Catello e Francesco Marano, storia di due antifascisti stabiesi
articolo del dott. Raffaele Scala
Premessa dell’autore:
Per la prima volta presento in un unica ricerca due biografie, due protagonisti del movimento operaio di Castellammare di Stabia, ognuno nel suo tempo. L’originalità consiste nel fatto che i due sono padre e figlio: Catello e Francesco Marano. Catello Marano, cui la Città ha intitolato una delle sue strade, è maggiormente conosciuto come amato e stimato professore del liceo classico, Plinio Seniore, fine latinista e grecista, insegnante di diverse generazioni di giovani, alcuni diventati celebrità nazionali. Pochi sanno, invece, che nella sua lontana giovinezza fu un apprezzato dirigente della locale sezione socialista, un intellettuale al servizio del movimento operaio, capace di tenere comizi e conferenze culturali. Conobbe Amedeo Bordiga, Gino Alfani ed i maggiori esponenti del socialismo. Rimase socialista riformista anche dopo la rottura con il Partito alla vigilia della prima guerra mondiale, inseguendo l’utopia della guerra democratica, il sogno risorgimentale di unificare l’Italia. Fu interventista e per questo si dimise dal Partito ma non dalle sue idee, che tali rimasero finché visse.
Le stesse idee le trasmise al giovane figlio, il primogenito Francesco, nato nel 1915, cresciuto sotto il regime fascista ma non per questo ne accettò le idee. Anzi, ancora studente si fece comunista frequentando i maggiori esponenti del movimento operaio locale, conobbe Luigi Di Martino, fece parte della sua cellula clandestina, e con lui ed altri diffuse volantini antifascisti il 20 gennaio 1936 in segno di protesta contro la guerra imperialista in Etiopia e per ricordare la strage di Piazza Spartaco avvenuta sedici anni prima. Con gli altri fu arrestato, torturato, condannato ad otto anni di carcere. Dopo la caduta del fascismo riprese il suo posto, fu nel primo consiglio comunale che vide l’elezione del primo sindaco comunista, Pasquale Cecchi, fu dirigente provinciale del PCI. Infine, seguendo le orme paterne si ritirò da ogni lotta politica, ma sempre rimase nel solco delle idee giovanili, da semplice iscritto. Fu amico di Rodolfo Morandi e di Giorgio Napolitano. È scomparso quasi centenario nel 2014.
Catello e Francesco Marano, due persone da ricordare, scolpite nella storia del nostro Movimento Operaio.
CATELLO MARANO
Il padre di Francesco, Catello Marano era nato a Castellammare di Stabia, in via Prima De Turris, il 18 settembre 1884, figlio del gallettaro Vincenzo, (circa 1844 – 1923) e della filatrice Maria Francesca Gaeta ( 1844 – 1903) unitosi in matrimonio il 6 maggio 1871.[1] Quinto di una numerosa famiglia, Catello nacque dopo Francesco Paolo (1875), Errico (1878), Giuseppe (1881) e Maria Carmela (1883). Una volta conseguita la licenza elementare, obiettivo massimo da raggiungere a quel tempo, e per molti decenni ancora, per genitori di estrazione operaia, fu costretto ad abbandonare la scuola e impiegato dal padre come garzone di barbiere per evitargli il duro lavoro del panettiere. Su insistenza del maestro, che ne riconobbe le indubbie capacità, convinse i genitori a fargli proseguire gli studi, prendendo il diploma liceale presso l’istituto Genovesi di Napoli ed infine la laurea nel 1908, anche grazie ad alcuni aiuti economici da parte del Municipio stabiese e alle numerose borse di studio conseguite negli anni.[2] Di uno di questi sussidi ricevuti dall’amministrazione comunale resta traccia in una delibera del 20 novembre 1902.[3]
Si avvicinò al socialismo relativamente presto, aveva già maturato la maggiore età, frequentando la locale sezione del PSI, di cui tra i massimi dirigenti c’erano il cugino Raffaele Gaeta (1861 – 1944), e lo stesso Catello Langella (1871 – 1947), entrambi padri fondatori del locale movimento operaio dalla seconda metà degli anni Novanta dell’Ottocento.[4]
Non ci è dato sapere se fu tra i venti che fondarono la prima sezione socialista il 19 luglio 1900. Riteniamo di no, il suo nome non appare nelle diverse cronache dei primi anni, dominate dai vari Raffaele Gaeta, Catello Langella, Andrea Luise (1877 – 1947), Vincenzo De Rosa (1874 – ?), Vito Lucatuorto (1880 – 1938), Pietro Carrese (1875 – 1949), Alfonso De Martino (1868 – 1943) ed altri, onnipresenti in ogni riunione, convegno e congresso del primo lustro del ‘900, apparse numerose sull’Avanti! oppure sull’organo regionale socialista, La Propaganda, sui quali scrivevano corrispondenti locali della sezione, né si ritrova tra quanti fondarono il primo periodico quindicinale socialista, Lotta Civile, il cui primo numero fu pubblicato il 12 aprile 1903 con una diffusione che superava le 400 copie. Così come non risulta nella lista unica delle forze di opposizione allo strapotere dei Fusco che partecipò alle storiche elezioni amministrative parziali del 22 luglio 1906, quando per la prima volta furono eletti ben cinque socialisti, portando Raffaele Gaeta ad essere nominato assessore nella Giunta del sindaco Tommaso Olivieri, mentre un secondo socialista, Alfonso De Martino fu assessore supplente. Una Giunta anomala, una sorta di centro sinistra ante litteram, contro la quale si schierò compatto lo stesso nucleo della sinistra socialista, da Vito Lucatuorto a Ignazio Esposito, non esitando ad attaccare pubblicamente i compagni della frazione governista:
L’amministrazione è composta di un ibrido minestrone di popolari, socialisti e di massoni, senza che vi sia la sezione ufficiale – scriveva Vito Lucatuorto su La Propaganda il 22 marzo 1907 – pur riconoscendo che, essa amministrazione ha abolito le tasse di esercizio, rivendita sul bestiame ecc.., si è dimostrata molto energica contro l’appaltatore dei dazii, che è stato sfrattato, tutelando gli interessi dei dazieri diffidati dall’appaltatore e dalla camorra dell’ex amministrazione. [5]
La militanza politica di Catello Marano è iniziata, con molta probabilità, nella prima metà del 1907 dopo l’ennesima ricostituzione della sezione socialista, risorta negli ultimi giorni di maggio ad opera di Ignazio Esposito, Vito Lucatuorto, Raffaele Gaeta ed altri, dopo una difficile crisi dell’organizzazione locale e feroce contrapposizione tra i gruppi dirigenti sulle modalità dell’azione politica e sulle inopportune alleanze con forze borghesi, seppure su posizioni progressiste, fino all’inevitabile scioglimento. Alla ricostituzione di fine maggio seguì la pubblicazione del nuovo, battagliero periodico, La Voce del Popolo, di cui Lucatuorto era redattore capo, poi direttore e amministratore. Vi scrivevano tra gli altri Pietro Carrese e, probabilmente, vi si cimentò lo stesso Marano.[6] Infine, annotiamo la sua assenza al II Congresso Socialista Meridionale, tenutosi a Napoli tra il sette e il nove settembre 1907, dove parteciparono, per i socialisti stabiesi, Ignazio Esposito e Vito Lucatuorto e nemmeno fu tra gli oratori della manifestazione anticlericale in occasione dei festeggiamenti per la presa di Porta Pia del 20 settembre, comizi affidati al verboso e sempre polemico Andrea Luise e all’avvocato Mariconda.
La sua stagione politica fu breve, meno di un decennio, durante il quale si impegnò con ardore, pur senza mai cadere nel duro linguaggio oltranzista e nelle manifestazioni estremiste, neanche quando la sezione cadde sotto l’egemonia della sinistra socialista rivoluzionaria di Oscar Gaeta, figlio di Raffaele, e di Antonio Cecchi (1895 – 1969), bordighisti convinti, fautori e precursori della nascita del Partito Comunista d’Italia nel 1921.[7] Le qualità intellettuali e culturali di cui era portatore furono immediatamente riconosciute e utilizzate al meglio dal Partito, non a caso fu candidato, pur senza fortuna, per ben tre volte per il consiglio comunale e finanche per il Consiglio provinciale nel luglio 1914. Intanto era diventato, fin dall’inizio della sua militanza, l’oratore ufficiale della sezione, impegnato in tutti i comizi, convegni e congressi. Poi se ne allontanò con l’inizio della Grande Guerra, sostenitore convinto dell’interventismo di sinistra che vedeva nel primo conflitto mondiale la prosecuzione delle guerre risorgimentali per costruire e realizzare l’unità d’Italia con le terre irredenti di Trento e Trieste, schierandosi sulle posizioni portate avanti da Leonida Bissolati e Gaetano Salvemini. Le stesse del trentino Cesare Battisti (1875 – 1916) lo sfortunato, tragico eroe socialista che pagò con la vita il suo coraggio. Ma così facendo, il giovane professore di Lettere si inimicò con la sua posizione, contraria alla linea ufficiale del PSI, i compagni di fede, fino ad essere additato sull’organo nazionale del Partito come nemico della classe operaia. Deluso, Catello lasciò la politica dando le dimissioni dal Partito con una lettera pubblicata sul periodico socialista, La Voce. Sullo stesso quindicinale fu pubblicata una lettera, probabilmente a firma di Oscar Gaeta, nuovo direttore dell’organo ufficiale della sezione in risposta alla sua, in cui aveva elencato le ragioni ideali del suo interventismo, accettandone le motivazioni e conseguenti dimissioni anche dalla direzione del giornale. A scrivergli privatamente fu anche un compagno di vecchia data della sezione, il sarto Eduardo Gesini (1885 – 1942), con il quale aveva, in ultimo condiviso la dura campagna elettorale delle elezioni amministrative del 26 luglio 1914, entrambi candidati, rammaricandosi delle sue dimissioni e ricordandogli che così facendo faceva un favore ai tanti, forse ai troppi invidiosi della sua brillante posizione nel Partito, foriera di probabili futuri importanti successi. Una carriera stroncata con le sue stesse mani, facendo spazio a chi meritava meno di lui.[8]
Sordo ad ogni consiglio Catello abbandonerà la politica attiva, dedicandosi al lavoro e alla famiglia, dopo il matrimonio con Luisa Auricino, sposata il 30 ottobre 1913. Intanto fin dal 1910, vincitore di concorso aveva cominciato ad insegnare in vari ginnasi, da Castrovillari a Potenza, da Salerno a Sala Consilina.
