“Storia, tradizione e cultura dell’albero e del frutto principi dell’autunno”
Cosa sarebbe, in autunno, il pranzo domenicale se non terminasse con una calda e profumata teglia di castagne? E come sarebbero le nostre strade se all’angolo non ci fosse il venditore di caldarroste? Quanta magia c’è in quel cartoccio fumante che contiene quei pochi, saporitissimi frutti, che ci riscaldano le mani e ci deliziano il palato. Il castagno (Castanea sativa Miller) è una pianta che da millenni accompagna l’uomo fornendogli nutrienti frutti e ottima legna, ricevendo in cambio amorevoli cure.
E’ proprio grazie all’uomo che il castagno oggi è ampiamente diffuso in tutta l’Italia. Questa pianta, indigena nel nostro territorio, ha rischiato di estinguersi nell’ultimo periodo glaciale (circa 18.000 anni fa); il clima troppo freddo e asciutto costrinse la specie a ritirarsi in poche nicchie al sud del paese dove ancora persistevano condizioni climatiche ottimali. In rapporto alle precipitazioni, il castagno, specie mesofila, vive di regola in stazioni con una media annua compresa fra i 600 ed i 1600 mm ed una media nei tre mesi estivi di almeno 30 mm di pioggia. Riguardo alla temperatura, il castagno è specie mesotermica, adatta a vivere in quelle zone caratterizzate da una temperatura media annua compresa fra +8°C e +15°C e da una temperatura media mensile superiore a +10°C per almeno sei mesi. In epoca romana, quando il periodo glaciale era ormai da tempo finito, l’uomo iniziò a diffondere ampiamente il castagno come pianta coltivata, immense piantagioni a ceduo e a frutto sono state impiantate fino al secolo scorso. Solo negli ultimi decenni per motivi economici i castagneti sono stati abbandonati, però il castagno ormai completamente rinaturalizzato continua a mantenersi come specie boschiva tipica della flora italiana.
In Penisola Sorrentina tale albero è specie ampiamente diffusa nella fascia altitudinale compresa tra i 200 e i 900 metri, in basso come componente del bosco misto, in alto forma estesi cedui da cui si ricavano i diritti e robusti pali con cui si realizzano le caratteristiche palizzate negli agrumeti e altrettanto numerosi sono i coltivi a castagno da cui si ricavano le gustose castagne. L’ampia distribuzione del castagno in Penisola Sorrentina è intimamente legata alla fertilità del suolo arricchito nella sua componente inorganica dai preziosi minerali eruttati dai vicini apparati vulcanici vesuviani e flegrei. Relativamente al terreno il castagno ha, infatti, esigenze particolari e precise che limitano la possibilità di crescita: il PH non dovrebbe essere superiore a 6.5 (terreni acidi), rifugge i terreni calcarei. Un’altra interessante relazione lega le castagne e i prodotti piroclastici: si tratta di un antico metodo per la conservazione del frutto. Utilizzato fino a qualche anno fa e oggi quasi del tutto dimenticato, il procedimento per la cura delle castagne (così viene chiamato dalle persone che ancora se lo ricordano) consiste in pochi e semplici passaggi, che in sé rappresentano l’intimo e antico legame dell’uomo col territorio in cui vive. Il primo passaggio consiste nella raccolta delle castagne, in questa fase è importante raccogliere solo castagne integre prive di lesioni e libere da larve di insetti.
i frutti raccolti vanno immersi in abbondante acqua fresca, anticamente questa operazione era fatta in ampie vasche appositamente costruite (alcuni esempi di queste costruzioni si possono ammirare in località Camarelle nei pressi dell’antico palazzo Notari).
Per chi volesse provare il bagno delle castagne può adoperare anche una semplice bacinella; i frutti devono restare in ammollo per una settimana, successivamente devono essere messi ad asciugare in un luogo asciutto e fresco. L’operazione richiede grande esperienza manuale: è infatti al tatto che bisogna accorgersi dell’avvenuta asciugatura, è importante che le castagne non perdano tutta l’acqua, il frutto deve essere asciutto esternamente; ultimata questa fase bisogna mischiare le castagne ad abbondante lapillo vulcanico raccolto dai potenti ed estesi depositi presenti in tutti i rilievi del napoletano.
L’ultimo passaggio consiste nell’ammucchiare il lapillo e le castagne in un angolo della cantina, per provare può andar bene riempire una cassetta per poi conservarla fuori al terrazzo, facendo attenzione che sia ben riparata dalla pioggia. Questo metodo di conservazione deriva sicuramente dall’osservazione di un processo naturale, non è insolito ritrovare nei castagneti, qualche castagna sepolta accidentalmente nel lapillo perfettamente conservate. Uno dei pregi di questo sistema, infatti, è quello di riuscire a mantenere le castagne per un lungo periodo di tempo in condizioni eccellenti, il lapillo assicura il giusto grado di umidità evitando che il frutto si secchi o marcisca. L’altro pregio di questo metodo è l’evitare che le castagne siano razziate dai roditori, questi animali (in genere ratti) non si avventurano nello scavare il lapillo per mangiare le castagne perché il materiale è altamente instabile e rischierebbero di restare sepolti nei frequenti crolli.
Ferdinando Fontanella
Twitter: @nandofnt
Testi consultati:
- FERRINI F., NICESE F.P., Descrizine del castagno europeo. Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura – Università di Firenze.
- GIACOMINI V., FENAROLI L., 1958. Conosci l’Italia. Vol. II., Touring club italiano, Milano.
- PIGNATTI S., 1982. Flora d’Italia. vol. I Edagricole, Bologna.
Complimenti professore