Archivi autore: Raffaele Scala

Informazioni su Raffaele Scala

Nato a Castellammare di Stabia, laureato in sociologia, sposato con due figli, vive a Santa Maria la Carità, lavora a Napoli, è autore di diverse pubblicazioni di carattere storico incentrate sulla storia del movimento operaio stabiese e del suo circondario.

Vincenzo Giordano (ritratto del m° Antonio Gargiulo)

Vincenzo Giordano

articolo del dott. Raffaele Scala

Premessa dell’autore:

Caro Maurizio, dopo lunga assenza ritorno con una nuova, inedita biografia: stavolta mi sono occupato di Vincenzo Giordano, tra i protagonisti di Piazza Spartaco, la scellerata strage perpetrata dai fascisti causando la morte di sei innocenti nell’assalto a Palazzo Farnese del 20 gennaio 1921 e uno degli antifascisti più perseguitati dal regime di Mussolini, subendo soprusi e violenze di ogni sorta, fino al carcere e la condanna a tre anni confino politico. Una sorte che toccò a molti altri stabiesi, oggi tutti dimenticati. Non vado oltre. Come sempre a te l’onere di decidere sulla pubblicazione di un altro tassello di questo piccolo dizionario del movimento operaio stabiese, cui mi dedico ormai da anni e che proseguirà prossimamente con altri notevoli personaggi della nostra storia cittadina. Al momento non faccio nomi.

Con affetto, Raffaele Scala


Vincenzo Giordano (ritratto del m° Antonio Gargiulo)

Vincenzo Giordano (ritratto del m° Antonio Gargiulo)

Vincenzo Giordano

Il muratore Francesco Giordano (1864 – 1950) aveva sposato a Mercato San Severino il 28 aprile 1888 Giovanna Spisso (1866 – 1933),una ragazza originaria di Castel San Giorgio, portandosela nella sua città, Castellammare di Stabia e andando ad abitare in via Cognulo, nel cuore del Centro Antico, la prima delle tante case che avrebbe cambiato nel corso della sua lunga vita. E nella città stabiese nacquero i  primi figli della sua numerosa prole: Agnese, Luigi e Teresa. Intanto aveva trovato impiego nel Regio Cantiere, quando per motivi che non conosciamo fu trasferito nell’Arsenale di Taranto. Norma largamente usata dalla direzione del Regio Cantiere per motivi punitivi, quasi sempre per allontanare sovversivi in grado di aggregare e dirigere i compagni di lavoro allo scopo di intimidire gli altri ed evitare di seguirne l’esempio. Nel lontano novembre 1869 fu usato nei confronti di Luigi Maresca, il capomastro che aveva fondato a Castellammare una sezione della I Internazionale, forte di oltre 500 soci, ispirata ai principi dell’anarchico russo, Michele Bakunin e per questo trasferito nell’Arsenale di Venezia nel giro di poche settimane dalla sua costituzione. Di Maresca, già noto rivoluzionario, non si avranno ulteriori notizie.[1] Continua a leggere

Pacichelli, Castellammare 1701, collezione Gaetano Fontana

L’antefatto della storia intrigante di una famiglia: Gli antenati

di Raffaele Scala

Quando, come e con chi iniziare una storia di famiglia? Se uno nasce Re o Principe il problema non se lo pone perché nella Sala dei Ricordi vi è un albero genealogico che ti consente in qualsiasi momento di ricostruire le vicende del tuo casato, di sapere chi è stato il capostipite e di risalire all’inizio del tempo che fu, leggendo tranquillamente i nomi di quanti ti hanno preceduto, nonni, bisnonni, avi, conoscendo di ognuno le diverse date di nascita e di morte, ruoli e funzioni rivestite da ciascuno. Alcuni hanno la possibilità di scorrere i decenni ed i secoli, fino a toccare, non so, il tempo di Carlo Magno, altri, più blasonati, oppure maggiormente fortunati, riescono a giungere fino a Giulio Cesare, infine troviamo quelli che hanno il sangue più blu, dipinto di blu degli altri. A loro è concesso di viaggiare veloci i millenni fino ad arrivare ai capostipiti per antonomasia, i biblici Adamo ed Eva, al principio della vita. Ma se uno è un comune mortale allora le cose sono leggermente più complicate e nella migliore delle ipotesi ci si può affidare, e non sempre, soltanto all’archivio comunale, quando e se funziona, oppure, ma devi essere un tipo favorito dalla sorte, ai registri delle parrocchie, quelle più antiche e ben conservate.