L’Avanti! lo cita per la prima volta il primo marzo 1908, candidato nella lista socialista per le elezioni amministrative tenutesi quello stesso giorno e poi, in successione, il 15 marzo quale oratore del Circolo Giovanile Socialista per commemorare Carlo Marx e in agosto quando partecipa al congresso provinciale del PSI in rappresentanza della sezione stabiese con Ignazio Esposito.[9] È opportuno ricordare che il Circolo Giovanile Socialista era stato costituito il 25 ottobre 1907, forse con il probabile contributo dello stesso Marano e di Eduardo Gesini.[10]
Non potevano mancare alcuni suoi articoli, quale corrispondente locale della sezione, sul quotidiano nazionale dei socialisti. Anzi fu il primo ad essere designato ufficialmente dalla ricostituzione della sezione nel maggio 1907. I precedenti articoli erano firmati, Sezione Socialista o, in alcuni casi, Vice. Non sappiamo chi furono gli estensori materiali degli articoli scritti da maggio 1907. Forse il Segretario della sezione, tale Pizzella. Non ci è dato sapere. Antichi corrispondenti erano stati Catello Langella, Andrea Luise, Raffaele Gaeta e Vito Lucatuorto. Comunque sia l’esperienza di giornalista di Marano fu breve, appena quattro gli articoli che portano la sua firma, ma sufficienti a dimostrare le sue capacità di giornalista, un linguaggio duro e tagliente, coperto da una verve ironica non usuale e che non gli riconoscevamo. I suoi primi ed unici scritti furono tutti dedicati al deputato uscente del collegio e vice ministro della Marina, Augusto Aubry (1849 – 1912) e, a seguire gli altri candidati pronti a fronteggiarsi usando qualunque arma, anche e soprattutto quella illegale, metodo usuale dello stabiese Alfonso Fusco, padre padrone della città, ma non da meno era il comportamento dell’avversario, pronto ad usare sistemi violenti, non rifiutando l’aiuto della camorra locale e dei suoi mazzieri, utilizzati apertamente per impaurire e convincere gli elettori della parte avversa nelle elezioni del 6/13 novembre 1904. [11]
Una campagna elettorale iniziata con largo anticipo, considerando che le elezioni politiche generali si sarebbero tenute il successivo 7 marzo 1909. Di Aubry non si ricordava un solo intervento a favore del collegio che l’aveva eletto.
Nell’articolo del primo luglio 1908 Marano attaccò apertamente il clero locale e il loro protettore, Aubry, da loro sostenuto nelle ultime elezioni politiche del 1904, dove sconfisse il repubblicano Rodolfo Rispoli, ne segui sullo stesso argomento un secondo il 20 settembre 1908: Spunti elettorali a Castellammare di Stabia, dove allargò il campo ai due candidati istituzionali, Alfonso Fusco e Augusto Aubry e accusando di complicità elettorale lo stesso sottoprefetto, Vittorio Peri:
Il sottoprefetto Peri stia però bene in guardia e non si dimentichi di far votare, come al solito, i clericali per l’Aubry: i clericali saranno ben lieti di far trionfare la monarchia a Castellammare, perché in monarchia – mi diceva un cattolico influente – si ha la vera attuazione del principio cristiano.[12]
Nel terzo articolo, pubblicato il 6 ottobre: Spunti elettorali per la candidatura dell’on. Aubry, continua con bella ed efficace ironia ad attaccare il vice ministro e il suo fedele scudiero, l’imprenditore e sindaco di Gragnano, Alfonso Garofalo. Seguì l’11 ottobre una difesa d’ufficio di Fusco, contro il quale l’Aubry, per indebolirlo intendeva, su consiglio di uno dei suoi tanti galoppini locali, far trasferire a Taranto una quindicina di operai notoriamente vicini all’antico deputato stabiese e capaci di trainare il voto operaio. Scrive Marano:
Noi socialisti abbiamo combattuto e combatteremo il Fusco, uomo funesto al nostro paese, ma leveremo alta la nostra protesta contro le violenze da qualunque parte vengano.[13]
Non risultano altri articoli di Marano, il posto di corrispondente locale fu preso dal compagno della sezione, Ignazio Esposito che manterrà l’incarico fino allo scoppio del primo conflitto mondiale, quando per dissapori con la linea del Partito abbandonerà la militanza, pur rimanendo socialista. Intanto Aubry abbandonò la sua candidatura nel collegio stabiese per farsi eleggere il 10 gennaio 1909, in maniera plebiscitaria, in quelle parziali del collegio di Napoli 1, Quartiere San Ferdinando. A scontrarsi a Castellammare saranno il ministeriale Alfonso Fusco e il repubblicano Rodolfo Rispoli e netta fu la vittoria del primo con 1.928 preferenze contro 916, non senza usare le solite, brutali violenze contro i fautori del candidato repubblicano, inutilmente denunciate dai giornali socialisti e rimaste inascoltate a livello parlamentare.[14].
Marano si rivelò un capace conferenziere, acculturando i presenti su Tommaso Campanella il 18 aprile 1909, su iniziativa della sezione che aveva promosso una serie di conferenze domenicali allo scopo di attrarre nuovi proseliti.[15] Poi giovane esordiente oratore alla festa del 1° maggio 1909, quando prese la parola con il più esperto Vito Lucatuorto e il combattivo rivoluzionario napoletano Umberto Vanguardia (1879 – 1931).[16] Non poteva mancare una sua conferenza sul tema del Paradiso terrestre tenuta nella sezione il 10 luglio.[17] Nel 1910 lo troviamo nuovamente candidato nelle elezioni amministrative parziali del 24 luglio nella lista popolare composta da socialisti e radicali. La lista fu sconfitta, seppure per pochi voti ma il sistema maggioritario portò in consiglio solo due della minoranza, entrambi radicali: Michele Salvati e Giuseppe Scarselli.[18] Pur non eletto Marano ottenne un lusinghiero successo personale con 640 preferenze, alle spalle del suo leader, Raffaele Gaeta (654).[19] Lo ritroviamo il 20 settembre 1910, oratore ufficiale della sezione nel corso dei festeggiamenti annuali per la presa di Porta Pia e la fine del potere temporale, su iniziativa dei partiti democratici. Per i repubblicani parlò Salvatore Fatta (1870 – 1940), Michele Salvati, per i radicali e Nicola Fusco per i monarchici.[20]
Stando ai ricordi di Nino Gaeta (1903 – 1999), Catello Marano fu tra quanti diressero il quindicinale, La Voce, organo della sinistra socialista di Castellammare di Stabia, fondato il 12 ottobre 1912, lasciando poi il posto a Oscar Gaeta (1895 – 1977), fratello maggiore di Nino e principale artefice della terza ricostituzione del circolo giovanile socialista nell’aprile 1913.[21] Marano partecipò attivamente alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 26 ottobre 1913, una lotta dura e impari che il gruppo della sinistra socialista della sezione stabiese, riconoscendosi nella lotta intransigente di Amedeo Bordiga contro lo sfascio massonico e la degenerazione del socialismo napoletano, portò fino in fondo proclamando la candidatura alternativa di Mario Bianchi, milanese, commesso viaggiatore, trasferitosi a Napoli fin dal 1911 e autorevole dirigente del circolo rivoluzionario, Carlo Marx, fondato dallo stesso Bordiga nell’aprile 1912. Una campagna elettorale aperta anzitempo, fin da agosto, quando la sezione presentò pubblicamente agli iscritti ed elettori stabiesi la candidatura di Bianchi con un comizio nella sede del Partito. A prendere la parola fu Catello Marano, mentre Bianchi espose le motivazioni della intransigenza e i motivi della dura opposizione all’avventura libica nella quale era precipitato il Paese, causando non pochi lutti.[22] Nuovi interventi a favore del candidato di bandiera li fece in villa comunale e nell’antico borgo di Scanzano con altri oratori del Circolo rivoluzionario Carlo Marx.[23] Non mancò di affiancare Amadeo Bordiga e la sua compagna, Ortensia De Meo in un comizio elettorale tenuto a Gragnano il 21 settembre 1913, dove a prendere la parola fu anche il locale Segretario della Camera del Lavoro, Beniamino Romano, antico e tenace capolega di Torre Annunziata.[24] Naturalmente ogni sforzo fu vano nella impossibile lotta contro l’ex repubblicano, ora monarchico nazionalista, Rodolfo Rispoli (1863 – 1930) e contro l’immondezzaio politico della provincia, il padre padrone della politica locale, Alfonso Fusco (1853 – 1916).[25] I frutti raccolti furono nulli con appena 53 voti a favore di Mario Bianchi contro lo strapotere di Rispoli, vincitore con 4.877 preferenze, superando ampiamente Fusco, l’eterno rivale fermatosi a 3.365 voti.
Al visionario nucleo socialista tutto questo non importava a loro interessava portare la voce del loro Partito, la diffusione delle idee alternative, come aveva ben sintetizzato Ruggero Grieco in un suo velleitario articolo sul periodico stabiese:
Contro tutti, contro ogni colore, dal nero – prete, al roseo-democratico, al verde-massonico. La nostra lotta è di classe, quindi lotta antiborghese. Chi non si sente di seguirci si allontani, sarà un vigliacco di meno ad ingombrarci la strada. Noi vogliamo andare soli e pochi.[26]
Lo incontriamo la sera del 10 marzo 1914 partecipare ad una accesa discussione nella sezione con Eduardo Gesini, Andrea Vanacore, Antonio Esposito, Ignazio Esposito ed altri sul mandato da affidare al rappresentante al Congresso nazionale di Ancona, approvando infine il seguente ordine del giorno presentato da Ignazio Esposito:
L’assemblea della sezione socialista stabiese discutendo la sera del 10 marzo 1914 in ordine alle elezioni amministrative, considerando che i blocchi si sono sempre risolti in danno del Partito logorandone gli uomini, delibera di affidare mandato intransigente al suo rappresentante al Congresso di Ancona, riservandosi di esprimere il proprio parere sulla piattaforma appena saranno pervenute le relazioni annunziate dal segretario del Partito. Per la scelta del rappresentante l’assemblea dette ampio mandato al Consiglio direttivo della Sezione.[27]
Alcuni giorni dopo, il 17 marzo, prese la parola nell’ampio cortile del Palazzo delle Poste, discutendo con Corso Bovio sull’azione del Partito Socialista nell’attuale momento storico e sul tramonto dell’astro tripolino, pochi giorni dopo, sullo stesso argomento, tenne un comizio con Bordiga e con il deputato romagnolo, Dino Rondani (1868 – 1951), vecchia conoscenza dei socialisti stabiesi fin dal 1898, quando fu invitato per la prima volta a Castellammare a tenere una conferenza programmata dal locale nucleo guidato da Catello Langella e Raffaele Gaeta.. Una conferenza finita con numerosi arresti per la stupida arroganza del delegato di polizia deciso a interrompere l’innocua riunione .[28] Così come toccò a lui arringare i lavoratori nel corso della manifestazione per il 1° maggio 1914, seppure affiancato da un altro noto socialista, il professore bordighista, di origine sarda, Giovanni Sanna.[29] Una delle sue ultime apparizioni nelle fila socialiste avvenne il 26 luglio 1914, quando fu candidato dalla sezione guidata dalla sinistra bordighiana nelle elezioni comunali e provinciali, in quest’ultimo caso mandato al massacro contro altri due mostri sacri della politica cittadina: l’ingegner Antonio Vanacore (1855 – 1924), vincitore senza problemi, con 2.828 voti, come ormai faceva da oltre un decennio, quale candidato del blocco democratico e Nicola Fusco (1863 – 1940), penultimo rampollo di una famiglia dedita alla politica, ricevendo 1.516 preferenze. Marano nelle elezioni provinciali se la cavò con 456 consensi. Non pochi per un militante rivoluzionario in una città dominata dalla chiesa e dai preti, in larga misura reazionari, come dimostrarono le varie vicende di quel tempo, con una popolazione bigotta, in larga misura fedele alla monarchia e dove imperava da decenni, facendo il bello e il cattivo tempo, la dinastia dei Fusco, da Casimiro ad Arnaldo Fusco, antichi predecessori dei Gava dell’Italia repubblicana. [30] Un successo confermato anche dai voti raccolti dalla lista di minoranza presentata dalla sezione socialista nelle elezioni amministrative tenutesi lo stesso giorno e vinte dalla lista progressista, cosiddetto Partito Democratico, sorto alcuni mesi prima, capeggiata dall’avvocato Catello Gaeta (1864 – 1954), Presidente del Circolo dell’Unione ed ex consigliere comunale d’opposizione, conquistando ben 27 seggi sui 40 disponibili.[31] Una vittoria favorita dalla bassa affluenza alle urne dei cittadini: appena la metà degli aventi diritti si recarono nei sedici seggi disponibili in città e comunque fu un’amministrazione breve, sciogliendosi nell’estate di quel tempestoso 1915, immediatamente sostituita dal Commissario prefettizio, Gaetano Gargiulo.
