Archivi autore: Raffaele Scala

Informazioni su Raffaele Scala

Nato a Castellammare di Stabia, laureato in sociologia, sposato con due figli, vive a Santa Maria la Carità, lavora a Napoli, è autore di diverse pubblicazioni di carattere storico incentrate sulla storia del movimento operaio stabiese e del suo circondario.

Avanti! del 16 maggio 1953

In costume adamitico la bella impazzita

a cura del dott. Raffaele Scala

Sfogliando un giornale del tempo che fu, ma non troppo, mi è capitato sott’occhio un articolo, come dire, sfizioso, che potrebbe rivelarsi un bel gioco, perfino interessante. L’articolo è del 16 maggio 1953 e si intitola: In costume adamitico la bella impazzita e narra la vicenda di una bella ragazza aggirarsi completamente nuda in località deserta presso Castellammare di Stabia (ahimè non ci sono altre indicazioni).

Avanti! del 16 maggio 1953

Avanti! del 16 maggio 1953

Alcuni giovani la vedono e qualcuno la rincorre per coprirla col proprio impermeabile, ma la donna cerca di non farsi prendere e urla parole sconnesse. Finalmente dopo un lungo inseguimento viene presa, coperta alla meglio e portato nel più vicino commissariato, dove viene identificata come Immacolata Visciano, una donna di Torre del Greco affetta da squilibrio mentale e fuggita da casa sua alcuni giorni prima.
Essa – dice il cronista – in passato non aveva mai dato segni di squilibri mentali. Adesso è stata portata in osservazione all’ospedale psichiatrico. Continua a leggere

Oscar Gaeta, (particolare)

Oscar Gaeta, il comunista stabiese che conobbe Lenin e fondò l’Unipol

articolo di Raffaele Scala

Oscar Gaeta, (particolare)

Oscar Gaeta, (particolare)

Premessa

          Suo padre, Raffaele (1861 – 1944), avvocato, fu uno dei primi socialisti di Castellammare di Stabia nella seconda metà degli anni Novanta dell’Ottocento, con il professor Catello Langella, i legali Luigi Fusco e Vincenzo De Rosa, il sarto Catello De Crescenzo, ma emigrato a Marsiglia fin dal 1893, l’ex militare, Franco Rodoero, il commerciante Agnello Amalfi e pochi altri. Era stato repubblicano, passando prima per il mazziniano Circolo Gioventù Democratica, intitolato al patriota risorgimentale milanese, Mauro Macchi, fondato nel dicembre del 1887 su iniziativa di un gruppo di operai e studenti e, successivamente, per il circolo Aurelio Saffi, costituito nel 1891 da Rodolfo Rispoli, il primo deputato della sinistra storica eletto nel collegio stabiese nelle elezioni suppletive del 1902. Un manipolo che provò a gettare il seme del socialismo in una terra in cui brulicavano suore, preti e monaci e la chiesa, conservatrice e allineata al potere costituito, la faceva da padrona imponendo uomini e politica, nonostante la presenza di un diffuso apparato industriale e di una numerosa classe operaia, a partire dagli oltre duemila arsenalotti presenti nel Regio Cantiere Navale, i 500 dell’Opificio Michelangelo Cattori, gli altrettanti della Fonderia Catello Coppola e della Cirio, tanto per citare soltanto alcuni dei maggiori siti produttivi.

Raffaele era stato uno dei protagonisti nella nascita della prima sezione socialista, sorta il 19 luglio 1900 e nella fondazione della prima Camera Confederale del Lavoro inaugurata il 13 ottobre 1907, egli stesso aveva guidato una prima Lega operaia tra i dipendenti dello stabilimento metallurgico Cattori, tra il 1901 e il 1903, gettando le basi per costituire una prima struttura sindacale coadiuvato dal repubblicano Rispoli e dal segretario della Lega metallurgica Giuseppe Spalletta, in quello stesso 1903. Un tentativo rapidamente naufragato con la sostanziale sconfitta della Lega, dopo due mesi di eroica resistenza, e il suo conseguente scioglimento. Inesauribile nella sua attività aveva fondato nell’aprile 1903 e diretto il primo giornale socialista, Lotta Civile, organo della locale sezione del Psi, più volte eletto consigliere comunale, fino ad essere nominato assessore, con delibera del 9 agosto 1906, in una Giunta che oggi avremmo definito di Centro sinistra e corrispondente locale dell’organo socialista, Avanti!  Insomma un combattente che spese la prima parte della sua vita per l’emancipazione della classe operaia. Poi lentamente si era ritirato a vita privata, probabilmente avvicinandosi alle idee nazionaliste, così come avevano fatto tanti altri della sua stessa generazione che con lui avevano militato nella fila del socialismo moderato, come lo stesso Catello Langella, definito in una nota della polizia politica di fine Ottocento, il primo socialista di Castellammare di Stabia. [1]

Non è facile rimanere in prima linea, nella trincea della lotta politica da posizioni di sinistra in un ambiente altamente ostile e permeato di infido clericalismo. Basti pensare che quando nel 1907 i socialisti riuscirono ad organizzare sindacalmente gli operai la chiesa locale si scagliò contro, minacciando scomuniche e inferno a chi venga ad iscriversi alla Camera del Lavoro.[2] Ancora nel 1910 si era ricandidato nelle amministrative parziali del 24 luglio nel Blocco popolare composto da socialisti e radicali, una elezione che li vedeva favoriti e che invece si rivelò come l’ennesima sconfitta. Ancora più bruciante il fatto che ad essere eletti della loro lista furono soltanto due radicali, il cui Circolo era sorto poche settimane prima, l’industriale Giuseppe Scarselli e il disegnatore Michele Salvati. A lui restò la consolazione di essere il primo dei non eletti con 654 preferenze. Nello stesso anno si era battuto per ricostituire, la defunta Camera del Lavoro, riuscendovi. Nel successivo novembre partecipò ad un comizio a sostegno dello sciopero delle tessitrici dello stabilimento Wenner di Scafati. L’8 dicembre partecipò al Convegno Socialista Campano tenutosi a Torre Annunziata con lo scopo di costituire una Federazione unica che curasse l’organizzazione e la propaganda su scala regionale, per la diffusione dei principi socialisti tra le masse operaie non ancora penetrate dello spirito dei tempi nuovi, o, più modestamente, avviare un serio lavoro di ricostituzione delle numerosi sezioni socialiste prima esistenti.[3]

Il convegno si chiuse con l’elezione di un Comitato direttivo di sette persone nell’ambito della più ampia Federazione Meridionale delle organizzazioni proletarie. Lui stesso fece parte di questo ristretto Comitato, ma nulla si sa di una sua effettiva partecipazione in quanto la sua presenza, favorevole ai Blocchi popolari e democratici, poco si conciliava con il nuovo vento che spirava nel partito, sempre più favorevole alle posizioni massimaliste e rivoluzionarie e fiero avversario di quelle alleanze spurie, tese a contaminare la purezza del socialismo.

