Ciccio ‘a ri sorde
di Alfredo Volpe
Desidero segnalare una ministoria cittadina (che qualche lettore forse già conoscerà), di un nostro benemerito concittadino stabiese morto, alcuni anni fa, a oltre novant’anni.
Questo nostro conterraneo di nome Francesco Paolo Cimmino, personaggio molto mite, con spessi occhiali da miope, era soprannominato “Ciccio ‘a ri sorde”.
Costui è stato un antesignano (quando non c’erano ancora le mense gestite dal volontariato della Caritas o dalle Parrocchie), e suppliva in quegli anni, senza saperlo a queste.
I più grandi, come il Signor Gigi Nocera (assiduo collaboratore di Libero Ricercatore, e memoria storica della città), ricorderanno che questi gestiva alla Calata del Gesù (dagli anni ’30 ai ’50) una rivendita di vino con annessa povera trattoria, dove gli abitanti del centro storico cittadino, soli ed anziani e i braccianti del vicino porto, andavano lì a consumare un pasto caldo. Pagavano come potevano, con pochi spiccioli, molti spesso anche gratis. Da ciò è nata la leggenda del nome “Ciccio ‘a ri sorde” cioè da Ciccio si mangia con due soldi.
A questo breve racconto aggiungo che girava anche una voce, ma non ho mai saputo, se questa era una facezia o una cattiveria, ma la trascrivo così come mi è giunta all’orecchio: “Ciccio ‘a ri sorde”, cucinando dei poveri piatti, era solito confezionare delle braciole di cotica di maiale in sugo o fritte, legate con fil di ferro. Oggi questa modesta ministoria popolare stabiese rischia di essere dimenticata.