Lo scoppio della prima guerra mondiale fece esplodere tutte intere le contraddizioni in seno al PSI, schierato in un primo momento compatto sul fronte della neutralità assoluta, ne aderire ne sabotare, diceva il suo famoso slogan, poi l’improvviso voltafaccia del carismatico direttore dell’Avanti!, Benito Mussolini spaccò il Partito con l’altrettanto celeberrimo articolo del 18 ottobre 1914, Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante. Paradossalmente appena pochi mesi prima, la sezione stabiese aveva dato mandato a Benito Mussolini di rappresentarla al Congresso nazionale del PSI di Ancona del 26-29 aprile, col mandato dell’intransigenza assoluta, seppure relativamente al voto amministrativo e contro la massoneria.[32] Nella vicina Gragnano, la sezione socialista, costituitasi appena pochi mesi prima e dove intanto emergeva la prepotente personalità di un ragazzo destinato a fama nazionale, il diciottenne Oreste Lizzadri (1896 – 1976), votava per il Congresso, Amedeo Bordiga, quale suo rappresentante intransigente.[33]
Se la maggioranza rimase fedele alla linea dell’intransigenza contro la guerra , come dimostrano i vari ordini del giorno pubblicati dalla sezione stabiese sull’Avanti! fin dal 7 ottobre 1914, non furono pochi quanti seguirono il futuro duce sulla nuova strada dell’interventismo. A Castellammare l’Avanti! additò come imboscati, dopo essere stati fautori dell’interventismo sfrenato i repubblicani Michele D’Auria, Salvatore Fatta e il fratello Oreste, capeggiati dal loro leader Rodolfo Rispoli, il consigliere provinciale democratico, Antonio Vanacore, l’ex consigliere comunale, Catello Acanfora, il corrispondente del Popolo d’Italia, Francesco Bertinotti e Roberto Romano, ma su tutti gli altri l’accento fu portato sugli ormai ex socialisti, il professor Andrea Luise, Francesco Izzo, Giorgio Gaeta, Melchiorre Landolfi, e, purtroppo lo stesso Catello Marano, giudicato e condannato in una feroce, spietata e a suo modo crudele campagna di stampa, dal quotidiano nazionale del Partito come ex socialista, nonostante la sua dichiarazione scritta di fedeltà al Sole dell’Avvenire e gli attestati di stima da parte di diversi compagni della sezione.[34] Un giudizio probabilmente ingiusto nei confronti di Marano, mai venuto meno ai suoi ideali socialisti ma ugualmente convinto assertore della necessità di unire alla Patria il Trentino e il Veneto e non a caso rispose tempestivamente alla chiamata alle armi, partendo, come diremo in seguito, soldato semplice.
L’accusa della sezione era tanto più forte in quanto si constatava che almeno una ventina di compagni, quasi la metà degli iscritti al Partito, pur essendo contro la guerra erano stati costretti a indossare la divisa e partire per il fronte, ponendo non pochi problemi di sopravvivenza politica alla stessa organizzazione.[35] Come ricordato, prima ancora di essere allontanato, come tanti altri interventisti, dalla sezione, Marano aveva dato le sue dimissioni con lettera scritta, abbandonando definitivamente la militanza attiva, ma non per questo rinnegò mai le sue idee socialiste, moderate nel linguaggio e nelle azioni, grazie alle quali riuscì ad evitare di essere schedato e controllato dalla polizia politica, ed evitando le persecuzioni cui furono sottoposti tanti suoi compagni, conoscendo l’olio di ricino, la violenza fisica, l’arresto, il carcere, il confino politico e alcuni costretti ad espatriare nella vicina Francia, altri sbarcando nella lontana America.
Tra i più celebri socialisti interventisti vale la pena di ricordare lo stesso Raffaele Gaeta, già radiato dal PSI per aver aderito ad un Comitato militarista a favore di una sottoscrizione per rinforzare la flotta aerea al tempo della guerra libica. Con lui Andrea Luise, entrambi espulsi nei primi giorni di luglio del 1912, ponendoli fuori dalla politica, ma entrambi rimasti fedeli all’idea socialista [36] Qualche giorno prima era stato espulso, per lo stesso motivo, anche Luigi Fusco, antico socialista, uno dei primi con Catello Langella e tra i protagonisti dei moti di maggio del 1898. Trasferitosi a Napoli, nel 1924 si iscriverà al PNF e radiato dallo schedario dei sovversivi nel gennaio 1926. E interventista convinto fu Catello Langella, il primo socialista di Castellammare, una volta rientrato dall’Australia nel 1915, dove si era rifugiato dal marzo 1908, dopo la dolorosa scomparsa della Camera del Lavoro di cui fu il massimo artefice e primo Segretario Generale. Langella fu nazionalista e finanche fascista, tornando infine al primo amore aderendo alla socialdemocrazia nel secondo dopoguerra.[37]
Dopo la fine della seconda guerra mondiale e il ritorno alle libertà democratiche, Marano, pur da semplice militante, riprese la tessera del Partito Socialista, iscrivendosi alla locale sezione, non mancando di esprimere le sue idee, di proporre i suoi convincimenti, di fare le sue critiche costruttive. [38]
Ventenne, Catello Marano aveva evitato il servizio militare di leva, grazie al fratello maggiore, il primogenito Francesco Paolo, sottufficiale di carriera nella Marina Militare e scomparso a La Spezia, città dove prestava servizio, in strane circostanze mai del tutto chiarite. Forse, secondo qualche testimonianza, a seguito di un intervento sul porto per sedare una rissa tra marinai. Ma ora, in realtà il giovane e già brillante professore non aveva nessuna intenzione di disertare, né del resto poteva farlo anche volendo. Alle sue spalle non vi era nessuna famiglia ricca e potente e quindi partì per il fronte, chiamato alle armi nel gennaio 1916, come soldato semplice. Al fronte conobbe un tenente, un avvocato socialista del Nord che lo invitò a diventare ufficiale, inteso quasi come un dovere di ogni socialista in possesso dei titoli e delle capacità, per essere pronti ad aiutare i tanti militari proletari, ascoltando e portando avanti le loro ragioni, e, chissà, anche per meglio costruire la futura società socialista, l’utopistico Sole dell’Avvenire. Inviato ad un corso accelerato per Allievi Ufficiali, non trovò nessun ostacolo rispetto alla sua passata militanza politica, stigma che aveva impedito a tanti altri suoi compagni di frequentarlo, rimandandoli direttamente al fronte come soldati semplici nonostante fossero brillantemente laureati. Guadagnati i gradi da sottotenente e successivamente di Tenente dell’esercito, partecipò a diverse battaglie sull’Isonzo, rimanendo ferito il 23 agosto 1917 in seguito allo scoppio di una granata austriaca, lasciandogli in eredità una scheggia che lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni non potendo essere estratta. Il suo compagno d’armi, il valoroso avvocato del nord e compagno socialista fu meno fortunato cadendo in battaglia. Congedatosi nel gennaio 1919, fu decorato con medaglia di bronzo al valor militare e successivamente nominato Cavaliere di Vittorio Veneto.[39] Dopo il congedo fu chiamato ad insegnare a Matera. Successivamente insegnò latino e greco nei licei di Avellino e Salerno e al Giambattista Vico di Napoli, dove insegnò dal 1925 al 1936, anno in cui fu trasferito al liceo Plinio Seniore di Castellammare di Stabia, sostituendo nell’insegnamento il neo Preside, Francesco Di Capua (1879 – 1957), celebrato archeologo per quanto riguarda l’antica Stabiae e autore di numerose pubblicazioni.
Il Liceo classico Plinio Seniore sarà la sua ultima sede fino al 1954, quando maturò l’età pensionistica. Catello Marano, eminente cultore e fine conoscitore del mondo classico, fu tra i docenti del “Plinio Seniore” uno dei più amati e ammirati da amici e allievi per la sua preparazione e la sua umanità.[40]
Il 1936 fu per Catello Marano e la sua famiglia un anno drammatico: il suo giovane figlio di ventuno anni, Francesco, studente universitario, attivo militante di un nucleo clandestino comunista e coinvolto in una azione antifascista il 20 gennaio, era stato arrestato e successivamente condannato a otto anni di carcere. Lui stesso fu tratto in arresto e rinchiuso in manette per alcune ore nella camera di sicurezza del locale commissariato. Tra le motivazioni della dura condanna del figlio comunista non dovette essere estranea l’aver ricevuto una educazione antifascista.[41]
Uomo di vasta cultura, fine grecista e latinista, punto di riferimento delle nuove generazioni, Catello Marano si era guadagnato il rispetto dell’intera comunità stabiese e tra gli stessi fascisti molti lo tenevano nella giusta considerazione al punto che alcuni arrivarono ad esporsi provando ad aiutarlo cercando di minimizzare l’azione del giovane Francesco, tentando di ridimensionarla a una bravata giovanilistica su cui si poteva anche sorvolare.