Come se non bastasse nello stesso Psi nazionale era in corso una vera e propria guerra ideologica che già nel Congresso del 1912 aveva portato alla segreteria il rivoluzionario Costantino Lazzaro, scalzando il riformista moderato, Pompeo Ciotti, e confermato nel 1914, facendo diventare maggioranza le posizioni estremiste portate avanti, proprio nel napoletano, dal giovane Amedeo Bordiga, idee ampiamente condivise dai figli di Raffaele. Fu probabilmente questo uno dei motivi che lo convinse a lasciare la politica attiva, intorno agli anni prossimi al primo conflitto mondiale; ma se in qualche modo si ritirava senza aver raggiunto nessuno degli obiettivi che si era prefissato, aveva però ben seminato in famiglia con i suoi quattro figli maschi e in particolare con Oscar, Guido e Nino. Anzi i ragazzi erano andati oltre, preferendo al socialismo riformista paterno, più vicino alle idee di un Leonida Bissolati, quelle del più sanguigno e rivoluzionario, così plasticamente rappresentate, del loro leader, originario di Resina, l’odierna Ercolano, Amedeo Bordiga, con la sua prepotente personalità, la facile eloquenza e l’innato carisma. Idee rivoluzionarie di cui si era fatto portatore a livello nazionale Benito Mussolini, allora capo riconosciuto del massimalismo italiano, lo stesso che chiese e ottenne nel 1912 l’espulsione di Bissolati dal Psi, reo di voler portare avanti una politica dei piccoli passi, fautore del gradualismo, ritenendo, con cinico realismo, che il socialismo si realizzava operando come può nell’ambiente in cui si muove.

Nessuno poteva immaginare che quel roboante leader, nato a Predappio, che parlava di rivoluzione e di dittatura del proletariato, avrebbe poi, pochi anni dopo, tradito le sue stesse idee, si sarebbe venduto ai latifondisti, perseguito i suoi antichi compagni e instaurato una dittatura che tanto sarebbe costata al nostro Paese.

Una delle ultime notizie su Raffaele Gaeta, prima del suo trasferimento a Napoli, la ricaviamo dal Mattino del 9/10 ottobre 1915 quando partecipò ad una riunione del Comitato per l’assistenza civile, sorto per assistere le famiglie dei richiamati alle armi e di cui facevano parte, tra gli altri, il sindaco e il sottoprefetto e i maggiori benpensanti della cittadina. Nello stesso anno lo ritroviamo Vice Presidente del Comizio Agrario, mentre nel 1918 è Commissario di vigilanza del Dazio comunale a riprova ulteriore del suo avvicinamento alle posizioni liberal democratiche rappresentate dal Partito Democratico, vincitore delle elezioni amministrative del 1914.

Anche il quarto figlio di Raffaele, Gustavo, pur da posizioni moderate, seguendo in questo modo le orme paterne, ma senza impegnarsi personalmente, fu un socialista, senza infamia e senza lode. Non si hanno invece notizie delle altre due figlie, Anna e Maria, su un loro eventuale interesse alla politica.

Segretario del Circolo della Federazione Giovanile Socialista Italiana (FGSI)

Oscar nasce a Castellammare di Stabia il 15 giugno 1895, come si è detto da Raffaele, avvocato e da Ida Gaeta (1871 – 1965), unitosi in matrimonio il 10 agosto 1894. Nutrendosi di latte e politica in una famiglia così fatta, Oscar, cresciuto tra la sezione del Psi e la Camera del Lavoro, non poteva che avviarsi giovanissimo alla militanza attiva e, non a caso, già nei primi mesi del 1913 lo troviamo segretario del circolo giovanile socialista, partecipe con il fratello Guido, Antonio Cecchi e Oreste Lizzadri alle vicende del movimento operaio locale nelle difficili fasi del periodo precedente il primo conflitto mondiale al fianco di Amedeo Bordiga e del gruppo del Circolo socialista rivoluzionario, Carlo Marx, sorto nell’aprile 1912.[4] Organo del gruppo era il periodico quindicinale, La Voce, la cui sede era in via Nuova, 10, nel cuore del centro Antico di Castellammare.   Stampato dalla Tipografia Vollono, il primo numero uscì il 13 ottobre 1912 e pubblicato, pur a fasi alterne, almeno fino al 1920, con il numero di aprile. Direttore del periodico era Ignazio Esposito, militante del Psi fin dal 1906 e già corrispondente locale dell’Avanti!

Dei fratelli Gaeta la sottoprefettura di Castellammare cominciò ad occuparsene fin dal 1913, mentre la prima informativa trasmessa al Prefetto, e da questo al Ministero dell’Interno risale a novembre 1914, ma con riferimenti a vicende dell’anno precedente. Nella prima, datata 16 novembre, il Prefetto scrivendo al Ministero dell’Interno, Direzione Generale Affari Riservati, comunicava la seguente nota:

In riferimento alla nota dell’11 settembre scorso, informo codesto On. Ministero che recentemente si è costituito presso la sezione giovanile socialista di Castellammare di Stabia, un Comitato detto del soldo del soldato che raccoglie dagli iscritti alla sezione cinque centesimi per ciascun alla settimana, ed invia volta per volta il ricavato alla Direzione della Sezione Giovanile di Roma. Di detto Comitato fanno parte i sovversivi Paroli Umberto fu Giovanni ed i fratelli Oscar e Guido Gaeta, di Raffaele (…). Mi riservo di fornire informazioni sul Paroli e sui fratelli Gaeta.[5]

Meno di un mese dopo, il 9 dicembre, il Prefetto tornò sui nostri protagonisti:

Di seguito alla mia nota del 16 novembre decorso pregiomi riferire che tanto il Paroli quanto i fratelli Gaeta, Guido e Oscar, non risulta abbiano precedenti penali e serbano regolare condotta morale. Essi professano idee socialiste – rivoluzionarie ed hanno esercitato, specie il Gaeta Oscar, nella passata lotta elettorale molta attività. Nei comizi indetti dal partito socialista il Gaeta Oscar prese spesso la parola e qualche volta fu violento nel suo linguaggio. I due Gaeta sono figli dell’avvocato Raffaele che ha sempre avuto idee repubblicane e fondatore del circolo socialista, ma da vari anni ha dimostrato di rimanere estraneo alle lotte dei partiti.[6]

Sul fratello di Oscar, Guido, non ci sono pervenute molte notizie. Poche note che qui racchiudiamo per definire questa figura che fu sola una meteora nel firmamento socialista stabiese. Nato nel 1897, Guido si era fatto notare per le sue idee antimilitariste. Nel circolo giovanile diretto dal suo fratello maggiore, coprì la carica di bibliotecario e partecipò a tutte le manifestazioni del partito, svolgendo una notevole attività. Dopo l’avvento del fascismo si dedicò completamente all’esercizio della sua professione di ingegnere. Trasferitosi a Milano, fu rappresentante di generi di celluloidi per la ditta di Zurigo, Schmidt – Altstellen e successivamente si mise per conto proprio. Durante i suoi frequenti viaggi in Svizzera conobbe Anna Frei, unendosi in matrimonio il 14 settembre 1933. Fu radiato dal novero dei sovversivi nel gennaio 1935.[7]

Oscar invece si diede anima e corpo alla politica, partecipando da protagonista, fin dai dai tempi dell’opposizione socialista alla guerra libica iniziata sul finire di settembre 1911 e di fatto conclusasi soltanto nel 1931 con la conquista dell’intero territorio. La partecipazione del giovane Gaeta alla campagna contro l’intervento in Libia è naturalmente focalizzata nel periodo del suo ampliamento tra la fine del 1912 e lo scoppio della Grande Guerra.

