storia di una pasionaria di Castellammare di Stabia
articolo del dott. Raffaele Scala
Colomba era una donna di piacevole aspetto con la sua bionda chioma, gli occhi cerulei, il viso ovale, il naso rettilineo, piccola di statura ma non tanto con i suoi 167 centimetri. Un carattere dolce ma fragile, mite, eppure determinata. Cagionevole di salute, durante gli anni dell’adolescenza cominciò a frequentare la locale sede dell’Azione Cattolica, ottenendo vari aiuti in medicinali e viveri che le permisero di rimettersi da una grave malattia, nonché i mezzi economici necessari per frequentare e portare a termine gli studi, conseguendo da privatista il diploma di maestra elementare. In particolare entrò nelle grazie del professor Catello Longobardi, un sacerdote conosciuto frequentando gli stessi ambienti ecclesiastici e che volle aiutare la ragazza dandole lezioni gratuite per premiarla dell’attaccamento dimostrato nei confronti della religione e delle stesse istituzioni religiose.
Erano gli anni difficili del regime fascista e la giovane, tutta presa dagli studi e dalle sue frequentazioni cattoliche, non si occupò mai di politica, lasciandola del tutto indifferente, ma non disdegnò di indossare la divisa da Giovine Italiana, composta di camicia bianca, gonna blu e scarpe di pelle nera. Del resto, anche volendo, non avrebbe potuto rifiutarsi di farlo. L’obbligo della divisa valeva per tutti, maschi e femmine, che avevano tra i 17 e i 21 anni ed evitarla poteva costare caro all’intera famiglia, sollevando su di loro sospetti d’antifascismo, con tutte le pericolose conseguenze che ne potevano derivare.
Colomba era nata in una modesta famiglia, nella casa posta in via I De Turris, 168 dal bracciante Catello (1875 – 1960) e dalla casalinga Catella De Falco e venne al mondo il 21 ottobre 1920, dopo la sorella Anna nata nel 1919 ma vissuta soltanto 38 giorni. Una famiglia di gente per bene, senza grilli per la testa, unicamente impegnata a sopravvivere in quel mondo difficile di fine Ottocento, primi anni del Novecento.
La metamorfosi di Colomba cominciò con la caduta del fascismo, forse per l’entusiasmo collettivo della popolazione, per la passione politica che si riaccese nei tanti che avevano subito rappresaglie e soprusi, per la forza dirompente dimostrata dai comunisti locali. In una parola la timida Colomba volle trasformarsi in aquila e cominciò a frequentare la mitica sezione Spartaco, del Partito Comunista Italiano, sorta sul finire del 1943 sul Corso Garibaldi e guidata da Giovanni D’Auria, uomo deciso, dal carattere duro e ambiguo, non privo di contraddizioni ma sempre coerente nella sua fede comunista, pagata con tre anni di confino politico tra il 1926 e il 1929 e sottoposto per l’intero ventennio a continui fermi e perquisizioni.
In breve tempo Colomba divenne una convinta e appassionata militante, fino ad assumere ruoli dirigenti nella sezione, presente a tutte le manifestazioni con il suo contagioso entusiasmo. Attivissima durante il referendum del 2 giugno 1946 e nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948, partecipò ai moti popolari che seguirono al famoso attentato subito dal Segretario Generale del Pci, Palmiro Togliatti il pomeriggio del 14 luglio 1948, quando Castellammare fu messa e ferro e fuoco da migliaia di militanti inferociti contro le altre forze politiche, assalendo e distruggendo le sezioni della Democrazia Cristiana, del Partito Liberale, dell’Uomo Qualunque e perfino della Socialdemocrazia, partito accusato di aver tradito gli interessi della classe operaia. Durissimi furono gli scontri con le forze dell’ordine e diversi i feriti in entrambi gli schieramenti. Poi seguirono gli arresti e le condanne. Tra i sospettati degli atti vandalici ci fu anche Colomba ma mancarono prove concrete del suo coinvolgimento, evitando l’arresto, sorte alla quale non sfuggirono diverse decine di comunisti stabiesi.
Per premiarla della sua costante e generosa militanza fu inviata a Milano, nella primavera del 1949, per frequentare la Scuola di Partito presso il Convitto femminile comunista, facendo ritorno a Castellammare solo alcuni mesi dopo, dando il suo contributo di forte idealità nella dura campagna elettorale per le amministrative di novembre.
