Ciro Alminni
di Giuseppe Zingone
In occasione del trigesimo oggi 12 Febbraio 2020 in Concattedrale
Nel tempo che corre veloce gli anni si succedono senza tregua anche per il nostro portale e sempre più frequentemente ci troviamo a dire “Addio!” a persone, uomini, stabiesi, che abbiamo ritenuto cari e di cui possiamo essere grati a Dio, di aver conosciuto. Il tempo non si blocca per nessuno questa verità, ci impone oggi, come non mai di perpetuare il ricordo di tutti coloro che ci lasciano attraverso le nostre pagine WEB. Sicuri di farle arrivare tanto lontano nel mondo e nel futuro, cosa che fino a qualche decennio non potevamo fare.
“Geretiello” ci ha lasciati l’undici Gennaio 2020 e subito mi ha attorniato un senso di sgomento, ho sentito il grido del vuoto, dell’abisso, che mi si affacciava dentro. Nel centro antico di Castellammare quello svuotato dal dopo terremoto dell’Ottanta, Ciro Alminni1 era diventato un po’ l’anima, la storia, la memoria, la caparbietà di chi non si arrende a vedere le cose “storte“. Lo ricordo quando negli anni Novanta si prodigava nel comitato del centro Antico insieme ad altre persone di buona volontà, un gruppo di uomini semplici che diversamente da oggi, erano ancora animati da valori e non cercavano visibilità o gloria politica come spesso accade oggi. Un uomo fatto da solo, figlio della strada come lui stesso ricorda e come appare nella Banca della memoria stabiese, filmato dal nostro Corrado Di Martino. Se avete la fortuna di conoscere, la moglie, i due figli, la nuora e ancor più i nipoti, (come fu anche per il genero, Nicola Santaniello) , capirete subito, quale buon albero sia stato e quanti frutti abbia prodotto.
Ma Ciro, aveva ancora molti doni da restituire alla sua Città, pittore, poeta, scrittore, restauratore negli ultimi anni con un suo figlio adottivo, Mario Vanacore. Ciro si era spesso prodigato per i giovani del quartiere, aveva cercato risposta a quelle insolute soluzioni che ancora oggi ci attanagliano e se anche i problemi sono rimasti, molti di quelli che un volta erano bambini ed oggi sono adulti possono testimoniare ampiamente, i tentavi da lui fatti per raddrizzare le strade del futuro di tanti giovani stabiesi.
Avevo visitato casa Alminni, qualche mese fa e quando sono con loro, ancora oggi, mi ritrovo come in famiglia, sono figlio anche io, con mia moglie di questo bell’albero stabiese, a casa oltre loro, l’onnipresente Mario, e quel calore familiare che non mette mai soggezione, anche nei momenti difficili.
Possiedo una sua bella pittura, dono di nozze per me e mia moglie, anche lui amava la sua Città, le sue tradizioni, ancor più mi è caro perché lui ha potuto vivere la sofferenza della nostra gente, la “fame“, quella che oggi devi cercare in Africa e che guardiamo con disprezzo e timore, perché ci siamo “affrancati” da quella brutta bestia. Ma mio cugino Maurizio e gli amici tutti di Liberoricercatore, convengono con me, nel dire, che con lui è sparita la storia di una Castellammare che non c’è più quella sana, quella difficile del dopoguerra, quella del lavoro che non è mai abbastanza, quella delle terme e dei suoi visitatori, i “villeggianti”.
Io e Maurizio, in particolare, conosciamo la storia di Teresa, la giovane stabiese che sposa un militare americano, una “storia finita bene“, noi l’abbiamo veduta con gli occhi della mente, grazie a lui, perché non eravamo ancora nati, Teresa Cuomo è infatti una zia dei nostri genitori. Io la ricordo quando tornava a Castellammare, “ ‘a zia r’America “, gente del Cognulo, perché Don Ciro “Geretiello” veniva da lì, come mio padre, come l’amico Espedito che vive oggi a Washington, come tutte quelle persone che hanno radici profonde e sane da generare quei buoni e saporiti frutti stabiesi oggi minacciati dall’indifferenza e dall’egoismo personale.
Inseriamo qui un repertorio di immagini
Si ringrazia la famiglia per i documenti, Liberoricercatore sarà lieto di ospitare ulteriori futuri contributi affidati al nostro portale.
Articolo terminato il 10 Febbraio 2020
- Ciro Alminni nasce a Castellammare di Stabia il 20 Aprile del 1931. ↩