L’Avanti del 28 maggio 1913 per la prima volta cita Oscar Gaeta nella sua qualità di Segretario del Circolo giovanile socialista, Amilcare Cipriani, riportando l’ennesima iniziativa antimilitarista intrapresa dal gruppo socialista intransigente di sinistra che ruotava intorno ad Amedeo Bordiga. Il circolo giovanile aveva promosso una prima iniziativa per il 21 maggio in villa comunale, ma era stata proibita dal sottoprefetto, obbligando la sezione a tenerla ugualmente ma nel chiuso della propria sede, al Corso Vittorio Emanuele 71.[8]

Nel successivo ottobre il piccolo nucleo di rivoluzionari si misurò nelle elezioni politiche trovandosi di fronte Rodolfo Rispoli, sostenuto dal Partito Democratico. Di questa formazione erano, naturalmente, parte integrante i repubblicani, il cui partito a Napoli non aveva mai rinnegato il suo uomo di punta dell’intera provincia, rigettandone anzi le dimissioni, quando questi le aveva date in agosto, motivandole con la decisione di voler abbandonare la pregiudiziale antimonarchica e di essere favorevole alla guerra libica.

In disaccordo con la linea scelta dall’Unione Socialista Napoletana, pronta ad ogni compromesso sulle candidature nei diversi collegi elettorali della provincia e accettando tra queste anche quella del Rispoli, i socialisti intransigenti decisero di raccogliere la sfida facendo scendere in lizza, quale candidato alternativo al Blocco Popolare, il rappresentante di commercio milanese, Mario Bianchi, sul quale Bordiga scrisse un interessante articolo sul periodico socialista stabiese, La Voce del 22 giugno 1913 intitolato, Per la nostra candidatura.[9]

Sulla frenetica attività della sezione socialista guidata da Oscar abbiamo reperito solo scarne notizie sull’organo socialista, tra cui la manifestazione del 1° maggio con oratore il giovane professore, Catello Marano (1884 – 1971), comizi e ordini del giorno contro la guerra e varie iniziative antimilitariste. Oltre l’Avanti! una nuova notizia è possibile leggerla su un altro periodico napoletano, La difesa delle lavoratrici, dove a firma di un altro dirigente del Circolo, Francesco Cacace si racconta l’attività svolta:

Il Circolo giovanile socialista, A. Cipriani, da poche settimane in qua sta facendo un attiva propaganda d’organizzazione in un vicino villaggio, Scanzano, centro di numerose proletarie e proletari. Fin ora si sono tenuti tre comizi ove parlarono Ortensia De Meo, Amedeo Bordiga e Mario Bianchi del circolo Carlo Marx e Romano, Segretario della Camera del Lavoro di Gragnano, sempre bene accolti da questo popolo proletario che interviene in buon numero ai nostri comizi. Domenica 25 gennaio si tenne un altro comizio, dopo cui costituirono la Camera del Lavoro con un buon numero d’iscrizione con alcune donne. Oratore del comizio fu Gino Alfani, Segretario della Camera del Lavoro di Torre Annunziata.[10]

Della ricostituzione ed esistenza di questa terza Camera del Lavoro (dopo quella del 1907 e del 1910) citata da Cacace vi è un esile traccia negli Archivi di Stato, nel fascicolo personale intestato a Beniamino Romano, mugnaio di Torre Annunziata, già segretario della Camera del Lavoro di Gragnano dall’agosto 1910. Un documento senza data, ma successivo a ottobre 1913, nel quale Romano viene citato quale segretario della Camera del Lavoro di Castellammare e propagandista antimilitarista del Circolo giovanile socialista di quella sezione. A ricordarne l’esistenza fu pure lo stesso Oreste Lizzadri che ne fu Segretario nel 1914, pur avendo solo diciotto anni. Secondo il suo biografo, Salvatore Pirastu, Lizzadri venne eletto Segretario della Camera del Lavoro stabiese il 6 maggio 1914, attingendo ad appunti scritti lasciati dallo stesso Lizzadri.[11]

Probabilmente questa Camera del Lavoro fu un involucro senza contenuto, un pallido tentativo che non meritava neanche una informativa da parte del Delegato di Pubblica Sicurezza.

Intanto anche per l’Italia si avvicinavano i venti di guerra e i socialisti si calarono nella nuova grande battaglia contro l’orrore di una guerra che già si prospettava mondiale. Il conflitto era iniziata il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’impero austro ungarico contro il Regno di Serbia, insanguinando ben presto gran parte dell’Europa, mentre il nostro Paese si spaccò tra neutralisti e interventisti. Una rottura che non mancò di attraversare lo stesso Psi, diventando dirompente con il tradimento dello stesso Mussolini, passato sul fronte opposto annunciato dal suo articolo del 18 ottobre sull’Avanti, di cui era il direttore: Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante.

I socialisti di Castellammare parteciparono compatti a questa nuova avventura con comizi e manifestazioni, tra cui una, alla vigilia della dichiarazione di guerra nel maggio 1915, nel vicino borgo di Santa Maria la Carità, uno dei mille che si tennero in quelle settimane da nord a sud del Paese. Vi andarono Oscar Gaeta, Oreste Lizzadri e Antonio Cecchi scortando il loro oratore, il giovane Ruggero Grieco, destinato a diventare un dirigente di fama nazionale. Non furono accolti a braccia aperte, il prete del luogo fece suonare le sue campane avvertendo i contadini di stare lontano da quei diavoli rossi, pena l’eterna perdizione. Ciononostante una ventina di sammaritani sfidarono la chiesa e l’Inferno per ascoltare il verbo socialista di quel ragazzo e forse qualcosa delle sue parole rimase nella loro mente e nel cuore e qualcuno si converti al socialismo.

Ma ormai chi doveva decidere lo aveva fatto e l’Italia, la più piccola delle grandi potenze, pur impreparata e stremata dalla precedente guerra libica, dichiarò ufficialmente guerra all’Austria, facendo marciare da subito quasi mezzo milione di soldati verso i confini dell’impero austro ungarico. Nonostante la sua proclamata avversione il nostro giovane Gaeta fu chiamato a dare il suo contributo. Ancora studente di giurisprudenza, fu ammesso a frequentare il Corso Allievi Ufficiali di Modena, ma non ci restò molto, giusto il tempo di verificare la sua fede socialista ed espulso senza tanti complimenti. Inviato come soldato semplice in un deposito d’artiglieria, non si diede pace fino a quando non trovò il modo di poter frequentare il corso reggimentale di Allievo Ufficiale. Ottenuto il grado di sottotenente, fu inviato al fronte dove non mancò di farsi onore conquistando una medaglia d’argento al valor militare sul campo, una medaglia di bronzo, una Croce al merito e riportando una ferita.