Veduta di Castellammare di Stabia (tratta da: G.B. Pacichelli, il Regno di Napoli in prospettiva, 1703)

Veduta di Castellammare di Stabia (tratta da: G.B. Pacichelli, il Regno di Napoli in prospettiva, 1703)

A noi, povera gente, figli del popolo minuto, non è dato avere un albero genealogico illustre, composto d’uomini e donne nelle cui vene scorre il sangue nobile di conti e marchesi, di principi o re. Chi ci ha preceduto di mestiere faceva il cocchiere, il calzolaio, il bracciante, il pescatore, l’operaio, il muratore, il vetturino, il marinaio e perfino un lontano bottegaio nella Castellammare borbonica, con Stefano Palmigiano (1786 – 1846), marito di Maria Esposito e genitori di Annunziata Palmigiano (1829 – 1889), a sua volta moglie di Raffaele Ruocco (1820 – 1888), dai quali discende nonna Giovanna Scala (1906 – 1975). Non ci siamo fatti mancare diverse operaie filatrici, come abbiamo avuto modo di scoprire nel corso della nostra ricerca sulle undici generazioni che ci hanno preceduto, dalla fine del 1600 ad oggi.

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Luigi Di Martino

Luigi Di Martino, un partigiano di Castellammare di Stabia

articolo del dott. Raffaele Scala

Caro Maurizio, a seguire trovi un’altra delle mie piccole biografie, questa volta dedicata a Luigi Di Martino, una delle più specchiate figure del movimento operaio stabiese, antifascista duramente perseguitato dal fascismo, tra i pochi veri partigiani del nostro territorio e successivamente sorvegliato dalla stessa polizia repubblicana, fino alla sua morte avvenuta nel 1969. Il 30 gennaio ricorre l’anniversario della sua scomparsa. Probabilmente il suo nome non dice più nulla alla maggioranza degli stabiesi, ma forse proprio per questo potrebbe essere utile ricordare questa prestigiosa figura di dirigente politico e sindacale della sinistra stabiese, tra l’altro consigliere comunale per diverse consiliature.

Con stima e simpatia. Raffaele Scala

Luigi Di Martino

Luigi Di Martino

Nato a Castellammare di Stabia l’11 novembre 1897 da Giovanni e da Giulia Fabboni, Luigi Di Martino fu una delle più belle e carismatiche figure del movimento operaio stabiese, irriducibile antifascista fin dal suo avvento, coerente fino all’autolesionismo, visse in povertà, ma con grande dignità, la sua esistenza di operaio e di militante comunista. Franco Ferrarotti nel suo bellissimo libro, La piccola città, raccolse la sua autobiografia, di cui, di seguito, riprendiamo il brano d’apertura:

Sono figlio di un misero marinaio navigante sui battelli a vela che scaricano materiale per la Sicilia e stava mesi interi senza guadagnare il becco di un quattrino. La vita si svolgeva nella più squallida miseria. La nutrizione erano fagioli e pastasciutta alla domenica e nella stagione estiva, che guadagnava di più, si vedeva il vino e qualche pezzetto di carne. (…), mia madre faceva la lavandaia. Qualche sorella andava a servire (…). All’età di 10 anni cominciai a lavorare ai Cantieri Mercantili per la costruzione di navigli in legno. Prendevo 4 soldi al giorno. Si cominciava alle sei del mattino e si finiva quando il sole era scomparso. Quando c’era da preparare il legname per i lavori del giorno successivo, anche dopo il tramonto del sole, sino alle 21 di sera…[1] Continua a leggere

