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Gennaro Lambiase

Castellammare anima mia

La Regina delle Acque

La Regina delle Acque

Cara Napoli, io te voglio bbene,
quanno se va fore, me canoscene pe’ tte,
tu c’acciette ‘e figli e tutte quante
t”e strigne ‘mbraccie… comme si fosseno ‘e tuoje.

Ma io so’ ‘nnammurato, e niente ‘nce pozzo fa,
è ‘na bella guagliona, e t’ha vulesse appresentà.
E’ fatta ‘e acqua minerale, sorgenti in quantità
si sulo ‘a guarde ‘nfaccia, te fa emozionà,
pur’essa è bella, mamma e quant’è bella,
tu te putisse offendere, ma ‘a vita mia è chella.

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Achille Gigante (anno 1845): in alto a destra si scorge l'antica porta di Scanzano (coll. G. Fontana).

Scanzano

Scanzano
( brevissimi cenni e curiosità a cura di Maurizio Cuomo )
A. Gigante (anno 1845): in secondo piano verso destra si scorge l'antica porta di Scanzano (coll. G. Fontana).

A. Gigante (anno 1845): in secondo piano verso destra si scorge l’antica porta di Scanzano (coll. G. Fontana).

Il toponimo Scanzano molto probabilmente trae origini dal nome dell’antica famiglia nobile che ivi viveva in tempi a noi assai remoti, ciò per la prima volta emerse da una ricerca effettuata da mons. Francesco Di Capua, accreditato storico stabiese, che individuò nella “gens Scanja”, la famiglia romana proprietaria terriera, che in tale luogo aveva dei poderi. Il terziere di Scanzano vanta quindi un’antica storia e come tale merita rispetto e molta attenzione, basti pensare che fino ad un paio di secoli fa, per entrare in tale luogo, era necessario varcare una delle porte della città (che da esso prendeva nome), un tempo situata nel primo tratto della odierna Salita Ponte di Scanzano (per voce popolare meglio conosciuta come “‘a sagliuta d’‘o mulino”), Continua a leggere

Vincenzo Veropalumbo

Questi versi raccontano uno spaccato di vita negli anni ’50 e ’60. Le famiglie nominate nel testo vivevano in uno stabile situato ” abbascio ‘a funtanella ” ex via S. Caterina n. 29, anche questo edificio chiamato ” ‘O purtone d”e Fuselle “, non esiste più. I sono stati anche musicati e cantati dal maestro Eduardo Liquori.

Vincenzo Veropalumbo

Panorama notturno (foto Maurizio Cuomo)

Panorama notturno (foto Maurizio Cuomo)

Notte stabiese

Si è nu suonno nun mi scetate,
si stò durmenno lasciateme sunnà,
chesta è notte stabiese;
addò o mare è na cuperta,
a scugliera è nu cuscino,
e cust’aria fresca e fine pure a luna s’è vestuta cu nu scialle chin e stelle.

Nell’incanto e stu paese,
tutt’attuorno a chisto golfo,
ogni luce è nu brillante,
e na barca parte e va,
canta a buordo o marenaro na canzone assai antica e’ tanto tiempo fa.

Dint’ ò silenzio e sta nuttata,
si vuò scuprì chistu mistero,
ti stienni ncopp a rena,
e co core estasiato pe vedè chesta magìa, può sunnà senza durmì. Continua a leggere

Undici novembre 2011 ( 11 – 11 – 11 )

Un nuovo scritto dello scrittore di origine stabiese Catello Nastro, inviatoci in occasione di una data particolare (leggasi il titolo). La Redazione di liberoricercatore, ringrazia il carissimo Catello per questo divertente escursus tra: cabala, ricordi e luoghi comuni.

11-11-11

Nella smorfia napoletana il numero 11 indica “’E suricille”, cioè i topolini, topini o sorcini nati da una madre topona detta in napoletano anche zoccola: da cui “figlio ‘e zoccola”, in senso offensivo per indicare un uomo furbo che, pur di procurare un grosso benessere a se stesso, ed anche alla sua famiglia, non disdegna di procurare danneggiamenti morali e materiali alla società civile nella quale vive, naturalmente da incivile. Da notare che il numero 10 indica, sempre a Napoli, Maradona, il grande giocatore che fece parlare di sé e della squadra di calcio della città partenopea per molti anni. Nel calcio, il numero undici, unitamente al sette, costituisce le ali che fanno volare la fantasia dei tifosi di calcio, specialmente nelle competizioni nazionali ed internazionali. Ma lo sapete quali sono gli undici in campo per la smorfia napoletana? Eccoli! 1 – l’Italia, o la patria; 2 – ‘A piccerella o la bambina; 3 – ‘A jatta o la gatta; 4 – ‘o puorco, il maiale; 5 – ‘A mano o la mano; 6 – Chella ca’ guarda ‘nterra o l’organo genitale femminile; 7 – ‘O vasetto, il vaso di terracotta che serviva anche per orinare; 8 – ‘A Maronna o la Madonna; 9 – ‘A figliata, o la prole (un tempo molto numerosa); 10 – ‘E fasule o Maradona (questo grande giocatore, anni addietro fu il pastore più venduto sulle bancarelle di San Gregorio Armeno); 11 – ‘E suricille o sorcini da non confondere coi fans del cantante Renato Zero che, chiamandosi appunto Zero, pur essendo il mio idolo preferito, non può trovare posto nella Smorfia napoletana. Già lo scorso anno, il 10 – 10 – 10 , cioè il dieci di ottobre del 2010, dissi che in tutta la mia carriera scolastica (dall’asilo alla pensione) era la prima volta che vedevo tre dieci. Anzi un anno (oltre mezzo secolo fa), assieme ad un mio compagno di scuola infilammo nel cassetto della maestra un grossa “zoccola”, nella fattispecie genitrice di famiglia numerosa di sorcini. Non appena la maestra aprì il cassetto della scrivania la zoccola saltò fuori dal cassetto e la maestra per poco non saltò fuori dalla finestra, anche perché stavamo al piano terra. Mi arrivarono punizioni da tutte le parti. Meno male che la democrazia era stata instaurata da pochi anni, altrimenti una buona purga di olio di ricino nessuno me l’avrebbe tolta! Oggi la smorfia napoletana ha lasciato il posto al progresso. E’ stata sostituita dal gratta e vinci. Se vince deve ringraziare il n. 46 che indica i soldi, il danaro e quindi la vincita. Se non vince ma si gratta solo deve ringraziare il n. 30 ( Trenta ‘e palle d’o tenente). Non è vero ma ci credo. La settimana scorsa una attempata nobildonna in auto, pur di non farsi sbarrare la strada da un gatto nero ha preferito sbattere con l’auto contro un muro. Poi, naturalmente ha imprecato contro il gatto nero che le aveva portato sfortuna. La Protezione animali non è intervenuta, forse perché non sapeva chi dei due difendere.

Non con una smorfia, ma con un augurio, vi saluto!!!

Catello Nastro