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Tragicomicità stabiese

( l’irreparabile oltraggio subito da un’antica fontana cittadina )

” Su segnalazione del naturalista stabiese Ferdinando Fontanella ”
( Castellammare di Stabia: 19 luglio 2010 )

fontana della sanità

fontana della sanità

In uno dei suoi film più fortunati il grande Totò vestiva i panni di un arabo, se non sbaglio il film in questione è intitolato “Totò sceicco” o forse “Totò d’Arabia”, non ricordo. Comunque, in una delle sequenze di questa divertentissima pellicola, il “Principe della risata” si impegna a calpestare il traboccante petrolio che trasuda dalla terra. Lo calpesta e lo appella, con disprezzo, “lo sputo del diavolo”.
La geniale comicità di questa scenetta sta nel fatto che lo spettatore è consapevole dell’immenso valore del petrolio, “l’oro nero”, e gli sembra paradossale e per questo comico, che qualcuno possa così scioccamente rifiutarlo e disprezzarlo.
Questo breve preambolo cinematografico mi serve da spunto per raccontarvi la tragicomica realtà in cui viviamo. Noi, novelli Totò, non calpestiamo zampilli di “oro nero”, l’Italia per fortuna non possiede grandi quantità di questa risorsa, ma ci dilettiamo a schiacciare la nostra più grande ricchezza, il nostro inestimabile patrimonio storico, artistico e naturalistico. In quest’arte noi stabiesi siamo dei veri e propri maestri!
Proprio oggi, passeggiando per via Sanità a Castellammare, ho avuto modo di farmi un “mucchio di risate”, mentre camminavo ho notato che una delle antiche fontane della città, quelle che un tempo a Castellammare, erano sparse un po’ ovunque e che oggi servono come immondezzai, era stata distrutta. Che risate… immaginate lo stabiese che annientava un pezzo del nostro patrimonio. Non me ne voglia il grande Totò, ma ho riso così tanto che alla fine dagli occhi mi scendevano dei “lacrimoni” grandi come una casa. Povera Castellammare… Poveri noi!!!

fontana Sanità

fontana Sanità

 

A documentare e a dimostrare la noncuranza di chi dovrebbe sorvegliare e salvaguardare (o quantomeno, tentare di recuperare), questo importante pezzo di storia di Castellammare di Stabia, in data 6 ottobre 2012, vengono aggiunte 3 immagini fotografiche emblematiche, ritratte dalla dott.ssa Maria Francesca Ruggiero:

La Sanità della fontana… (foto 1)
La Sanità della fontana… (foto 2)
La Sanità della fontana… (foto 3)

Ridateci il nostro Cantiere, perché…

La cantieristica nazionale sta attraversando un brutto momento, molto probabilmente uno dei periodi peggiori della sua esistenza, i vertici dirigenziali della Fincantieri sembra vogliano risolvere questa brutta crisi, con una soluzione cinica e semplice: la chiusura di alcuni cantieri, tra i quali (da indiscrezioni sfuggite al controllo del loro “segreto industriale”), dovrebbe esserci anche il nostro glorioso Cantiere Navale.

Tale soluzione apparentemente di effetto e risolutiva, potrebbe aprire uno scenario drammatico, senza precedenti: la chiusura del nostro Cantiere e la conseguente disoccupazione di centinaia di dipendenti, potrebbe stravolgere definitivamente l’assetto economico/sociale che già a fatica la nostra Castellammare stenta a mantenere. I tristi e noti fatti del momento, chiamano quindi il mondo operaio e lavoratore, ad opporsi fermamente al (forse) designato destino; la storia del nostro Cantiere è antichissima e affonda le proprie radici in un periodo di splendore, sempre più lontano e mai più ritrovato, una decisione semplicistica e troppo poco ponderata dei vertici dirigenziali Fincantieri, rischia di cancellare in un sol colpo anche i gloriosi trascorsi stabiesi.

