Archivi autore: Raffaele Scala

Informazioni su Raffaele Scala

Nato a Castellammare di Stabia, laureato in sociologia, sposato con due figli, vive a Santa Maria la Carità, lavora a Napoli, è autore di diverse pubblicazioni di carattere storico incentrate sulla storia del movimento operaio stabiese e del suo circondario.

La rivolta del 3 novembre 1971 a Castellammare di Stabia

(di Raffaele Scala)

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La Villa Comunale avvolta nel fumo dei lacrimogeni esplosi durante gli scontri del 3 novembre 1971 (foto Nino Cuccurullo)

A Castellammare di Stabia, già nell’aprile 1970, vi erano state numerose proteste di disoccupati contro l’amministrazione comunale per la riduzione dei cantieri di lavoro da sei a tre mesi. Si chiedeva di avviare da subito i lavori di manutenzione delle strade e delle spiagge, per i quali erano stati stanziati centinaia di milioni. La protesta si estese contro l’ufficio di collocamento, reo di una gestione clientelare dei vari avviamenti e si lanciava addirittura l’accusa di un vero e proprio commercio, con la compravendita di questi posti, pur precari. Le proteste, puntuali, ripresero nei primi giorni d’aprile del 1971 ed erano sfociate nell’occupazione del comune, nella mattinata di giovedì otto, reclamando l’immediata apertura dei cantieri scuola. Nel pomeriggio i disoccupati ricevevano la solidarietà della Cgil e della Cisl, giunti in delegazione al comune, chiedendo un urgente incontro al sindaco Vincenzo Dattilo, subentrato all’ottava amministrazione D’Orsi, caduta il 26 ottobre 1970. Una nuova fiammata si ebbe il 14 e il 15 luglio, con un’altra occupazione dei locali del comune da parte dei disoccupati, reclamanti con sempre maggiore forza il lavoro. La situazione nella Città delle Acque era esplosiva, si registravano 4.400 disoccupati iscritti al Collocamento e i 15mila emigranti dell’ultimo decennio avevano alleggerito soltanto di poco la situazione. Continua a leggere

Vincenzo Somma

articolo del dott. Raffaele Scala

Caro Maurizio, consegno a liberoricercatore.it la biografia di Vincenzo Somma, altra bella figura di operaio, militante e dirigente autorevole del Pci e della Cgil, di quando ancora esisteva la vecchia e ormai scarrubata Stalingrado del Sud. La biografia di quest’uomo va oltre il contesto della sua vita pubblica perché vi si affrontano temi delicati dell’essere comunista e delle sue ricadute sulla vita privata. Un tema affrontato da molti scrittori e saggisti, tra cui Ermanno Rea, ma qui potrei citare anche una scrittrice cilena, Marcela Serrano che ha affrontato in un suo bellissimo libro, il tema dell’essere stato comunista, dal punto di visto femminile.

Come sempre con amicizia, Raffaele Scala.


Vincenzo Somma: storia vera di un comunista d’altri tempi

Sono il compagno Vincenzo Somma, di Castellammare di Stabia, nato il 4 settembre 1919. Mi sono iscritto al PCI alla fine dell’anno 1943. Fui spinto ad aderire al PCI più da ragioni umanitarie che per convinzioni politiche, anzi al momento che m’iscrissi capivo poco o niente della politica del PCI. I miei familiari sono contadini, io ho sempre lavorato in fabbrica. All’età di dodici anni compii la 5° elementare e incominciai a lavorare in un pastificio.

Pci 1945

Pci 1945

Comincia così il memoriale scritto da Vincenzo Somma il 30 novembre 1959 e indirizzato alla Commissione di Controllo della Federazione provinciale comunista, come atto difensivo nella diatriba che lo contrappose a Liberato De Filippo, come vedremo più avanti.
Figlio di Carmine e Teresa Malafronte, era il primogenito di sei figli.Ancora ragazzo andò a lavorare all’Avis per sei mesi, il tempo di costruire alcune baracche per la guerra d’Africa, fu poi assunto definitivamente nel 1936, dopo aver frequentato un corso per saldatore elettrico e idroelettrico. Da un anno l’AVIS era stata acquisita dal gruppo Caproni, specializzata nella costruzione di parti d’aereo e il numero dei dipendenti crebbe fino a superare le mille unità, anche per rispondere alle esigenze belliche. In fabbrica prese contatti con elementi del Partito Comunista, tra cui Giovanni Esposito, detto “’o russo”, per il suo attaccamento all’organizzazione rossa. Continua a leggere

Luigi Alfano (politico stabiese)

Luigi Alfano, politico stabiese, comunista e sindacalista

articolo del dott. Raffaele Scala

Nasce a Castellammare di Stabia il 6 agosto 1922, primo di quattro figli, da Oreste e Maria Esposito. Suo padre, capo personale presso la distilleria Gaslini era un militante socialista, consigliere comunale a Gragnano nel secondo dopoguerra. Passato al PCI negli anni ‘50 sarà eletto Segretario della sezione comunista, Ruggero Grieco.
Il giovane Luigi, subito dopo la licenza media inferiore abbandonerà gli studi e farà diversi lavori prima di essere assunto, nel marzo 1939 dall’AVIS come apprendista meccanico, con una paga oraria di 80 centesimi. Diventerà poi operaio specializzato come fresatore meccanico. Chiamato alle armi nel giugno 1942 sarà arruolato negli avieri prestando servizio in diverse città come Napoli, Pisa, Roma e Milano dove lo colse l’armistizio. Tornato a casa con mezzi di fortuna, si rifugiò in penisola sorrentina per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi. Iscrittosi al PCI nel marzo 1944 presso la sezione Spartaco, una delle tre esistenti a Castellammare1, rientra in fabbrica nell’agosto di quell’anno.