29 agosto 1981: la FGCI e la VI Flotta americana

Castellammare di Stabia, 29 agosto 1981: la Fgci e la VI Flotta americana

 articolo del dott. Raffaele Scala

Faceva caldo quell’estate, come sempre ad agosto. Sul lato industriale nella Città delle Acque la cantieristica continuava nella sua crisi, con centinaia d’operai in cassa integrazione fin dal 1979, l’Elettromeccanica Stabia era fallita, mentre nella ex Cartiera Cascone proseguiva, ormai da mesi, la disperata lotta dei suoi 53 dipendenti per difendere il posto di lavoro. Sul versante sociale si registravano 7.500 disoccupati iscritti nelle liste del Collocamento. In Italia il referendum del 17 maggio sull’abrogazione dell’aborto, in vigore dal 1978, era stato nettamente vinto dalle forze progressiste con il 88% mettendo in crisi  l’ala oltranzista del variegato mondo cattolico; il terrorismo rosso continuava a falcidiare le sue vittime, provando a colpire simboli dello Stato oppressore, contrapponendosi al più micidiale terrorismo nero, fautore dello stragismo indiscriminato e teso a destabilizzare lo Stato democratico per favorire la svolta autoritaria di destra. Uno stragismo troppo spesso favorito da forze deviate dello Stato, sempre pronto a depistare le indagini per coprire i veri colpevoli, spesso rimasti impuniti.  L’ultimo, terrificante attentato fascista, verificatosi il 2 agosto 1980,  era costata la vita di 85 persone e il ferimento di altre duecento, facendo esplodere una micidiale bomba nella stazione di Bologna. In campo internazionale faceva paura la fabbricazione della Bomba N, micidiale ordigno nucleare capace di uccidere ogni forma di vita, senza devastare gli edifici e le cose, perché per gli strateghi della guerra e per la ristretta casta del Potere, la vita vale meno delle cose; nel cielo libico si scontravano aerei Usa e libici durante le manovre della VI flotta, mentre il governo italiano acconsentiva ad installare la base dei missili Cruise a Comiso, in Sicilia.

Su questi ultimi fatti vi era una forte mobilitazione da parte del Pci e della stessa Cgil. A Castellammare di Stabia la Camera comprensoriale del Lavoro da poco formatosi, superando le antiche Zone sindacali e guidata dal napoletano  Ettore Combattente (1935 – 2013) invitava le

Strutture di base a farsi promotrici di varie iniziative unitarie nei luoghi di lavoro, per la pace e la sicurezza nel Mediterraneo e nel mondo, richiamandosi alla linea più volte espressa dal sindacato unitario a favore del dialogo tra tutti i paesi e dagli accordi per il disarmo.

Le proteste in quei caldi giorni d’agosto si erano comunque limitate a volantinaggi fatti per le strade e fuori dalle fabbriche, sia da parte dei militanti comunisti, sia di quelli sindacali, quando all’Amministrazione comunale, una Giunta tripartitica (DC, Psi, Psdi) guidata dal socialista, Emilio Della Mura, l’ennesima di quella sciagurata consiliatura, venne in mente di patrocinare un concerto della banda musicale della VI flotta americana, di cui faceva parte la portaerei Nimitz e in quei giorni, di ritorno dal Golfo di Sirte, ancorata nella rada di Napoli[1].

Organizzata dall’Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo, la serata si tenne il 29 agosto, un sabato afoso come pochi.