Purtroppo, il problema sembra che non sfiori nemmeno i politici a respiro nazionale, sempre più impegnati a contendersi una parvenza di onestà intellettuale con i tanti leader di opposta fazione ( una pulizia intellettuale di facciata, purtroppo sempre meno messa in pratica ). Il cittadino stabiese oggi è stufo ed arrabbiato, pretende fatti concreti, vuole certezze, le tante assurde chiacchiere, il cinismo e l’apatia di chi in questi anni, con un pizzico di buona volontà, poteva rendere stabile e maggiormente solida la cantieristica nazionale, oggi risulta frustrante all’inverosimile, di ciò ne è testimonianza la raccolta di stati d’animo e di pensieri scritti, che rimettiamo a seguire.
Nel nostro piccolo, mediante questa pagina cercheremo quindi di dare voce al popolo (una voce fondamentale, che purtroppo nella società moderna, viene sempre più surclassata dai tanti inconsistenti blà blà blà frutto della scellerataggine politica), la raccolta di scritti è genuina e non ha alcuna pretesa, è un nostro modestissimo doveroso omaggio, in segno di solidarietà alle famiglie dei lavoratori coinvolti: Vi siamo vicini!
Invitiamo, tutti i nostri lettori a dare un personale contributo mediante l’invio di una frase. L’idea è quella di ottenere in tal modo una pagina aggiornabile dei pensieri più emblematici che aiutino a delineare perché il nostro Cantiere non deve chiudere.

La Redazione ringrazia anticipatamente per l’eventuale gentile collaborazione.

cantiere

post del 20 settembre 2011:

Ridateci il “Cantiere” perchè è NOSTRO, perchè è un Cantiere glorioso, perchè in questo Cantiere sono state costruite Navi che tutto il Mondo ci invidia, perchè deve dare lavoro a moltissimi operai e maestranze, perchè il “RUMORE” del Lavoro è VITA, perchè non si devono cancellare dalla memoria, secoli di Storia STABIESE, perchè è un Nostro DIRITTO.
(Michelangelo Gargiulo)

post del 28 maggio 2011:

Ridateci il nostro cantiere perché è la storia di Castellammare, non si può rubare la storia ad un popolo e ad una città. Non molliamo il cantiere deve restare in Fincantieri, altre soluzioni sarebbero il principio della fine, come è già successo per altre aziende stabiesi.
(Maurizio)

post del 27 maggio 2011:

Ridateci il nostro cantiere perché la mancanza del suono delle sirene, delle scintille dei saldatori, del rintocco dei martelli, del roteare delle gru, del treno che non passa più per la villa con i monoblocchi, e perché no del rallentamento del traffico a mezzogiorno quando gli operai andavano a farsi il panino, non è segno di tranquillità e pace, ma, anzi, è prodromo di grossi guai per tutti i cittadini stabiesi.
(Francesco Chianese)

post del 25 maggio 2011:

Ridateci il nostro cantiere perché senza il Cantiere un operaio si sente perso in quanto null’altro hai imparato a fare per sopravvivere, senza il Cantiere un operaio non ha amici perché i suoi amici son tutti lavoratori come lui, senza il Cantiere un operaio non ha di che far vivere la propria famiglia ed in questo mondo così votato al consumismo è troppo facile diventare poveri.
(Ferdinando Fontanella)

post del 11 ottobre 2010:

Ridateci il nostro cantiere perché i lavoratori stabiesi ora trasfertisti presso i cantieri di Sestri, Ancona, Palermo, Monfalcone, Riva Trigoso devono poter sperare che il loro pendolarismo settimanale avrà fine per dare spazio ad un lavoro “in casa”, grazie al quale la sera potranno tornare alle proprie famiglie, per cenare nel calore domestico, vicino agli affetti a loro cari
(Francesco Chianese)

post del 4 ottobre 2010:

Ridateci il nostro Cantiere, perchè NESSUNO può ammazzare l’anima di questa città (Francesco Santoro – Roma)

Ridateci il nostro Cantiere, perchè il lavoro è dignità e conoscenza (Giacomo Paraggio)

Ridateci il nostro Cantiere, perchè i giovani stabiesi devono avere una speranza di lavoro qui, i meno giovani devono poter vedere e sentire, passeggiando per la villa negli anni di tregua, il ritmo frenetico del lavoro creativo (Francesco Chianese)

Ridateci il nostro Cantiere, perchè è una delle poche certezze di questa nostra martoriata città (Vincenzo Cesarano)

post del 28 settembre 2010:

