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Crassa ignorantia ( Lettera aperta ai lettori )

di Corrado Di Martino

…Sono stato solleticato/sollecitato nella mia curiosità, dalla lettera di Peppe Zingone relativa ai miracoli di… “stabbia ingannel” (il nome è di pura invenzione, ecco giustificate le due “b”, ma generato dal senso desunto dalla mail di Peppe).
Sai come sono curioso? Ho deciso di capire a fondo la questione. Ho fatto un po’ di ricerche sul web ed a parte qualche blog di qualche ingenuo e giovane internauta, ho trovato un solo presunto riferimento alla vicenda.
Bene, al riguardo la mia posizione è ancora meno “benigna” di quella del buon Peppe, che con un sarcasmo anglo-stabiano ha denunciato la cosa, la mia posizione è più severa non per quanto è accaduto, un plagio su internet a chi non lo si perdona, ma per quanto e avvenuto dopo.
E sì! La “redazione” (e ci sarebbe tanto da dire anche su questa definizione) di “stabbia ingannel” in qualche modo ha pressappoco chiarito, di aver postato un intervento palesemente originato da imberbe contraffazione, non rendendosi conto che:

I. lo scritto era già presente su un altro sito stabiese;
II. se ne ignorava l’esistenza;

E qua, scusate l’incontinenza, mi scappano due precisazioni/considerazioni:

I. Liberoricercatore non è un altro sito stabiese, ma: il sito stabiese per eccellenza se badiamo a contenuti, forme e al rimanente;
II. si ignorava l’esistenza del sito o dello scritto comparso sul sito? Nessun dubbio, in entrambi i casi, si è trattato di CRASSA IGNORANTIA.

Corrado Di Martino

C’era una volta… l’arenile

 (Quando la sabbia nera del Vesuvio, fu inopinatamente coperta e mischiata al terriccio)

di Corrado Di Martino

Prendendo spunto da: “C’era una volta” di Gigi Nocera, cito testualmente – a Castellammare una volta esisteva, proprio nel centro cittadino, una bellissima spiaggia. La sua sabbia era di origine vulcanica, ma non so dirvi se fu creata dalla eruzione del Vesuvio del 79 d.C. – Il buon Gigi sarà anziano, ma nel 79 d.C. certamente non c’era, io invece nel 1979 d.C. (o giù di lì) c’ero… o meglio parafrasando una vecchia serie TV di fantascienza, c’ero anch’io.

Partenza sull'arenile

Partenza sull’arenile

Già Maurizio, fantascienza, perché solo di fantascienza si può trattare, quando si riduce in una poltiglia fangosa, uno dei più invidiati arenili esistenti al mondo…

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gara motocross

Gigi conclude il suo intervento dicendo che – porterà però sempre nel cuore quell’angolo di paradiso che scorse indistinto molti anni fa da quel balcone di Piazza dell’Orologio –

La gara di motocross sull'arenile di Castellammare di Stabia

La gara di motocross sull’arenile di Castellammare di Stabia

Un angolo di paradiso che è stato vivido nella mente dei fratelli di mio nonno in America, o dei miei amici Salvatore ed Enrico D’Annunzio in Australia,  e di tantissimi altri ancora come loro…

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Arenile di Castellammare di Stabia: gara motocross

Che diritto avevamo noi di deturpare il ricordo di queste persone? Che diritto aveva, chi ha mischiato l’interesse personale con un falso e/o malinteso desiderio di fare del “presunto turismo” a Castellammare? Non bastavano le Terme; gli Scavi; il Faito; il Mare etc… era necessario anche questo inquacchio? E pensare che, all’epoca, gente stipendiata dai contribuenti, andava in America a fare stage sul turismo; ma in quel Paese straordinario avrebbero compiuto un simile delitto?

Maurizio ti saluto sperando che queste quattro righe, ci aiutino a riflettere, e a farci comprendere bene che quel che è di tutti non è “nostro”!!!

