( a cura di Antonio Cimmino )
Varato a Castellammare di Stabia il 28 settembre 1837, era costituito da uno scafo in legno lungo metri 44,18 e largo 10,12 e con pescaggio di metri 4,6. Il brigantino possedeva possedeva un ponte a batteria scoperta, tre alberi: trinchetto e maestra a vela quadre, mezzana con randa (vela trapezoidale chiamata aurica) e bompresso a prora. L’armamento in origine era composto da: 18 carronate da 32 libbre in ferro con anima liscia, 2 obici Paixhans da 30 libbre in ferro con anima liscia e un equipaggio di 172 uomini.
Nel mese di dicembre del 1857 venne disarmato a tirato a secco sullo scalo di alaggio del cantiere di Castellammare di Stabia per essere sottoposto a lavori di accomodo essendo trascorsi 20 anni dalla sua entrata in servizio. Furono sostituiti diversi corsi di fasciame dell’opera viva (la parte di scafo immersa) ed effettuato il calafataggio ai comenti (i bordi delle tavole di fasciame). Dopo tali lavori che si protrassero fino al 15 febbraio dell’anno successivo, fu di nuovo varato. Disarmato a Napoli il 25 settembre 1868 e radiato dai quadri del naviglio militare del Regno d’Italia, con regio decreto 9 maggio 1869, n. 5067.
Curiosità:
Il termine “brigantino” deriva da “brigante” nel senso di componente di una brigata, cioè di un gruppo di persone. Si diede questo nome alle navi che, in una formazione, accompagnavano/proteggevano la flotta mercantile perché erano più veloci ed armate.
L’albero di trinchetto è l’albero che si trova verso prora rispetto all’albero maestro. Di solito costituito da 4 parti (partendo dal ponte di coperta): fuso maggiore di trinchetto, albero di parrocchetto, alberetto di velaccino, alberetto di controvelaccino.
I pennoni, cioè le travi orizzontali a cui sono allacciate le vele, sempre partendo dal basso, si chiamano: pennone di trinchetto, pennone di basso parrocchetto, pennone di parrocchetto volante, pennone di velaccino, pennone di controvelaccino.
Le vele dell’albero di trichetto prendono il nome dai rispettivi pennoni e cioè: tricnhetto, basso parrocchetto, parrocchetto volante, velaccino, controvelaccino.
Una vela è generalmente formata da strisce di tela (ferze) e contornate da un orlo cordato. L’orlo superiore allacciato al pennone, è chiamato “relinga d’infertitura” mentre l’orlo inferiore si chiama “relinga di lunata”. Gli angoli sono adeguatamente rinforzati ( bugne) a cui si collegano i cavi per tendere la vela, detti “scotte”. L’insieme dei cavi, dei bozzelli e di quanto necessario al movimento delle vele, è chiamato “manovre”.
I cannoni erano indicati dal peso in libbre delle palle che lanciavano e le palle erano piene ( 1 libbra francese era pari a 489 grammi ); gli obici e le carronate, invece, non essendo caricati a palle piene ma “a bomba” o “a mitraglia” erano indicati con il calibro in pollici misurata alla bocca. La bomba era formata da una palla cava riempita di esplosivo e munita da una miccia che veniva accesa prima del lancio.
Osservando il quadro del Valoroso:
Si notano le “cannoniere” aperte cioè i portelli del ponte di coperta dai quali sporgono le canne dei cannoni. Le cannoniere sono provviste di portelli con chiusura “a paratoia” cioè apribili verso l’alto scorrendo in una apposita riquadratura. I portelli, naturalmente, venivano chiusi, dopo che i cannoni erano arretrati, durante la navigazione e fissati al ponte con ganci e cime.
La nave è imbandierata con il cosiddetto “gran pavese”, circa 40 bandierine di segnalazione sistemate, lungo gli alberi e fino al bompresso a prua, sia nel varo e sia durante cerimonie ufficiali. L’origine di questa usanza è incerta, qualcuno la fa risalire agli scudi colorati che si mettevano sulle murate a proteggere i rematori delle medioevali navi a remo.
Cenni sulle caratteristiche del brigantino:
Il brigantino a tre alberi era chiamato anche “a palo”, mentre differiva dal brigantino più in uso tra la fine del ‘700 e per tutto il secolo XIX che aveva solo due alberi.