Fu in questi mesi che la polizia politica cominciò ad occuparsi seriamente di lei inserendola nel famigerato Casellario Politico Centrale, uno strumento di schedatura e sorveglianza nato nel 1896 ma rafforzato e utilizzato dal regime fascista contro l’opposizione, in particolare quella di sinistra. Nella repubblica nata dalla Resistenza il servizio fu affidato alla Divisione Affari Riservati e ampiamente utilizzato per schedare e sorvegliare militanti comunisti ritenuti pericolosi per l’ordinamento democratico. Quale pericolo può aver rappresentato per le istituzioni repubblicane una ragazza come Colomba Di Somma ci è ignoto, soprattutto dopo aver letto il suo fascicolo personale, redatto tra il 1949 e il 1959, anno della sua morte. Per dieci anni Colomba fu seguita, sorvegliata, controllata, violando la sua vita privata, senza che la ragazza dimostrasse nessuna particolare pericolosità per le nostre libere istituzioni. Un inutile accanimento che la dice lunga sulla effettiva democratizzazione del nostro Paese nei primi 30 anni della nostra storia repubblicana, gettando un ombra sinistra sulla tenuta della Democrazia Cristiana e sulla sua classe dirigente. Non a caso ci sono stati almeno due tentativi di Colpo di Stato, il primo nel 1964 e il secondo nel 1970, con la complicità di alcune tra le più alte cariche dello Stato. Le stesse stragi avvenute nel nostro Paese, dalla prima avvenuta a Milano nel dicembre 1969 all’ultima della stazione di Bologna del 2 agosto 1980, ci dicono che il pericolo per le nostre istituzioni è sempre venuto dalla Destra reazionaria con ampie complicità nei gangli vitali dello Stato, quasi sempre con la copertura e la complicità degli Stati Uniti D’America. Lo stesso delitto Moro, va inquadrato in un più ampio disegno di destabilizzazione del nostro Paese, dove il cosiddetto terrorismo rosso, pur senza sminuire la sua effettiva pericolosità e senza in alcun modo giustificare la violenza e gli omicidi perpetrati nel lungo decennio passato alla storia come gli anni di piombo, dimostrò di essere soltanto uno strumento manipolato dai poteri forti, interni e d’oltreoceano. Ma ci stiamo allontanando troppo dalla nostra storia e dalla più piccola e modesta vicenda di una ragazza vissuta in una piccola città del Mezzogiorno d’Italia.
Nella proposta d’iscrizione al Casellario Politico Centrale avanzata dalla Questura, Colomba è definita una comunista violenta e pericolosa per l’ordinamento democratico dello Stato, ma di quale violenza si sia macchiata non è dato sapere e comunque fu ritenuta meritevole di essere sottoposta a normale vigilanza. Sappiamo che il 14 gennaio 1948 era stata denunziata per infrazione all’articolo 113 del Testo Unico della Legge sulla Pubblica Sicurezza e per questo condannata dalla Pretura di Castellammare di Stabia il 15 dicembre ad un’ammenda di 5mila lire. Probabilmente era stata fermata mentre propagandava, senza essere autorizzata, volantini del Partito. Ricordiamo che in quei tempi duri si era multati anche mentre diffondevi copie dell’Unità e carabinieri e pubblica sicurezza non esitavano a fermare e portare in commissariato gli attivisti della Cgil e del Pci, come ancora oggi possono testimoniare i pochi ancora viventi sopravissuti ai primi, difficili anni Quaranta, anni di una transizione difficile verso la democrazia.
Il 18 giugno del 1952 fu fermata, con altri dipendenti delle Terme, mentre partecipava ad una manifestazione di protesta contro la decisione del Prefetto di sospendere per tre mesi dalle sue funzioni il sindaco di Castellammare, Pasquale Cecchi, colpevole di aver stanziato quattro milioni per avere acquistato una caldaia indispensabile alle Terme senza avere la preventiva autorizzazione prefettizia. I dipendenti delle Terme che parteciparono alla manifestazione pagarono con il licenziamento per abbandono ingiustificato del posto di lavoro. Tra i licenziati ricordiamo Giuseppe Valestra, Domenico Scevola, Davide Lo Piano, Mario Selleri e Rosa Avino, con una delibera del 21 giugno firmata dal Commissario prefettizio subentrato al sindaco. Altri compagni di lotta furono puniti con una multa di una o due giornate di paga.
Una nuova denunzia, con fermo in stato d’arresto lo subirà il 30 marzo 1953, per aver partecipato ad una manifestazione contro la cosiddetta Legge truffa, una proposta di legge elettorale che prevedeva un premio di maggioranza alla coalizione che raggiungeva il 51% dei consensi. Nei mesi precedenti l’approvazione della legge, il Paese fu scosso da migliaia di manifestazioni e scioperi, fino alla proclamazione dello sciopero generale del 30 marzo. Quella sera stessa nella città stabiese ci fu una seconda manifestazione non autorizzata, provocando il pronto intervento del commissario e della celere, che sciolse il corteo e arresto 13 militanti e dirigenti. Tra gli altri finirono in carcere il Segretario della Camera del Lavoro, Raffaele Signorelli, della Fiom, Luigi Di Martino, quello cittadino del Pci, Vincenzo Somma, i Segretari delle Commissioni Interne dei Cmi, Vincenzo Esposito e dell’Avis, Luigi Alfano, il sempre presente Luigi D’Auria e la nostra Colomba Di Somma. Furono tutti scarcerati il successivo 1 aprile, mentre i relativi atti processuali, con sentenza del pretore di Castellammare, furono archiviati con sentenza del 10 maggio 1954 a seguito della sopravvenuta amnistia.
