l’editoriale di Maurizio Cuomo
Il Sindaco, di Castellammare di Stabia, avv. Nicola Cuomo, viene ufficialmente sfiduciato da 13 consiglieri e lascia la poltrona di primo cittadino. La notizia già nota da ieri, tiene banco nelle conversazioni odierne ed apre non poche perplessità sul futuro imminente: chi lo ha conosciuto bene ha sempre asserito che fosse una persona onesta, la controparte (quelli si sponda politica opposta), per bilanciare le cose, a più riprese hanno messo in evidenza la sua “incapacità”… Vai a capire se anche questa volta la verità era, come si suol dire, lì nel mezzo. Fatto è che ora Castellammare è orfana di chi dovrebbe essere un buon padre di famiglia e guidarla!!! Sperando in un drastico, capillare, rinnovamento politico, che ahimè, forse non vedremo mai, visto il ventaglio di aspiranti sindaci (purtroppo, non vedo persone oneste e capaci), mi sorge spontaneo un enigmatico dubbio: se nulla cambia, nella prossima “tirata di rezza”, chi “assummerà” a galla: un onesto incapace o un disonesto capace?
In queste ore, sulle bacheche di alcuni social, leggo i più disparati commenti e apprendo tanta amarezza, che traspare anzi trabocca tra le righe. Il mio amico pimontese Alberto Gargiulo, in due righe sintetizza un pensiero che non posso far altro che far mio: “Le amministrazioni vanno via, i problemi restano. Non dormite sugli allori perché in questo caso a perderci è stata tutta la città, voi compresi!“.
E come non dar ragione anche alla mia concittadina Carmen Di Lauro, che in un suo accorato post scrive: “Il Sindaco della mia città è stato appena sfiduciato. Il Sindaco che ormai non voleva più nessuno. Dovrei festeggiare per questa città “liberata”, come in molti – giustamente – stanno facendo. E invece no… Qualcosa mi frena, mi soffermo a riflettere e poi realizzo: Castellammare non è libera perché non lo è il suo popolo, Popolo che, letteralmente, non ne indovina una, Popolo ancora per buona parte disgraziatamente analfabeta, Perché è così che lo si vuole, che lo si può addomesticare, Popolo che da tanti, troppi anni, regala questa perla ai porci. Porci azzurri, rossi, gialli. Cambia il colore ma non il grugnito!“.
A mio personale avviso, altro pensiero degno di nota, viene, nemmeno a dirlo, da Marco Armando Di Martino, che sulla sua bacheca così scrive: “Viviamo l’epoca del qualunquismo sociale e politico! Si gioisce per il fallimento degli altri in modo da sentirsi più appagati e meno frustrati per i fallimenti personali! Vorrei solo comunicare agli Stabiesi e ai Castelluoni, che ieri per l’ennesima volta è stata Castellammare a perdere. Sono anni che gli stessi personaggi si avvicendano nei vari consigli comunali, promettendo attraverso voti di scambi cose improbabili! Seppur ci sarà per l’ennesima volta un commissario a traghettare la città fino alle prossime elezioni sicuramente ci ritroveremo le stesse persone nelle liste e se non ci sono loro ci saranno: figli, nipoti, compari e parenti vari! Nel frattempo però non abbiamo più una villa comunale, non abbiamo né le terme nuove né quelle vecchie, i lavori al fascio/biblioteca bloccati, la reggia di Quisisana è vuota o quanto meno “si fanno cose” per giustificare i soldi spesi, una città allo sbando che non si capisce che natura abbia… industriale o turistica? Io amo CASTELLAMMARE! Questa città merita Amore e rispetto e non gente che puzza di…!“.