Il giorno dopo la condanna di Francesco e di altri quattro compagni di fede da parte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato emessa il 9 dicembre 1936, Catello Marano fu regolarmente al suo posto di professore nel liceo Plinio Seniore, indifferente all’alone di sospetti e di odio da parte dei docenti fascisti. Il clima politico a Castellammare in quei mesi non era dei migliori, non a caso vi fu chi provò ad aizzare la popolazione contro i nemici dello Stato, fino a chiedere, addirittura, la condanna a morte per i cinque comunisti, considerati alla stregua di terroristi criminali. Se scansarono la morte non riuscirono ad evitare una pesante, ingiustificata condanna a lunghi, interminabili anni di carcere.
Fortunatamente il regime fascista crollò sotto il peso della dura sconfitta militare e della reazione popolare, pronta a prendere le armi contro chi li aveva tiranneggiati per venti lunghi anni e contro l’occupazione nazista del Paese.
A chi gli chiedeva sommessamente perché dopo il fascismo non avesse preso parte attiva alla vita politica, rispondeva sdegnato ed irritato, che non aveva il temperamento e le capacità del politico, ma che mai avrebbe fatto pesare il suo passato perché egli aveva fatto semplicemente il suo dovere, soprattutto quello di mantenersi fedele alla verità che è l’unico senso di un autentica cultura.[42]
Catello Marano morirà a 87 anni, il 12 giugno 1971, colpito da ictus nel suo studio, davanti alla sua scrivania, tra i suoi amati libri. L’amministrazione comunale, per i suoi alti, riconosciuti meriti, volle intitolargli una strada, l’ex via Caccavale, con delibera del 9 dicembre 1987.[43]
Suo figlio Francesco, commemorandolo sul quotidiano comunista, l’Unità, così volle ricordarlo: Uomo giusto, insegnante esemplare, turatiano in gioventù, tenace assertore nel dopoguerra e fino alla morte dell’unità della sinistra e ricordando che fu lui a ispirargli l’amore per il socialismo.[44]
Grande, riconosciuto educatore di diverse generazioni di giovani, alcuni dei quali, da ex allievi, pervennero ai gradini più alti della società civile. Tra questi ricordiamo, su tutti, lo stabiese Francesco Bonifacio (1923 – 1989), deputato e senatore della repubblica, Ministro di Grazia e Giustizia in diversi Governi e Presidente della Corte Costituzionale. Questi volle presiedere un Comitato promotore costituito da ex allievi per onorare la memoria dell’insigne maestro, decidendo di istituire un premio di studio da conferire annualmente al migliore alunno del Liceo Plinio Seniore.
FRANCESCO MARANO
Il padre di Francesco Marano, Catello aveva contratto matrimonio con Luisa Auricino (1894 – 1988), il 30 ottobre 1913. La sorte avversa volle che il primo parto, una coppia di gemelli, cui furono dati i nomi di Francesco e Anna, nati il 3 giugno 1914, sopravvisse soltanto sette giorni prima di scomparire entrambi nel giro di poche ore l’uno dall’altro.
Fortunatamente il secondo parto non portò nessun problema e il piccolo Francesco venne al mondo il 19 settembre 1915 nella casa paterna, al primo piano di via Gesù, 35 nel Centro Antico cittadino, una volta cuore pulsante di Castellammare, ricca di chiese monumentali, di negozi e di cultura popolare. Lo seguirà dieci anni dopo la sorella Anna, nata nel 1925.
A differenza del padre, la sua giovinezza fu tranquilla e serena, potendo studiare senza grandi problemi, ma questo non gli impedì di vedere le storture della società nella quale viveva, consapevole di non trovarsi nel migliore dei mondi possibili pur non avendone conosciuti altri: Mussolini si era preso il potere con la forza il 28 ottobre 1922, quando Marano aveva soltanto sette anni. Nella surreale società fascista imposta dal nuovo regime, dove in apparenza doveva vigere ordine e disciplina, censurando pesantemente la stampa, obbligata a tacere sulle storture del sistema e su fatti eclatanti di cronaca nera, si obbligava bambini, ragazzi e giovani, di entrambi i sessi, a indossare una divisa secondo l’età, figli della lupa, balilla, avanguardisti e giovani fascisti. Doveva rappresentare l’amor di Patria e fedeltà al fascismo indossare quelle nere divise e successivamente, al tempo dell’università, iscriversi al GUF, i Gruppi Universitari Fascisti, dai quali, secondo il Duce, doveva nascere la futura classe dirigente del Paese, ma, finendo, paradossalmente, per rappresentare anche un vivaio di intelligenze dal cui continuo confronto nascevano gli stimoli per rendersi conto di vivere in una dittatura della quale bisognava liberarsi, altri vi trovavano la convinzione di vivere nella migliore delle società civili, un Paese rispettato, un Impero alla pari delle maggiori potenze mondiali e diventavano fascisti convinti, alcuni fino al fanatismo, con tutte le nefaste conseguenze che questo comportò.
Francesco Marano, educato al rispetto dei valori umanitari e cresciuto in una casa in cui si respirava cultura socialista, fu tra quanti aprirono ben presto gli occhi, fin da quando frequentava la terza liceale avvicinandosi alle idee socialiste e in particolare al comunismo intorno al 1934, quando iniziò a frequentare Luigi Di Martino (1897 – 1969) e il suo gruppo sovversivo.[45] Si era diplomato nel 1933 ed era riuscito a non aderire ai giovani fascisti ma per frequentare l’Università, iscritto alla Facoltà di Lettere, fu obbligato ad iscriversi al GUF, guadagnandosi la sua prima espulsione e sospensione di sei mesi per non essersi presentato il 28 ottobre 1934 al servizio premilitare. Nel 1935 non rinnovò la tessera, avendo nel frattempo già aderito al nucleo clandestino comunista, di cui facevano parte una ventina di sovversivi di varia estrazione sociale.[46]
Castellammare di Stabia era stata pur sempre una cittadella rossa, con la sua classe operaia radicata sul territorio. Poteva vantare lontane origini anarchiche con la fondazione di una sezione della Prima Internazionale nel novembre 1869 e radici socialiste fin dall’ultimo decennio dell’Ottocento, con la sezione fondata nel luglio 1900, diversi tentativi di costituire una stabile Camera del Lavoro, nel 1903, poi nel 1907 ed infine quella rivoluzionaria dell’aprile 1919. La sua classe operaia si era imposta, rivendicando diritti e conquistandoli con la forza dei suoi scioperi, fino alla occupazione delle fabbriche nel settembre 1920, e la successiva conquista del comune, all’indomani delle elezioni amministrative del 31 ottobre, su cui fece sventolare la bandiera rossa, sognando di fare come in Russia. Poi la tragedia di Piazza Spartaco, la strage fascista del 20 gennaio 1921, la sanguinaria dittatura imposta da Benito Mussolini dopo un biennio di lotta civile costata migliaia di morti e feriti, di militanti di sinistra incarcerati, inviati al confino politico o costretti ad emigrare verso terre lontane. Tutto questo non poteva e non era ignoto a Francesco Marano, pur sempre figlio di un antico attivo militante socialista, per quanto moderato. Non casualmente il vecchio Catello si era sempre ispirato nel suo agire al gradualismo politico di Filippo Turati (1857 – 1932), tra i fondatori del Partito Socialista Italiano nel lontano 1892 a Genova e a tale idea e impostazione rimase fedele per tutta la vita.
A riprova di una tradizione rossa ormai consolidata, di un zoccolo duro impossibile da scalfire, nonostante il ferreo controllo nei confronti degli oppositori, sui muri cittadini delle fabbriche, delle case, negli orinatoi, ovunque era possibile, di tanto in tanto apparivano scritte e volantini contro il regime e nuclei di antifascisti continuavano a congiurare, pur nei limiti imposti dal terrore fascista e nulla potevano aggressioni, fermi, arresti e condanne.[47] Ancora il primo maggio 1926, con le leggi fascistissime già in vigore, un gruppo comunista provò a ricordare la festa dei lavoratori distribuendo volantini. Tra gli arrestati un giovanissimo Luigi Di Martino, figlio di Alfonso e di Vincenza Canfora, classe 1903, omonimo del più anziano e famoso arsenalotto nato nel 1897. Il giovane Di Martino per sfuggire ad un secondo arresto e alla condanna riportata in contumacia a sei mesi d carcere, sarà ben costretto a fuggire clandestinamente dall’Italia, probabilmente tra la fine del 1926 e l’inizio del 1927. trovando rifugio in Francia, dalla quale sembra non abbia fatto più ritorno. Le ultime notizie relative a dicembre 1943 lo vogliono ancora in terra francese, probabilmente a Parigi.[48]
Uno di questi nuclei comunisti, nonostante l’arresto e l’invio al confino dei maggiori dirigenti fin dalla fine del 1926, mentre altri erano fortunosamente emigrati all’estero prima di essere condannati, si era formato nella immediata seconda metà degli anni Trenta sotto la guida dell’irriducibile arsenalotto, Luigi Di Martino (1897), capo di una ventina di militanti composti da operai, precari, disoccupati e studenti universitari. Questi si erano riuniti diverse volte nei punti più impensati, tra i boschi di Quisisana, in barca o in case sicure nelle vicine campagne del circondario, fino a quando non decisero di venire allo scoperto nell’anniversario della strage di Piazza Spartaco verificatosi il 20 gennaio 1921, lasciando volantini lungo le diverse strade dove erano situate le fabbriche, dai Cantieri Navali ai Cantieri Metallurgici in prossimità di due orinatoi pubblici e in vie secondarie. Sui volantini erano scritte frasi semplici, inneggianti a Lenin, al socialismo, alla libertà, a Matteotti, contro la guerra in Etiopia costata oltre quattromila caduti e, naturalmente, contro Mussolini, la dittatura e il fascismo.