Congedato nel 1919 col grado di tenente, tornò al suo posto di dirigente socialista. Con Antonio Cecchi, Pietro Carrese e Antonio Esposito riorganizzò la sezione socialista, ricostituendo il Circolo giovanile decimato dalla chiamata alle armi di quasi tutti i suoi componenti.  La segreteria del Circolo fu affidata a suo fratello minore, Guido.   Collaborò alla ricostituzione della Camera del Lavoro alla cui guida fu chiamato Cecchi e alla ripresa delle pubblicazioni del quindicinale, La Voce, interrotte con la guerra.   Naturalmente non mancò di riprendere gli studi interrotti con la chiamata alle armi, riscendo a laurearsi nel 1920. Eletto Segretario della sezione socialista, aderì alla Frazione comunista astensionista e partecipò con Antonio Cecchi al celeberrimo Congresso del PSI di Livorno nel gennaio 1921 dove intervenne a favore della scissione. Il 20 marzo successivo partecipò alla costituzione della Federazione provinciale comunista tenuta a Ponticelli, dove risultò eletto nella Commissione Esecutiva, ancora una volta con Antonio Cecchi, a sua volta diventata una figura importante nel panorama politico nazionale del nascente partito fortemente voluto da Amedeo Bordiga. Non da meno era il ruolo di Oscar, non a caso chiamato a collaborare, nella primavera del 1922, alla rivista teorica, Rassegna Comunista, fondata nel marzo 1921, la cui redazione era stata trasferita da Milano a Roma e infine a Napoli.

Delegato al III Congresso del Komintern del 22 giugno – 12 luglio 1921

Oscar Gaeta in delegazione

Oscar Gaeta in delegazione

Strettamente sorvegliato dalla polizia politica, non rimase inosservata la sua partenza per Berlino il 21 maggio 1921, giustificata con motivi professionali, in realtà un escamotage per sfuggire agli asfissianti controlli e riuscire a partecipare al Congresso della Terza Internazionale a Mosca, L’ambasciata italiana di Berlino, prontamente avvertita della presunta presenza del noto sovversivo, comunicò che di lui non vi era traccia nella capitale tedesca e dintorni. Probabilmente la ferrea organizzazione rossa era migliore dei servizi d’informazione italiani, perché Berlino fu effettivamente il luogo d’incontro della delegazione italiana in partenza per Mosca, come dimostra una foto che ritrae Oscar in bella mostra con gli altri partecipanti. In questo modo, riuscito ad evadere la stretta sorveglianza poliziesca, partecipò con Amedeo Bordiga, Francesco Misiano ed altri componenti della delegazione napoletana, ai lavori del 3° Congresso della Terza Internazionale tenutosi a Mosca tra il 22 giugno e il 12 luglio. Per inciso ricordiamo che per la delegazione italiana intervenne il genovese Umberto Terracini, durante il quale ebbe un vivace scontro polemico con Lenin.

Un nipote di Oscar, Paolo Gaeta, un passato da estremista di sinistra in Potere Operaio, figlio di suo fratello Nino, in un intervista rilasciata nel 2005 al quotidiano romano, Il Messaggero, ancora si vantava di quel lontano episodio che aveva visto protagonista suo zio.[12]

Il ricordo di quei giorni rimarrà indelebile nella sua memoria, non erano molti quelli che potevano vantarsi di aver avvicinato miti viventi della rivoluzione russa e fondatori dell’Unione Sovietica quali erano Vladimiro Lenin, Lev Trotskij e lo stesso futuro padre padrone del socialismo reale, Josef Stalin. Un Congresso al quale parteciparono 291 delegati in rappresentanza dei maggiori partiti comunisti e socialisti del mondo. Ricordiamo che per l’Italia parteciparono tre delegati del Psi nazionale, Costantino Lazzari, Ezio Riboldi e Fabrizio Maffi.

Un rassegnato telegramma del 28 agosto del Prefetto di Napoli comunicava al Ministro dell’Interno che il comunista avvocato Gaeta Oscar di Raffaele è ritornato da pochi giorni a Castellammare di Stabia, ove viene assiduamente vigilato. Si ritiene che sia stato in Russia, insieme con altri comunisti italiani.[13]

All’indomani della strage di Piazza Spartaco del 20 gennaio 1921, con l’attacco fascista a Palazzo Farnese, dove aveva sede il comune retto dal sindaco socialista Pietro Carrese e dove erano asserragliati diversi consiglieri comunali e molti militanti accorsi a difendere, con le armi se necessario, il palazzo comunale, provocando otto morti, Oscar fu chiamato a far parte del collegio difensivo a favore dei quindici compagni imputati, con l’incarico di difendere Pietro Anastasio, operaio dei cantieri navali e consigliere comunale. Il processo iniziato il 7 febbraio 1922 si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati il successivo 6 aprile. Nel tardo pomeriggio di quello stesso giorno tutti gli imputati furono liberati e poterono tornare a casa. Prima ancora di scendere dal treno, entrato nella stazione di Piazza Ferrovia, furono accolti da migliaia di concittadini che li attendevano per festeggiarli. Fu improvvisato un comizio nel quale intervennero Oscar Gaeta e Luigi Vanacore, il primo a nome dei comunisti e il secondo per i socialisti. A chiudere la spontanea manifestazione fu uno degli stessi imputati, Michelangelo Pappalardi, l’ex Segretario della Camera del Lavoro stabiese arrestato il giorno dopo i fatti del 20 gennaio.[14]

La strage fascista del 20 gennaio fu soltanto una delle tante di cui si macchiarono le camicie nere di Mussolini e anche nel territorio stabiese, come nel resto del Paese, non mancarono altri assalti e omicidi, pestaggi e violenze di ogni tipo instaurando un clima di terrore utile a facilitare la presa del potere che si materializzò con la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, facendo precipitare l’Italia nel baratro della dittatura durata venti lunghissimi anni. Qui vogliamo solo ricordare l’omicidio dei fratelli Vanacore, Michele e Amedeo, sindacalisti della fabbrica Cirio, uccisi in un tragico scontro a fuoco il 20 luglio 1920 e l’operaio Liberato Capasso ucciso a sangue freddo il 10 aprile 1924 per essersi rifiutato di gridare, viva il duce. Nella vicina Torre Annunziata il 25 febbraio 1921 ammazzarono il delegato sindacale dell’Ilva, le antiche Ferriere del Vesuvio, Diodato Bertone, padre di ben nove figli, a Torre del Greco, il 15 maggio, il giovane, Giordano Pellegrino.

Con l’avvento del fascismo Oscar cominciò lentamente ad allontanarsi dalla politica, forse spaventato dalla dura repressione contro tutti gli esponenti del movimento operaio iniziata con la famosa retata del 3 febbraio 1922 e che portò all’arresto di circa 3mila comunisti in tutta Italia con l’accusa di un presunto complotto contro lo stato.

