Dragut il Corsaro
di Giuseppe Zingone
Dragut, Turghut Reis, Darghout Rais, Turhud Rais, Dargut (Bodrum, 1485 – Gozo, 25 giugno 1565), Corsaro ed ammiraglio dell’Impero Ottomano
Quali nozioni abbiamo della Corsareria e della pirateria in generale? Forse i più fortunati avranno ricordi scolastici della battaglia di Lepanto, lo scontro tra due modi di vivere completamenti diversi che nel 1571, pose fine all’avanzata dell’Impero Ottomano in Europa. Oggi questi eventi sembrano ripetersi, ma sostanzialmente il mondo è cambiato e tutto si è ridotto ad una guerra tra popoli ricchi e popoli poveri, dove spesso i meno fortunati muoiono.1
Il nostro mondo occidentale abituato a banalizzare la storia, ci mostra nel cinema dei pirati a metà tra il serio ed il faceto; sotto la luce degli effetti speciali la realtà assume la forma plastica della celluloide, anzi della poliedrica e impalpabile forma digitale, raccontandoci una storia che in sostanza non dice niente, tranne il conteggio economico del botteghino.
Eppure la nostra terra conserva ancora quelle tracce della presenza piratesca, dei saraceni, degli ottomani, delle corsarerie al soldo di grandi imperi o stati. La presenza delle torri di avvistamento sulle nostre coste, alcune feste come lo sbarco del saraceno a Positano ci ripresentano storie di invasioni per nulla bonarie, dove la morte era annichilimento totale, il saccheggio devastante, i rapimenti distruggevano la serenità di una piccola comunità quale era nel 1500 la città di Castellammare.
La Torre di Portocarello come scritto da Giuseppe D’Angelo2 è stata testimone di quei momenti. Oggi oltre qualche stampa, ci resta la lapide della torre e a qualche occhio più attento gli ultimi sampietrini confusi cin altrie pietre sulla spiaggia di Ecco il testo della laide riportato dal professor D’Angelo: “PATEFACTA AD IUGUM COLLIS VIA NUPERA A PIRATARUM INCURSIONE DUPLICI TUTATUS MUNIMENTO EST EMMANUEL FONSECA ET ZUNICA COMES MONTIS REGIS PROREX AN. SAL. HUM. MDCXXXV“.
Dicevamo che la data del 1571 segna la fine di un’avanzata, ma le incursioni piratesche continuarono ancora per molto.
Domenico Antonio Parrino parlando del Viceré Conte di Castrillo e delle leggi da lui emanate afferma: “Comandò, che gli schiavi Turchi dovessero portare la testa rasa col ciuffo, affinchè fussero conosciuti per tali, stante il numero grande che ve n’era nel Regno“. Questo dice molto anche della presenza degli schiavi musulmani nel Regno di Napoli intorno al Seicento.3
Ecco uno stralcio di brano tratto dal padre Serafino De’ Ruggieri di metà Settecento: “Un padrone di Vascello di Castellammare per nome Giovanlionardo Sossio imbarcate avendo varie merci su del suo navilio per condurle in Genova, arrivato essendo al Monte Argentario fu assalito da due ben armate fuste di corsari Turchi, co’ quali, volendo egli difendersi, cominciò aspro combattimento, e come che lungo tempo durò, perciò da coloro, che in passando il viddero fù creduto, che il legno de Christiani come mercantile non avesse potuto più resistere, laonde finalmente fosse stato preso da barbari, e tutta la gente rimasta loro schiava. Una tal infausta novella variamente (come suole avvenire) e ben presto dalla fama in Castellammare portata, pose tutta la Città in iscompíglio e perturbamento; per la qual cosa le mogli, i figli, ed i parenti di coloro, che sul navilio imbarcati erano, volendo della verità del fatto certificarsi; ebber ricorso a Frate Andrea, del di cui spirito profetico, per molte sperienze, ben persuasi erano. Questi in vedendoli così mesti e dolenti, con volto ridente lor disse: giá sò la cagione di vostra venuta: ma non vi affligete, perche il Vascello e gl’Uomini vostri han, per verità, combattuto co’ barbari, ma son tutti liberi, e fra pochi giorni sani e salvi in vostre case ritorneranno”.4
Ma fu il corsaro Dragut a creare non pochi scompigli nel Regno di Napoli tanto che il Summonte ne riporta l’accadimento avvenuto a Castellammare: “Dragutto venutonse con 12 Galere alli 12 d’Agosto 1548 una Domenica mattina per tempo sbarcò le sue genti à Castell’ à mare di Stabia, e proprio dove si dice lo Quartuccio, oue havendo preso intorno à 80 Christiani d’ogni età, e sesso, fu astretto con prestezza rimbarcati per lo gran soccorso, che calò da Gragnano, e da gli altri conuicini luoghi, havendovi lasciato da circa 20 Turchi, e retiratosi con quella preda nel mar di Procida, de tutti fè ricatto, salvo, che d’una bellissima fanciulla, che la volse per sua sposa. Due giorni dopò questo maledetto Barbaro fè altra preda, perche venendo una delle nostre Galere di Spagna carrica di genti, e con gran quantità di danari, e volendo schifar questo Barbaro investì nel Capo Miseno àppresso Pozzuolo, oue l’inimici con prestezza li fù sopra, & à man salua la prese; con la cui preda allegro ritornò in Africa“.5
Bella e suggestiva anche l’ipotesi avanzata sulla Fanciulla stabiese della quale il pirata Dragut non richiese riscatto, stavolta è Angelo Acampora a solleticare la nostra fantasia aggiungendo interessanti note, a suo tempo pubblicate sull’Opinione di Stabia Anno II numero 19 del Settembre 1998 salvato nell’Archivio del Liberoricercatore dal collezionista Gaetano Fontana.
È pur vero che nel golfo di Napoli sono tanti i comuni a contendersi la storia della bella fanciulla.
Il Mediterraneo è stato testimone e teatro di innumerevoli battaglie tra cristiani e musulmani e spesso si dimentica che lo scontro diviene inevitabilmente confronto e incontro, scambio e adozione di usi e costumi che appartengono all’altro. Questa commistione ineludibile, ha innescato come spesso accade, nuove conoscenze e progresso, in ambito scientifico, artistico, gastronomico.
Ma c’è ancora tanto cammino da fare se l’altro è percepito solo come invasore o avversario spesso protagonista negativo delle storie narrate ai bambini da pupi e burattini.
Note:
- Per comprendere il fenomeno della pirateria, della corsareria potrebbe essere utile leggere questi articoli correlati: La Madonna della Misericordia, L’arte calpestata, le riggiole a Castellammare, Sinan Pascià e le sette C. ↩
- Giuseppe D’Angelo, I luoghi della memoria, Eidos 1990, pag. 62. ↩
- Domenico Antonio Parrino, Teatro eroico e politico dei governi de’ Vicerè del Regno di Napoli dal tempo del re Ferdinando il Cattolico fino all’anno 1675, Tomo III , Napoli MDCXCIV, pag. 66. ↩
- Padre Serafino De’ Ruggieri, Vita e miracoli del venerabile servo di Dio Fr. Andrea Pepoli da Laurino, Napoli MDCCXLI, pag. 61. ↩
- Giovan Antonio Summonte, Historia della Città e del Regno di Napoli, Tomo Quarto, Libro IX, Napoli MDCLXXV, pag. 254. ↩