Quante verità e quanta amarezza, le riflessioni sono tante e non voglio rischiare di tediarvi, con altri copia/incolla, il senso di questo editoriale penso sia chiaro: Castellammare oggi chiude un altro capitolo nero della sua lunga, travagliata storia, ne ha viste tante, purtroppo ancora una volta è in ginocchio, ma per nostra fortuna è ancora viva (il pensiero di questi giovani, mi dà speranza)… ora spero vivamente che i suoi cittadini (tutti) abbiano l’intelligenza e la forza per rimetterla nuovamente in piedi!!!
Egregio Direttore nonche’ preziosissimo amico,
vengo a farti partecipe del mio pensiero, che sai bene,conoscendomi, scevro da qualsiasi partigianeria politica.
preciso che nonostante i miei trascorsi nel direttivo del PD stabiese,ne ho pres le distanze da oltre due anni!
dunque, c’era un Sindaco “sceriffo” che ha collezionato nel suo mandato alcune delibere ridicole (vedi ordinanza minigonne,ordinanza piccioni,ordinanza divieto vendita alcolici in occasione delle festivitò Natalizie e di fine anno,queste solo alcune,purtroppo per autodifesa tendo a rimuovere le st….upidagini!)e che a fine mandato si e’ scoperto essere indagato nel crack della multiservizi.è di questi giorni la notizia circolata su tutti i giornali che i dirigenti e amministratori della multiservizi spa da lui nominati,stanno vuotando il sacco su un usistema inquietante che ha portato via dalle casse della società diversi milioni di euro. eppure….. io vedo in giro le stesse persone che inneggiavano al sindaco “sceriffo” festeggiare per la caduta dell’attuale sindaco,al quale volendo essere pignoli, si puo’ imputare incapacita’ politica,mancanza di lungimiranza! null’altro che questo! e non è poco,se si decide di dare una svolta radicale alla citta’! ma il problema non è il Sindaco, potremmo votare anche san Gennaro, ma con quell’accozzaglia di persone che puntualmente si ritrovera’ in consiglio comunale,nemmeno con un miracolo potra’ tirare fuori la citta’ dalla melma.si signori! perche’ dietro un Sindaco, un qualsiasi Sindaco, vi è il consiglio Comunale che con i propri giochetti di potere decide come andare avanti! quindi, io condanno questo Sindaco per presunte incapacita’, ma condanno il consiglio comunale per alto tradimento nei confronti della Citta’ e dei suoi Cittadini! perdonate se sono stato logorroico.
Antonio d’Orsi
Bella domanda! Chi deciderà ora le nostre sorti, un onesto incapace o un disonesto capace?
Stamattina, in ufficio, commentavamo la vicenda della sfiducia al Sindaco e un mio collega mi ha fatto leggere questo. L’ha scritto Platone circa 2400 anni fa, ed è tragicamente attuale. Con il dovuto rispetto per l’autore, lo prendo a prestito per commentare l’editoriale di Maurizio Cuomo.
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Platone – La Repubblica Cap. VIII, Atene 370 A.C.
“Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con dosi sempre massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per potere continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio; quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?
In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice.
Così la democrazia muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo.”
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Non credo ci sia altro da aggiungere.
Platone ci aveva visto lungo.
Spero che si possa invertire questa tendenza di malcostume e si possa iniziare a sperare.
Grazie per la citazione. Poche parole scritte col cuore.
Stabia ha bisogno di forze sane, oneste e ho la fortuna di conoscerne tante. Non tutto è perso, basta essere uniti.
🙂
Vorrei solo precisare che nel Palazzo Reale di Quisisana sono visibili tutti i giorni, tranne il mercoledì, buona parte dei reperti delle Ville romane di Stabiae.
Non per polemizzare, ma perché si sappia e si vadano a vedere e studiare.
Cara Olimpia, in questa tua missiva non vedo alcuna polemica… ma perché posti qui la notizia? Se ti fa piacere non abbiamo alcun problema a divulgarla, anzi, organizza un comunicato e lo giriamo all’attenzione anche dei nostri lettori. Penso sia più consono e corretto, non credi?! Resto in attesa di tue nuove. Stammi bene!