A trovare alcuni volantini furono gli avanguardisti Raffaele Polichetti, Domenico Raffone, Antonio Mele e Oreste Inserra, nella tarda serata del 19 gennaio. Questi accompagnati dal sottocapo della Regia Marina, Antonio Amendola, portarono immediatamente i pericolosi fogli nella sede del Fascio locale il cui segretario era il giovane ma già famigerato Arnaldo Fusco (1907 – ?). Questi provvide poi ad avvertire le diverse autorità, per rintracciare e sequestrare l’intero materiale, aprendo nel contempo le indagini sugli autori ancora ignoti. Non ci volle molto. L’inchiesta prese immediatamente di mira i sovversivi insediati nei due più importanti stabilimenti industriali, i Regi Cantieri Navali e i CMI. A indirizzare i carabinieri fu, tra gli altri, la camicia nera, Gaetano Santaniello, il quale nei giorni precedenti aveva colto un fare sospetto di Luigi Di Martino, il primo ad essere fermato nelle ore successive ai fatti e di Nunziante Martorano (1895 – 1968), entrambi operai del Regio Cantiere. L’interrogatorio, nella caserma dei carabinieri di via Coppola, partì nei confronti dell’anello debole, il Martorano, facendolo cadere senza grandi problemi in infelici contraddizioni, fino a fargli ammettere le sue responsabilità ed infine a rivelare i nomi di due compagni corresponsabili del volantinaggio: Giuseppe De Rosa (1912 – 1986) e Francesco Marano.
In realtà pare che Luigi Di Martino arrestato dai carabinieri presenti nel Regio cantiere fu portato nella camera di sicurezza installata nel cantiere stesso, ma prima di lui, nascosto sotto il giaciglio, vi era un carabiniere pronto a far scattare la trappola nei confronti degli ingenui sovversivi. Una sorta di cimice vivente d’altri tempi! Infatti poco dopo l’ingresso dello stesso Di Martino, fecero entrare Nunziante Martorano, che, sicuro di non essere ascoltato da nessuno, cominciò a parlare col compagno della loro sfortunata avventura rivoluzionaria, facendo alcuni nomi di partecipanti. Una vera e propria inconsapevole, beffarda confessione.[49]
Dagli ulteriori interrogatori vennero i restanti nomi portando all’arresto di complessivi undici indiziati, i quali, da più mesi avevano costituito in Castellammare un piccolo gruppo con evidente intonazione comunista, di cui – secondo gli accertamenti esperiti – era ispiratore il Di Martino Luigi, già militante del partito comunista.[50]
Le persone identificate e fermate erano Luigi Di Martino, Nunziante Martorano e Catello De Angelis (1897 – 1984), operai del Regio Cantiere; Catello Bruno (1898 – 1977), Luigi Blundo (1897 – 1978) e Amedeo Bacchi, operai dei Cantieri Metallurgici Italiani; Domenico Santaniello (1910 – 1999), panettiere; Ignazio Mele, barbiere; Catello Esposito (1903 – ?), stagnino, già guardia rossa ai tempi della occupazione delle fabbriche e uno dei protagonisti dei fatti di Piazza Spartaco con Catello Bruno; Giuseppe De Rosa Francesco Marano, entrambi studenti universitari.
Si venne così a stabilire che il Marano, attirato nel movimento sovversivo dal De Angelis Catello, il quale frequentava a Castellammare le scuole serali del GUF, aveva avvicinato a mezzo del De Angelis, gli operai sopra menzionati, coi quali era solito tenere discorsi di carattere sovversivo, specialmente circa la situazione economica, affermando che in Russia l’operaio viene trattato bene. Formava anche oggetto di tali discorsi le difficoltà nelle quali si troverebbe l’Italia per le operazioni in Africa Orientale, facendo credere che il Regime si sarebbe facilmente abbattuto nel caso di sconfitta militare.
Tra i primi contatti di Marano nel gruppo sovversivo ci fu quello di Luigi Di Martino, considerato dalla polizia politica elemento particolarmente astuto. Non a caso fu lui ad insegnare al giovane studente i primi rudimenti di come muoversi nelle pericolose e paludose acque della sovversione, imparando innanzitutto a non fidarsi di nessuno, di parlare il meno possibile, di non farsi notare in giro in compagnia degli elementi già noti agli organi di polizia, di fare la massima attenzione nel proselitismo di nuove reclute.
A Marano e a De Rosa fu affidata la compilazione dei manifestini, acquistando il materiale necessario in un negozio di Napoli, mentre la diffusione toccò a Martorano, aiutato dal barbiere Ignazio Mele, mentre Domenico Santaniello ebbe il compito di distruggere nel forno della panetteria dove lavorava, le stampiglie di gomma utilizzate per la compilazione dei manifestini.
Nei confronti del giovane studente non fu sufficiente il duro interrogatorio fatto di minacce, scherno e lusinghe da parte dei carabinieri, presente lo stesso Segretario del fascio locale, l’ambizioso e spregiudicato Arnaldo Fusco, considerato l’anima nera del fascismo locale nonostante la sua giovane età, inveendo più degli altri contro l’impaurito Marano.[51] Una paura dettata non tanto da quanto poteva capitargli ma preoccupato soprattutto per eventuali, possibili rappresaglie nei confronti del padre, verso cui nutriva una vera e propria venerazione. Non a caso non aveva neppure tentato di sfuggire all’arresto, magari emigrando in Francia, terra da sempre ospitale nei confronti dei rifugiati politici e dove già molti antifascisti stabiesi avevano trovato riparo, pur sapendo di essere prossimo alla cattura da parte delle forze dell’ordine ormai sulle sue tracce. Alcuni giorni dopo, Marano, De Rosa e De Angelis furono condotti nel cortile della scuola elementare, intitolata al padre del Duce, Sandro Mussolini (dal 1944 al Direttore didattico, Basilio Cecchi), colpevoli anche di aver macchiato l’onore delle camice nere, alla cui organizzazione erano obbligatoriamente iscritti in qualità di studenti. Arrivando trovarono schierati su due fronti un drappello di militi fascisti con le baionette innestate, studenti universitari, carabinieri e diversi gerarchi. I tre furono accompagnati in un aula dove furono costretti a indossare la camicia nera per poi uscire nuovamente nel cortile accolti dalle urla delle due fila di militi. Un attimo dopo che il gerarca fascista li aveva definiti ad alta voce traditori iniziò l’atroce, traumatico e selvaggio rito da parte dei presenti strappando loro la camice nere indossate, riducendole a brandelli. Per evitare ulteriori pericolosi contatti ed anche per non dare loro ulteriore soddisfazione di sfregio nei loro confronti, Marano e De Rosa, futuri cognati per aver sposato due sorelle, rispettivamente Adele e Ida Cavaliere, riuscirono a togliersi quanto rimaneva delle loro camice provocando nuova urla e proteste da parte dei presenti, ai quali era stato tolto il piacere del violento gioco. Riportati nell’aula, li fecero rivestire dei loro indumenti e fatti nuovamente uscire accolti ancora da urla, spintoni e sputi fino a quando non riuscirono ad entrare nell’auto per riportarli in carcere.[52]
Intanto altri arresti si susseguirono, tra gli altri Vincenzo Giordano (1894 – 1964), Roberto Vingiano (1904 – 1990), i fratelli Perez, Guglielmo (1901 – 1983) e Francesco (1900 – 1961), pur non avendo direttamente partecipato all’azione incriminata.[53] Decine furono le perquisizioni e i fermi, non un sovversivo si salvò dalle furiose indagini, ricordiamo tra gli altri, i fratelli Catello (1891 – 1968) e Pietro Martorano (1893 – 1954) (omonini di Nunziante), entrambi accesi comunisti e noti antifascisti durante il regime e Vincenzo Di Capua (1891 – 1940), antica guardia rossa ai tempi dell’occupazione delle fabbriche nel 1920. Uno stillicidio di controlli operati dal nuovo commissario di polizia, succeduto al famigerato Antonio Vignali promosso a vice Questore, desideroso di farla finita con il radicato e insopprimibile antifascismo stabiese, ma costretto a rilasciarli l’uno dopo l’altro, non prima di averli, a suo modo, penalizzati e puniti per le loro idee sovversive, facendoli trascorrere almeno una settimana in cella, in nome di una inutile carcerazione preventiva.
La notizia dell’arresto e smantellamento del nucleo comunista stabiese viene riportata anche dal giornale comunista, l’Unità, pubblicato in clandestinità in Francia, seppure in maniera sommaria e per certi versi sbagliata, dimostrando che non esisteva nessun collegamento tra la periferia e il Centro del Partito. La notizia sembra riportata con maggiori ragguagli anche da un altro foglio comunista redatto a Roma, ma ampiamente diffuso nel napoletano, Vita Nuova, di cui purtroppo non siamo riusciti a procurarci copia.[54]
Il processo iniziò alcuni mesi dopo, in nove furono scagionati per insufficienza di prove con sentenza del 26 giugno 1936, mentre furono condannati Luigi Di Martino, Francesco Marano e Giuseppe De Rosa a otto anni di carcere, Nunziante Martorano a sei e Guglielmo Perez a cinque. De Rosa, Marano e Perez furono rinchiusi nel carcere di Forte Urbano a Castelfranco Emilia in provincia di Modena. Luigi Di Martino nel carcere di Civitavecchia e Nunziante Martorano nel carcere di Fossano, in provincia di Cuneo.[55] Catello Esposito e Catello Bruno seguirono un iter diverso: condannati dal Tribunale Speciale al confino politico per tre anni con ordinanza del 4 marzo 1936 e inviati, il primo a Ventotene e successivamente a Miglionico, in provincia di Matera, scontando soltanto un anno, quattro mesi e diciassette giorni, mentre la restante pena fu commutata in ammonizione, mentre il secondo, pur condannato a tre anni di confino da scontare a Ventotene, fu liberato dopo cinque mesi e quindici giorni per proscioglimento.[56]
Francesco Marano, con Di Martino e De Rosa in seguito a vari provvedimenti di clemenza, usciranno dal carcere il 20 gennaio 1941, ma sottoposti a libertà vigilata, mentre Perez era già uscito il 6 marzo 1939. Prima degli altri era tornato in libertà, il 31 agosto 1937, Nunziante Martorano a seguito di domanda di grazia, accompagnata da lettera di pentimento e di spergiuro della precedente fede politica. Completamente opposto il comportamento di Di Martino che rifiutò di riconoscere la domanda di Grazia presentata dalla moglie il 28 ottobre 1937.
Degli anni di carcere il giovane Marano ricorderà sempre la sua amicizia nata con il socialista milanese Rodolfo Morandi (1902 – 1955), a sua volta condannato dal Tribunale Speciale nel 1937 a dieci anni di reclusione, scontando i primi anni, fino al novembre 1940, proprio nel penitenziario di Castelfranco Emilia, condividendone la cella e, vogliamo immaginare, le sue riflessioni teoriche concentrate sulla già annosa Questione Meridionale. Morandi, fine intellettuale e autore di diversi saggi, sarà un futuro deputato e senatore nell’Italia repubblicana del PSI di Pietro Nenni, nonché Ministro dell’Industria e del Commercio nel secondo Governo De Gasperi, insediatosi il 13 luglio 1946 e vice segretario del PSI nel 1953.