Da oltre cinque anni – scriveva la Regia prefettura in una nota del 27 settembre 1928 – si è appartato dalle competizioni politiche e si dimostra riservato. Tale suo comportamento devesi peraltro ritenere ispirato al timore delle sanzioni comminate dalle leggi vigenti più che ad un vero e proprio ravvedimento. Esercita la professione forense. E’ sempre vigilato.[15]

Essersi allontanato dalla politica attiva non lo salvò dalla feroce rappresaglia fascista messa in atto all’indomani dell’attentato subito da Mussolini il 31 ottobre 1926, quando a Bologna Anteo Zanboni sparò un colpo di pistola, mancando di poco il bersaglio. L’attentatore fu linciato sul posto da fascisti presenti sul luogo. Le conseguenze del fallito attentato furono impressionanti in tutta Italia a partire dai raid fatti nella notte del 1° novembre quando migliaia di antifascisti si videro aggrediti e la casa devastata. Tra questi non potevano mancare le famiglie Gaeta e Cecchi, le più rappresentative dell’antifascismo locale, da sempre protagoniste di tutte le battaglie politiche e sindacali combattute a Castellammare e vere bandiere del movimento operaio. Anche se nel caso specifico della famiglia Gaeta, il bersaglio era rappresentato da Oscar, il bolscevico che era stato a contatto con tutti i grandi capi sovietici e con lo stesso Vladimiro Lenin, durante il famoso Congresso del Komintern del 1921.  Oscar si vide la casa paterna, al secondo piano del Corso Vittorio Emanuele 56, distrutta da una squadra di fascisti provenienti da Napoli per vendicare l’attentato subito dal loro amatissimo duce. A Castellammare furono tre i bersagli scelti dal raid fascista, oltre Oscar, la marmaglia nera attaccò e devastò la casa paterna di Antonio Cecchi e assalto l’Hotel Stabia il cui proprietario era un cugino di Oscar, il non meno famoso, Achille Gaeta, poi condannato al confino politico. Con Achille a conoscere tra i primi il confino politico furono Antonio Cecchi, Giovanni D’Auria e Vincenzo Giordano. Nella vicina Torre Annunziata le vittime predestinate del raid fascista furono Gino Alfani e Filippo Russo. A Napoli tra i tanti a subire il vile attacco ci fu il celeberrimo, Benedetto Croce.

Nel dicembre 1930, ancora scapolo, si trasferì con la famiglia d’origine a Napoli, in via Riviera di Chiaia 263, continuando comunque a recarsi a Castellammare per motivi professionali. Naturalmente la polizia politica continuò a vigilarlo e solo nel 1935 cominciò ad allentare il controllo contenendola in forma del tutto riservata e saltuaria, nonostante la sua dichiarata adesione al fascismo fin dal 1934, derivata, probabilmente, da meri motivi di opportunità e non per deliberata scelta.[16]  Nel 1939 pubblicò, con Pasquale Pecorelli e Giuseppe Candia, un fascicoletto di otto pagine, una sorta di Pro memoria, come loro stessi lo definirono, intitolato, L’autarchia e la bonifica del Pantano di Sessa.

Completamente preso dalla sua professione, Oscar si divideva tra Castellammare, Salerno e Roma. Trasferitosi nella capitale nell’ottobre 1939, per ragioni familiari e professionali, in Piazza Gentile da Fabriano, con la moglie Ines Borsatti, sposata a Piacenza il 12 febbraio 1940, si rese conto che i suoi precedenti politici gli impedivano l’iscrizione all’albo professionale di Roma per il mancato rilascio del certificato di buona condotta politica. Si decise quindi di scrivere al Questore di Napoli facendo presente che da oltre venti anni non si occupava più di politica e che ora si trovava nella dolorosa situazione di esserci cancellato dall’albo di Napoli per il suo trasferimento nella capitale ed ora gli si impediva l’iscrizione in quello di Roma mettendolo nelle condizioni di non poter lavorare. Nella sua petizione l’avvocato stabiese faceva presente che fin dal 1934 aveva fatto ampie dichiarazioni di vera e propria adesione al regime e che se non aveva potuto iscriversi era soltanto a seguito della chiusura delle iscrizioni nuove. Pertanto il sottoscritto, sicuro del senso di equità e giustizia ed ancora dei sentimenti di umanità e di cuore della SV Ill.ma, si rivolge a Voi perché, tenuto presente la sua ininterrotta ineccepibile buona condotta politica e le dichiarazioni e le manifestazioni di piena  adesione al Regime che si chiede ora di servire nei ranghi del Partito agli ordini del Duce, vogliate disporre la sua riabilitazione ed il rilascio del certificato di buona condotta politica che gli è indispensabile per continuare il ventennale esercizio professionale e mantenere col lavoro la propria famiglia. Ringraziando e grato saluta fascisticamente.[17]

La sua supplica non rimase inevase, pochi giorni dopo il Prefetto di Napoli dava il suo nulla osta per la radiazione dal Casellario Politico Centrale, accolto dal Ministero dell’Interno il successivo 16 maggio.

A Roma viveva suo fratello Nino, il più piccolo dei quattro fratelli, avvocato, un passato da valente canottiere nel Circolo velico Stabia. Nato nel 1903, anch’egli come i fratelli si era nutrito di pane e socialismo. Il fascismo lo colse che era ancora ragazzo, ma non per questo si fece attrarre dalla camicia nera, fu anzi un antifascista della prima ora e organizzò, con il fratello Guido, a sua volta canottiere e compagno di remi, una manifestazione contro il regime nello stesso Circolo nautico provocandone la chiusura per ordine del Sottoprefetto. Perseguitato dal regime, continuò a mantenere i contatti con l’antifascismo napoletano e dopo il 25 luglio fu tra coloro che fondarono la Federazione Campana del Psi. Delegato socialista al Congresso di Bari del Comitato di Liberazione Nazionale, membro della Direzione nazionale del Psi dal dicembre 1943 all’agosto 1945. Direttore dell’Avanti! e successivamente del quotidiano, La Voce. Esperto del Lavoro e di problemi del Mezzogiorno, diresse il giornale della Cgil, Il Lavoro. Negli ultimi anni fu Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Morirà a 95 anni, nel 1999.

Il 25 luglio 1943 il fascismo crollò sotto i colpi di una guerra sciagurata e perduta malamente, riportando il Paese verso la libertà, non senza passare sotto le forche caudine di una occupazione militare da parte dell’ex alleato germanico, provocando nuove e più terribili miserie, ulteriori tragiche inutili morti, massacri, fucilazioni di partigiani, attentati, una cruenta, spaventosa guerra civile. Ma tutto questo ebbe termine, almeno per i romani, il 4 giugno 1944 con l’ingresso nella capitale della truppe americane. Il ritorno della democrazia, il primo voto alle amministrative e il rientro nel movimento operaio di Oscar Gaeta, riprendendo il posto che gli competeva.