Sui temi della pace e del disarmo i giovani della Federazione giovanile comunista, cogliendo l’occasione della presenza americana a Castellammare, sia pure dei semplici orchestrali, ma pur sempre militari della famigerata Nimitz, organizzarono allora una manifestazione cui subito aderirono la Lega Obiettori di Coscienze del Centro salesiano, l’Arci, l’Uisp, i Consigli di fabbrica, le organizzazioni sindacali e alcuni collettivi studenteschi. Il corteo, composto da poche centinaia di giovani, partì intorno alle 19, dalla sede del Circolo dei giovani comunisti, Che Guevara, al Corso Vittorio Emanuele, sfilando per il lungomare, gridando slogan e distribuendo volantini. Si fermarono all’altezza della Banchina di Zi’ Catiello, intonando canti, ballando e facendo partecipi i passanti delle motivazioni politiche di quello strano spettacolo improvvisato.

montil

Intorno alle 21 i ragazzi entrarono pacificamente nel teatro Montil, dove si teneva il concerto, muniti di regolare biglietto e tenuti d’occhio dalla polizia, giunta numerosa a presidiare il cinema, con rinforzi da Napoli. Verso le 21,30, contemporaneamente all’inizio dello spettacolo, fu lasciata vibrare nell’aria, in segno di pace, una colomba accuratamente tenuta nascosta fino a quel momento agli stessi agenti di pubblica sicurezza, che pure non li avevano persi di vista un momento. Continua a leggere

Il Colonnello Antonino Calabretta

Ugo Cafiero e il Caso Calabretta

Ugo Cafiero e il Caso Calabretta

Storia di politica e malaffare nel Regio Cantiere di Castellammare di Stabia nel 1910

articolo del dott. Raffaele Scala

Egr. Maurizio buonasera, eccomi dunque con la mia nuova fatica di ricercatore storico incallito presentare ai miei quattro lettori una storia inedita di politica corrotta e corruttrice e di non meno truffaldini arsenalotti, con Governo e istituzioni che annaspano, nascondono, occultano, si vendicano, perchè lupo non mangia lupo. Una storia amara del 1910, e non solo, ambientata nel nostro bisecolare Regio Cantiere, onore e vanto di noi stabiesi, ma pozzo di San Patrizio per quanti lo hanno usato e abusato per i loro lerci scopi di arricchimento personale, per scopi affaristici e finanche elettorali, ieri come oggi.

Come sempre, con infinita simpatia i miei fraterni saluti. Raffaele Scala.


Cantiere

Premessa

Il Cantiere navale di Castellammare di Stabia, il più antico del Mediterraneo, sorto come è noto nel 1783, orgoglio e vanto della nostra marineria per l’impressionante serie di primati mondiali che si è aggiudicata nei suoi quasi duecentoquarant’anni di vita, è stato teatro, purtroppo, anche di  non poche spiacevoli vicende di scandali, corruzioni e ruberie di varia natura, coinvolgendo politici, istituzioni e dipendenti truffaldini. Truffe, naturalmente che non erano monopolio del solo cantiere stabiese, ma riguardavano anche gli altri siti nazionali, anzi l’intera Regia Marina come dimostrarono diverse, clamorose  inchieste nazionali, ma a noi interessa solo quando accadde a Castellammare di Stabia. Potremmo ricordare lo scandalo scoperto nel 1899, quando vennero a galla almeno tre anni di camorra e ruberie scoperte  dall’ispettore del Genio Civile, poi nominato senatore nel gennaio 1910, Edoardo Masdea (1849 – 1910), inviato a Castellammare per indagare sulle varie denunzie pervenute al ministero della marina. L’indagine si chiuse con il trasferimento di alcuni capi operai senza toccare il livello politico, avendo coinvolto lo stesso deputato locale, l’Ammiraglio napoletano, Giuseppe Palumbo (1840 – 1913), uno dei tanti in cerca di voti facili utilizzando il bacino elettorale, facilmente ricattabile, dei duemila operai del Regio Cantiere, continuamente sottoposti ad angherie e sorprusi di ogni genere, dalle sospensioni ai trasferimenti in altri Cantieri, come capitò, per esempio agli operai socialisti, Guida e D’Auria, trasferiti il primo alla Maddalena e il secondo a Taranto, colpevoli di essere tra gli organizzatori della sezione Arsenalotti.[1] Continua a leggere