Ridateci il nostro Cantiere, perchè ‘o cantiere m’arricorda ‘o nonno, a zi’ Giuvanno, a zi’ Michele. ‘O cantiere m’arricorda a zi’ Catiello, a zi’ Armando… ‘O cantiere m’arricorda a papà. ‘O cantiere è ‘a vita mia, pure s’ije fatico dinto all’alta tecnologia (Corrado Di Martino)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è il cuore e l’anima di questa Castellammare. Ridatelo alla Città per permettere a tanti giovani di farsi UOMINI conoscendo la nobiltà del lavoro onesto (Gigi Nocera)

Ridateci il nostro Cantiere, perchè è NOSTRO. Acquisito con il lavoro, e a volte anche col sacrificio della vita, dei nostri nonni, dei nostri padri e di noi stessi. Voi lo avete ereditato, noi lo abbiamo creato col duro lavoro di migliaia di stabiesi (Gigi Nocera)

Ridateci il nostro Cantiere, perché senza il cantiere navale, aumenterà la criminalità, e Stabia morirà!!! (Arenile Stabiese Pulito)

Ridateci il nostro Cantiere, perché altrimenti non avrebbe senso quello specchio d’acqua che s’affaccia su uno dei golfi più belli del mondo!!! (Giovanni Matrone)

Ridateci il nostro Cantiere, perché il lavoro è un diritto di tutti… dare da mangiare dignitosamente i propri figli senza problemi… e poi i nostri cantieri navali sono un pezzo di storia, dove forse non tutti sanno che vi è stata varata una delle più belle navi del mondo: la Amerigo Vespucci, quindi Castellammare merita un cantiere navale… e ce lo devono dare (Domenico Amendola)

Ridateci il nostro Cantiere, perché oltre alla dignità perderemo anche un pezzo di storia! (Gigliola D’Auria)

Ridateci il nostro Cantiere, perché ci stanno consegnando alla camorra… facimm”e pazze!!! Dove sono i nostri amministratori, vogliamo vederli con la bava alla bocca, come i NOSTRI operai! (Maria Teresa Mannetta)

Ridateci il nostro Cantiere, perché se chi ci governa lascia passare senza far niente per superare questa grave crisi che colpisce maggiormente gli operai delle poche fabbriche, sono sicura che faranno una brutta fine loro per prima e a seguire tutti noi poveri mortali (Raffaella Guarnieri)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è l’anima di Castellammare (Giovanni Esposito)

Ridateci il nostro Cantiere, perché senza lavoro i bisogni primari delle famiglie chi li sostiene? La legalità va mantenuta trovando le soluzioni per i bisogni del popolo, per questo si fanno le elezioni. Irrigidirsi su certe posizioni di “legalità” senza soluzioni è… difficile (Vincenzo Amendola)

post del 27 settembre 2010:

Ridateci il nostro Cantiere, perché la nostra generazione e quelle a seguire continuino a crescere e a sognare con una Tradizione che dura da più di due secoli. Il cantiere non si tocca… è nato molto tempo prima della nostra stessa “Repubblica”, che incontestabilmente dovrebbe essere ancora fondata sul lavoro! Stato dove sei? Qui la tua/nostra Costituzione va allo sfascio! (Pasquale Cuomo)

Ridateci il nostro Cantiere, perché Stabia non può morire così! (Antonio Sessa)

Ridateci il nostro Cantiere, perché ha permesso alle nostre famiglie di crescere con il valore della dignità dell’uomo attraverso il lavoro e la sua chiusura inciderebbe ancora di più sulla sfiducia che, come una malattia cronica, sta logorando i sogni delle nostre nuove generazioni (Alessandro Zingone)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è parte della storia della nostra Città (Enrico Matrone)

Ridateci il nostro Cantiere, perché non si può lasciare senza casa l’ Amerigo Vespucci (Luciano Abate)

Ridateci il nostro Cantiere, perché rappresenta l’anima di Castellammare, è l’essenza di Castellammare, è la stessa Castellammare (Gianluca Cataldo)

Ridateci il nostro Cantiere, perché senza non c’è speranza, non c’è futuro. Lui ci tiene in vita… è il cuore della nostra Città!! (Francesco Russo)