La sconfitta del fascismo non comportò, purtroppo, la cessazione dei controlli polizieschi, anzi questi rimasero nei confronti degli esponenti della sinistra. Se era cambiato il regime, non era cambiata la polizia politica da sempre al servizio del Potere Costituito, ora rappresentato dalla Repubblica, continuando a perseguire gli stessi soggetti, gli stessi che avevano combattuto per restituire la libertà al Paese. A dimostrazione che le tante deviazioni di cui si ha avuto notizia, anche in anni recenti, compresi i tentativi di colpi di Stato, trovano origine nell’incapacità, complicità e/o impossibilità di liberarsi di quanti avevano occupato i gangli vitali delle istituzioni, rimanendo sostanzialmente ancorati al vecchio regime.  Un controllo che per molti sarà totale, almeno fino alla seconda metà degli anni Sessanta e forse oltre. In questo modo sappiamo, grazie alle note della polizia politica che Gaeta, rientrato nel Partito, si occupò della cooperazione. Scrive infatti la Questura di Roma il 6 ottobre 1950, dopo aver ripercorso i suoi precedenti politici dal primo conflitto mondiale in poi:

(…) Riprese l’attività politica dopo la caduta del fascismo ed è attualmente iscritto al Pci. E’ iscritto all’albo degli avvocati procuratori di Roma. E’ consigliere della Lega Nazionale delle Cooperative, site in via Sapri 7. E’ anche membro del consiglio d’amministrazione dell’Atac dall’anno 1945. Come il fratello Gaetano vive in buone condizioni economiche.[18]

Fondatore dell’Unipol

Ripreso il suo posto nel Pci, lo troviamo il 25 maggio 1945 nel Comitato promotore che ricostituì la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, rimanendo per diversi anni membro del Comitato Esecutivo. Successivamente ne diresse l’Ufficio legale.

Nel 1952, probabilmente su invito del partito, fece un breve ritorno a Castellammare per partecipare al lavoro di propaganda elettorale in occasione delle imminenti elezioni amministrative che riguardavano diversi comuni del circondario, tra cui Torre Annunziata, Boscoreale, Boscotrecase e Pimonte e la stessa elezione del Consiglio provinciale, che per la prima volta si ricomponeva dopo la parentesi fascista. Qui la sinistra si presentava unita sotto le insegne del Fronte Democratico Popolare. La sua presenza, pur non candidato, preoccupò, forse qualche avversario politico e pensò bene di far circolare un dattiloscritto intriso di veleni, in cui accusava Oscar Gaeta di aver tradito i suoi ideali

(…) Fu gerarchetto del Flaminio quanto mai attivo e si prodigò con la sua imperversante dialettica a tessere le laudi di Mussolini e del PNF (…).[19]

Della notizia si interessò il Ministero dell’Interno chiedendo al Questore di Roma di verificare se la notizia corrispondeva al vero. La risposta arrivò a stretto giro:

Non consta che egli abbia esplicato attività in favore del partito fascista a tanto meno che sia stato attivo gerarca (…). [20]

Come se non bastasse Oscar, in quello stesso 1952, si ritrovò inconsapevolmente coinvolto in una storia di presunto spionaggio quando dall’Olanda arrivò una richiesta di informazioni sul conto del Gaeta in quanto ad Amsterdam il 12 e il 15 gennaio si era presentato alla direzione dell’Doelen Hotel il cittadino russo, Sidorov chiedendo informazioni, in un primo momento, su un tale Ceretti. Probabilmente si era sbagliato nella pronuncia del nome in quanto si era poi ripresentato chiedendo di tale Gaeto, ma nessun italiano risultava registrato in albergo con quel nome, era però atteso per il giorno 16 di quello stesso mese.

Secondo la polizia di Amsterdam il Gaeta Oscar, nato il 15.06,1895 a Castellammare di Stabia, avvocato, residente a Roma, avrebbe preso alloggio al Doelen Hotel, in Amsterdam, dal 14 al 18 gennaio 1952. Nel registro dell’albergo il nome era stato trascritto Caeta. Ignorasi se il Sidorov ed il Caeta si siano incontrati. Gradiremmo ogni possibile informazione sul conto del Caeta (o Gaeta).[21]

Non risultano ulteriori sviluppi sulla faccenda, dobbiamo pertanto ritenere che la storia fu lasciata decadere non essendoci gli estremi per proseguire e approfondire. Così come non risultano ulteriore informative successive al 10 giugno 1952.

Ignaro o comunque incurante di tutto ciò, l’avvocato stabiese proseguiva nella sua vita continuando ad occuparsi di cooperazione. Nel 1963 fu tra i fondatori della Compagnia Assicuratrice Unipol, di cui assunse la presidenza per diversi anni, mantenendo poi quella onoraria. Nella sua mente quel progetto sarebbe diventato l’immagine perfetta di un movimento di cooperatori che avrebbe trasformato il mondo delle assicurazione in un grande strumento sociale.[22]

In un libro pubblicato nel 1988 dalla Marsilio Editori e scritto da M. Gabbiano e A. Calabrò così viene ricostruita l’idea di realizzare questa nuova cooperazione, riportando il ricordo di quella sera d’agosto del 1962 in cui era presente Oscar Gaeta:

Buono, buono davvero il pollo in fricassea. Era l’agosto del ’62 e a Vallombrosa sei uomini sedevano attorno da una tavola ben apparecchiata e ricca di cibo. Il piatto forte, un pollo in fricassea. Si mangiava e si discuteva. Nonostante l’aria calda d’estate e il clima da piene vacanze, quella era una colazione di lavoro. E lì, proprio lì stava nascendo l’Unipol. Padrone di casa era Giulio Cerreti, presidente della Lega delle cooperative. E i suoi ospiti erano Oscar Gaeta, uno dei maggiori dirigenti della Lega, Enzo Bentini e Franco Fornasari, presidente e vicepresidente della Federcoop di Bologna, Giancarlo Ferri, segretario regionale della Cooperazione emiliano-romagnola e Sergio Getici, responsabile del servizio sindacale della Federcoop.

In discussione c’era un’idea dei bolognesi: comprare un’assicurazione. [23]

La prima riunione del Consiglio d’amministrazione si tenne a Bologna   il 26 marzo 1963, durante il quale Oscar Gaeta fu nominato Presidente, mentre vice fu l’avvocato Michele Brunetti.

Nella capitale, circondato dall’affetto dei suoi familiari, scomparirà il 15 dicembre 1977. A riportarne la notizia furono diversi giornali, primi fra tutti, ovviamente l’Unità e l’Avanti.

Non ebbe figli, se non quello adottato dalla moglie Ines, Gianni Borsatti.


Note:

[1] Cfr. Raffaele Scala: Raffaele Gaeta, un socialista stabiese del primo ‘900, pubblicato in www.liberoricercatore.it il 3 marzo 2015 e, dello stesso Autore, cfr. Catello Langella (1871 – 1947), alle origini del socialismo e della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, in Studi stabiani in memoria di Catello Salvati, Nicola Longobardi Editore, 2002.

[2] Avanti! del 23 ottobre 1907, art: La pretaglia contro una Camera del Lavoro. Sulla Camera del Lavoro stabiese l’Avanti! tornò con un nuovo articolo il successivo 1° novembre comunicando la proclamazione del Consiglio Generale così composto: Angelo Mascolo e Giuseppe Vollono, gassisti; Pasquale Breglia e Michele Suarato, pittori; Bartolomeo Frezza e Alfonso Coppola, metallurgici; Ciro Cotticelli, tipografo; Antonio Carrese, insegnante. Segretario era, naturalmente, Catello Langella, già eletto in precedenza. Cfr. Avanti! del 1° novembre 1097, art. Alla Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia.

