Storia di un legno tra Castellammare e Torre Annunziata
di Giuseppe Zingone
Quanto è affascinante la storia nostrana, quanta bellezza c’è nel racconto del miracoloso Crocifisso di Pozzano? Di questa storia si potrebbe scrivere un “thriller” il cui protagonista senza dubbio è il Vesuvio, ma senza nascondere un disegno, la regia oserei dire della Divina Provvidenza, che sotterraneamente ci guida in sentieri che noi non avremmo mai osato percorrere.
La storia di Castellammare è soltanto stabiese? Si, se la si guarda con gli occhi di chi non riesce ad andare oltre il proprio naso, dal di dentro. Ma sicuramente è la storia di un popolo allargato se andiamo a guardare oltre i suoi confini. Insomma anche Papa Francesco ci ammoniva durante il Covid, che siamo tutti sulla stessa barca. A nulla serve parlare di confini, di identità, di un unico popolo se come dicevo non riusciamo a valicare tutti quei confini anche mentali che l’uomo si è autocostruito forse per paura, o per timore del diverso da sé, per lingua, cultura, religione ecc.. Pensate ad esempio a tutti quei gruppi e gruppetti che continuamente nascono su Facebook e muoiono di lì a poco, spesso in antitesi almeno nelle intenzioni tra loro e che poi finiscono col farsi guerra quotidianamente per poi rubarsi gli stessi contenuti ripresentati sotto una grafica e un nome diverso.
Ho provato allora ad allargare gli orizzonti, per scrivere questo articolo. Mi è bastato spostarmi qualche chilometro più in là, nella storia locale della città a noi più prossima, sulla stessa lingua di mare, in cui solo il Sarno è l’elemento naturale di confine. Siamo a Torre Annunziata, il testo di riferimento è un opuscoletto molto interessante del Dottor Gaspare Gargiulo, dal titolo: Il Vesuvio attraverso i secoli e l’eruzione del 7-8 aprile 1906, stampato a Napoli nel 1906.
Dalla pagina 18, l’autore inizia a parlare appunto di una delle eruzioni vesuviane, a memoria d’uomo, tra le più catastrofiche dopo quella del 79 d. C.. Quella del 1631, esattamente la stessa, come tutte le altre che accomuna coloro che in quel tempo e oggi vivono all’ombra o nelle immediate vicinanze del nostro caro Sterminator Vesevo, contemplato anche dall’amato Giacomo Leopardi.
Per non dilungarmi oltremodo riassumerò: Per i più pigri, il fatto finisce in poche battute; inserirò poi le pagine relative all’eruzione del seicento per tutti quelli che come me, vogliono per forza andare al nocciolo della questione.
Il Dottor Gargiulo, afferma, perentoriamente e con inflessibile certezza, (siamo nel 1906): “È tradizione che il Crocifisso, che si venera nella Chiesa di Pozzano a Castellammare di Stabia, appartenesse a questa Chiesa del Carmine, e che, spinto in mare da un torrente di fango, e trasportato dalle onde, sia pervenuto sul lido di quella città, mentre si compiva una processione di penitenza, e che, ivi raccolto, sia stato portato in solenne trionfo”.
Ora, non per campanilismo o per amor di storia patria, vogliamo aggiungere prima di dar spazio al testo sull’eruzione, alcune considerazioni di chi metaforicamente parlando, si trova seppur con secoli di distanza ad aver raccolto e venerare quel Crocifisso. Dunque: Bisogna pur sempre spiegare perché le correnti lo portarono sulla nostra costa o semplicemente non venne né distrutto, né sepolto dal fango e soprattutto tenere a mente ciò che si legge nell’Istoria dell’Immagine di Santa Maria di Pozzano, di Padre Serafino De’ Ruggieri, 1743 alla pagina 108, “Ma non potè il buon Frate condurre a fine la fruttuosa predica, poiché da improvisa estasi sorpreso, ed in altiissima contemplazione rapito, immobile lungo tempo si tacque: tutti intanto con ansia aspettando vedere qual fusse di tal avvenimento la fine, ed ecco, che il venerabile Uomo come rivenne, così con oscure e per allora non ben intese parole disse: andiamo Fratelli, a prendere il Figlio, che viene a ritrovar Sua Madre. E ciò detto accompagnato da medesimi suoi Frati e da tutto quel numeroso Popolo (al quale la Santità dell’Uomo di Dio era ben nota) verso il lido del mare che è prossimo al nostro Convento prese il cammino; e mentre ivi inginocchiato sua breve orazione faceva, viddesi a galla dell’acqua venire un Crocifisso di legno che appressatosi al luogo dove, e’ si trovava orando depositossi nelle sue mani, e fece con ciò, e a lui, e alla fortunata Città ed al Convento di Pozzano di se stesso un benefico dono”.1
Insomma se non è Divina Provvidenza questa, in ogni caso la mia è una impostazione falsata dal sentimento di fede, eppure proprio quando ci sforziamo di comprendere cose complicate con la sola ragione (che mai basta) ecco che la fede ci pone la soluzione più semplice al problema: Il Figlio viene a trovar sua MADRE, il crocifisso di un solo popolo.
Buona lettura agli stoici:

Il Vesuvio, attraverso i secoli, pag. 202.
Ciò che rimane dell’antica chiesa del Carmine è riportato nelle pagine del Comune di Torre Annunziata: la Cripta del Carmine si trova nello spazio sottostante il Santuario dello Spirito Santo, sepolta dall’eruzione del 1631 è attualmente un museo chiesastico.
Articolo terminato il 10 febbraio 2025