Ridateci il nostro Cantiere, perché se chiude la Fincantieri chiude anche la Città (Michele Garofalo)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è la storia di Castellammare. Togliere il cantieri navale a Castellammare e come fare l’eutanasia a una persona che gode di ottima salute… (Gianni Sicignano)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è parte della nostra vita. Ha dato lavoro per oltre 40 anni a mio padre e una piccola parte anche a me (Catello Esposito Sansone)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è una parte del cuore di ogni stabiese. Da ben 250 anni ha dato un contributo validissimo alla nostra ITALIA, costruendo navi di ogni genere… Grazie ai nostri antenati che hanno dato il cuore e in certi casi anche la vita portando alto il buon nome di questa Città! (Palmino D’Aniello)

Ridateci il nostro Cantiere, perché per C/mare è tradizione, amore e passione così come la luna piena colora le nostre sere nere… (Enrico Zingone)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è la cosa più importante che ha Castellammare… la cosa più qualificante che possediamo (Umberto Cesino)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è il nostro passato, il presente, ma soprattutto il nostro futuro (Carmine Spera)

Ridateci il nostro Cantiere, perché ci ha lavorato mio nonno Michele, un grande operaio… che non ho avuto la fortuna di conoscere. Ogni volta che passo per i cantieri o vedo un varo, mi sembra di vederlo lassù che piange e si commuove. Se chiudono i cantieri, mi tolgono un pezzo di cuore che non ho mai conosciuto (Francesca Tramparulo)

Ridateci il nostro Cantiere, perché altrimenti muore anche la Città (Michele Angellotti)

Ridateci il nostro Cantiere, perché si è preso mia madre e mio padre, mi sta portando via mio marito e ora non può far morire anche la mia Città. Il cantiere con molti di noi è in debito e ora non potete far mancare il lavoro a questa gente che ha dato la vita per lui, perciò cari politici, una volta tanto spremetevi le meningi per le cose serie, siamo stufi della vostra superficialità, davanti a Dio, siamo tutti uguali, tenetelo ben a mente (Marinella Di Palma)

Ridateci il nostro Cantiere, perché con lui abbiamo fatto la storia della cantieristica mondiale… (Antonio d’Orsi)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è la storia di una comunità che non è in vendita!!!! (Antonio d’Orsi)

Ridateci il nostro Cantiere, perché senza il cantiere Castellammare è un corpo senza cuore (Michele Sarcinelli)

Ridateci il nostro Cantiere, perché anche i nostri figli hanno il diritto di vedere e di godersi i propri papà quando escono da lavoro (Marinella Di Palma)

Ridateci il nostro Cantiere, perché non vogliamo morire materialmente e moralmente a causa di chi vuole fare i propri interessi a discapito delle persone oneste che vogliono portare dignitosamente un pezzo di pane a casa ai propri figli. Castellammare deve ritornare ad essere libera, ridateci la possibilità di scendere per le strade senza la paura dei disperati che non hanno lavoro e sono disposti a tutto pur di sopravvivere (Marinella Di Palma)

Ridateci il nostro Cantiere, perché lo hanno costruito i nostri avi prima che lo Stato ce lo rubasse (Gennaro Cesarano)

Ridateci il nostro Cantiere, perché è la storia e l’orgoglio operaio di questa Città! (Aldo Ivano Iezza)

Ridateci il nostro Cantiere, perché ci appartiene!!!

P.S.: per aggiungere la tua frase all’elenco, scrivi a: liberoricercatore@email.it

Questionario stabiese

ideato da Nando Fontanella

Cari amici LiberiRicercatori ragionando sulla confusione mentale della nostra amministrazione comunale, che quest’anno: dimentica il centenario della nostra Cassa Armonica, usa un logo non ufficiale della città pensando che fosse quello buono e, addirittura, pubblicizza un’altra Castellammare nella sezione turistica del sito web istituzionale.

Ecco, ragionando su questi strambi episodi, mi viene di proporre un test d’ingresso per accedere al Comune, tipo quello che si fa in alcune facoltà universitarie per accertarsi delle competenze basilari dei futuri corsisti. Allo stesso modo propongo un questionario per saggiare le “competenze basilari di cultura locale” che gli aspiranti amministratori dovrebbero avere!

Questionario di conoscenza basilare di cultura locale

( si accettano suggerimenti )

Le prima domanda di questo allucinante test potrebbe essere:

1) La città di Castellammare di Stabia si trova in?