Ro37 bis all'AVIS

Ro37 bis all’AVIS di Castellammare di Stabia

L’AVIS era in quella fase militarizzata e gestita da ufficiali inglesi della RAF, la potente Royal Air Force che, di fatto, diresse la fabbrica fino alla primavera del 1946, quando le forze di liberazione lasciarono la città restituendo la fabbrica ai legittimi proprietari. L’AVIS era stata requisita dalla RAF perché la fabbrica, fin dal 1935 proprietà del gruppo Caproni, era una delle principali aziende aeronautiche italiane, specializzata nella costruzione di parti d’aeroplani (dalla fusoliera alle ruote, fino alle parti di ricambio). Continua a leggere

  1. Le altre due erano la sezione Fontana di via Brin e un’altra situata a Scanzano. La sezione Spartaco era quella centrale e si trovava al Corso Garibaldi;

Raffaele Gaeta, un socialista stabiese del primo ‘900

articolo di Raffaele Scala

Tessera Partito Socialista (anno 1944)

Tessera Partito Socialista (anno 1944)

Il 26 febbraio del 1944 nella sua casa napoletana di Piazza Bracco, al civico 1, muore a 83 anni, l’avvocato Raffaele Gaeta, uno dei primi e più battaglieri socialisti presenti a Castellammare tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento. L’Avanti!, il glorioso giornale socialista tornato in edicola soltanto alcuni mesi prima, dopo la cacciata dei tedeschi da Napoli e l’entrata degli Alleati il 1 ottobre 1943, non dedica un solo rigo alla sua scomparsa, eppure il direttore, Nino Gaeta, è suo figlio, uno dei protagonisti della rinascita del PSI nell’Italia liberata dall’oppressione nazi fascista. Lo stesso Raffaele era stato, nei primi anni del ‘900, un valente corrispondente dell’organo socialista e al Partito aveva dedicato i migliori anni della sua giovinezza, provando, con passione, energia e notevoli sacrifici a far maturare una sonnolenta classe operaia, imbrigliata e addomesticata da un contesto sociale soffocato dall’opprimente, ramificata presenza della chiesa con i suoi trenta edifici religiosi, tra chiese, cappelle, monasteri, basiliche, santuari e cattedrali, dove si muovevano centinaia di preti, suore, monaci, cappuccini, carmelitani, domenicani, francescani, gesuiti ed altri ancora, in una miscela esplosiva che lasciava poco spazio o nulla a chiunque non si riconosceva in questa religiosità così onnicomprensiva e soffocante nella vita quotidiana della popolazione stabiese, una chiesa in larga misura al servizio non dei poveri e dei bisognosi ma del potere costituito.

In un simile contesto la vita per chi aveva abbracciato una militanza come quella socialista non poteva non essere irta di ostacoli, senza tenere conto della repressione quotidiana operata dalla forza pubblica, al servizio incondizionato della borghesia, salvo rare eccezioni, sempre pronta a intervenire contro le più pacifiche manifestazioni indette dalla sinistra, sciogliendo comizi, operando arresti indiscriminati e intimidendo quanti per curiosità o per simpatia erano presenti. Un potere che schedava e teneva sotto stretta sorveglianza chiunque si iscrivesse a partiti di sinistra, ne frequentasse i militanti, leggesse e ricevesse stampa considerata sovversiva, nonostante fosse legale a tutti gli effetti, come appunto l’organo del Psi, l’Avanti!. Partiti sovversivi, pur nella loro legalità e con ampie rappresentanze parlamentari, erano ritenuti in particolare quello repubblicano, socialista e anarchico, quest’ultimo vero terrore della monarchia. E’ pur vero che il popolo stabiese era sinceramente e profondamente devoto alle idee monarchiche, se non altro per i numerosi benefici ricevuti prima dai Borbone e poi dai Savoia e perché il primo e più importante polo industriale cittadino, il Regio Cantiere Navale capace di dare lavoro ad oltre duemila operai era un industria di stato, con tutti i limiti ed i vincoli che questo comportava.

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I comunisti stabiesi e la scomunica della Chiesa del 1949

( articolo del dott. Raffaele Scala )

la scomunica ai comunistiIn ossequio al clima di guerra fredda che dalla fine del conflitto aveva separato il mondo in due campi contrapposti, comunisti contro capitalisti, Stalin contro Truman, Pio XII contro il grande Totò, pontificando che la livella non esiste neanche dopo morti, il 1° luglio 1949, con un decreto della Congregazione del Sant’Uffizio, si faceva avviso che: faceva peccato grave e non poteva essere assolto chi era iscritto al Partito Comunista, chi ne faceva propaganda in qualsiasi modo, chi votava per esso e per i suoi candidati. chi scriveva, leggeva e diffondeva la stampa comunista, chi rimaneva nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, Fronte della Gioventù, CGIL, Unione Delle Italiane, Associazione Partigiani Italiani, era scomunicato e apostata, chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne accettava la dottrina atea e anticristiana; chi la difendeva e chi la diffondeva. Queste sanzioni erano estese anche a quei partiti che facevano causa comune con il comunismo. Il decreto con fine intelligenza teneva però a specificare che: chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni. Laddove prevalsero gli integralismi, né conseguirono tragicomiche vicende di funerali trasformati in lotta politica con preti che rifiutavano di benedire le salme, giornalisti di parte che si lanciavano in campagne di stampa, democristiani e comunisti che coglievano l’occasione per tirare acqua al proprio mulino. Di seguito raccontiamo due piccoli episodi accaduti nella Stalingrado del Sud, nei primi anni Cinquanta, una Castellammare di Stabia che oggi non esiste più:  Continua a leggere