I tre alberi ed il bompresso, nonché lo scafo corto e basso sull’acqua, davano alla nave una maggiore manovrabilità, anche attraverso i passaggi più stretti o nell’estuario dei fiumi. Questo tipo di nave fu utilizzata spesso per scopi commerciali, ma era facilmente corredato di artiglierie per poter scortare convogli commerciali per difenderli da attacchi pirateschi .
Come si calafatava:
Dopo averlo fatto inclinare, una volta a dritta ed una volta a sinistra (o addirittura tirandolo a secco sullo scalo di alaggio, come fu fatto per il Valoroso) e facendo fuoriuscire dall’acqua l’opera viva (cioè la parte sempre immersa dello scafo), si bruciava la pece di rivestimento (o quello che restava di essa), con uno scalpello si allargava lo spazio tra i bordi (comenti) delle tavole di fasciame e, successivamente, con un uncino si tirava fuori la stoppa catramata inserita precedentemente. Poi si inserivano più cordoncini di stoppa catramata portata allo spessore dovuto mediante battitura con un mazzuola di legno e la si infilava a forza con scalpelli a palella. Quando la stoppa era a pari con il fasciame, si passava una mano di pece calda con una specie di pennello (lanata) formato da un bastone alla cui estremità era sistemata una pezza di pelle di pecora. Spesso si sostituiva anche qualche tavola di fasciame (in assenza delle lastre di rame di protezione) particolarmente attaccata da flora e fauna marina.
Nelle navi da guerra, c’era sempre un calafato ed un carpentiere che erano sempre pronti a turare i fori prodotti dai colpi di cannoni con speciali tappi chiamati “uova di struzzo” e con altri pezzi di legno.
Sintesi dell’attività operativa del Valoroso:
Nel periodo borbonico fu utilizzato più volte come nave scuola per gli Allievi del Collegio Marina, nonché per la vigilanza delle coste della Sicilia; fu anche impiegato come lazzaretto a Nisida.
Assieme alla pirocorvetta Stromboli, al piroscafo armato Capri ed alla fregata a vela Partenope, il Valoroso si trovava all’imbocco del porto di Marsala durante lo sbarco dei garibaldini e, “per timore” di colpire le navi inglesi Argus e Intrepid, ivi inviate per proteggere gli interessi britannici (capannoni e stabilimenti per la produzione del “vino marsala”) situati anche sul molo, non cannoneggiò il Piemonte, il piroscafo di Garibaldi che stava attraccando al molo (il Lombardo di Nino Bixio si era arenato precedentemente) Il comando della flotta borbonica era di Guglielmo Acton. Questo è un’altra pagina oscura dell’impresa dei Mille.
Il 7 settembre 1860 il Valoroso, mentre si trovava a Napoli, non obbedì agli ordini del re Francesco II di seguirlo a Gaeta per l’ultima resistenza, e fu aggregato alla flotta sarda. Il 17 marzo dell’anno successivo entrò ufficialmente a far parte del naviglio da guerra del Regno d’Italia e fu classificato corvetta di 2° rango.
Fu nave scuola per novizi e mozzi effettuando crociere nel Tirreno settentrionale. Con gli allievi (Guardiamarina e Sottotenenti di Vascello) delle R. Scuole di Marina di Genova e Napoli, effettuò crociere di istruzione anche al di fuori di Gibilterra a Tenerife e nelle isole Azzorre.
Note:
Le informazioni contenute nella presente scheda sono tratte da: Radogna L., op. cit., pagg. 288-291; Bragozzi L., Il legno sul mare, pagg. 14- 17, in www.magellano.org/public/magellano/articolo/311/3111.pdf; Faggioni U., Il calafataggio-Manuale di calafataggio, in www.ricciardi.eu/barca/Calafataggi.pdf; AA.VV., Brigantino, in modellistinavali.forumattivo.com; AA..VV., L’Artiglieria regina delle battaglie, in xoomer.virgilio.it/jmurat/borodino/artiglieria.doc; AA.VV., www.lamaddalena.info/mortai_archipendoli_e_bombe.html – 69k; AA.VV., Almanacco storico delle navi militari italiane 1861-1993, ed. Ufficio storico della Marina Militare, Roma 1996, pagg. 2 e 262; AA.VV., Paixhans naval shell gun, in http://ageofsail.devhub.com
Per approfondimenti scrivere a: cimanto57@libero.it