A) Regione Sicilia
B) Regione Abruzzo
C) Regione Campania

N.B.: Per comprendere meglio, approfondire e interiorizzare il primo quiz, agli aspiranti operatori di pubblici impieghi, si consiglia di leggere:

http://www.liberoricercatore.it/?p=411

http://www.liberoricercatore.it/?p=8064

* * *

La seconda domanda all’allucinante test a questo punto, potrebbe essere:

2) Qual é quella esatta?

A) Castellamare di Stabia
B) Castellammare di Stabia
C) Castelammare di Stabia

N.B.: Per comprendere meglio, approfondire e interiorizzare il secondo quiz, agli aspiranti operatori di pubblici impieghi, si consiglia di leggere:

http://www.liberoricercatore.it/?p=4761

* * *

Son certo che se uniamo le nostre forze e riusciamo a preparare una ventina di quesiti, possiamo diventare il primo “Comune d’Italia a numero chiuso”, precluso agli amministratori ignoranti di cose locali. Ora tocca a voi, attendiamo le vostre proposte…

Quell’obbrobrio canoro bianconero, che non fa onore

( a cura del Dr Alfonso Santarpia, In stampa su Sport People )

“Invio un articolo che sarà pubblicato a breve su una rivista di cultura sportiva, in cui analizzo il furto retorico della tifoseria juventina sulla nostra canzone napoletana ‘O surdato ‘nnammurato. Mi piacerebbe che lo facessi leggere anche ai lettori di liberoricercatore.it, perché sono stabiese e perché il fenomeno di appropriazione culturale che si è assistito a Torino, può innescare dinamiche pericolose”.

L’incontro calcistico Juventus-Napoli, conclusosi 3 a zero, è sotto gli occhi di tutti, la Juventus ha manifestato un gioco aggressivo e ben organizzato, meritando la vittoria ampiamente su un Napoli irriconoscibile.
Una legge psicologica semplice conduce «il tifoso vincente» ad una dinamica di fierezza e di gioia, con delle specifiche punte di sadismo leggero e goliardico per la squadra avversaria incarnata dai tifosi perdenti, delusi, nel nostro caso, dai tifosi napoletani.Napoli-Juve Tifosi che vivono «di pane e pallone», e si amareggiano quando «questo pane», è amaro per una sconfitta ingiusta o per una partita persa senza gagliardia. Pane ancor di più amaro, quando chi vince è la Juventus, simbolo di una passata supremazia calcistica e di una città, Torino, che ha rappresentato per molti napoletani, il motivo di una partenza lavorativa e di uno sradicamento dalla propria cultura di origine.
Seguendo questa linea di analisi, era prevedibile e nella natura del processo, costruire a cura del tifoso bianconero, una retorica dell’affermazione di sé centrata su una reale superiorità tecnico-tattica in campo che non si osservava da parecchio tempo oramai. La Juventus sembrava «fare la partita della vita», questa attitudine costituisce il segno di una squadra rianimata, operaia e grintosa che considera l’avversario napoletano con rispetto. La squadra bianconera dimostrava una freschezza ed una modernità di pensiero-gioco e si rendeva protagonista anche di una elegante retorica del festeggiamento. Come già in altre occasioni, a fine partita, come alla fine di uno spettacolo di danza, i calciatori bianconeri «mano nella mano» (in una coreografia a semicerchio caratteristica di uno spettacolo di danza gruppale), si sono avvicinati al pubblico, ringranziandolo per il sostegno e riconoscendosi nella gioia condivisa, una qualità di gioco, che si configura come una raffinata e “maschia danza”, che meriterebbe l’onore del tricolore. In accordo con questa nuova Juventus, ci si aspettava un tifoso juventino, intelligente, ironico, moderno, munito di una retorica pungente, fondata sulla fierezza del bel gioco, associata a tipici sentimenti di affermazione calcistica, espressi con frasi e giochi di parole che attecchiscono al proprio universo culturale: «vi abbiamo annullato sul piano di gioco», «vi abbiamo distrutto», etc. Mostrando il goal di Vidal a gogò come emblema di un gioco, a tratti, brillante. Quindi, ci si aspettava una contrapposizione di metafore culinarie, in caso di vittoria, il Gianduiotto per gli juventini e la sfogliatella-polpetta-babà per i napoletani. Juve-Napoli-6-Ansa_h_partb Così è stato, in certi momenti del post-partita, in un clima sportivo di sfottò, i tifosi della Juventus lanciavano, nei bar come in rete, frasi di questo tipo: «vi ha abbiamo dato 3 Gianduiotti», «vi abbiamo servito il vassoio misto di Gianduiotti», «ti sono piaciuti i Gianduiotti? ».
Fin qui, tutto evoca quel misto di leggera aggressività che si mischia al riso, solletica il tifoso dell’opposta fazione, istiga sottilmente, innervosisce in maniera soft, entrando di fatto in qualcosa di giocosamente folklorico e attivando sane dinamiche competitive, e in alcuni caso animando e nutrendo amicizie tra sportivi di opposte fazioni.
Purtroppo a queste giocose dinamiche faziose, si sono opposte alcuni striscioni juventini vergognosi: «Vesuvio lavali» (a dir la verità in un pessimo inglese, infatti andava scritto Vesuvio wash them), «Avete perso l’immondizia dal pulman», «Benvenuti in Italia». per citarne solo alcuni. Striscioni che denotano sentimenti sadici e razzisti assai primitivi. Ahimé, sono alcuni elementi di un modello retorico già conosciuto.
Come si fa in un paese civile, anche solo per gioco, ad augurare una disgrazia ad un gruppo di uomini e donne della stessa nazione?
Com’è possibile che il giudice sportivo non punisca queste forme di sadismo primario? Non si capisce che si genera violenza?CALCIO: SERIE A; NAPOLI-JUVENTUS
Violenze che si sono espresse anche fisicamente su differenti famiglie napoletane che si recavano allo stadio. Queste espressioni razziste e sadiche sono purtroppo tipiche di molte frange violente delle tifoserie del nord, e sono vergognose per un paese civile. Spesso si tenta di giustificarle, dicendo che i fautori sono un numero esiguo di persone e che la maggioranza dei tifosi resta nell’ironia sportiva.

