IL PRESEPE STABILE STABIANO
articolo di Massimiliano Greco
Premessa:
Il progetto del Presepe Stabile Stabiano non è un’operazione nostalgia[1] ma l’inizio di un percorso imprenditoriale che vuole salvaguardare e valorizzare un’opera d’arte patrimonio di Castellammare di Stabia e del territorio circostante di cui rischiavamo di perdere le tracce, un unicum nel suo genere perché nessuna altra città, nemmeno Napoli che tra le sue immense ricchezze annovera i celeberrimi presepi di Santa Maria in Portico e del Gesù Vecchio, il cosiddetto presepe di don Placido, può vantare un insieme così numeroso di pastori a grandezza quasi naturale.
Da ragazzi camminavamo nel presepe. Era enorme, occupava l’intera navata di destra, dalla cappella di San Catello fino alla cappella di San Michele.
Questo è il ricordo di don Ciro Esposito, ex parroco della Cattedrale di Castellammare di Stabia e promotore del restauro della magnifica e purtroppo poco conosciuta raccolta di pastori databili tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, statue alte quasi al naturale[2], di grande valore artistico.
Il cosiddetto presepe di Mons. Petagna ha avuto una storia molto travagliata; “oggetto delle mire di popolani ribelli e avidi di danaro, spinti dalla cupidigia e predatori di professione”[3] prima, e dei creditori del presule quando questi passò a miglior vita poi:
“L’eccessivo mecenatismo lo ridusse in stato di indigenza; morì in ristrettezza e sembra che alla morte qualche creditore pretese dalla sorella alcuni pezzi tra i più belli tra cui un cavallo dei Magi, che ora sono solo due”[4].
Emblematica la storia del Bambino Gesù che, ceduto dalla sorella di monsignor Petagna, dopo un lungo giro è rientrato nella proprietà della Curia ed attualmente è in affidamento alle Suore di San Vincenzo.
Il presepe ha subito i danni indiretti causati da due guerre mondiali, è stato dimenticato, maltrattato, ha sopportato perdite e furti soprattutto dei pastori di secondo piano e di lontananza, quelli più appetibili dai collezionisti, ed è stato oltraggiato con gravissime manomissioni.
Ma, nonostante ciò, è arrivato fino a noi così numeroso, ottanta pezzi superstiti di cui: sessantacinque pastori, tre puttini e dodici animali, compreso i due cavalli, grazie anche alla cura e alla passione di Mario Vanacore, memoria storica della Cattedrale, che li ha protetti e custoditi. Continua a leggere