P.S.: Come si usa nelle migliori denunce ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente voluto.

Catello ( il nome dello stabiese D.O.C. )

SanCatelloB

                                    Catello

Specifico della Campania, è accentrato lungo l’arco del Golfo

di Napoli, riflette il culto di San Catello vescovo di Stabia nel

VI secolo, patromo di Castellammare di Stabia (Napoli dove

il nome è ampiamente diffuso;   alla base è il soprannome e

poi nome  individuale   latino   tardo   Catellus   da  catellus

diminutivo di catulus “cucciolo”.

da: E. De Felice – Dizionario dei nomi italiani – A. Mondadori Editore


 

 

 

 

 

Castellammare come Dubai!!

di Corrado di Martino

Già autore di “C’era una volta… l’arenile”, oggi (30 novembre 2011) il dott. di Martino, esterna un nuovo personale (condivisibilissimo) pensiero sulla nuova struttura che a giorni è destinata ad occupare parte del arenile comunale di Castellammare di Stabia. Buona lettura e soprattutto… buona riflessione a tutti!!!

pattinatrice

A Dubai hanno pensato bene di crearsi un ambiente alpino completamente artificiale. Skilift, seggiovie, sciovie, sciatori festosi, animano le giornate nel deserto di Dubai. Una struttura immensa è in grado di ospitare centinaia di persone, dando ad ognuno l’illusione di trovarsi a Chamonix o a Cortina, mettendo alla pari le diversità naturali create apposta per far arrabbiare gli arabi. Hanno il petrolio, ma non hanno l’acqua; hanno la sabbia, ma non hanno la neve; hanno il sole, ma non hanno la pioggia, e via dicendo… Come a volersi ribellare al demiurgo che solari li volle, si sono costruiti una piccola Cortina (tanto piccola nemmeno è) nel deserto del Dubai. Basta entrare ed inforcare gli sci, poi urlare: – pistaaaa! – (come si dirà in arabo la parola pista?) e lanciarsi in ardite volute sugli sci, questa è Dubai! Una ricca finzione, per chi poveretto non ha ricchezze da godersi. Noi stabiesi (che non ci facciamo mai mancare nulla) ci siamo fatti una piccola pista in ghiaccio proprio sulla sabbia dell’arenile. Qualcuno, ha creduto di ritrovarsi sultano del Dubai ed impiantare sulla sabbia una pista di pattinaggio su ghiaccio; vi immaginate tutti gli stabiesi, la domenica mattina, su slittini e mosconi andare via di brutto sulla pista ghiacciata del lungomare? Castellammare che non ha una pista ciclabile, non ha le passerelle per i disabili (o almeno quelle poche che ci sono, infagottate fra cassette di frutta, motorini, tavolini di improvvisati bar all’aperto etc… cercano di trovare una loro ragion d’essere), non ha una seria politica sul traffico veicolare ed altro ancora, avrà la pista di pattinaggio su ghiaccio; proprio come a Dubai. Ma abbiamo una grande vantaggio rispetto agli emiri arabi, noi sappiamo dire: pista! Direttamente in italiano. Speriamo solo che tutta questa grandeur non induca altro nocumento per il martoriato arenile stabiese.

Apis more modoque

( Il prof. Luigi Casale incontra il professore Antonio Carosella )

Quella che si narra in questa pagina sicuramente non è una storia minima!

Quando il professore Antonio Carosella l’estate 2010 volle offrirmi la sua raccolta di “scritti vari” dal titolo Apis more modoque, mi sorprese la mole del volume, che subito pensai, riconoscendomi – in tutta franchezza – un cattivo lettore, lento e indolente, che molto probabilmente non l’avrei mai letto o che forse una volta iniziatane la lettura – bontà mia! – non l’avrei portata a termine. Ebbene, a questo pensiero mi sentivo davvero indelicato verso chi avevo voluto incontrare dopo più di quarant’anni dalla nostra separazione alla fine della “maturità” liceale. Come avrei potuto riservargli un comportamento tanto irriguardoso a fronte di tutte le cortesie ricevute? Con quale coraggio?
Per la verità, lasciata la scuola alla fine dell’anno scolastico 1963/64, c’eravamo incontrati un paio di volte.