Però quello che è successo in Juventus-Napoli 3-0, del 01/04/2012, a fine partita, è qualcosa di grave, più grave, per quantità di persone implicate, e soprattutto per gli «effetti emotivi» osservati sui tifosi partenopei, soprattutto i più caldi. Il fatto, per chi non fosse a conoscenza, è questo: una larga fetta dei tifosi juventini, presenti allo Juventus Stadium, a fine partita, ha intonato le note di «’O surdato ‘nnammurato» (Il soldato innamorato) notissima canzone napoletana del poeta Aniello Califano, musicata da Enrico Cannio nel 1915 e patrimonio non solo della cultura partenopea ma vanto della canzone italiana nel mondo. Storicamente, questa canzone è un vero e proprio inno della tifoseria partenopea: fu nel 1975, in occasione di una trasferta contro la Lazio (rete di Boccolini per il Napoli e provvisorio primo posto in classifica) che fu cantata, un po’ casualmente dai tantissimi spettatori azzurri all’Olimpico di Roma. «’O surdato ‘nnamurato”» è stato un coro che solo recentemente è tornato in auge tra i tifosi napoletani, perché negli anni passati, quando le presenze napoletane in trasferta erano di caratterizzazione maggiormente ultras, questo coro veniva apertamente boicottato dallo zoccolo duro del tifo partenopeo fino alla sua scomparsa. (M. Falcone, 2012, corrispondenze). Probabilmente perché si poteva essere esposti ad una prototipizzazione napoletana, ritenuta antipatica e fuorviante, quella del napoletano pizza-sole-mandolino che diventa troppo riduttiva e che non fa altro poi, per osmosi, che alimentare tutte le altre stereotipizzazioni tipiche del napoletano (o per estensione del meridionale in genere): sporco, cattivo, ignorante, che non ha voglia di lavorare, imbroglione, disonesto, ecc. (ibidem).
Attualmente questo inno è ritornato ad essere LA CANZONE, nella quale tutti i napoletani sportivi rispecchiano la gioia e la goduria della vittoria: e scorrono facili le immagini gloriose delle splendide partite di Champions League, fierezza dei tifosi partenopei. napoli_juve_fantasia
Proprio questo stesso inno, cosi altamente rappresentativo della cultura e della gioia napoletana, è stato cantato da tutti i tifosi juventini in occasione di Juventus-Napoli, negli ultimi minuti della partita e nel post-partita, video poi diffuso largamente ed in maniera fiera dai tifosi della «Signora» sui vari social networks. Questa appropriazione culturale, rappresenta un modello retorico collettivo da stadio, inedito, pregno di una esagerata aggressività, che senza alcun dubbio sarà ripetuto da altre tifoserie, contro i partenopei (vedere già Lazio-Napoli, del 7 aprile 2012).
Qui, non si tratta più del piacere della vittoria calcistica sull’altro come affermazione tecnico-tattica sportiva o come valorizzazione del proprio Sé-culturale. In verità, la dinamica dell’appropriazione dei canti altrui «da stadio» non è del tutto nuova, è stata spesso e volentieri usata come pratica per così dire di sberleffo nei confronti dell’avversario: l’avversario canta il coro X come tormentone? Lo batti e per beffa gli ricanti il suo stesso «canto di guerra». È successo spesso ma più che altro su cori meno identitari del tipo «La capolista se ne va», che poi viene ricantato dai tifosi che la capolista l’hanno battuta (M. Falcone, 2012, Corrispondenze).
Qui è diverso, si tratta di una forma regressiva di sadismo che mira all’umiliazione dei fondamenti identitari della cultura altrui, in questo caso, quella partenopea. In una nota versione in rete, si ascolta in sottofondo un tifoso juventino affermare rivolgendosi ai partenopei ed alla telecamera: «umiliati fino in fondo». E quando l’intero stadio si abbiglia di queste espressioni, la forza del messaggio aggressivo diventa fortissima.
Il meccanismo psicologico è rubricato in letteratura psicoanalitica (Melanie Klein) con il nome d’identificazione proiettiva, ed è estensibile, sotto la spinta della folla, a fenomeni di massa.