[3] Cfr. Avanti! del 11 dicembre 1910: Convegno socialista campano a Torre Annunziata. I sette membri eletti del Comitato Direttivo erano Liguori e Antonio Pisacane di Napoli, Edoardo Venditti di Portici, Gualberto Salonia di Caserta, ma nato a Catania, Salvatore Crispino ed Esposito di Torre Annunziata, Raffaele Gaeta di Castellammare di Stabia

[4] Tra i componenti noti del Circolo giovanile socialista di Castellammare si ricordano, oltre ai fratelli Gaeta, Oscar e Guido, e i Fratelli Cecchi, Camillo, Pasquale e Antonio, Francesco Cacace, morto giovanissimo a soli 18 anni nel 1916, Umberto Paroli, nato a Resina, Gabriele Celotto, scomparso nel 1934, ed altri. Complessivamente erano una trentina gli iscritti al Circolo.

[5] ACS, CPC (1894 – 1945): Umberto Paroli, busta 3744. Nato a Resina (odierna Ercolano) nel 1897, ma residente a Castellammare, Umberto Paroli, dopo l’iniziale militanza socialista fu poi volontario in guerra partecipando a tutta la campagna italo – austriaca, congedandosi col grado di Tenente dei bersaglieri. Mutilato di guerra fu decorato al valore militare. Dopo la guerra fu uno degli organizzatori del Fascio di combattimento stabiese con l’altro ex socialista Catello Langella. Riammesso nell’esercito nel 1920, su sua richiesta, fu promosso capitano e trasferito a Livorno. Il 21 gennaio 1935 fu radiato dal novero dei sovversivi. Non si hanno altre notizie.

[6] Ibidem.

[7] ACS CPC (1894 – 1945), Guido Gaeta, busta 2219.

[8] Avanti! 25 maggio 1913, Il governo teme l’agitazione contro il militarismo. Un comizio proibito a Castellammare: la guerra in Libia distraeva ormai un numero ingente di militari e i 250mila uomini che componevano l’esercito italiano erano insufficiente a mantenere anche il fronte interno dell’ordine pubblico, da qui la necessità di allungare quantomeno la ferma, ora fissata a due anni, e di aumentare le spese militari. Contro l’allungamento della ferma militare e l’inutile guerra furono proclamate una serie di proteste popolari in tutta Italia e, tra queste, quella di Castellammare del 25 maggio da tenersi in villa comunale, con un comizio di Gualberto Salonia e Raffaele Sole.

[9] Mario Bianchi era nato a Milano il 4 febbraio 1869, richiamando fin dal 1896, per il suo impegno di militante socialista, l’attenzione in tutta Italia della polizia politica delle decine di città, grandi e piccole, da lui attraversate per il suo lavoro di viaggiatore di commercio. Candidato ad Ivrea nelle elezioni politiche del 21 marzo 1897, ebbe 650 voti.  Condannato dal Tribunale di Sulmona nel novembre 1898 a tre mesi di carcere per avere avuto rapporti con il disciolto Circolo Ferrovieri di quella città, se la cavò grazie all’indulto del 29 dicembre. Trasferitosi a Napoli nel 1911, partecipò insieme alla moglie Ida Garbarini, poi segretaria della sezione femminile, alla fondazione del Circolo Carlo Marx. Delegato al XIV Congresso del PSI di Ancona nell’aprile 1914, ritornerà poi a Milano nel giugno del 1916 allontanandosi lentamente dalla politica attiva. Nel 1929 è iscritto al Partito fascista. Le ultime notizie su di lui si riferiscono al 1942 quando in una nota si dice ancora vivente e domiciliato nella cittadina di Crodo fin dal dicembre 1937. Cfr. ACS CPC, b. 620, Mario Bianchi. Sull’Avanti! del 20 ottobre 1913 cfr. un articolo in prima pagina a proposito dell’ottavo comizio di Mario Bianchi in villa comunale, nonostante inutili tentativi di provocare disordini da parte degli avversari. Tra gli oratori era presente anche Amedeo Bordiga.

[10] Cfr. La difesa delle lavoratrici, anno III, n.4 del 15 febbraio 1914: Da Castellammare di Stabia.

[11]  Cfr. ACS, CPC: Beniamino Romano, busta 4387 e Salvatore Piras tu: L’Utopia dell’Unità. Oreste lizzadri, Ediesse 2006, pag. 21/22 e 144. Bisogna però dire che l’autore ricostruisce questa fase giovanile di Lizzadri in maniera molto confusa, e non si sa bene fino a che punto attendibile, compresa la data del 6 maggio 1914. A proposito di Beniamino Romano, ricordiamo che nella sua qualità di Segretario della lega Mugnai di Torre Annunziata aveva già guidato uno sciopero dei mugnai di Gragnano nell’agosto 1905. In quell’occasione mentre s’intratteneva con i lavoratori in sciopero nelle sede della Lega, i presenti furono aggrediti da alcuni camorristi armati di bastoni, provocando nove feriti, tra cui una donna incinta. Cfr. Avanti! del 25 agosto 1905, l’art.: Grave ferimento a Gragnano.

[12] Il Messaggero del 10 febbraio 2005: Gaeta: “Sono tutte calunnie, risponderò come trent’anni fa”, articolo di Luca Lippera. Paolo Gaeta era stato coinvolto nel rogo di Primavalle, un quartiere di Roma, avvenuto nella notte del 16 aprile 1973, quando tre militanti di Potere Operaio bruciarono la casa del segretario del locale circolo del Msi, versando una tanica di benzina sotto la porta e provocando la morte di due figli, Virginio e Stefano Mattei di 22 e 8 anni. A fare il nome di Paolo Gaeta, trentadue anni dopo i fatti, nel febbraio 2005, fu uno degli imputati, Achille Lollo. Oltre ai tre che avevano partecipato direttamente al raid e per questo denunciati e processati, Lollo affermò che a conoscenza dei fatti e complici nell’attentato furono altri tre giovani militanti del Collettivo di Potere Operaio. Uno dei tre, dichiaratosi estraneo ai fatti di cui era accusato, era Paolo Gaeta. Nel 2010 il caso fu riaperto con un procedimento contro i nuovi tre imputati, ma richiuso definitivamente nel 2013, senza nessun rinvio a giudizio.

[13] ACS, CPC (1894 – 1945), Oscar Gaeta, busta 2219. Del ritorno di Oscar dalla Russia ne fa cenno anche il Soviet dell’11 settembre 1921, riportando il resoconto fatto da Gaeta sui lavori del Congresso di Mosca ai compagni della sezione, con il fraterno saluto dei compagni russi.

[14] Sui particolari della strage di Piazza Spartaco e sul processo che ne seguì cfr. Antonio Barone: Piazza Spartaco. Il movimento operaio e socialista a Castellammare di Stabia (1900 – 1922), Editori Riuniti, 1974.

[15] ACS, CPC (1894 – 1945): Oscar Gaeta.

[16] Ibidem, cfr. nota del 5 aprile 1935 dell’Alto Commissariato di Napoli.

[17] Ibidem, lettera al Questore del 3 aprile 1940.

[18] ACS, CPC (1944 – 1967): Gaeta Oscar, busta 249.

[19] Ibidem, Il compagno Oscar Gaeta, dattiloscritto anonimo del 2 maggio 1952.

[20] Ibidem, Questura di Roma a Ministero dell’Interno, 30 maggio 1952.

