a cura di Antonio Cimmino
Il barone Guglielmo Acton nacque a Castellammare di Stabia il 25 marzo 1825. Figlio di Carlo e di Zoè Guique, contessa d’Alba, era un discendente di Sir John Edward Acton, ministro borbonico ed artefice della costruzione del cantiere navale di Castellammare di Stabia che giunse a Napoli dalla Toscana nel 1778 in quanto appartenente alla famiglia dei baroni dello Shropshire.
Guglielmo Acton intraprese la carriera militare nel 1841 nella Marina del Regno delle Due Sicilie; con il grado di Tenente di Vascello gli fu assegnato il comando della pirocorvetta a ruote Stromboli. L’unità era uno scafo in legno di 580 tonnellate varata a Pitcher North. Era un due alberi a vele quadre e bompresso; le ruote laterali motrici erano mosse da una macchina Maudslay & Field a 4 cilindri oscillanti alimentata da due caldaie in rame. L’armamento era costituito da 2 cannoni da 60 libbre, 4 obici Paixhans da 20 libbre e obici da 12 libbre. ( le dimensioni delle armi da fuoco, all’epoca, erano espresse secondo il peso dei proiettili e non secondo il calibro come avvenne successivamente) Acton e la sua nave furono coinvolti nel 1860 nello sbarco dei Mille di Garibaldi. Lo Stromboli, unitamente al piroscafo a vapore Capri avvistarono in ritardo le navi garibaldine Piemonte e Lombardo. Non avendo ricevuto ordini precisi, Acton, invece di cannoneggiare le navi sconosciute, prese a rimorchio la fregata a vela Partenope (foto a seguire)
immobilizzata dalla bonaccia per portarla nel porto di Marsala. Qui si trovano ancorate in darsena due cannoniere a ruote inglesi, l’Argus e l’Intrepid ivi dislocate per proteggere gli interessi britannici in Sicilia, specialmente gli stabilimenti dell’Ingham, Woodhouse e Whiyaker situati proprio a Marsala.
Il Piemonte ed il Lombardo, al riparo delle due cannoniere britanniche, inalberando il tricolore con lo stemma sabaudo si ancorarono e iniziarono lo sbarco dei garibaldini.
Arrivate in darsena, le tre navi borboniche, iniziarono il cannoneggiamento, ostacolate, però dalle sagome delle navi inglesi. Ad un certo punto il comandante dell’Argus, Winnington Ingram, insieme a Marryat, comandante dell’Intrepid e al console inglese Cossins che erano tutti a terra, si imbarcarono su una scialuppa dell’Argus e salirono a bordo dello Stromboli. Il primo disse al comandante Guglielmo Acton che lo avrebbe ritenuto personalmente responsabile se qualche colpo di cannone avesse danneggiato le proprietà vinicole britanniche, si perse altro tempo per dare le rassicurazioni richieste “i suoi cannoni erano puntati esclusivamente sul molo, lungo il quale si vedevano le camicie rosse dirigersi verso la città”; gli inglesi si reimbarcarono sulla lancia proprio mentre sopraggiungeva la Partenope i cui colpi avevano tiro troppo corto, giunse per ultimo il Capri che aprì anch’esso il fuoco. Un suo ufficiale salì a bordo dell’Argus per chiedere che una delle scialuppe si avvicinasse ai vapori piemontesi, intimando la resa; ricevuto un diniego, la nave inglese spostò l’ancoraggio “avvicinandosi vieppiù ai magazzini vinicoli”. Il Lombardo fu affondato mentre il Piemonte, vuoto ed arenato, fu preso a rimorchio dallo Stromboli e trasportato a Napoli. Successivamente Guglielmo Acton fu imbarcato, come comandante in seconda, sul Monarca, un vascello a tre ponti costruito nel regio cantiere di Castellammare di Stabia ( l’unità fu ribattezzata Re Galantuomo al momento dell’incorporazione nella Marina Sabauda). Al momento del varo, il 5 giugno 1850, il Monarca (foto a seguire)
era la più grande nave da guerra mai costruita in Italia. L’unità venne presa a modello dal cantiere stabiese per la costruzione, negli anni ’30 del secolo successivo, delle navi scuola Cristofaro Colombo ed Amerigo Vespucci. Il Monarca di metri 54,40 per 15,50 aveva uno scafo in legno con carena ramata. L’apparato motore era costituito da tre alberi a vele quadre con randa alla mezzana e bompresso. L’armamento originale era costituito da 50 cannoni da 30 libbre , 28 obici Paixhans da 30 libbre e 6 cannoni da 60 libbre.
Il 14 agosto 1860 l’unità, al comando del Capitano di Vascello Giovanni Vacca, si trovava ancorata a Castellammare quando la nave garibaldina Turkery (ex Veloce della Marina Borbonica) tentò un abbordaggio. Acton, benché ferito nella sparatoria che seguì, organizzò il contrattacco e mise in fuga l’aggressore; per questa azione fu premiato con la Croce di Ferro dal Re Francesco di Borbone. Furono premiati, altresì, i marinai Cesare Romano e Federico Negri. Optando per il nascente Regno d’Italia, Guglielmo Acton ebbe il comando della pirofregata Maria Adelaide e con essa partecipò all’assedio di Gaeta, ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie. Il Maria Adelaide (foto a seguire)
già della Marina Sabauda, era uno scafo in legno con carena ramata delle dimensioni di metri 71,80 per 15,04, con due ponti. L’apparato motore era misto, costituito da una macchina Penn & Sonn da 600 cavalli e tre alberi a vele quadre con randa alla mezzana e bompresso. L’armamento era costituito da 1 cannone da 80 libbre, 36 cannoni da 40 libbre in batteria, 14 obici da 20 libbre in coperta e 4 cannoni da 8 libbre su affusto (da sbarco).
