“La comparsa di una rubrica dove in un certo senso si scandaglia la lingua che usiamo, attività che, francamente, non mi sento di chiamare “etimologia”, essendo questa una disciplina, e come tale seriamente andrebbe praticata, e in maniera scientifica – bene ha fatto perciò Maurizio a chiamarla “pillole di cultura”, con una bella e originale intuizione – dicevo, la presenza di questa nuova rubrica sul sito di liberoricercatore ha suscitato molto interesse e qualche perplessità. L’idea originaria era che da qualche parte andassero a confluire per essere archiviate quelle idee, quelle riflessioni, quelle informazioni, estrapolate dalla nostra (tra me e l’amico Maurizio) corrispondenza privata le quali, per capacità di proposta o di provocazione, potessero essere partecipate al pubblico di internet. Quindi potevano essere riflessioni sulla vita, sulla storia, sulle speranze, o sulla stessa scrittura e la sua finalità. Per adesso trovo congeniale esprimermi sui problemi di lingua. Più in là si vedrà.
Mi corre l’obbligo dunque, a scanso di ogni equivoco, precisare che l’unico scopo di questa mia personale riflessione – chiamatela pure debolezza – è quello di rendere, dove è possibile, più trasparente la lingua che usiamo, innanzi tutto a me stesso. Se poi qualcuno pensa che queste pillole possano giovargli, ne faccia uso, con discrezione e sotto stretto controllo medico (per questo sono sigillate nella loro teca alla quale si accede solo se necessario).
Non è che con una lingua opaca si comunichi di meno, ma è perché con una lingua trasparente si può recuperare una maggiore chiarezza nella visione delle cose. Credo che in questa maniera aumentino anche gli elementi di giudizio, qualora fossimo chiamati a formularne. Luigi Casale”.
a rrassu sia (approfondimento)
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