Lo stabiese Vincenzo Sorrentino
il fascista navigatore solitario
(articolo del dott. Raffaele Scala)
Premessa. La biografia di Vincenzo Sorrentino, pur completa nel suo insieme presenta numerose lacune per colmare le quali sarebbero necessarie nuove e più approfondite indagini nei vari Archivi disseminati tra Castellammare di Stabia, Napoli, Roma e, forse, Buenos Aires, dove il nostro navigatore solitario visse gli ultimi trenta anni della sua esistenza e dove ancora riposano le sue spoglie, seppure perdute, gettate chissà dove da chi rubò l’urna che conteneva le sue ceneri. Una vita vissuta pericolosamente, non priva di lati oscuri, di ombre che sarebbe opportuno dissipare. Qualcuno, forse, lo farà. Noi abbiamo gettato il seme della curiosità, del dubbio, se Sorrentino fu veramente un grande navigatore solitario o se millantò parte del credito che il fascismo esaltò per il suo prestigio. Non possiamo, comunque, non riconoscergli un ottima conoscenza dei venti e delle correnti, uno spirito incline alla solitudine, che deve apparire particolarmente spaventosa, allorché altissimi si levano i cavalloni a squassare la fragile imbarcazione o quando la nebbia ti avvolge fitta, demoralizzandoli per timore di cozzare su scogliere e bassifondi,[1] ma soprattutto non deve mancare un indubbio coraggio e un temperamento spericolato, senza i quali non si va da nessuno parte.
Circolo Nautico Stabia – Vincenzo Antonio Sorrentino, figlio del 34enne medico Alfonso e della 24enne casalinga Maria Liberata Milano, sposata il 19 marzo 1898, nasce alle quattro del mattino in via Brin il 22 settembre 1903, terzo figlio dopo Catello (1899 – 1971) e Vincenzo (1901 – 1902), morto quando aveva soltanto 18 mesi di vita. Anche il quarto figlio della coppia ebbe vita breve con la piccola Antonietta scomparsa a soli quattro mesi il 18 luglio 1907. Seguirà un quinto figlio, Antonino (1909 – 1985).
Lo incontriamo, giovanissimo, tra i primi canottieri del Circolo Nautico Stabia, sorto il 23 maggio 1921, gareggiare con i fratelli Guido e Nino Gaeta, già noti militanti socialisti e con Piero Girace, figlio del barone Francesco, già sindaco di Gragnano e assessore del comune di Castellammare di Stabia, condividendone fin dalle origini la fede fascista. Con Nino formerà il primo equipaggio a quattro sceso in acqua in iole.[2] Gli altri tre erano il capovoga, Nino Natale, Paolo Scognamiglio e Carlo Vitelli, mentre Sorrentino fungeva da timoniere.[3] Nonostante fosse mingherlino e di bassa statura, possedeva una incredibile resistenza fisica, messa continuamente a dura prova nelle sue infinite traversate nel golfo di Napoli.
Girace, che aveva probabilmente conosciuto Sorrentino grazie alla comune militanza nel nascente fascio di combattimento e alla stessa passione per il mare nel Circolo nautico Stabia, dove anch’egli si dilettava come vogatore, in un suo articolo racconta di come il giovanissimo Sorrentino fosse da sempre innamorato del mare, di come le sue giornate le passasse sempre nelle azzurre acque del golfo.
Ore ed ore sotto il cielo lattiginoso dell’alba e sotto il sole canicolare, al timone di uno jole o nella sua fragile canoa. Castellammare Capri e ritorno, Capri Gaeta e ritorno erano per lui gite di piacere, le quali si compivano cantando, ossia con grande comodità. Si trattava invece di exploit che avrebbero fatto impressione anche al più vecchio e provetto marinaio, adusato ad ogni aspra e dura fatica del mare.[4]
Un infinito amore per il mare, una instancabile voglia di percorrerlo nella solitudine della sua canoa che, forse, trasmise ai suoi allievi negli anni in cui fu allenatore del Circolo Nautico Stabia, divenuto Fascio Nautico Stabia negli anni del regime nero di Benito Mussolini, sotto la presidenza di Giovanni Vollono, commerciante in grano, nonché segretario cittadino del locale Fascio di combattimento. Continua a leggere