Il ritorno alla libertà nel Mezzogiorno non gli impedì di sfuggire ad un rastrellamento tedesco e deportato nel campo di concentramento tedesco di Sparanise, realizzato nel deposito merce della stazione, in attesa di essere trasportato in Germania in un campo di lavoro.[57] Francesco era consapevole che nel suo caso, da militante comunista, appena conosciuta la sua posizione politica sicuramente gli sarebbe stata riservata una sorte più dura dei campi di lavoro, probabilmente trasferito in qualche lager da dove difficilmente ne sarebbe uscito vivo. Così, con altri due, di cui ricorda solo Gaetano Di Capua riusci in maniera rocambolesca a scappare. Nel tentativo di fuga rimase impigliato nella rete di recinzione di filo spinato intrecciato, sentendosi perduto, ma fortunatamente, prima ancora che i tedeschi si rendessero conto di quanto stava accadendo, Gaetano riusci a liberarlo e con mezzi di fortuna tornare finalmente a casa. [58] Molti altri, dei circa cinquemila prigionieri condotti in quel campo in attesa di altre destinazioni, furono meno fortunati e falciati senza pietà dai mitra delle sentinelle tedesche nel vano tentativo di fuga.
Il ritiro verso nord dei militari tedeschi – non senza aver lasciato 32 morti alle loro spalle e saccheggiato e minato i cantieri navali e le altre industrie stabiesi, tra cui l’AVIS e i CMI – e l’arrivo degli anglo americani il 29 settembre 1943, portò nel volgere di poche settimane alla ricostituzione della Camera Confederale del Lavoro, dei partiti politici e al risveglio della società civile.[59] A Castellammare, fin dai primi giorni di quel bollente autunno, i comunisti provarono a riorganizzarsi tenendo una prima riunione nel laboratorio di gelati di Gerardo Schettino, alla quale parteciparono alcune decine di militanti, tra cui Luigi Di Martino, Vincenzo Somma (1919 – 2004), Giovanni D’Auria (1898 – 1967), Francesco Marano, Luigi Blundo, Guglielmo Perez, Domenico Santaniello ed altri di cui si è perso il ricordo. Leader naturale sembrava essere proprio il giovane intellettuale, Marano. Contro la sua candidatura si oppose, però, Giovanni d’Auria, anch’egli vecchio antifascista e confinato politico con Vincenzo Giordano e Antonio Cecchi nel lontano 1926. D’Auria era un uomo vissuto sempre ai limiti della legalità, anzi più di una volta l’aveva violata, un carattere duro e violento, sempre pronto ad affermare le sue ragioni, non soltanto con la dialettica ma spesso, quando necessario, stando ad alcune testimonianze, con la forza delle armi. Non a caso era stato schedato dai carabinieri nel lontano 1926 come uomo prepotente e sanguinario, fino ad essere definito uno squadrista rosso.[60] Convintosi di non avere speranze contro il temibile, giovane rivale, per differenza d’età, di cultura e di carattere, D’Auria decise di giocare la carta estrema dell’offesa ricordando il presunto momento di debolezza di Marano, quando questi, giovane studente, all’indomani dell’arresto per i fatti del 1936 in cui era coinvolto, fu costretto a indossare la camicia nera e poi farsela strappare di dosso in segno di disprezzo per il suo tradimento verso la Gioventù Universitaria Fascista, cui aveva aderito, pur contro la sua volontà. Alla palese provocazione con il chiaro intento di metterlo in difficoltà nei confronti dei tanti compagni presenti, Francesco Marano reagì con fermezza ed orgoglio, schiaffeggiando Giovanni D’Auria. L’offesa fu tale da indurre il vecchio antifascista ad estrarre la pistola che portava in tasca, puntandola contro il giovane, minacciandolo di ammazzarlo. Non lo fece, non lo poteva fare, ma tanto bastò all’esperto Giovanni D’Auria per averla vinta sul più inesperto Marano, diventando così il primo segretario della rinata sezione comunista.[61] Al giovane la soddisfazione di entrare nel primo Comitato Federale provinciale del risorto PCI, eletto verso la fine di febbraio del 1944 e di essere eletto il 7 aprile 1946, nel primo consiglio comunale dove trionferà il Fronte Popolare con Pasquale Cecchi (1893 – 1979), primo sindaco comunista.
Nel 1948 si sposerà con Adele Cavaliere, dalla quale avrà tre figli: Luisa nata nel 1949, Catello (1952) e Anna (1957). Negli anni a venire inutilmente i massimi dirigenti del PCI tenteranno di coinvolgerlo provando a candidarlo nelle diverse elezioni, sia locali che nazionali, ma ebbero sempre un cortese ma netto rifiuto. Seguendo l’esempio del padre aveva chiuso con la politica militante, ma ciò non gli impedì di rimanere iscritto al Partito nei decenni successivi, seguendo le diverse evoluzioni del PCI dopo la sua traumatica scomparsa nel 1991: dal Partito Democratico di Sinistra di Achille Occhetto al Partito Democratico di Walter Veltroni e di coltivare preziose amicizie, tra le quali quella con Giorgio Napolitano, il futuro Presidente della Repubblica.
Insegnerà Italiano, Storia e geografia a Castellammare di Stabia, prima nella scuola media del Centro Antico e poi presso l’Istituto Stabiae, successivamente nei licei classici di Meta e di Castellammare di Stabia Sarà per diverse generazioni un educatore e costante punto di riferimento, pur mantenendo un atteggiamento severo, a volte duro, ma sempre giusto, fino al pensionamento avvenuto il 1° ottobre 1975.
Periodicamente il suo nome appariva in occasione di alcune ricorrenze, per sottoscrivere a favore del quotidiano comunista o per ricordare compagni scomparsi come nel caso di Luigi Blundo, amata figura di antifascista iscritto al Partito dal 1921 e morto nell’agosto 1978.[62] Allo stesso modo volle ricordare la scomparsa dell’amatissimo e carismatico segretario del PCI, Enrico Berlinguer, morto nel giugno 1984, così come periodicamente ricordava il padre Catello, considerato oltre che genitore, suo maestro di vita.[63]
Come tanti altri suoi compagni, da Luigi Di Martino a Guglielmo Perez, da Catello Bruno a Nunziante Martorano, nel 1956 fece richiesta per la concessione dei benefici previsti dalla legge a favore dei perseguitati politici successivi al 28 ottobre 1922 a seguito dell’attività politica da loro svolta contro la dittatura fascista.[64]
Scomparirà il 13 agosto 2014 alla bella età di 99 anni.
Sarà commemorato il successivo 20 ottobre dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Nicola Cuomo in una pubblica manifestazione presso il Palazzetto dello sport e del mare di via Bonito, gremito di persone e della intera sinistra cittadina. Tra i presenti Antonio Bassolino, il giornalista di Repubblica, Antonio Ferrara, Antonio Di Martino, antico dirigente comunista che fu suo allievo e lo stesso figlio di Francesco, Catello classe 1952, magistrato anticamorra per aver presieduto la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, condannando gli esponenti del clan dei casalesi nel maxi processo, Spartacus. Successivamente Presidente del Tribunale di Nocera Inferiore, poi del Tribunale di Potenza, fino al suo pensionamento nel 2021.
A ricordarlo, quale antifascista e autentico democratico, sarà non solo l’amministrazione comunale e i diversi partiti, affiggendo manifesti murali, ma anche l’Associazione nazionale dei Partigiani d’Italia in quanto protagonista della vita culturale e politica che ha sopportato il duro carcere del regime fascista, per aver difeso i valori di libertà e democrazia e lo addita quale esempio alle giovani generazioni.
Note:
[1]Vincenzo Marano era nato a Napoli nel 1844, circa. Figlio di ignoti era stato allevato dagli stabiesi, Giuda Taddeo Mascolo, maccaronaro (circa 1793 – 1858) e dalla moglie Caterina Esposito (circa 1804 – 1874), nonostante avessero già altri figli, tra cui Angela, Sabato, Maria Grazia, Filomena e Gennaro. Pare che tale decisione sia stata assunta in seguito ad un voto, esaudito, fatto alla Madonna, o forse allo stesso San Catello, Santo patrono della città e, secondo antica tradizione, protettore dei forestieri, da qui, forse, la decisione di adottare un neonato abbandonato di Napoli. Taddeo e Caterina si erano uniti in matrimonio il 19 settembre 1824.
A proposito delle famose, anzi celebri gallette di Castellammare, durissimi biscotti che hanno dato vita a molti modi di dire e risalenti, secondi alcuni alla prima metà dell’Ottocento, da un idea dei fratelli Riccardi, mentre secondo altri erano già prodotti nel 1300. Cfr. Enzo Cesarano: La galletta stabiese, storia di un celebre prodotto da forno, pubblicato nel sito web, Libero Ricercatore il 27 maggio 2022.
[2]Giuseppe D’Angelo: Le strade di Castellammare di Stabia, Nicola Longobardi Editore, 2000, ad vocem
[3]ASC, delibere novembre 1902
[4]Il padre di Raffaele Gaeta, Gaetano (1832 – 1920), era il fratello della madre di Catello Marano, Maria Francesca Gaeta.
[5]I cinque socialisti eletti furono Alfonso De Martino, Raffaele Gaeta, Pietro Carrese, Aniello Amalfi (1865 – 1944) e Andrea Luise, mentre il democratico Antonio Vanacore fu eletto consigliere provinciale sconfiggendo Alfonso Fusco. Cfr. Roma, 24 luglio 1906:Elezioni comunali. La nuova vittoria delle opposizioni.
[6]Il settimanale, La Voce del Popolo, giornale politico amministrativo del circondario di Castellammare di Stabia, inizia le sue pubblicazioni nel gennaio 1907, ma secondo La Propaganda, n. 695, 17 febbraio 1907, articolo di Vito Lucatuorto, a quella data non vi è né sezione socialista del Partito, né giornale, né Federazione collegiale. Esistono una ventina di voluti socialisti; Lo stesso giornale conferma nel numero del 22 marzo l’assenza della sezione nonostante la presenza di ben cinque socialisti nel consiglio comunale di cui due nel Governo cittadino dall’agosto 1906 con Raffaele Gaeta e Alfonso De Martino in una Giunta composta da Popolari e democratici di varia estrazione guidata dal sindaco Tommaso Olivieri. Vito Lucatuorto (1880 – 1938), originario di Grumo Appula (BA), già militante socialista, si trasferì nella città stabiese all’inizio del 1903, e Ignazio Esposito (1883 – ?), nel settembre 1907 parteciparono al II Congresso Meridionale Socialista come delegati della sezione stabiese.