Dal fascicolo a lei intestato apprendiamo che nel marzo 1950 si trasferì ad Avellino per essere impiegata presso la locale Federazione provinciale comunista. La notizia si rivelò falsa, perché in realtà Colomba vi soggiornò soltanto la notte del 21 marzo ripartendo poi per Castellammare. Successivamente arrivò ad Ariano Irpino, ospite del compagno di partito, Carlo Di Donna e in seguito, verso la prima metà d’agosto di Bruno Pisano, a sua volta militante del Pci di Avellino. Qui s’impegnò notevolmente fino ad assurgere alla carica di Segretaria provinciale dell’Unione Donne Italiane (UDI), impegnandosi in un programma per l’assistenza invernale alle donne disoccupate e per l’offerta di doni in occasione del Natale ai figli delle organizzate in misere condizioni.
Per motivi a noi ignoti in febbraio fece ritorno a Castellammare di Stabia, senza fare più ritorno ad Avellino, impegnandosi invece nell’organizzazione stabiese del Partito ( …) per cui si ritiene che non abbia più alcun incarico presso la Federazione comunista di Avellino (…). Il 10 marzo presenziò una manifestazione con la deputata Gisella Floreanini (1906 – 1993), celebre combattente partigiana e il 19 partecipò al comizio tenuto in Piazza Municipio della deputata Luciana Viviani (1917 – 2012), terza figlia del più celebre Raffaele, a sua volta nota partigiana e tra le fondatrici dell’UDI.
Vinto un concorso per maestra elementare, Colomba andò ad insegnare nel 1953 in un istituto della contrada Collecedro della frazione di Sant’Angelo in Theodice, comune di Cassino. Qui prese contatto con la sezione comunista del luogo, mentre la Questura di Frosinone, così come aveva già fatto quella di Avellino, dispose l’immediata vigilanza della pericolosa sovversiva.
“Serba regolare condotta in genere e, finora, non ha dato luogo a particolari rilievi, pur svolgendo propaganda a favore del Pci nelle suddette zone, peraltro senza efficacia in quanto la popolazione è notoriamente ostile alle ideologie socialcomunista”.
Scriveva la Questura di Frosinone in uno dei suoi rapporti del 22 marzo 1954, alternandoli con quelli redatti dalla Questura di Napoli ogniqualvolta la ragazza tornava a Castellammare per periodi più o meno brevi per trascorrere qualche giorno di vacanza con la famiglia d’origine.
Nei primi mesi del 1956 si avvertono i primi sintomi della malattia che la porteranno sempre più spesso ad assentarsi dalla scuola per trascorrere lunghi periodi di degenza nella sua Castellammare. La malattia allo stadio iniziale, non le impedirà di frequentare dal 15 al 31 luglio 1957 un corso d’aggiornamento presso l’Istituto di studi comunisti, Palmiro Togliatti, in Albano Laziale e di collaborare alla redazione del periodico comunista di Castellammare, La Voce di Stabia, in edicola da febbraio 1956, seppure preceduto da diversi numeri unici pubblicati fin dal 1954.
Trasferita in contrada Pontemurato presso un’altra scuola elementare della stessa provincia di Cassino, Colomba fece richiesta di trasferimento a Napoli, nel frattempo pur mantenendo intatti i contatti politici con i vari esponenti del suo partito, cominciò a diradare il suo impegno, pur presenziando alle varie e diverse manifestazioni. In occasione dell’otto marzo 1958 partecipò ad un convegno in occasione della Festa della Donna al cinema nazionale con la medaglia d’oro al valor militare per la sua coraggiosa partecipazione alla resistenza romana, Carla Capponi (1921 – 2000).
L’aggravamento della sua malattia la portò nel gennaio 1959 a ricoverarsi presso il Policlinico di Napoli, cui seguì una lunga degenza. Purtroppo non si riprese mai più. Il tumore ramificato alla spina dorsale fu più forte della sua ferrea volontà di vivere, morendo nella sua casa paterna di via Coppola 24, la sera del 15 maggio. Aveva soltanto 38 anni e pochi mesi.
N.B. Chiunque abbia notizie e/o foto utili ad arricchire la storia di Colomba di Somma è pregato di contattarmi tramite la redazione di Libero ricercatore, oppure personalmente sulla mia mail raffaele_scala@libero.it.