editoriale di Ferdinando Fontanella
Domenica 17 aprile è il giorno del referendum abrogativo sulla legge per le estrazione di petrolio e gas in mare entro le 12 miglia dalla costa (circa 20 chilometri).
Al giudizio popolare che riguarda esclusivamente le concessioni estrattive già esistenti, la nuove entro le 12 miglia sono già vietate per legge, si chiede in modo molto semplice di scegliere e votare Sì: se vogliamo che queste industrie, cosiddette trivelle, cessino la loro attività allo scadere del contratto stipulato con lo Stato Italiano che le autorizza; oppure votare No: se crediamo sia giusto che queste “trivelle” possano prorogare la loro attività estrattiva qualora nel giacimento ci sia ancora da estrarre gas o petrolio.
La questione è tutta qua e può essere affrontata da due prospettive diverse: una ambientalistica che propende per il Sì, l’altra economica favorevole al No.
Gli ambientalisti chiedono di votare Sì e abrogare la legge perché ritengono giusto smantellare, al termine della concessione, queste strutture vicinissime alla costa e potenzialmente molto pericolose per l’ecosistema marino, che per la nuova normativa sarebbero vietate.
Gli economisti vogliono vinca il No perché ritengono sia uno spreco chiudere un’attività già esistente e che potenzialmente potrebbe fornire ancora gas o petrolio ad una nazione che ha poche materie prime ed è costretta ad importare il grosso dell’energia dai paesi esteri.
Il raggiungimento del quorum del 50% più 1 è condizione indispensabile affinché la volontà espressa dai votanti sia valida, ciò significa che se a votare va meno della metà degli elettori la legge attualmente in vigore non viene soppressa (abrogata) e, in buona sostanza, è come se a vincere fosse il No.
Il diritto-dovere a recarsi alle urne e la legittimità all’astensione sono stati ampiamente sostenuti dai due schieramenti. Chi propende per il Sì vi ha detto di andare a votare per affermare il vostro pensiero, viceversa i No di restarvene a casa e lasciare che la volontà popolare si esprima col non voto.
La cosa giusta da fare non esiste, per legge va bene andare o non andare a votare, però quello che conta è che la vostra sia una scelta presa in coscienza e non dettata dal “capobastone” di turno che vuole solo indirizzare al proprio interesse senza nemmeno prendersi la briga di farvi capire.
Perché chi tene ‘o mare porta ‘na grossa responsabilità, non solo ‘na croce come cantava la buonanima di Pino Daniele, e non può permettersi il lusso di delegare la propria volontà.
Twitter: @nandofnt