[7]Per un profilo biografico di Cecchi confrontare di R. Scala: Antonio Cecchi, in Resistoria, Quaderno n. 2, dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, a cura di G. D’Agostino e S. de Majo, settembre 2021, pag. 69-79 Una biografia dello stesso di più ampio respiro è pubblicata in tre parti sul sito web, Nuovo Monitore Napoletano, 2019
[8]In realtà non abbiamo certezza che sia stato effettivamente Gesini a scrivergli, ma poco importa perché nulla toglie alla ricostruzione dei fatti storicamente accertati. Eduardo Gesini, di professione sarto, era nato a Castellammare di Stabia l’8 marzo 1885. Tra i fondatori del ricostituito Circolo Giovanile Socialista nell’aprile 1913, fu candidato nelle elezioni amministrative del 26 luglio 1914 e in quelle del 31 ottobre 1920, quando sarà eletto, entrando nella Giunta di Pietro Carrese come assessore effettivo. Arrestato in seguito ai fatti del 20 gennaio 1921 e rinchiuso nel carcere napoletano di San Francesco, fu liberato il successivo 3 ottobre con altri imputati, tra cui Pasquale Cecchi, per non aver sparato nessun colpo di pistola durante l’assedio di Palazzo Farnese e quindi assolto per insufficienze di prove. Schedato dalla polizia politica, eviterà il confino politico nel 1926 cavandosela con una ammonizione. Sarà controllato dal regime fascista fino alla sua morte non avendo rinunciato alle sue idee socialiste, poi comuniste e per aver mantenuto stretti contatti con l’ex segretario della Camera del Lavoro stabiese, il socialista Giuseppe Forconi. Con questi aveva aperto nel 1924 un negozio di tessuti, trasformatosi ben presto in un covo di sovversivi del luogo. Si era sposato nel 1922 con Maria Amalia Santoro, dalla quale avrà almeno tre figli, di cui l’ultimo, Raffaele era nato nel 1929. Scompare a 57 anni, il 20 gennaio 1942 nella sua casa di via San Bartolomeo 55.
[9]Avanti!, 1° marzo 1908:Elezioni amministrative a Castellammare; 15 marzo: La nuova amministrazione a Castellammare di Stabia; 8 agosto: Congresso Socialista della provincia di Napoli. La Propaganda, Organo regionale socialista, n. 777, 9 agosto 1908: Congresso Socialista provinciale.
[10]Avanti!, 27 ottobre 1907: Circolo Giovanile Socialista. Anche a Castellammare è stato fondato un Circolo giovanile socialista aderente al PSI. Gli elementi che lo compongono fanno sperare molto per la propaganda dell’ideale socialista.
Ricordiamo che la minoranza della FGSI, aderente al PSI, definita riformista e integralista, si era costituita all’indomani del suo tumultuoso III Congresso tenuto a Bologna il 24 e 25 marzo 1907 in opposizione al programma anarchista della maggioranza definita sindacalista rivoluzionaria e sulla base dell’antimilitarismo, riconoscendosi pienamente nel programma del Partito Socialista Italiano. Cfr Giovanni Gozzini: Alle origini del comunismo italiano. Storia della Federazione Giovanile Socialista (1907 – 1921) Dedalo Libri, 1979, pag. 13
[11]Francesco Barbagallo: Stato, Parlamento e lotte politico sociali nel Mezzogiorno (1900-1914), Guida Editori, 1980, pagg. 283-285
[12]Avanti!, 1 luglio 1908: Nel collegio della sotto eccellenza Aubry. Ire di preti contro il loro eletto; 20 settembre 1908: Spunti elettorali a Castellammare di Stabia.
[13]Avanti!, 11 ottobre 1908: Spunti elettorali. Il giro del vice Mirabello.
[14]Avanti!, 10 marzo 1909: Inaudite violenze governative a Castellammare di Stabia, articolo in prima pagina di Ignazio Esposito.
[15]Avanti!, 18 aprile 1909: Castellammare di Stabia.
[16]Avanti!, 4 maggio 1909: Echi del primo maggio.
[17]Avanti!, 9 luglio 1909: Conferenza di propaganda.
[18]Raffaele Scala: Catello Langella. Alle origini del socialismo e della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, in Studi Stabiani in memoria di Catello Salvati, Nicola Longobardi Editore, 2002, pag.202-203.
[19]L’Emancipazione, Anno III, n. 31, 30 luglio 1910: Il risultato della lotta amministrativa.
[20]Avanti!, 22 settembre 1910: A Castellammare di Stabia.
Salvatore Fatta era nato a Castellammare il 23 febbraio 1870, figlio di Luigi e Giovanna Limauro. Combattente volontario a fianco degli irredentisti greci, a Damokos nel 1897 con Ricciotti Garibaldi (1847 – 1924) – quarto figlio dell’Eroe dei due mondi e di Anita – si sposò con Elisabetta Oliver nel 1911. Repubblicano convinto fino al primo conflitto mondiale fu, impiegato comunale dal 1910 con il ruolo d’ispettore dirigente il servizio di pubblico spezzamento, poi nominato direttore amministrativo dell’acquedotto municipale. Lo ritroviamo sotto il regime fascista seguace di Mussolini, Segretario amministrativo del sindacato operaio locale, diretto dal gerarca Paolo De Fusco e giornalista della Gazzetta dello Sport e del Littoriale. Scomparirà sul finire del 1940. Cfr. ASC., b. 579, inc. 1 Pensionata Oliver Elisabetta, vedova Fatta Salvatore.
[21]Avanti!, 5 ottobre 1983: Oltre quarant’anni di impegno per l’unità del partito, articolo di Nino Gaeta, ricordando i suoi 80 anni.
Il 1° numero del periodico, La Voce, quindicinale della sezione stabiese del Partito Socialista Italiano, uscì il 13 ottobre 1912. La redazione era in Via Nuova, 10, proprietario e primo direttore del giornale fu Giuseppe Guerriero, seguito dal 29enne Ignazio Esposito, attivo militante socialista da diversi anni e corrispondente locale dell’Avanti! Il periodico uscirà, con alterna fortuna, fino alla vigilia del primo conflitto mondiale. Ci riproverà nell’immediato dopoguerra, il 24 agosto 1919, con sede al Corso V. Emanuele, 80. Cesserà definitivamente le pubblicazioni nell’aprile 1920. Vi scrissero, tra gli altri, oltre allo stesso Marano, Amadeo Bordiga, Antonio Cecchi, Oreste Lizzadri e Ruggero Grieco.
[22]Avanti!, 13 agosto 1913: Propaganda elettorale.
[23]Avanti!, 6 ottobre 1913: Castellammare di Stabia e 13 ottobre: Castellammare di Stabia (articolo in prima pagina)
[24]L’Avanguardia, n. 306, 5 ottobre 1913: Castellammare, articolo di Guido Gaeta.
[25]Avanti!, 17 ottobre 1913: Castellammare di Stabia.
[26]La Voce, 20 luglio 1913:Contro tutti, in Michele Pistillo:Vita di Ruggero Grieco, Editori Riuniti, 1985, pag. 26
[27]Avanti!, 14 marzi 1914: Per il Congresso di Ancona.
[28]Raffaele Scala: Catello Langella, cit. Avanti!, 31 marzo 1914: L’On. Rondani nel Mezzogiorno; Corriere del Circondario, giornale politico amministrativo, Anno II, n. 9, 27/28 febbraio 1898: Cronaca cittadina. Tra gli arrestati del 1898 si ricordano Raffaele Gaeta, Nicola Scognamiglio, Luigi Fusco, Aniello Amalfi, Gennaro Somma, Gino Alfani ed altri. Processati per direttissima il 25 marzo se la cavarono infine con una multa, resa nulla dalla sopravvenuta amnistia del 3 marzo, dichiarandosi il non luogo a procedere.
[29]Avanti! 19 marzo 1914: Propaganda; e 7 maggio: Echi del primo maggio.
[30] Capostipite della famiglia Fusco era Casimiro, sindaco di Castellammare di Stabia nel 1877. Suo fratello Catello (1839 – 1904), celebre medico, fu anch’egli diverse volte sindaco negli anni Novanta dell’Ottocento e parlamentare mancato. Uno dei figli di Casimiro, Ludovico, fu deputato di Avezzano e Popoli per cinque legislature, Alfonso fu consigliere provinciale, sindaco nel 1903 e deputato di Castellammare, il fratello Ernesto fu a sua volta sindaco nel 1908 e Nicola consigliere comunale.
Antonio Vanacore, nato a Castellammare di Stabia il 18 settembre 1855, era figlio di Catello, un possidente liberale che aveva partecipato ai moti risorgimentale pagando con il carcere il suo impegno politico, e di Matilde Gargiulo. Fu un democratico liberale, protagonista della vita politica e sociale locale per oltre un trentennio, sempre presente in tutti i comitati e/o associazioni che si andavano formando, riuscendo con grande abilità a destreggiarsi, uscendone sempre vittorioso, fra le mille insidie dei diversi clan dominanti e adeguandosi al mutare dei tempi. Lo incontriamo per la prima volta in un Comitato promotore per una lapide all’Eroe dei due mondi, scrivere al consiglio comunale il 3 giugno 1882 per ottenere la concessione di un suolo gratis nel locale cimitero. Con lui altri nomi noti di questa nostra storia come Francesco Girace, Catello Gaeta, Rodolfo Rispoli, Alfonso De Martino e Raffaele Gaeta, l’ultima quando sarà sconfitto alle elezioni provinciali del 31 ottobre 1920 dal socialista Rodolfo Serpi. Promotore nell’aprile del 1892 di un Comitato per l’istituzione di un tiro a segno, in giugno viene eletto nel direttivo della costituenda Società e il 31 luglio dello stesso anno è eletto consigliere comunale nella Lista Unitaria Liberale capeggiata da Catello Fusco. Riconfermato nelle successive consiliature, rivestendo spesso la carica di assessore, sarà a fine secolo Presidente del Circolo Operaio Liberale e promotore di un Comitato per raccogliere una sottoscrizione per ricordare i due eroici caduti stabiesi di Adua, i tenenti Cesare Putti e Nicola De Sanctis. Eletto consigliere provinciale l’8 giugno 1902, sarà riconfermato anche successivamente, fino alla sconfitta del 1920. E’ suo il progetto dei Magazzini Generali realizzati sul porto di Castellammare nel 1909-1910. Muore nella sua casa di Via del Gesù 30, il 17 novembre 1924.
[31]La lista di minoranza presentata dalla sezione socialista era composta di otto nomi: Giuseppe Carrese di Vincenzo, operaio: Alfonso D’Orsi di Alfredo, impiegato; Ignazio Esposito di Raffaele, impiegato;Salvatore Esposito di Catello, impiegato;Eduardo Gesini di Giuseppe, sarto; Antonio Longobardi di Catello, operaio;Catello Marano di Vincenzo, professore,Andrea Vanacore di Antonio, operaio. Cfr. Avanti!, 25 luglio 1914: A Castellammare di Stabia.