[21] Ibidem, nota del 8 maggio 1952 senza alcuna intestazione.

[22] Claudio Cerasa: Così Ivano sacchetti divenne il vero “Cuccia della finanza rossa”, da, Il Foglio, online del 9 agosto 2008.

[23] M.Gabbiano-C.Calabrò: Da Via Stalingrado a Piazza degli Affari, Marsilio Editori 1988, pag.1.

Vita di un comunista stabiese: Luigi D’Auria

Vita di un comunista stabiese: Luigi D’Auria

di Raffaele Scala

Franco Martoriello; Raffaele Scala; Luigi D’Auria

Premessa

Luigi D’Auria, militante comunista dal 1944, dirigente della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia e del suo patronato, l’Inca e per molti anni consigliere comunale del PCI, scomparve il 21 marzo 2010. A suo modo D’Auria fu un protagonista della vita sociale e politica stabiese della seconda metà del’900. Molti ancora lo ricordano, già vecchio e malato, diffondere il periodico di Rifondazione Comunista, Liberazione e poi quello dei Comunisti Italiani, Rinascita della Sinistra. Nei decenni precedenti era stato uno tra i più efficaci diffusori del quotidiano comunista, lUnità.[1]

La militanza nel Fronte della Gioventù

Figlio di Ignazio, operaio dell’AVIS, militante comunista e attivista sindacale, e di Maria Romito, Luigi D’Auria nacque a Castellammare di Stabia il 16 luglio 1925, primo di sei figli.

Dopo la licenza elementare, fece le sue prime esperienze con alcuni lavori saltuari, poi, nel 1939, fu assunto come garzone nella Navalmeccanica, apprendendo il mestiere di carpentiere in ferro e montatore di scafi, con una paga di 67 centesimi l’ora. Nel 1942 partì come volontario per la guerra in qualità d’allievo motorista navale e assegnato a Pola, dove fu sorpreso dall’armistizio dell’8 settembre 1943. Pochi giorni dopo, il 12, nella caserma dove prestava servizio, irruppero i tedeschi facendo prigionieri tutti i militari, con l’intenzione di deportarli in Germania. Ammassati come bestie nei diversi vagoni, il treno fu bloccato a Pesina e attaccato da donne partigiane jugoslave guidate, sembra, dalla compagna di Tito, Davorjonka Pannovic, detta Zdenka, consentendo la fuga dei prigionieri. Con mezzi di fortuna, ma camminando quasi sempre a piedi, con pochi altri compagni di ventura, il giovane D’Auria riuscì finalmente a raggiungere Castellammare il 24 settembre. Appena arrivato sfuggì ad un rastrellamento operato dai tedeschi grazie alla prontezza di spirito di una ragazza che lo prese sottobraccio, allontanandolo dal pericolo. Nei giorni successivi, fino a quando i tedeschi non lasciarono la città, visse nascosto in casa di una zia.

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Un giornalista d’altri tempi: Ugo Cafiero

Un giornalista d’altri tempi: Ugo Cafiero

Primi appunti per una biografia del grande giornalista e antifascista stabiese

articolo di Raffaele Scala

Castellammare di inizio ‘900

Premessa

Per capire chi sia stato Ugo Cafiero basterebbe citare un solo episodio, quello raccontato da Matteo Cosenza nel suo bel libro, Il compagno Saul, edito da Rubettino nel 2013, dove l’autore racconta una storia che il padre ricordava spesso e che vede protagonista proprio il nostro personaggio. Ricordiamolo anche noi:

Di fronte alla sua abitazione (della famiglia di Saul Cosenza) di Piazza San Matteo, c’era e c’è, Villa Cafiero, una delle tante dimore estive che napoletani facoltosi, spesso nobili, avevano costruito nei decenni trascorsi nella zona collinare di Quisisana, sulla scia dei Borbone che avevano edificato nell’omonimo bosco alle falde del Faito, un loro Palazzo Reale. Chi non poteva entrare a Villa Cafiero ne raccontava faville e qualcuno del posto che andava lì a prestare la propria attività (cuochi, domestiche, giardinieri), alimentava discretamente queste favolose narrazioni. Una, però, non era fantasiosa e riguardava una data storica: la dichiarazione di entrata in guerra dell’Italia. La sera del 10 giugno 1940 un gruppo di antifascisti napoletani raccolti nella villa dei Cafiero brindò con champagne la fine del fascismo dopo il discorso di Mussolini a Piazza Venezia. [1]

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Storia di un sindacalista stabiese

Premessa

“In questi anni ho raccontato tante storie di tanti personaggi della nostra Castellammare, tanti volti, sconosciuti ai più, tanti fatti, pur importanti, ignorati dalla nostra comunità. Ormai siamo un popolo senza memoria, ma grazie a gente tenace come quelli di Libero Ricercatore, come tante formiche che accumulano scorte per fare fronte al lungo inverno, così riusciremo a lasciare tracce della storia della nostra Città e ai pochi o i tanti che leggono lasceremo il testimone della Castellammare che fu e che ci auguriamo continuerà ad essere. 

Ora mi permetto di lasciare una storia anomala, di fare un piccolo peccato di vanità, raccontando una storia diversa, quella di un personaggio di cui non faccio mai il nome ma del quale non ci vuole molto a capire chi sia in realtà. A suo modo ha percorso una strada importante, altra gliene resta, spero ancora per molto. In fondo a quelli che non credono in un’altra vita, l’unica speranza di immortalità consiste nel ricordo che riesce a lasciare di sé agli altri. Piccole vanità di piccoli comuni, umani mortali”.


Storia di un sindacalista stabiese

di Raffaele Scala

Venne al mondo un sabato, alle quattro del mattino, a Scanzano, nella casa al primo piano di via Santa Caterina, 17. Era l’anno in cui in Italia iniziarono le prime, timide trasmissioni televisive, la scatola magica destinata a trasformarsi nel nuovo focolare che avrebbe inchiodato sulla poltrona le famiglie di ogni ceto e classe sociale e portato alla chiusura di tante sale cinematografiche. Nacque in quel borgo di origine romana, sul colle del Solaro, allora ancora non offeso dal cemento delle Nuove Terme Stabiane, dall’albergo e dagli altri manufatti, ma fertile terreno coltivato dai contadini che si erano liberati degli antichi latifondisti negli anni successivi al primo conflitto mondiale.

Panorama dal colle del Solaro

Panorama dal colle del Solaro

Era il terzo di otto figli, il padre operaio in una fabbrica di legnami, la Rosa Rosa Legnami, e la madre casalinga. Frequentò le scuole elementari al Cicerone, nell’istituto appena inaugurato, le medie alla, Francesco Di Capua, la ragioneria alla Luigi Sturzo e l’Università alla Federico II, dove si laureò in Sociologia.
Racconta una leggenda familiare che tra gli otto figli era il più fortunato, o almeno era questa l’aurea di cui era circondato. Non si è mai saputo il motivo. Secondo la madre questo derivava dal fatto che appena nato era stato preso tra le braccia della bisnonna Nunzia, vedova da 36 anni. E lei ora, in quel fatidico anno della nascita del terzo pronipote, di anni già ne contava 77. Gliene restavano da vivere ancora tredici. Continua a leggere