Funziona così: si entra, spinto da un’incertezza identificativa e da collera, nel mondo simbolico-identitario dell’altro per controllarlo e possederlo. Questo meccanismo è il frutto proprio di un vuoto identificativo ma soprattutto di una collera reattiva, non si dimentichi che i tifosi juventini (vincenti per definizione) hanno dovuto subire molte sofferenze ed umiliazioni negli ultimi anni. Perché impossessarsi di un elemento cosí caratteristico di un’altra cultura, se non per una mancanza di un universo simbolico-identificativo con cui esprimere la propria nuova identità e nuova forza? Restando nel canoro, un tifoso napoletano avrebbe le sue musiche in dialetto, un romano avrebbe i suoi stornelli, sia per gioire, sia per beffeggiare, per fare qualche esempio. Nessuno oserebbe mai pescare dalla cultura del «nemico sportivo» un qualcosa di cosí fortemente identitario per affermarsi, sarebbe un segno implicito di inferiorità culturale, di mancanza di creatività o ancora peggio d’un profondo desiderio reattivo di umiliare. Forse, neanche nel mondo calcistico internazionale, potrebbe mai succedere che all’atto della vittoria della propria squadra si usino gli elementi cosí rappresentativi della cultura della squadra perdente, esibendoli come segni di dominanza. 150148197-367x270
Inutile parlare, della buffa e goffa interpretazione canora del pubblico bianconero, costituita in parte dai tanti tifosi di origine napoletana, ma quello che stupisce, è che una tale espressione di «frustrazione identificativa» si è estesa a tutto lo stadio ed in rete. I tifosi juventini non capivano e non capiscono che attraverso «quell’obbrobrio canoro», teso ad umiliare, stavano esprimendo non solo il peso delle loro frustrazioni passate ma anche il loro vuoto culturale identificativo e la mancanza di una creatività propositiva di cui la nuova Juventus, avrebbe bisogno.
Questa operazione retorica dei tifosi juventini del cantare «’O surdato ‘nnammurato», dovrebbe inorgoglire i napoletani più avvertiti per il prestito culturale. Visto che una canzone di una tale «forza identificativa», i tifosi bianconeri non ce l’hanno.
Se ad una lettura attenta, «quel gesto collettivo di canto», è innocuo, misero, «una zappa sui piedi», controproducente per i supporters della Juventus, alla luce di un ritorno ad un’eleganza di stile degna di un passato glorioso, glorioso anche per il modo nobile con cui si gestiva la supremazia in campo. E non si dimentichino le parole eleganti e poetiche di Edgar Davis (un ex-giocatore della Juventus) sullo spirito vincente della squadra torinese: «Con la Juventus ho imparato a vincere. Non so com’è successo, è qualcosa che si respira dallo spogliatoio, sono concetti che vengono tramandati da giocatore in giocatore, è il sentimento che ti trasmettono milioni di tifosi e non c’è club nel mondo che ti faccia lo stesso effetto» (http://iojuventino.net/).
Ad una lettura superficiale, ed eccessivamente emotiva, operata dai tifosi napoletani più facinorosi e spesso fragili, per storie personali, «quel gesto collettivo di canto» potrebbe rappresentare un minacciante attacco ad uno dei perni dell’ identità culturale napoletana, la sua musica, internazionalmente riconosciuta. Per molti di «quei tifosi facinorosi» la musica napoletana struttura e supporta. Allora «quel gesto collettivo di canto», potrebbe essere un’accensione perversa di una miccia che potrebbe generare una rabbia primitiva in una certa frangia della tifoseria partenopea, che potrebbe esprimersi in una violenza aperta e distruttiva contro il tifoso bianconero, in vista del match di finale di coppa Italia. E non saremmo più davanti ad una partita di calcio.
E se così sarà, «quell’obbrobrio canoro bianconero», ad oggi povero e misero, costituirà una provocazione imbecille e avrà il potere retorico di aggiungersi a quelle scritte sadiche e razziste nello stadio e in tal modo vincere, sì vincere, da subito, uno scudetto speciale, quello della vergogna.