[32]Avanti!, 17 marzo 1914: A Castellammare di Stabia.
[33]Avanti!, 21 marzo 1914: Per il Congresso di Ancona. Abbiamo da Castellammare di Stabia; Sulla nascita della prima sezione socialista di Gragnano, cfr. Avanti!, 2 dicembre 1913:Nuova Sezione.
[34]Avanti!, 28 agosto 1915: Gli imboscati e 14 settembre: Castellammare di Stabia
[35]Avanti!, 15 settembre 1915: Vita del Partito. Castellammare di Stabia.
L’Avanti tra i socialisti caduti di Castellammare ricorda Catello Napodano (1891 – 1915), disperso nella battaglia del passaggio dell’Isonzo il 5 giugno 1915. Napodano, soldato del 30° Rgt Ftr, sarà sepolto a Redipuglia nel sacrario militare. Cfr, Avanti!, 3 ottobre 1915 e Giuseppe D’Angelo: I ragazzi del 99. Gli stabiesi alla Grande Guerra, Nicola Longobardi Editore, 2006
[36]Avanti!, 8 luglio 1912: Due tripolisti radiati dal Partito Socialista. La sezione socialista ha radiato i soci, avv. Raffaele Gaeta e prof. Andrea Luise che associarono i loro nomi al Comitato militarista pro flotta aerea.
[37]Raffaele Scala: Catello Langella, cit.
[38]A Castellammare vi erano tre sezioni del PSI, la prima intitolata, dopo la sua morte, al milanese, Rodolfo Morandi (1902 – 1955), la seconda a Scanzano, intitolata a Giacomo Matteotti e la terza al sindacalista ferrarese, trucidato dai nazifascisti, Bruno Buozzi (1881 – 1944), inaugurata l’11 gennaio 1965. In quell’anno le tre sezioni contavano, complessivamente, 250 iscritti- Cfr. Avanti!, 18 settembre 1956: Nuova sezione a Castellammare; 12 gennaio 1965: Nuova sezione a Castellammare di Stabia.
[39]Giuseppe D’Angelo: I ragazzi del ’99. Gli stabiesi alla Grande Guerra, Nicola Longobardi Editore, 2006, pag. 86 e 133/34
[40]Dal sito del liceo Plinio Seniore, www.Plinioseniore.edu.it: I docenti.
[41]Vedi nelle pagine successive la biografia di Francesco Marano.
[42]Antonio Di Martino: Antifascista senza retorica, in Cronache, n. 3, luglio-agosto 1981.
[43]Giuseppe D’Angelo: Le strade di Castellammare di Stabia, cit.
[44]L’Unità, 12 giugno 1983 e 26 giugno 1991
[45]Su Di Martino e sulla stessa vicenda confrontare di R. Scala: Luigi Di Martino, in Resistoria, Quaderno n. 3, dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, a cura di G. D’Agostino e S. de Majo, aprile 2022, pag. 75-88
[46] Antonio Di Martino: Antifascista senza retorica, cit.
[47]Sull’argomento cfr. Raffaele Scala: L’antifascismo a Castellammare di Stabia. 1922- 1943, in Cultura e Territorio, Nuova Serie, Anno I, 2019, Nicola Longobardi Editore, pag. 101-127.
[48]ASN, Sovversivi, busta 59, Luigi Di Martino, di Alfonso e Vincenza Canfora, nato a Castellammare di Stabia il 21 gennaio 1903, comunista, schedato dal 1926 al 1943. Con Di Martino, per il volantinaggio del 1 maggio 1926, furono arrestati Vincenzo Ruocco fu Antonio, Giuseppe D’Aniello di Raffaele, Carmine Menduto di Matteo e Gennaro D’Auria fu Luigi. I primi tre furono rimessi successivamente in libertà provvisoria, mentre Di Martino e D’Auria furono rinchiusi nel carcere di Poggioreale a disposizione della Regia Procura. Da notare che dei cinque, oltre a Di Martino, risulta schedato e seguito dal 1926 al 1944, soltanto Vincenzo Ruocco, comunista, nato a Casola il 27 maggio 1903, ma residente a Castellammare, operaio nei Cantieri Metallurgici Italiani.
[49]Da una discussione dell’Autore con Catello Marano, figlio di Francesco, in data 6 giugno 2022 e successive comunicazioni. Si coglie qui l’occasione per ringraziarlo pubblicamente per le sue preziose informazioni e alcune inedite notizie sulla vita del nonno e sul padre.
[50]ACS, Confino Politico, Da Questore di Napoli a Alto Commissario, Presidente della Commissione per l’assegnazione al Confino, 25 febbraio 1936. le notizie sono riprese dal fascicolo di Catello Esposito, busta 383, ma le stesse si ritrovano identiche, in fotocopia, nei fascicoli degli altri condannati.
[51]Arnaldo Fusco (1907 – ?), figlio dell’ex sindaco Ernesto, nominato vice federale a Napoli, sarà sostituito qualche mese dopo dal notaio Giuseppe D’Alessandro (1985 – 1973). Iscritto al PNF dal 1923, il notaio era, rispetto al Fusco, una persona ben vista dalla popolazione. Forse a causa di questo la sua carica non durò molto, dando le dimissioni alcuni mesi dopo motivandole per ragioni di salute. Successivamente ricoprirà la carica di Commissario Prefettizio, fino ad essere nominato Podestà tra il 1940 e il 1942. D’Alessandro è noto per aver collaborato con diversi periodici locali tra cui il celebre, Vaco e Pressa, pubblicato a Castellammare nel 1919 e diretto da Libero D’Orsi (1888 – 1977). Cfr. un interessante profilo biografico di D’Alessandro su L’Opinione di Stabia, Anno V, n. 51 luglio 2001, scritto da Angelo Acampora: Quel buontempone del notaio D’Alessandro.
[52]Antonio Barone: Antifascismo stabiese in, Castellammare di Stabia. Pagine di Storia, Edizioni Godot, 1990, pagg.105/110.
[53]Su Vincenzo Giordano confrontare la biografia pubblicata da R. Scala sul sito web, Libero Ricercatore il 26 maggio 2022 e, con testo corretto, su Nuovo Monitore Napoletano il successivo 24 giugno.
[54] Cfr. l’Unità n. 4, 1936: Agitazioni contro la guerra nel napoletano e Alexander Hobel: L’Antifascismo operaio e popolare napoletano negli anni Trenta. Dissenso diffuso e strutture organizzate, pag .204/205 in Fascismo e lavoro a Napoli, a cura di Gloria Chianese, Ediesse, 2006.
[55]Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, Sentenza n. 53 del 9 dicembre 1936.
[56] Rosa Spadafora: Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Campania, Edizioni Athena 1989. Cfr. anche ACS, Confino Politico, busta 383 per Catello Esposito e busta 158 per Catello Bruno.
[57]Sul campo di concentramento di Sparanise, sorto il 14 settembre 1943, consultare l’interessante racconto di Giovanni Desiderio, industriale del legno di Castellammare, rastrellato a fine settembre del 1943 con quattro dei suoi operai, tra cui ricorda Lorenzo Maiello, in sitoweb Pupia Tv, 5 febbraio 2009, articolo curato da Paolo Mesolella. Dello stesso autore altre spaventose testimonianze di questo vero e proprio lager di morte. Cfr. Paolo Mesolella: La guerra addosso. Il campo di concentramento tedesco di Sparanise e gli eccidi nell’agrocaleno, Spring 2009. Infine ricordiamo su Libero Ricercatore l’articolo di Raffaele Cimmino: Scanzanesi in fuga da Sparanise, pubblicato il 14 settembre 1917, dove si raccontano le peripezie di altre rocambolesche fughe di alcuni scanzanesi, tra cui lo stesso autore, un tale Gennaro e piscialluongo e Gennarino e zi Cuncetta. Non altrimenti meglio identificabili.
[58]Da una discussione dell’Autore con il giudice Catello Marano, cit.
[59]Sulla Resistenza a Castellammare cfr. i diversi articoli pubblicati dall’Autore su Libero Ricercatore e Nuovo Monitore Napoletano: I giorni della memoria a Castellammare di Stabia, Quei terribili giorni del 1943 e I partigiani di Castellammare di Stabia. Quest’ultimo pubblicato anche in appendice a L’antifascismo a Castellammare di Stabia. 1922-1943 in Cultura e Territorio, Nuova Serie, Anno I, 2019, Longobardi Editore, pagg. 124-126.
[60] ASN, Sovversivi, busta 15, Giovanni D’Auria, Legione Territoriale dei Regi Carabinieri, 26 novembre 1926 e ACS, Confinati politici, busta 317. Cfr. Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Napoli, Riservata Personale n. 314/25 del 23 dicembre 1926
[61]R. Scala: L’antifascismo a Castellammare di Stabia, in Cultura e Territorio, Rivista di Studi e Ricerche sull’area Stabiana e dei Monti Lattari, Nuova Serie Anno I, 2019, Nicola Longobardi Editore, pag. 118 L’episodio dello scontro Marano – D’Auria è costruito sulla scorta di una testimonianza di Luigi D’Auria (1925 – 2010) rilasciata negli anni Novanta all’Autore, pur non presente ai fatti, ma confermata da altri protagonisti di quella stagione politica, tra cui Vincenzo Somma (1919 – 2004), presente nella famosa riunione semi clandestina tenuta nel laboratorio di coppe per gelati di Gerardo Schettino e Luigi Alfano (1922 – 2006). Di questi tre protagonisti del Movimento Operaio Stabiese della seconda metà del ‘900, sono state pubblicate dall’Autore le rispettive biografie rintracciabili sui siti web, Libero Ricercatore e Nuovo Monitore Napoletano.
[62]L’Unità, 24 agosto 1978. Nel commemorare Luigi Blundo (1897 – 1978), oltre a Marano sottoscrissero a favore dell’Unità altri tre antichi compagni con i quali aveva condiviso l’esperienza sovversiva del 1936: Gugliemo Perez (1901 – 1983), Domenico Santaniello (1910 – 1999) e Giuseppe De Rosa (1912 – 1986).
[63]L’Unità, 13 luglio 1984: ricordando Berlinguer come una delle figure più prestigiose del movimento operaio italiano, e internazionale; l’Unità,12 giugno 1983 nel 12° anniversario della morte del padre;12 giugno 1985: sottoscrivendo in memoria del 14° anniversario della scomparsa del padre; 26 giugno 1991: ricordando che fu il padre ad ispirargli l’amore per il socialismo
[64]Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Riservati, Perseguitati politici, fascicoli personali: Marano Francesco, busta 56.