articolo del dott. Tullio Pesola
Come sia affascinante ed emozionante assistere al battesimo di una nave è un sentimento che a noi Stabiesi appartiene particolarmente, è qualcosa di inesprimibile, come inesprimibile è quella sensazione che si avverte quando udiamo dire: “Madrina, in nome di Dio taglia!”.
Una particolare cerimonia, un particolare rito sono necessari quando si dà vita ad una materia inerte qual è l’informe quantità di lamiere o tavole di legname che, assemblate dalla sapienza del lavoro umano, danno infine forma a una nuova imbarcazione. Quella materia pesante e rozza, in apparenza a tutto idonea tranne che a galleggiare in acqua, si trasforma come per magia (la magia della tecnica umana!) in oggetti agili e sicuri fra le onde, perfino eleganti.
Occorre, quindi, amministrare il battesimo a quella imbarcazione con la benedizione religiosa e l’imposizione del nome prima del varo, ossia del suo primo ingresso in mare.
All’autorità religiosa spetta il compito della benedizione,
alla Madrina quello di rompere la bottiglia contro la prua tagliando un nastro
o premendo un pulsante, che permette alla stessa legata ad un cavo di colpire lo scafo della nave.
Ma… da quello che mi accingo a dire si rileva presto e bene che non era di ciò che intendevo parlare o quantomeno non solo di ciò! Sono argomenti o immagini, queste, che ogni Stabiese conserva scolpite nel suo intimo con l’orgoglio ed il vanto che giustamente gli competono. Lo scopo della sequenza di tali fotografie vuole essere, invece, quello di richiamare l’attenzione dell’osservatore sulla persona dai capelli bianchi, in tuta, ufficialmente e legalmente nell’esercizio delle sue funzioni… alla sua età: 80 anni! Si tratta, infatti, del signor Giuseppe Mazzuoli, “Maestro del Lavoro” e nonno di mia moglie, a cui l’allora Navalmeccanica aveva proposto il mantenimento in servizio quale alternativa al pensionamento, che la stessa Azienda prorogò fino all’80° anno di età dello stesso. È decisamente un fatto inusuale, un episodio che trova pochi o addirittura rari riscontri nel mondo del lavoro. Ci si chiede, allora, il “perché” del protrarsi del pensionamento fino a tale età. La risposta è una sola: perché era persona dotata di grandi capacità e competenze, oltre ad un’ampia esperienza professionale, ad un’ottima conoscenza del lavoro e ad un’efficiente bravura nel settore. Don Peppino Mazzuoli, infatti, era persona versatile, capace di impegnarsi con successo in attività diverse, adattandosi a situazioni varie e imprevedibili, con eccellente cultura generale e interessata a trovare risposta esauriente a tutto ciò che suscitasse in lui domande, dubbi o perplessità. Durante la sua carriera si era prefissate delle finalità: il raggiungimento degli obiettivi aziendali e la crescita personale sia sua che dei suoi colleghi.
La sua maestrìa professionale, la sua competenza, dimostrano che non esistono prove concordanti del fatto che in generale i lavoratori più anziani siano meno produttivi di quelli più giovani. Ciò non toglie, però, che egli, se si fosse trovato di fronte ad una sia pur lieve crisi occupazionale, avrebbe decisamente declinato l’offerta. È ovvio che tale affermazione scaturisce da un attento studio della sua personalità e dai ricordi che sono ancora vivi in quelli che all’epoca erano i “suoi ragazzi” e che costituivano una squadra bene affiatata.
Su un frammento di un suo diario, sul quale amava appuntare tutte le cose di rilievo che rappresentassero dei momenti particolari di vita vissuta, si legge ad un certo punto che per essere un buon lavoratore, bisogna essere consapevoli che occorre conoscere bene le proprie responsabilità e onorarle ogni giorno di lavoro, anche quando non se ne avrebbe voglia.
Si tratta, ovviamente, di caratteristiche che non si possono apprendere, ma sono parte di una persona sin dalla nascita e che permettono a chi le possiede di avere sempre una marcia in più.
Tullio Pesola