1964_carosella

anno scolastico 1963/64

La prima fu un incontro occasionale, per strada. La seconda, che io ricordi, fu un incontro molto più significativo. Era il 16 aprile del 1972. L’indomani del mio matrimonio. A mezzogiorno partivo da Napoli in viaggio di nozze con destinazione Verona. Rapido, prima classe, ristorante a bordo, credo che si chiamassero “treno bandiera”: proprio come si conveniva a due sposini in luna di miele. I fatto è che all’epoca essendo io funzionario delle FS, a parte il pranzo, beneficiavo insieme alle persone a carico – come si dice con linguaggio burocratico – delle cosiddette concessioni ferroviarie.
Con quello stesso treno si trovava a viaggiava il professore Antonio Carosella – adesso non ricordo se diretto a Roma oppure a Bologna. Ricordo solo che date le circostanze, fu per me un viaggio piacevole e memorabile. La sua compagnia fu gradita anche a mia moglie, che poté conoscerlo e ammirarlo.
In seguito, ma ormai erano passati diversi anni: si era nell’anno scolastico 1988/89, c’era stata una sua telefonata, graditissima, con la quale egli, avendone avuta notizia dal prof. Centonze o dal comune amico Eugenio De Biase, si complimentava del mio incarico di preside al Liceo Virgilio di Vipiteno.
Perciò verso chi, nel rivedermi ora dopo tanto silenzio, mi aveva accolto con entusiasmo e generosa affabilità, apparivo a me stesso uomo poco riconoscente, ingrato. E neppure compensava il rammarico, il fatto che insieme a quel malloppo di libro, nel dono, vi erano altre due o tre delle sue opere le quali avrebbero attirato la mia preferenza verso una lettura attenta e interessata, anche con una certa urgenza e frenesia. Il romanzo Il ritorno, l’avei letto per studiarne la prosa narrativa. Trittici vesuviani, trattandosi di pagine critiche sulla narrativa campana degli ultimi anni, l’avrei letto per mia personale informazione storico-letteraria, ma soprattutto per risentire l’eco delle grandi lezioni a cui ci aveva abituato il professore Carosella nei corsi liceali. E poi volevo leggere dei due romanzi già pubblicati da Vincenzo Esposito, compagno di classe, e ugualmente suo alunno. Terzo: Gaetano Pagano, una vita per la poesia, lo ritenevo interessante per avvicinarmi ad un poeta per me nuovo e sconosciuto, sebbene tanto vicino. Questi tre libri, per numero di pagine, si presentavano inoltre molto più agili e leggeri.
Ma adesso – vista la cosa dalla prospettiva dell’oggi – devo dire, “agili e leggeri” solo nella veste esterna. Proprio perché, dopo, avrei dovuto ricredermi. Su di essi e sull’altro, Apis more modoque.

apis_more_modoque

copertina

Sì, è vero. Il modo di presentarsi (insieme alla stessa particolarità del tema indicato nei titoli) di quei tre volumi “più agili” facilita, anticipandola, la percezione della unitarietà, dell’organicità e della coerenza della singola opera. Ora però posso dire che, quanto a questo, non è dissimile (se si esclude l’elevato numero di pagine: 740) neppure il soggetto, il tema di fondo, di Apis more modoque (e che comunque il titolo stesso riassume). Perciò quelle prerogative di unità e di coerenza che si richiedono alla scrittura, le mantiene intatte, se solo si rifletta che il tema centrale del libro è la vita stessa, di insegnante, di educatore, di cittadino, di chi ha voluto pubblicarlo. E infatti proprio di questo si tratta: di una testimonianza forte e vigorosa, organica e coerente, unitaria come la vita del suo Autore che quelle cose ha scritto, sebbene distillate e raccolte in una modalità di scrittura parcellizzata, estemporanea, occasionale, e ben finalizzata.
La rivalutazione dell’opera (che in seguito, considerata la sua finalità e la stessa organizzazione interna dei materiali, ha consentito anche e me, lettore lento e indolente, un approccio ordinato e mirato, già quasi uno studio) si è presentata quando, leggendo qualcuno degli interventi, vi ho scoperto la profondità del pensiero e l’altezza dell’eloquio del Carosella. Confermando così un mio giudizio sulla persona, sulla sua opera e sulla sua scrittura, che conservavo in pectore.