Dr Alfonso SANTARPIA
Ph.D, psicologo
Sigmund Freud Institute Paris

Quante volte?

di Ferdinando Fontanella

Cari amici Liberi Ricercatori, vi scrivo prendendo spunto dall’editoriale del buon Enzo Cesarano, che giustamente denuncia la mancata celebrazione dei 100 anni dalla costruzione della Cassa Armonica. Castellammare purtroppo vive un’incresciosa, pericolosa e paradossale inerzia che ultimamente si sta palesando nel brutale e totale abbandono della città. E allora mi domando: “Perché ci stupiamo del mancato festeggiamento del compleanno di un monumento, se in città non si riesce più a garantire nemmeno la decenza quotidiana? Agli amministratori della nostra città, vorrei quindi chiedere:

Quante volte siete andati a fare un bagno ai lidi pubblici di Pozzano?
Quante volte siete andati a fare una passeggiata ai Boschi di Quisisana?
Quante volte siete andati a fare un’escursione per le vie e i sentieri collinari?
Quante volte vi siete soffermati ad osservare le aiuole, le fioriere e gli alberi della città?
Quante volte siete andati in bici o a passeggio per le viuzze del centro storico?
Quante volte avete fatto sport in Villa Comunale respirando i nauseabondi miasmi degli scarichi fognari?
Quante volte avete provato a raggiungere con i mezzi pubblici o a piedi gli scavi archeologici di Varano?
Quante volte avete usufruito dei servizi delle Terme di Stabia?
Quante volte avete provato a fare la raccolta differenziata consapevoli che la città non è attrezzata per la differenziata?
Quante volte avete provato a parcheggiare sperando di non essere molestati dall’abusivo di turno che pretende di essere pagato?
Quante volte vi siete immedesimati in un disoccupato, un licenziato o un pensionato che vive di pensione minima?
Quante volte avete considerato la civiltà, la cultura e i bisogni dei tanti extracomunitari che vivono in città?

Il giorno in cui Castellammare riuscirà ad esprimere un’amministrazione capace di rispondere con chiarezza e senza vergogna a tutte queste domande, e alle tante altre che ognuno di noi dovrebbe legittimamente poter fare, non dovremo più preoccuparci per il nostro futuro. Quel giorno, statene certi, anche la nostra Cassa Armonica sarà giustamente commemorata.

Un caro saluto, dal vostro amico naturalista Nando Fontanella.