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Pillole di cultura: Uósemo

a cura del prof. Luigi Casale

a parola “uósemo”, usata nel meridione d’Italia, a Napoli significa “fiuto del cane”. Essa come tantissime altre parole è un relitto della lingua greca, che più a lungo si è parlata nell’Italia bizantina. Ed è originata dalla forma “osmé” o “osmòs” (odore), parole collegate al verbo “osmao” (odoro, fiuto). A loro volta, rispettivamente, da “odmè” (odore) e “ozo” (mando odore, esalo), corrispondenti ai vocaboli latini: “odor” (sostantivo: “odore”) e “oleo” (verbo: it. “olezzo”).

L.C.

P.S. (post scriptum = dopo aver scritto)
Chiedo scusa ai cultori della lingua greca e agli appassionati della sua grafia se ho scritto gli etimi greci con grafia latina. E’ colpa della mia modesta attrezzatura informatica e delle mie limitate capacità a reperire tabelle.
Ciò ha comportato qualche inesattezza, quanto agli accenti grafici e alla lunghezza delle sillabe (cose che non influiscono sulla comprensione del messaggio nella sua essenzialità). Agli esperti non mancheranno gli elementi per la ricostruzione graficamente ineccepibile della corretta lettura.

‘A Casciaforte d’’o core

‘A Casciaforte d’’o core

di Giovanbattista Di Martino

Si nuje ca’ ‘ce sunnamme ciure e rose

Si nuje ca’ tenimme ogni cosa

Nuje ca’ ‘ce sentimme accussì forte

Araperesseme chiù spisse ‘a casciaforte

‘Sta casciaforte ca purtamme ‘mpiette,

sempre chiusa pe’ malizie o pe’ dispiette

Allora ‘ce addunasseme ca

chelle ca sta chiuse dinte ‘o core

nun so’ giuielle nun so’ tesore

ma sule chelle che serve

pe’ puté campa’

Allegoria di Stabia - particolare (foto Maurizio Cuomo)

Allegoria di Stabia

a cura di Maurizio Cuomo

Da una lettera inviataci dal prof. Luigi Casale (di Bressanone), si evincono le tante perplessità che una persona può incontrare nell’ammirare la statua (si veda il sottostante rif. fotografico), posta in villa Comunale, a cui, purtroppo, “il vandalo” di turno, penso per una bravata, ha divelto la targhetta illustrativa.

Allegoria di Stabia (foto Maurizio Cuomo)

Allegoria di Stabia (foto Maurizio Cuomo)

Come vedremo la lettera, scritta da Luigi, in quanto persona colta (per supposizioni e interpretazioni) non si discosta poi tanto dalla realtà e con un po’ di fantasia, dà al lettore, nuovi interessanti motivi di riflessione. Ma il prof. Casale di certo rappresenta un caso raro, di certo non tutti, siamo in grado di interpretare cosa voglia esprimere con esattezza un artista con una determinata opera, e quindi mi chiedo: cosa potrà mai capire di questa statua, un turista di medio livello culturale, che non conosce affatto la storia della nostra Castellammare? Faccio pertanto appello, e ringrazio anticipatamente gli amministratori locali se vorranno investire qualche centesimo per allocare nuovamente ai piedi della statua una targhetta illustrativa, a beneficio di quanti, nel visitare Castellammare dovessero ammirare quello che per ora può considerarsi solo un “anonimo” monumento.


Ecco la lettera inviataci dal prof. Luigi Casale:

“Caro Maurizio, esiste una esplicitazione univoca (quella dell’artista oppure quella del committente) dei simboli della statua ritratta in foto, collocata alla fine del lungomare?
Il soggetto è evidente: una madre fugge e protegge il bambino da un mostro minaccioso. E’ fango o fuoco quello che le avvolge i piedi?

Certo, tra gli elementi simbolizzati c’è la vita (la maternità); se vuoi: la storia. E in entrambi i casi, quale che sia il rimando simbolico, di conseguenza anche l’affanno. Ma anche l’amore, la speranza, il progredire (che è pure progresso) verso un punto di salvezza. Naturalmente. Tutto questo nell’atteggiamento ansioso della mamma e nel fiducioso abbandono del figlio. La donna potrebbe rappresentare le mamme di Castellammare, o la Mamma, in generale. Esse proteggono i figli, e per essi si prodigano nel tentativo di offrirgli una prospettiva di vita più sicura e più serena. O è la stessa città, Castellammare, come compagine civile e sociale, storicamente definita (per esempio: quella romana, quella medievale, quella attuale e presente) che, già toccata dal male che l’afferra, proietta il figlio verso una riconquistata sicurezza.
E quel mostro personificato chi rappresenta? Dall’indicazione della donna (mano, sguardo) si direbbe il Vesuvio. O il mare. E se quel diavolo dalla testa alata invece di essere una forza della natura, fosse un’entità morale, o sociale? Un mostro che vive in noi, individui e collettività, e proprio per questo ci insidia da vicino? Qualcosa che la società stessa produce. Non dirmi che sono acqua e vento quelli che avvolgono la donna. Per cortesia, procurami ragguagli e notizie della sua collocazione: storiche, estetiche, sociologiche, e politiche.

Un saluto affettuoso. Luigi Casale”.


Corrispondenza di risposta:

Carissimo Luigi, la statua, da lei fotografata in villa Comunale, è intitolata “Allegoria di Stabia”. Questo monumento in bronzo fuso, opera dello scultore molisano Alessandro Caetani, fu inaugurato il 13 aprile 2003. La statua raffigura una donna che tenta di sfuggire alle ire del Vesuvio (gioia e dolori della storia cittadina stabiese). Continua a leggere

Nudo di Donna

Nudo di Donna di Michele Grigorief

a cura di Giuseppe Zingone

Mi è parso utile recuperare dal libro, uno dei brani del giovane Girace. Scelto a caso tra gli articoli che lo resero famoso,  non fosse altro per la curiosità di leggere una penna talentuosa della città di Castellammare di Stabia.

Nudo di Donna di Michele Grigorief

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