* * *

Ma, allora, che cos’è Apis more modoque? Prima l’ho chiamato “malloppo”. E tuttavia nell’apparente linguaggio scherzoso si nascondeva una punta di verità, se per malloppo si intende un bottino, più o meno prezioso, comunque di valore e di peso.
Una possibile traduzione del titolo potrebbe essere: “A poco a poco come fanno le api”. Le quali prendono un po’ di qua e un po’ di là dai fiori la sostanza che poi trasformano in miele e altre cose utili e nutrienti. Ecco, detto così, sembra sufficientemente chiarito il senso della metafora. Ma se l’attività delle api rappresenta il modo in cui la raccolta di scritti è andata formandosi, il prodotto, in questo caso il volume a stampa, corrisponde al miele: una dolcezza che nutre e piace. O meglio, “una dolcezza che piacendo nutre”. E infatti è questa la funzione del libro, e tale dovrebbe essere il motivo che deve spingere le biblioteche a non privarsene e i lettori a non rinunciare alla sua consultazione. Innanzitutto le biblioteche scolastiche e quelle di carattere popolare e divulgativo come la nostra – del Liberoricercatore – “Biblioteca stabiana”.
Ad incoraggiarci a questa amabile frequentazione con le pagine di Apis more modoque, ci aiutano i due scritti introduttivi: la presentazione di Salvatore Ferraro e la prefazione dello stesso Carosella. Ma poi una volta addentrati nella lettura, scopriremo da soli il significato della raccolta e la sua validità come testimonianza, come documento storico, come tesoretto di valori civili e valori morali. Giovani, studenti, insegnanti, genitori, amministratori pubblici, cittadini, chiunque si senta impegnato a realizzare per sé, per i suoi, per la città, un vita degna e dignitosa, nobile della nobiltà dello spirito, vi troverà spunti di riflessione e dati importanti per la conoscenza della storia civile e culturale della comunità scolastica (e dintorni) negli ultimi 50 anni, dagli anni delle tensioni politiche, a quelli del degrado, fino a quelli della riscossa verso un nuovo umanesimo. Il primo scritto data 1960; il libro è uscito nel 2008.

La struttura dell’opera è lineare. Raccolti in quattro sezioni, gli scritti seguono l’ordine cronologico della loro pubblicazione, senza nessun ulteriore commento; a parte qualche isolata nota di chiarimento e di contestualizzazione dell’avvenimento richiamato nel testo. Le sezioni sono: Interventi critici [interventi critici, presentazioni, recensioni, mostre di pittura, lusus latinus (testi in latino)]; La scuola e i giovani; La presenza nella vita cittadina; La militanza rotariana.
L’opera si conclude con un’appendice di lettere scelte indirizzate ad Antonio Carosella in circostanze varie.

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a sinistra il Prof. Casale a destra il Preside Carosella

Per quello che significa, ci auguriamo che questa pubblicazione insieme a tutta la produzione letteraria del professore Carosella possa entrare quanto prima nella piccola Biblioteca stabiana del Liberoricercatore, a testimonianza della sua contiguità, attenzione e simpatia verso il mondo della scuola e verso i suoi operatori, come il professore Carosella, che ne fanno la storia.

Luigi Casale.