Anche in questa occasione Acton ed i suoi marinai si comportarono valorosamente tanto è vero che molti dell’equipaggio del Maria Adelaide, furono insigniti di onorificenze: “Per essersi distinti durante il blocco e l’assedio della fortezza di Gaeta”.
Gli insigniti di Medaglia d’Argento al Valor Militare furono:
– Luogotenente di Vascello di 1° classe Augusto Albino;
– Luogotenente di Vascello Felice Zicavo;
– Luogotenente di Fanteria della Real Marina Pasquale Chiodo;
– Luogotenente di Vascello di 2° classe Matteo Luigi Civita;
– Medico di Fregata Ettore Del Santo;
– Luogotenente di Vascello di 2° classe Emanuele Frigeri;
– Sottotenente di Vascello Luigi Langosco di Langosco;
– Sottotenente di Vascello Carlo Libetta;
– Guardiamarina di 1° classe Giosuè Maresca;
– 1° Macchinista di 1° classe Enrico Millet.
Successivamente ebbe il comando della pirofregata Principe Umberto e con tale unità effettuò una crociera oceanica per “far sventolare la bandiera italiana nei mari americani meridionali lungo le costiere dell’Atlantico e del Pacifico”. Il Principe Umberto, unità non corazzata, era un tre alberi a vele quadre progettata dal generale Mattei e classificata pirofregata di I rango ad elica. Venne varato nel 1862, aveva un dislocamento di 4086 tonnellate, una lunghezza di 75,8 metri , una larghezza di 15,2 ed un’immersione di 7,2 metri. Sviluppava una potenza di circa 600 HP con una velocità di 12 nodi. Aveva uno sperone in ferro fuso al di sotto della linea d’immersione ed un robusto armamento sistemato in batteria, costituito da 8 cannoni ad avancarica ad anima rigata e 4 pezzi da 72 libbre ad anima liscia, 10 pezzi da 108 libbre, 32 pezzi da 72 libbre. L’equipaggio era costituito da 602 uomini. Nel 1866 partecipò, con il grado di Capitano di Vascello, sempre al comando del Principe Umberto, alla battaglia di Lissa (foto a seguire).
Tale battaglia costituì la prima azione navale della nuova Marina durante la III Guerra d’Indipendenza, contro l’Impero Austro-Ungarico. Lo scontro fu il primo che avvenne tra flotte corazzate e l’ultimo nel quale si adottò, con successo, la tecnica dello speronamento. L’ammiraglio Tegetthoff sconfisse la flotta italiana comandata dall’ammiraglio Carlo Pellion di Persano a causa di alcuni errori commessi dal comando italiano e di qualche incomprensione tra Persano ed i suoi due sottoposti: Vacca e Albini (proveniente dalla Marina Borbonica il primo e da quella Sarda il secondo). La sconfitta costò la perdita delle corazzate Re d’Italia e Palestro e la bruciante frase di Tegetthoff: “Navi di ferro, teste di legno”. Il fazzoletto nero dal doppio nodo della divisa dei marinai italiani, fu istituito a ricordo di detta sconfitta.
La corazzata Re d’Italia (foto sopra) fu speronata dal Ferdinand Maximilian, nave in legno, ma che aveva uno sperone di ferro a prora. Oltre al comandante dell’unità, Faà di Bruno, persero la vita 460 uomini sui 600 dell’equipaggio.
La corazzata Palestro, accerchiata da tre fregate austriache, saltò in aria per lo scoppio della santabarbara; si salvarono solo un ufficiale e 19 marinai su 250 uomini d’equipaggio.
Per la sua condotta in battaglia e per l’opera di salvataggio degli equipaggio delle navi affondate, al Capitano di Vascello Guglielmo Acton fu conferita una Medaglia d’Argento al Valor Militare:“Per essersi distinto durante la Campagna del 1866”.
Dopo la guerra ebbe numerosi incarichi sia politici e sia militari.
Il 12 ottobre 1869, Acton venne affiancato a Giuseppe Sapeto già missionario ed esploratore, che ottenne l’incarico dal Ministro Marco Minghetti di esplorare le rive del Mar Rosso ed acquistare il posto giusto per uno scalo commerciale nell’ambito della nascente politica coloniale italiana. I due il 15 novembre si diressero verso la baia di Assab per discutere con i potenti locali Ibrahim e Hassan ben Ahmad sottoscrivendo con loro una convenzione per la cessione, al prezzo di 6.000 talleri di Maria Teresa, dei terreni su cui sorgerà la futura città di Assab.
Guglielmo Acton (foto sopra) il 15.1.1870 fu nominato Ministro della Marina ed il 30 dello stesso mese, deputato per la X legislatura nel collegio di Belluno. Terminata l’esperienza ministeriale, fu nominato membro del Consiglio Superiore di Marina. L’1.3.1879 fu promosso Vice Ammiraglio e nominato Comandante in Capo della Squadra Permanente, rilevando l’incarico dal V. A. Simone Pacoret di Saint Bon.
L’1.12.1888 dal Comando in Capo del 2° Dipartimento Marittimo, Acton passò al servizio ausiliario. Alla fine del 1888 Guglielmo Acton, nominato Aiutante di campo generale onorario, entrò a far parte della Casa Militare del Re Umberto I (dove rimase fino al 1891) e fu sostituito da Benedetto Brin. Morì a Napoli il 29 novembre 1896.
Visualizza anche: Guglielmo Acton visto da un’altra angolazione (a cura di A. Orazzo)