, su disegno dell’architetto Giuseppe Pandolfi, fratello del prelato. Questi, pur abitando di fronte all’abitazione di mio nonno e nonostante gli facesse visita spesso e volentieri per verificare lo stato dei lavori, amava ammirare le fasi della lavorazione per mezzo di un cannocchiale per cui mio nonno, a richiesta, doveva posizionare i manufatti in modo tale che questi potesse guardarli da casa sua.
Mia madre, unica ancora in vita della numerosa famiglia, ricorda che fu un lavoro massacrante visti i tempi richiesti per la consegna. Il fratello, che all’epoca aveva poco più di vent’anni, per alleviare il dolore alla schiena dovuto alle ore passate curvo sul banco a lavorare di traforo, era costretto a dormire sul pavimento. A lavoro ultimato, ricevettero la visita di tutti i sacerdoti di Castellammare, una vera e propria processione.

Statua della Madonna del Carmine

Essendo avanzate diverse pietre preziose, Mons. Pandolfi pensò di donarle a mio nonno. “Don Michele, disse, voi avete una famiglia numerosa”.
E lui di rimando: “Monsignore, vi ringrazio per il pensiero, ma queste pietre appartengono alla Madonna!”.
Prima dell’incoronazione, avvenuta il 16 luglio del 1933, le corone furono esposte al pubblico nelle vetrine del bar D’Arco che si trovava proprio di fronte alla chiesa del Gesù.
Oggi, per ovvi motivi di sicurezza, le corone sono gelosamente custodite e vengono esposte soltanto in particolari occasioni.

Un torneo di calcio del Rione Spiaggia

Un torneo di calcio del Rione Spiaggia

nei ricordi di Massimiliano Greco

Premessa dell’autore:

Caro Maurizio,

          questa vecchia foto in bianco e nero è il pretesto per parlare del rione dove sono cresciuto, ‘a “Spiaggia”. Rione tutto sommato tranquillo, in prevalenza abitato da famiglie di operai e pescatori; tanta bella gente, perbene, umile e lavoratrice.Qualche personaggio un po’ naïf, una bella gioventù e pochissimi sopra le righe.Siamo più o meno a metà anni ‘70 (75-77), la foto immortala la squadra vincitrice del torneo di calcio. Magari grazie a questo breve scritto, qualcuno tirerà fuori qualche altra foto, qualche filmino amatoriale, vero Arch. Peppino Di Somma?, e perché no, a qualcun altro verrà il desiderio di ricordare qualche fattariello e qualche persona che ormai non c’è più.Ho citato Mister Jone Spartano, mi dispiace di non essere riuscito ad avere più informazioni per un articolo a lui dedicato. Magari qualcuno che ha qualche anno più di me, leggendo, potrà prendere lo spunto per tracciare un quadro, umano e professionale, più completo.

Un abbraccio. Massimiliano


Un torneo di calcio del Rione Spiaggia

Giovanissimi calciatori del rione Spiaggia (foto Paolino Biagioni)

 

 

In piedi da sinistra:Fortunato Criscuolo, il caro Franco Donnarumma scomparso prematuramente, Paolino Biagioni, Lello Tavella (uno dei più talentuosi in assoluto).Accosciati da sinistra:Carlo Greco, Toni Letta, Catello Criscuolo e Massimiliano Greco.

La squadra vincitrice di un torneo di calcio del quartiere spiaggia che si svolse nel “quadrato”, un piccolo spazio abbandonato, lo è tutt’ora, sito alla fine del lungomare, tra l’Hotel Miramare e il palazzo della finanziaria.Un campetto in terra battuta, senza pretese.Manna dal cielo però; considerando che nessun altro quartiere cittadino godeva di uno spazio sempre disponibile a qualsiasi ora del giorno per tirare calci ad un pallone, per noi fortunati, era meglio anche del Maracanà.Le porte solitamente erano delimitate da oggetti trovati al momento, qualche sasso, vecchie latte recuperate sull’arenile e a volte  le cartelle scolastiche che facevano la loro bella figura; nel quadrato passavamo la maggior parte del tempo libero, fino all’imbrunire quando partiva, puntuale, il tam tam delle mamme che regolava l’ora di cena. Continua a leggere

S.E. Mons. Agostino D'Arco

L’Apostolo di Castellammare

articolo1 di Antonio Greco

L’Apostolo di Castellammare

S.E. Mons. AGOSTINO D’ARCO 

(Ischia 5 marzo 1899 – Castellammare di Stabia 21 settembre 1966)

S.E. Mons. Agostino D'Arco

S.E. Mons. Agostino D’Arco

Se Hugo fosse vissuto nei nostri giorni ed avesse avuto la ventura di conoscere l’ultimo vescovo di Castellammare, non avrebbe potuto descriverlo diversamente da monsignor Myriel.
Anzi, sono sicuro che avrebbe aggiunto dell’altro; e parlando di lui avrebbe rivelato che, in un ambiente ecclesiastico, dove fatte poche e lodevoli eccezioni, si nutre verso il nostro Movimento un’inesplicabile indifferenza.
Egli fu il solo a valutarne le finalità altamente spirituali, fu il solo a comprenderne valore pedagogico, forza morale, concordia e unione che porta nelle famiglie.
E divenne un continuo, affettuoso mecenate, di ogni fermento presepistico locale; appoggio e protesse, con ogni mezzo, l’attività della locale Sezione Amici del Presepio.
Non declinò mai un invito a partecipare alle nostre manifestazioni; e fu il solo – bisogna pur dirlo fra tante autorità ecclesiastiche e civili a renderle possibili, colmando del proprio i deficit. Continua a leggere

  1.  tratto da: Il Presepio – Bollettino della Associazione Italiana Amici del Presepio, nr. 48 anno XIV Dicembre 1966.